01. Pagare la gente per falsificare la mia pagella


Ogni volta che apro bocca, c'è sempre qualcuno che se ne esce con la domanda " Di dove sei?". Va bene che il mio accento è abbastanza forte e molto diverso da quello di Portland, ma nonostante io ci viva qui da esattamente... tre mesi, sto cercando di abituarmi e di migliorare il mio modo di parlare.

A quanto pare mia madre si è ambientata talmente bene qui, che certe volte la notte sento il suo letto cigolare un po' più forte e sento qualche gemito. E no, non è per il mal di schiena causato dal troppo lavoro.

Se c'è una cosa di cui sono certa, è che mia madre è molto più brava di me a rimorchiare. I miei genitori sono divorziati da un bel po', vivo con mia madre e quella sottospecie di mio fratello, più grande di me di un anno, a Portland, ma siamo originari del Tennessee, precisamente Nashville.

Un'altra cosa che ho capito, è che a mia madre piace essere attiva sessualmente, altrimenti non me lo spiego il motivo per cui abbia desiderato sfornarmi dopo un anno. Mi ha anche assicurato che sono stata veramente desiderata e che non sono stata un errore. Beh, ci mancherebbe.

Dire che la mia famiglia sia strana, sarebbe una cosa veramente ridicola. Viviamo tutti e tre qui, e mi sento come Tarzan che si reca per la prima volta in città. Per carità, non ho vissuto mica in una giungla, ma ho passato molto tempo in campagna, dai nonni, inoltre sono stata abituata ad un certo modo di vivere e di parlare.

Apprezzo la scelta di mia madre, e il suo immenso desiderio di rifarsi una vita, ma potrebbe smetterla di presentarmi ai suoi possibili pretendenti, come sua sorella, anziché sua figlia.

Certo, il sogno di mia madre è quello di regalarci una vita migliore e di incontrare l'uomo della sua vita. Peccato abbia detto la stessa cosa anche quando ha conosciuto papà. Me l'ha detto lui. Spero soltanto che le sue relazioni non finiscano allo stesso modo.

Non è una donna da facili costumi, no, è una donna indipendente, e certe volte la disperazione di essere una mamma single la rende un po' isterica e psicopatica, ma per il resto è dolcissima.

Così dolce, che quando mi ha accompagnata in segreteria per iscrivermi, ha firmato un paio di scartoffie e poi è sparita a parlare col preside, come se la prossima a studiare qui fosse lei, non io.

« Puoi ripetermi il tuo nome? » chiede la segretaria, abbassandosi gli occhiali per guardarmi meglio.

« Hayra Mason. » dico, per la decima volta. Sul serio, le ho contate.

« Aria Mason. » ripete, mentre scrive.

« È Hayra... » brontolo, trattenendo la voglia di sbattere la testa contro il bancone.

« Aria. » dice, come se le avessi appena dato della stupida. Beh...

« No, senta. Non è Aria. Come le spiego! Non è tipo Area, è Hayra, comprende? H-A-Y-R-A. » stringo i pugni, mentre le faccio lo spelling.

« Area? » domanda, ancora più confusa. Emetto una risata isterica, poi prendo un foglio da sopra il bancone e le scrivo il nome a caratteri cubitali.

« Ah, ma è Hayra! Perché non l'hai detto sin dall'inizio? » chiede, sbuffando, risistemandosi gli occhiali sul naso.

« Mi prende in giro, io lo so.» cantileno, muovendo l'indice davanti a lei.

« No, sei tu che mi fai uscire pazza con il tuo nome. Non ho tempo da perdere. »

« Neanche io ho tempo da perdere, eppure sono stata costretta a venire qui. »

« È una scuola, ragazza. » dice la segretaria, sempre più irritata.

« Visto la gente che c'è qui, pensavo fosse un manicomio.» dico in modo sarcastico, guardandomi intorno.

« Non c'è nessuno a parte me. » specifica, picchiettando la penna sul foglio, così velocemente che ho paura che le possa volare via dalle mani.

« Appunto. » dico, fingendo un colpo di tosse.

« Dimmi una cosa Area Mason, sei stata un guaio anche nelle altre scuole? » chiede, forzando un sorriso.

« È Hayra. Comunque, sì, solo un po'. Come lo sa? » chiedo, sporgendomi di più verso di lei.

Lei si tira indietro e ha la stessa espressione di mio fratello quando mangia i fagioli cucinati da mia madre.

« Non ci vuole molto a capirlo. Tieniti lontana dai guai, Aria. »

« Va bene, signora Esmeralda. »

« Non è il mio nome. »

« Mi scusi, ma ha iniziato lei questo gioco. » faccio spallucce e non appena vedo mia madre uscire dall'ufficio del preside, tiro un sospiro di sollievo.

« Preside Swift, mia figlia Hayra. » dice, indicandomi come se stesse mostrando un quadro di alto valore. Beh, apprezzo il gesto. A casa mi indica come se fossi una barbona.

Mi sfugge una risatina, perché lo immagino ballare Shake it Off, la canzone di Taylor Swift.

« È imparentato con Taylor Swift? » chiedo, ma mia madre smette di sorridere e si avvicina minacciosamente a me.

« Chi, scusi? » domanda, ingenuamente.

« Niente, stavo dicendo... Lei mi ricorda Johnathan Swift. Il famoso scrittore che- »

« So chi è. » taglia corto.

« Mia figlia è un po' chiacchierona, ma è bravissima. Vero, Hayra? » dice mia madre, fulminandomi con lo sguardo.

« Certo! Soprattutto a scuola... Mi impegno molto...per avere ottimi risultati.» dico, cercando di sembrare sicura di me, ma sento Esmeralda fingere un colpo di tosse.

« Non ne dubito! Sua madre mi ha parlato molto bene di lei, signorina Hayra. Ho visto la sua ultima pagella, eccellente! » gonfia il petto, come se fosse fiero di me.

« Certo, eccel- » mi blocco « Cosa? » domando, confusa.

« La sua pagella. È davvero ottima. » unisce le mani davanti alla pancia, e mi guarda con un sorriso. Mi giro lentamente verso mia madre, più scioccata di prima.

Ah, cazzo. Non di nuovo.

« Certo... La mia pagella...» mormoro, abbassando lo sguardo, imprecando in tutte le lingue del mondo.

« Bene, ora ce ne andiamo! » dice mia madre, afferrandomi il braccio.

« Certamente, è stato un piacere conoscervi. Hayra, ci vediamo tra pochi giorni. » dice, mentre si tocca i baffi. Penso di averlo visto ghignare, o mi sto facendo le pippe mentali.

Appena usciamo dalla struttura, mia madre mi strattona il braccio come una pazza.

« Tu sei brava a scuola. Ricordatelo.»

« La devi smettere di pagare la gente per falsificare la mia pagella... »

« Oh, no, Hayra. Quest'anno studierai come una dannata, me ne occuperò io. » mi dà una pacca sulla schiena, poi mi supera, alza il mento all'insù, con un bel sorriso sul viso, mentre si liscia la gonna.

Madre di Dio. Questo posto è peggio della giungla.

Guardo mia madre da dietro e le invidio perfino il fisico. Ci credo che ha fortuna a rimorchiare.
Cammina con una tale eleganza su quei tacchi a spillo. Io al suo posto sarei caduta di faccia almeno dieci volte.
I capelli castani e ondulati rimbalzano sulla sua schiena ad ogni suo passo e ogni tanto sposta qualche ciocca dietro l'orecchio.
Appena raggiungiamo la macchina, mi lancia un'occhiata strana e sospira.

« Hayra, domani pomeriggio la signora Thompson vuole che tu le faccia visita. »

« Ma mamma... Ogni volta che ci vado mi scambia per una che lavora per un'agenzia pubblicitaria e mi grida contro " Ficcatelo dove non batte il sole, il tuo aspirapolvere!" » le dico, facendo il giro della macchina per salirci dentro.

Mia madre apre lo sportello e si accomoda dentro, dopodiché trattiene una risata e accende il motore.
« Tesoro, lo sai che la signora Thompson ha dei problemi di salute... »

« Oh, questo l'ho capito benissimo, soprattutto quando ha detto che suo marito era con noi.» le dico, ridendo. Insomma, rido per non piangere.

« Suo marito? Ma non è morto? » domanda, lanciandomi uno sguardo fugace, riportando subito l'attenzione sulla strada.

« Eh...» dico, mettendomi la cintura di sicurezza.

« Prima dell'inizio della scuola devi spuntarti i capelli. » dice, afferrando una ciocca tra le dita. Osservo le sue unghie laccate di rosso e poi do uno sguardo alle mie, che fanno schifo.

« Non penso sia necessario. » rispondo, guardando i miei capelli nello specchietto. Sono neri, lisci e abbastanza voluminosi. Forse dovrei sbarazzarmi delle doppie punte, ma ci tengo troppo, inoltre quando dico di voler tagliare un centimetro, la parrucchiera me ne taglia dieci.

« Con Ethan ci hai parlato? » chiedo, alzando un piede per appoggiarlo sul cruscotto, ma non appena vedo l'occhiata che mi scocca, lascio perdere.

Quando arriviamo a casa, lascia la macchina nel garage, poi scendiamo.

« Tuo fratello si è già iscritto ieri. » dice, frugando dentro la borsa per prendere le chiavi.

« Oh, fantastico. E lui dov'è adesso? » chiedo, appoggiandomi alla porta. Quando finalmente trova le chiavi, mi sposto di lato, ma lei ignora la mia domanda. Probabilmente non lo sa neanche lei, come sempre.

« Sarà con i suoi nuovi amici. » dice, aprendo la porta. Entriamo dentro e vado dritto in cucina a bere. Mia madre mi segue e lascia la borsa sul bancone, poi si siede e assume un'espressione pensierosa.

« Sono veramente preoccupata per il vostro inizio. » mi fa segno di passarle un bicchiere d'acqua e lo faccio, senza obiettare.

« Non sarà così terribile. » cerco di rassicurarla.

« Il preside ha detto che gli studenti si ambientano subito e che se dovessi avere bisogno d'aiuto, puoi chiedere aiuto a suo figlio. » mia madre ghigna, portandosi poi il bicchiere alle labbra.

« Ah. Suo figlio? Se è come il preside, mi sa che starò a cento metri di distanza da lui. »

« Oh, ne dubito tesoro. Gioca nella squadra di basket, sono sicura che lo conoscerai presto. »

« Perché? Io cosa c'entro con il basket? » chiedo, sedendomi sullo sgabello, per non collassare.

« Tu niente, tuo fratello voleva entrare nella squadra, quindi sicuramente lo vedrai. »

« Mamma, l'ultima volta che ho provato a fare conoscenza con un compagno di squadra di mio fratello, mi sono beccata un pallone in faccia e una serie di insulti. »

« Si devono superare certe situazioni, tesoro. Vedrai, ti farai finalmente nuovi amici. »

« Ma io ho degli amici... »

« Quelli immaginari non contano. »

« Ah, beccata! » alzo gli occhi al cielo, appoggiando la fronte contro il bancone. Non ho amici immaginari, ma a mia madre ho detto questo, perché mi divertivo a farla disperare. Voleva addirittura portarmi dallo psicologo. Sono rimasta in contatto con i miei vecchi amici, ma qui attualmente non ho fatto amicizia con nessuno. E sono passati tre mesi.

« Gente, sono a casa! » grida mio fratello, entrando in cucina. È a petto nudo, con la maglietta su una spalla, e i capelli neri appiccicati alla fronte.

« Doccia, subito. » gli dice mia madre, facendogli segno di uscire fuori dalla cucina.

« Va bene. Domani un mio amico verrà a casa nostra. » dice, guardando me, come se volesse comunicarmi qualcosa.

« Mi fingerò sana di mente. » gli dico, facendogli l'occhiolino.

« Se ti fingessi invisibile, sarebbe ancora meglio. »

« Ethan! » tuona mia madre, prendendosi la testa tra le mani.

« Poi non chiederti perché non ha amici! Nella sua stanza ogni volta fa mosse strane, come se fosse posseduta, e tu neanche lo sai. » dice mio fratello, asciugandosi il sudore dalla fronte.

« Si chiama yoga, imbecille. » gli dico, scoppiando a ridere.

« Ho bisogno di un bicchiere di vino. » mormora mia madre, con aria sconfitta.

Ma probabilmente ci sarà tanto disagio in questa storia... Che novità. Se volete sostenermi, lasciate una stellina o un commento 🌺 grazie mille a chi continua a seguirmi in ogni cazzata che scrivo 😂😂

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