04. Praticare il salto a canguro sopra Vanessa
Quando vivevo a Nashville, a scuola, la mattina, dicevo sempre di aver preso le pillole della felicità prima di recarmi in quel posto infernale. Alcuni mi avevano preso per drogata, io in realtà mi sono sempre riferita alle tic tac al gusto arancia. Oh, quelle mi rendono veramente carica e di buonumore.
Peccato che alcuni avevano iniziato a cercarmi per chiedermi della roba. Immaginatevi un ragazzo dell'ultimo anno venire a casa tua a chiederti se spacci.
Mia madre aveva preso in considerazione uno psicologo, una clinica di disintossicazione, un biglietto aereo per un altro Stato.
In momenti del genere mi piacerebbe mettermi una busta in testa e passare inosservata. Però, una persona con una cosa del genere in testa verrebbe notata subito. Attirerei maggiormente l'attenzione su di me e finirei per sorridere come una psicopatica, perché quando sono imbarazzata sorrido in un modo inquietante e le persone si spaventano.
Mia madre mi ha insegnato un sacco di volte a sorridere come le persone normali... O come dice lei "Sfoggia sempre un sorriso allegro". Avevo dato ascolto a lei, ma da piccola regalavo sorrisi allegri anche nei momenti meno opportuni... Per esempio al funerale della nostra vicina di casa.
E ora, al mio secondo giorno di scuola, non so se sorridere o sembrare morta. Nel dubbio, mi metto a piangere mentalmente. Prego che questo finisca presto.
Guardo l'orario probabilmente per la millesima volta, perché ho l'ansia di essere entrata nell'aula sbagliata. E no, leggo sempre la scritta " Educazione fisica" alla prima ora. Non si è mossa, quindi non ho sbagliato. Sono sana di mente, sì.
« Bentornati a scuola, pivelli » dice il professore, quasi con faccia schifata. Oh, fantastico. Qualcosa mi dice che mi odierà anche lui, giacché sembra odiare tutti i suoi alunni presenti in questa aula.
« Buongiorno anche a lei, prof! Come ha passato l'estate? È impressione mia o è dimagrito? » chiede uno dei ragazzi dall'ultimo banco.
Il prof abbassa lo sguardo verso la sua pancia guardandola quasi con fierezza. Istintivamente mi porto una mano sulla mia, e sento i miei due rotolini. Uh, sto bene così, dai.
Guardo nuovamente il professore e mi acciglio, cercando di scacciare dalla mia mente la domanda stupida che in questo momento mi sta uccidendo.
« Sono andato molto in bicicletta, si notano i risultati. È ciò che dovreste fare voi, piccolo branco di suricati pigri » solleva l'angolo sinistro della bocca fino a formare una smorfia di disgusto, perfino le sue narici si dilatano.
« Ma lei- » sto per dire, ma mi tappo la bocca.
Il prof si gira quasi a rallentatore verso di me. Alza un sopracciglio, mi studia con curiosità e poi si tocca la barba corta e rada. « Sì, nuova alunna? » dice con un sorriso forzato.
« Niente » mormoro, abbassando lo sguardo.
« Su, stavi per dire qualcosa. Dilla » mi sprona a parlare, ma sento qualcuno dietro di me picchiettare un dito sulla mia schiena. Sto per girarmi, ma il professore riprende a parlare. « Dicevi? »
« Perché quasi tutti i professori di educazione fisica sono grassi? » chiedo, cercando di sembrare il più innocente possibile.
« Signorina...? » dice il professore, guardandomi torvo.
« Hayra » rispondo.
« Ha-qualcosa, di dove sei? » chiede, riducendo gli occhi in due fessure. Oh mamma, qui si mette male.
« Sono nata a Nashville, mi sono trasferita qui da poco » dico, mandando giù il groppo che ho in gola.
« Come mai ti sei trasferita? » continua a chiedere, evitando la mia domanda precedente. Io sono davvero curiosa, merito una risposta.
« Perché sono allergica » dico e sento qualcuno scoppiare a ridere. Mi giro per guardare e vedo Hunter mettersi quasi il pugno in bocca per non ridere.
« Allergica...a cosa? » chiede il professore.
« Alla città! » dico, sorridendo. « Cioè, no... Nel senso...»
« Tecnicamente, Nashville rientra tra le città peggiori dove vivere se si soffre di allergie, soprattutto quella al polline. » si intromette una ragazza dietro di me. Mi giro verso di lei e le scocco un'occhiata strana. Lei mi sorride timidamente.
« Stai zitta, secchiona » dice un ragazzo, fingendo poi un colpo di tosse.
« Te ne sei andata perché sei allergica... Al polline? » chiede il professore, incredulo.
Beh, ammetto che la mia allergia è due volte peggiore rispetto a quella di un abitante di questa città. Però...
« No, in realtà ero allergica anche alla ragazza di mio padre » dico, alzando gli occhi al cielo. Gli altri scoppiano a ridere, divertiti. Beati loro che pensano sia uno scherzo, perché io sono seria.
« Spiritosa, signorina Ha-qualcosa. Spero per te che sia brava a fare esercizio fisico, perché non accetto rammolliti alle mie lezioni! » stringe la mascella, guardandoci in faccia, uno ad uno. Penso abbia messo in chiaro il fatto che sia un prof un po' fuori di testa e severo. E che sarò nella merda, già da ora.
« Qualcosa che sai fare? » chiede nuovamente, sorridendo quasi in modo perfido. Forse ama mettermi in imbarazzo davanti agli altri.
« So... suonare la batteria. » rispondo, dandomi uno schiaffo in faccia mentalmente.
« Ehi, Masy, ti conviene stare zitta » sento la voce divertita di Hunter e poi alcuni scoppiano a ridere.
« È Mason. Hayra Mason. » dico tra i denti.
« Come dici tu, Masy » mi fa l'occhiolino e afferro l'astuccio, ma il professore si schiarisce la gola.
« Iniziamo con un po' di teoria, pivellini. Dalla prossima volta, preparatevi. » sfrega le mani una contro l'altra, facendomi rabbrividire. Guardo Hunter con la coda dell'occhio e lui guarda me. Allunga le gambe sotto il banco, un braccio appoggiato sullo schienale della sedia e una penna dietro l'orecchio.
« Psst, io sono Stacy » dice la ragazza dietro di me. Allungo la mano verso di lei e dico: « Hayra ».
Guardo Stacy e sorrido, perché mi sta già simpatica. Fossetta sul mento, occhi piccoli nocciola, una spruzzata di lentiggini sul naso e i capelli lunghi e castani. Sembra una brava ragazza e penso lo sia davvero.
***
A parte muovermi da un'aula ad un'altra, presentarmi quasi a monosillabi e sparare qualche cazzata, come al solito, ora è arrivato il momento che odio di più. Dovrei recarmi in mensa, ma mi guardo intorno alla ricerca di quella testa calda di mio fratello, ma non lo trovo da nessuna parte.
Mi faccio coraggio ed entro da sola in mensa, fermandomi di colpo. Wow, quante persone. Potrei fare retromarcia e scappare. Sono ancora in tempo.
« Masy, stai bloccando il passaggio » dice Hunter alle mie spalle.
Mi giro, sfoggiando uno dei miei sorrisi da psicopatica.
« Mi chiamo Hayra, sei stupido per caso? » chiedo, alzando il mento in segno di sfida.
« Non più di te » risponde con un sorrisetto strafottente.
« Tesoro, vieni? » chiede Vanessa, la gatta morta. Questa spunta dappertutto, al momento sbagliato. O forse al momento giusto... Ancora non l'ho capito neanche io.
« Ciao, Vagy » la saluto, alzando una mano. Lei mi guarda in modo confuso e risponde: « Come, scusa? »
« Ho detto: ciao, Vany! »
Non le do il tempo di ribattere, perché giro sui tacchi e vado a prendere da mangiare. Dovrò tappare la mia maledetta bocca.
Dopo aver preso il mio pranzo, vedo Stacy muovere una mano, facendomi segno di andare verso di lei. È seduta ad un tavolo insieme ad altre due ragazze e un ragazzo. A passo sicuro vado verso di loro, li saluto e mi siedo accanto a Stacy.
« Ehi, Hayra! Loro sono i miei amici. » dice indicandoli. « Lui è Scott, il mio migliore amico da una vita. » dice, indicandomi il ragazzo di fronte a noi. Gli rivolgo un'occhiata curiosa, ma non lo guardo a lungo per non sembrare una stalker. Ha un bel sorriso, occhi nocciola molto intensi, capelli castani. Non sembra molto atletico come i giocatori della squadra di basket, quindi deduco che non ne faccia parte.
« Lei è Bella » dice, indicandomi la ragazza dai capelli arancioni, labbra gonfie – sembra un po' rifatta, ma va bene–, naso appuntito e un sorrisetto strano. Non so se sono paranoica io, ma lei non mi ispira simpatia.
« E lei è Rachel. » indica l'altra ragazza. Ha tratti asiatici, i capelli neri e il suo sorriso penso sia contagioso. A volte penso che le brave persone si riconoscono anche dalla loro faccia.
« Io sono Hayra Mason, piacere di conoscervi » dico, muovendo una mano in modo impacciato per salutarli.
« Piacere nostro » risponde Scott, alzando due dita in segno di saluto.
« Uhm, un consiglio amichevole: stai lontana da Vanessa. Quella sa essere veramente perfida se intralci il suo cammino » dice Rachel, facendo un cenno della testa verso il tavolo dove sono seduti Hunter, Vanessa e... Mio fratello. Ugh, ma perché?
« Chi stai guardando? » chiede Bella, con sguardo indagatore.
« Mio fratello. L'idiota seduto accanto a Hunter » mormoro, afferrando poi la forchetta per iniziare a mangiare.
« Quello è davvero tuo fratello? Mi pare di averlo già visto in giro qualche volta » ribatte lei, lo sguardo le si illumina.
« È probabile. È più bravo a socializzare rispetto a me. » dico, forzando un sorriso.
« Beh, con quella maglietta addosso... » dice, facendo la vaga.
Abbasso lo sguardo verso la mia maglietta. Cos'ha di sbagliato? La scritta piccola "Fuck you" all'altezza del cuore non attira così tanto l'attenzione. Voglio dire, non è mica un pene gigante in bella vista.
Dopo aver finito di mangiare, cerco di sbirciare nella direzione di mio fratello, senza farmi beccare dai suoi amici. Magari mi prenderanno veramente per pazza.
« Scusate, devo andare un attimo da mio fratello » dico ai ragazzi, alzandomi e andando verso il tavolo dove sono seduti loro. Vanessa smette di mangiare, rimane addirittura con la forchetta sospesa in aria. Gli occhi parecchio scossi.
« Ethan, posso parlarti? » chiedo, ma mio fratello mi lancia un'occhiata annoiata e fa spallucce.
Mi abbasso verso di lui e appoggio un braccio sulle sue spalle, poi dico: « Prima di andare a casa mi dai uno strappo fino alla libreria? » chiedo, visto che oggi abbiamo la macchina di nostra madre. A volte la mattina la prendiamo noi e pomeriggio lei. Anche se è Ethan quello ad usarla spesso, io in pratica è come se non esistessi.
« Non posso. Doposcuola ho degli impegni. » dice con indifferenza.
Hunter ride a bassa voce, ma non appena gli scocco un'occhiata omicida, alza le sopracciglia e ghigna.
« Mi serve soltanto un maledetto passaggio! » cerco di insistere senza dare di matto, ma con Ethan è impossibile.
« Non posso, Hayra! Devo andare dalla parte opposta, prendi l'autobus e non romepere. »
« Animale » mormoro, poi mi allontano dal loro tavolo senza girarmi, visto che li sento pure ridacchiare. Se fossimo stati a casa, io e lui, probabilmente gli avrei tirato un pugno in faccia.
Passo le ultime due ore a mandare maledizioni a mio fratello e a fare calcoli stupidi in base agli orari per non fare tardi e non perdere l'autobus. Ma con la fortuna che ho ogni volta, so per certo che qualcosa andrà male. Prendo lo zaino e appena suona sono una tra le prime a catapultarsi fuori dalla classe. Corro verso l'uscita, sembrando un po' disperata, e poi mi incammino verso la fermata dell'autobus.
So per certo che mio fratello se avesse davvero voluto darmi un passaggio, lo avrebbe fatto. Il punto è che si rompe le scatole, ogni volta, quindi trova sempre una scusa. Inoltre, le sue scuse sono davvero idiote. L'ultima volta mi aveva detto " Ho fatto tardi perché ho aiutato una vecchietta ad attraversare la strada". Che stronzata! Ethan non scenderebbe dalla macchina per aiutare una vecchietta, bensì probabilmente si metterebbe a imprecare, perché non ha pazienza.
Mentre aspetto l'autobus, una macchina nera si ferma davanti a me. So per certo che non è mio fratello, perché questa è un Audi sportiva. So che è Audi grazie si cerchi che ha davanti, che mi ricorda tanto quelli dei giochi olimpici. Beh, almeno ho azzeccato questo.
Il finestrino si abbassa, Hunter solleva gli occhiali da sole dal naso e gli incastra tra i capelli, poi mi rivolge uno sguardo del tipo " Sali o me ne vado?". O almeno, io lo interpreto così.
« No, con te non ci vado da nessuna parte. » dico, contrariata.
« Chi ti ha detto niente? Volevo soltanto salutarti. Ciao, Masy » alza una mano e poi parte. Se ne va davvero e io ho appena fatto la figura dell'idiota.
Ah, che novità! Menomale che sono abituata, ma ha ferito il mio orgoglio.
Non passano neanche dieci minuti, che la macchina si ferma nuovamente davanti a me. Questa volta non ci casco.
« Avanti, salta su, musona! » dice, allungandosi verso lo sportello per aprirlo.
« Ma sei serio? » chiedo, circospetta.
« Ti vuoi muovere? Non ho tutto il giorno. » dice spazientito. Salgo in macchina e neanche il tempo di mettermi la cintura, che parte sgommando.
« Ma se vuoi ammazzarmi almeno fai passare cinque minuti, no? È da psicopatici volermi fare fuori! » dico, alzando gli occhi al cielo.
« Ah-ah, simpatica. Sto andando di fretta, ho altri impegni »
« Tipo praticare il salto a canguro sopra Vanessa? » chiedo, scoppiando a ridere. Lui mi rivolge un'occhiata omicida. Va bene, dovevo stare zitta.
« Ti ho detto che devi stare attenta a quello che dici, Masy. Non tutti sono così... clementi come me » dice, rivolgendomi un sorriso furbo.
« Va bene, come dici tu » dico, chiudendo il discorso.
« Dov'è sta libreria? » chiede, lo sguardo concentrato sulla strada.
« In città » rispondo.
Lui si ferma al semaforo e gira la testa verso di me. « Ma sei seria? Sai almeno l'indirizzo? La strada? Qualcosa? »
« Qualcosa... »
« Cazzo, Hayra! Ti lascio a piedi » minaccia stringendo con forza il volante.
Perché la gente in questo posto tende a perdere la pazienza così in fretta? Per una che è uscita poco, perché non ha neanche una misera amica, la madre lavora e il fratello la evita, è ovvio che non conosca bene la città. Ammetto di essere andata qualche volta in libreria... Ma non ricordo le strade, ecco. Tendo spesso a perdermi, anche nei luoghi che tecnicamente dovrei conoscere.
Gli spiego più o meno la strada e le cose che erano vicine alla libreria, giusto per avere un'idea di dove stiamo andando.
« Va bene, ho capito qual è. » dice quasi sollevato.
Dopo circa cinque minuti, ferma la macchina davanti alla libreria e resta in silenzio.
« Beh...grazie per questa tua gentilezza preoccupante » dico e apro lo sportello.
« Ehi! Ehm... Sai come tornare? » chiede e scorgo un lampo di preoccupazione sul suo viso.
« Davvero me lo stai chiedendo? » replico, alzando un sopracciglio.
Lui sbuffa e dice: « Sai almeno dov'è la fermata dell'autobus? »
Faccio spallucce. « Qui vicino penso »
« Oh, Gesù. Tuo fratello non può venirti a prendere? » domanda e il suo cellulare inizia a squillare.
« Non penso, ma non importa. »
Lui rifiuta la chiamata e poi si rimette gli occhiali da sole e rivolge l'attenzione verso di me. « Va bene, devo andare. Mi hai fatto pena oggi e ti ho dato un passaggio, non pensare che capiterà nuovamente, Masy. » non aspetta neanche che io risponda alla sua provocazione e maleducazione, perché mette la macchina in moto e chiudo lo sportello giusto in tempo, prima che vada via.
Ma che grandissimo bastardo!
Maaaa ho tante idee per questa storia ahhaa 👀❤️ probabilmente accadranno un paio di cose... Cioè, sicuro. 😂🌺 Spero vi piaccia, commentate e votate 🌺❤️ alla prossima.
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