13. Questo è il mio rifugio

Non so se siete mai stati felici e il giorno dopo tristi, ma è così per me.
Ho passato una bella giornata, o quasi, con Kayden.
Non abbiamo fatto molto. Probabilmente mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più su di lui, conoscerlo meglio, ma non si può conoscere una persona in un giorno. E uno come lui, probabilmente, non arriverò a conoscerlo del tutto nemmeno fra mille anni.
Forse imparerò ad individuare i suoi punti deboli, quelli forti, o ad indovinare alcuni dei suoi pensieri. Ma quelli come noi hanno la mente incasinata, quindi non pretendo di sapere molto su di lui, perché so che sarà il primo a non riuscire ad imparare a conoscere del tutto me.

Dopo la mezza lite tra i due fratelli, pensavo fosse meglio eclissarmi del tutto. Penso che Hunter mi odi davvero. E so che c'entra suo fratello, forse per quello che gli è successo in passato. O forse no. Voglio dire, anche io ho un fratello, ma non è particolarmente protettivo o interessato quando si tratta di me, il che è strano, perché io, anche se lo odio a volte, darei di matto se gli succedesse qualcosa.

Oggi non sono andata a scuola. Mia madre mi ha svegliato stamattina, ma mi sono riaddormentata subito.
Oggi ho dormito quasi tutto il giorno. Non so nemmeno se Ethan si sia fatto vedere o no, ma so soltanto di sentirmi stanca, nonostante io abbia dormito per ore. Non è una stanchezza fisica, ma mentale.

Mi stropiccio gli occhi e accendo la lampadina sul comodino. Il buio lo amo, ma a volte lo odio. E anche la luce a volte non la sopporto. Mi piace di più la sera.
La sera, quelli come me, camminano sempre come delle ombre per strada. È bello. È rilassante.

Scendo dal letto e vado in bagno, dove non appena guardo il mio riflesso allo specchio mi viene da ridere.

Sono abituata. Talmente abituata che non mi importa più.
Il nuovo giorno è quasi finito del tutto.

Il tempo vola. Scorre veloce e non so se sia meglio per me o peggio. Ancora non l'ho capito.
Con mia madre non ho più parlato da quando se l'è presa con me a tavola. Non so perché, non riesco a guardarla in faccia. Quando torna a casa, io mi chiudo nella mia stanza.

E ora ho un nodo alla gola e anche un flashback. O forse più di uno. Mi sembra che tutto si stia ripetendo.
Nuova città, nuova vita, no? Sarebbe dovuto essere così. È sempre così. Ma non per me.

Mi rinfresco la faccia e sospiro. Esco dal bagno a testa bassa, vado nella mia stanza e prendo dei vestiti puliti, poi mi cambio.

Le cuffiette e il cellulare, e via. Il cellulare a volte vorrei lasciarlo da qualche parte, ma non posso. Non lo voglio davvero. Mi sento ancorata a questo aggeggio.

Al piano di sotto incontro mio fratello, che è appena entrato in casa.

« Ehi, Hay... Dove stai andando? » non mi chiede come sto. Non mi chiede cosa ho.

« A camminare un po'. » rispondo con indifferenza.

« Hai dormito tutto il giorno, stai bene? Tranquilla, non lo dirò a nostra madre. » forse questa è l'unica cosa che mi rende felice ora.

« Grazie. E sì, sto bene. » dico con un sorriso.

« Okay. Se succedesse qualcosa, me lo diresti, vero? » i suoi occhioni color cioccolato mi scrutano colmi di speranza.

« Certo. » mi limito a rispondere come un automa.

« Va bene, puoi andare...» dice, e quando apro la porta lo sento dire « Stai attenta, Hay. »
Perché dovrei stare attenta? È sempre stato così. Stare attenti a cosa? Al casino che ho in testa? Proteggermi dai miei pensieri? Forse un giorno, quando sarò più forte di così, starò più attenta; mi proteggerò.

Metto le cuffiette nelle orecchie, esco in strada, vedo la macchina di mia madre fermarsi ma proseguo dritto.
Mi dispiace, mamma. Anche questa volta, ti ho delusa ancora.

Mi metto a correre, perché mi fa stare bene. No, non in quel senso. Mi fa stare bene, ovvero che più corro, più non voglio e non posso fermarmi. Stare ferma significherebbe pensare a tante cose e, a volte, prendere decisioni sbagliate.

Mi fermo davanti ad un edificio che all'apparenza sembra abbandonato, e decido di entrare. Faccio attenzione a salire le scale, fino a raggiungere la porta di metallo che dà sul tetto.
La spingo con la spalla e la apro, poi sollevo lo sguardo verso il cielo.

Trascino il mio corpo fino al cornicione. Salgo di sopra e rimango in piedi, con lo sguardo verso le stelle.
Poi abbasso la testa e guardo giù. Stringo i pugni e faccio un respiro profondo.

« Si sta bene qui, vero? » appena sento la sua voce, per poco non perdo l'equilibrio e cado.
Balzo giù e cerco con lo sguardo Kayden.
Lo trovo seduto sulla parte opposta del cornicione, con le gambe a penzoloni, il vento che gli sferza il viso e sposta i suoi ricci.
Gira di poco lo sguardo verso di me e mi avvicino a lui. Cosa ci fa qui?

« Cosa ci fai qui? » gli chiedo, sedendomi ad un metro di distanza da lui.

« No, Hayra. Cosa ci fai tu qui? Questo è il mio rifugio. Perché sei venuta? » il suo tono è così neutro.

« Ho corso, mi sono fermata qui. L'ho trovato interessante, l'edificio intendo. Sono salita e ho trovato te. » spiego, lui guarda giù.

« Non ci viene quasi nessuno qui sopra. Dicono che questo edificio sia infestato. » appena lo dice, sento un brivido attraversarmi la schiena.
Mi guardo intorno, mi mordo il labbro e poi deglutisco.

« Cosa c'è? Ti fa paura? Pensavo che quelli come noi non avessero paura di niente. » mi dice quasi in tono scherzoso.

« Infatti, non ho paura. »

« Ci mancherebbe. Avresti paura di saltare giù? » mi chiede, passandosi una mano tra i capelli.
La luna illumina il suo volto, restiamo in silenzio.

« No. E tu? » chiedo di rimando.

« No. Però, se proprio devo morire, preferisco farlo con stile. » dice ridendo.
Non dico niente. Lui riprende a parlare: « Che hai oggi? Sembri... un po' così. »

« Non sembro. Lo sono. E mi dispiace. » mi trema la voce.

« Quindi avevo intuito bene. Sei come me, più o meno. Cioè, mi capisci. Non ci conosciamo bene, ma non c'è neanche bisogno, giusto? » fa dondolare ancora le gambe. Stringe i pugni. Resto in silenzio, lui continua a parlare. « Cosa vorresti sapere su di me? Scommetto che non ti serve sapere il mio colore o piatto preferito per capirmi. »

« Sono cose irrilevanti, però mi piacerebbe sapere anche questo, se vuoi. » affermo, seguendo con lo sguardo le macchine che sfrecciano in strada.

« Mi piace il nero. Risposta banale, vero? Cliché? Forse sì. Ma il nero piace ad un sacco di persone. A me non piace perché si abbina bene con i vestiti. » la sua voce sembra quasi un sussurro.

« Perché tu vedi solo nero. » la mia risposta lo fa sorridere.

« Non ci sono colori nella mia vita. E comunque, gli spaghetti con le polpette. Mangerei polpette tutta la vita. E a te? Cosa piace, mia sposa cadavere? » chiede, girandosi verso di me. Appoggia un piede sul cornicione e l'altro penzola ancora.

« Grigio sporco. Qualsiasi cosa con il pollo. Io amo il pollo. » rispondo, senza dare troppe spiegazioni.

Appoggia il mento sul ginocchio e mi scruta attentamente, mentre con una mano cerca di tenere fermi i capelli.

« Grigio sporco... » dice pensoso. « Quindi, sei nel mezzo. Non vedi né bianco e né nero. Se la tua vita è grigio scuro, buon per te. Però tu, sei più per il bianco o per il nero? » dal modo in cui blatera sembra quasi che voglia farmi confondere.

« Smettila. » rispondo, invece.

« Nero o bianco, Hayra? » piega la testa in attesa di una mia risposta.

« Adesso, nero. » dico, con la gola stretta.

« E domani? » chiede, senza distogliere lo sguardo dal mio.

« Grigio scuro. » dico svogliatamente.

Lui sorride, ma sembra un sorriso strafottente.
« Interessante... » mormora. « Sei il mio grigio scuro preferito. »

« Non capisco. » affermo, corrucciando la fronte.

« Io stesso ero grigio scuro. Ma forse non ero un grigio ben definito. Tu sei davvero grigio scuro. Lo si nota sulla tua faccia. Lo si nota nei tuoi comportamenti. Tu vedi nero, Hayra. Mescoli un po' di bianco alla tua vita, soltanto quando vuoi aiutare gli altri. » con il casino che ho in testa, lui è appena riuscito a incasinarmi ancora di più.

« E comunque, attenta. Il grigio scuro può diventare facilmente nero. » scende dal cornicione, mette le mani dentro le tasche dei jeans; l'espressione totalmente indifferente.

« Con tutti questi colori mi hai fatto confondere ancora di più. » ammetto, seguendolo.

« No. Non sei confusa. Al momento giusto lo capirai. »

« Cioè? »

« Non usarmi come il bianco per schiarire la tua vita. » afferma in tono serio, dirigendosi verso la porta.

« Di cosa stai parlando? » chiedo, i battiti aumentano. Perché so più o meno cosa intende.

« Sono solo nero, Hayra. Non sperare che, avvicinandoti a me, tu possa usarmi come il colore felice nella tua vita. Non so chi vedi in me, ma so chi vedo io in te. Solo una ragazza persa, esattamente come me. Continua a fare ciò che hai fatto fino ad ora. La speranza è l'ultima a morire. »

« Doomed. Ti piace Doomed? » gli chiedo, con le lacrime agli occhi.

« Cavolo. » dice perplesso. Avanza verso di me, quando siamo uno di fronte all'altro, mette una mano sulla mia spalla e mi guarda negli occhi. Sorride tristemente e poi dice: « Siamo veramente spacciati, eh? »

Sorrido, perché per la prima volta qualcuno finalmente mi capisce senza troppe spiegazioni.
« Dai due minuti e mezzo fino ai tre minuti, è la fottuta vita. » si riferisce alla canzone.

« Davvero ci capiamo? » chiedo, quasi come se tutto questo mi sembrasse un sogno.
Non risponde. Si avvicina a me, afferra il cellulare dalla mia tasca, vorrebbe sbloccarlo ma ho la la password. Gira lo schermo verso di me, metto il codice, e poi lui inizia a digitare qualcosa.
Quando mi ridà il cellulare, dice: « Hai il mio numero. Forse sono io ad aver bisogno di un po' di bianco nella mia vita. » mi fa l'occhiolino, poi va via.

Io sono stata quasi sempre nero. Sono stati loro a trasformarmi così.

Mezz'ora dopo, arrivo finalmente a casa. Mia madre mi ferma nel corridoio.

« Dove sei stata? » chiede in tono accusatorio.

« Ho camminato un po'. »

« Hai saltato scuola, oggi. » dice e deglutisco. « Mi ha chiamato il preside. »

« Mamma, è successo. Non ho sentito la sveglia e- »

« È solo questo? Perché devo saperlo, Hayra. Non puoi fare di nuovo quel dannato errore. Quest'anno ti metto in riga io. Stai bene, ora. » dice, stringendo le labbra.

Ma non sono mai stata bene, vorrei dirle.

« Sì, sto bene. Mi impegnerò, mi dispiace. » come sempre, la solita frase.

Mi impegnerò. Ma prima di impegnarmi nello studio, mi impegnerò a sopravvivere qui. In questa casa. In questo mondo.

« Vai a studiare. » mi indica le scale, non me lo faccio ripetere due volte. Filo nella mia stanza e mi ci chiudo a chiave.

Mi metto davanti alla scrivania, accendo il computer e sospiro. Vorrei dormire. Sento un trillo e clicco sulla mia posta. Apro l'email e resto a bocca aperta. Questi sono i compiti già svolti.

Poi ripenso ad alcuni giorni fa. Ripenso al mio discorso con Hunter. Afferro il cellulare e gli scrivo.

Io: Grazie per i compiti, non pensavo fossi un uomo di parola.

Hunter: Non so di cosa stai parlando.

Io: Va bene, continua a fare l'orgoglioso.

Hunter: Non sei venuta a scuola. Pensavo stessi male, ti ho dato una mano.

Io: Hai pagato qualcuno per farli?

Hunter: Non pagherei per te.

Storco il naso. Non so come interpretare questa sua frase.

Hunter: Li ho svolti io. Non avevo niente da fare ;)

Io: Grazie, allora. Ciao.

Poso il cellulare sulla scrivania e sorrido per una frazione di secondo. Dopo un paio di minuti sento nuovamente il cellulare vibrare.

Hunter: Stai bene?

Io: Benissimo. Stai cercando di fare conversazione?

Hunter: Nah, ho di meglio da fare. Ciao.

E così, lascio perdere la conversazione e anche il cellulare.
Mi metto a fare i compiti. E no, non cerco di copiarli, ma ci metto del mio. Ci provo. Questa volta ci provo davvero.
Cerco di mettere i miei pensieri incasinati da parte, per una volta.

Quando finisco, senza nemmeno aver cenato, mi metto direttamente a letto.
Nessuno disturba me, e io non disturbo gli altri. Sono abituata. Sono tutti abituati. È solo l'adolescenza, dicono.

Prima di chiudere gli occhi, prendo il cellulare e mando un messaggio a Kayden.

Io: Grazie di aver sentito il mio silenzio senza giudicarmi.

Kayden: È stato tanto rumoroso quanto il mio.

Sorrido. Per la prima volta qualcuno ha sentito davvero il mio silenzio. Quello che ho in testa.

Hunter: Sì, mantengo le mie promesse, Masy.

Sorrido un'altra volta. I fratelli Black sono strani. E io non so chi dei due vorrei conoscere meglio.

Yee ho aggiornato finalmente. Penso che da questo capitolo già si capisce più o meno qualcosa su Hayra.
Spero vi abbia incuriosito. Alla prossima 🌸❤️

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