Chapter 9\"Perchè non riesco a incrociare i suoi occhi, mentre dico la verità?"



A scuola, il lunedì, sono ancora sulle nuvole rosa, tra le pagine del mio romanzo rosa, quando un nuvolone nero, chiamato Carolina, tramuta le mie nuvolette soffici in intimidatorie nubi temporalesche, pronte per la tempesta. Mi si avvicina, minacciosa. <<Anna, vieni fuori>>.

Jake mi guarda e mima la frase <<devo preparare il ring?>> mentre Milena gli sgancia un destro sullo stomaco. <<Te lo faccio vedere io il ring. Piantala. Non lo vedi che è incazzata di brutto?>>.

<<Anna>> asserisce, seria, rivolgendosi a me. <<Se vuoi vengo con te>>.

<<Almeno avrai dei testimoni>> scherza ancora Jake, e stavolta lo picchio anch'io.

Porca miseria, sono spaventata. Non ho mai visto Carolina così, nè si è mai rivolta a me in quel modo. In effetti, è da venerdì che non ci parliamo... <<Marchiselli, allora... vieni o no?>> esclama, affacciandosi alla porta, non vedendomi uscire.

Mi chiama per cognome, adesso? Faccio un respiro profondo, e esco dall'aula. All'inizio delle lezioni mancano pochi minuti, ma tanto la prima ora abbiamo letteratura e la prof. Boschi è sempre in ritardo, mannaggia a lei.

Trovo Carolina sulle scale esterne. Mi volta le spalle. Ho quasi timore a farle capire di essere lì. <<Sei arrivata. Bene. Te lo chiederò una volta sola, anche perchè te l'ho già domandato, se ben ricordi, e non molti giorni fa>>.

Si volta, livida di rabbia. <<Cosa cazzo c'è tra te e Marco?>>.

Oh, si tratta di questo? Mi rilasso all'istante. <<Ma Caro, te l'ho già detto. Non c'è nulla di più di ciò che c'è tra me e Dani, tra me e Giò, tra me e Sandro, tra me e...>>.

No, meglio non continuare: tra me e qualcun altro c'è molto di più. Sorrido, al ricordo dei teneri baci di Ale...

<<Ma la smetti di prendermi per il culo? Ridi anche!>> urla, furiosa.

<<Caro ma perchè fai così! Ti ho detto la verità!>>.

<<Vuoi dirmi allora che sabato non eri con lui?>>.

<<No, cioè, sì...>>. Le sue accuse mi confondono. <<Ero, ero con lui>>.

<<Ah, ecco>> conclude erroneamente, mordendosi il labbro.

<<No, aspetta. Ero con lui, e anche con sua sorella, suo fratello, sua mamma...>>.

La mia confessione viene travisata. <<Ah, ma bene! Sei già entrata in famiglia!>>.

Cosa? <<Carolina, adesso calmati>>.

Dovrei saperlo che chiedere di calmarsi, ad una persona palesemente incazzata, è come innescare una miccia.<<Calmarmi? Calmarmi?! Anna per colpa tua Marco mi ha lasciata!>> grida infatti, calciando un sasso che malauguratamente si trova nella direzione del suo piede indiavolato.

Ci metto un momento per elaborare ciò che mi ha appena rivelato. Marco l'ha lasciata? Per colpa mia?! Ma se è praticamente grazie a me che stanno insieme! Vorrei confessarglielo, ma evito. <<Caro non lo sapevo. Mi dispiace>> affermo, sincera.

<<Ma a chi vuoi darla a bere. Non ti dispiace per niente>>.

Okay, adesso basta. <<Senti, so che stai soffrendo, ma non ti permetto di trattarmi così. Non devi prendertela con me, io non c'entro nulla. A me Marco non interessa. Io mi vedo con Ale, te l'ho detto. A me piace Ale>>.

Carolina scuote la testa. Non mi crede.

<<Se non ci credi non è un problema mio>>.

Così dicendo, pongo fine a quella penosa discussione, e torno in classe. Non immagino certo, lì per lì, quanto quella pazzesca convinzione di Carolina potesse rovinarmi l'esistenza, da quel momento in poi, ma ne ho già una vaga percezione nei giorni seguenti, quando il sestetto e anche altri amici, con i quali mi rapportavo tranquillamente, iniziano ad evitarmi.

Jake, Milena e Natalia, ovviamente, sono dalla mia parte e sostengono l'assurdità di tali comportamenti, ma evidentemente Carolina riesce a convincere della veridicità delle sue affermazioni moltissime persone.

Al "covo", il pomeriggio di venerdì, che solitamente è dedicato alla maratona delle serie TV che trasmettono unicamente su Netflix, che possiede solo Dani, Caro non c'è. Ci raggiungerà la sera, mi avvisa Sandro, così approfitto della sua assenza per parlar loro della litigata. Ne ometto il motivo, perchè voglio confrontarmi poi solamente con Marco. I ragazzi erano al corrente della rottura tra loro due, apprendo, ma non della nostra discussione. Per fortuna, almeno loro non sono stati manipolati. "Avrebbe potuto convincerli di una castroneria del genere, se avesse voluto?" penso, con orrore, reduce delle cattiverie di Carolina degli ultimi giorni. La risposta voglio sperare sarebbe negativa, non potrei sopportarlo. Poichè oramai mi conoscono... saprebbero che non ho incentivato la cosa. Soprattutto se sapessero di Ale...

Sollevata da queste auto convinzioni, mi preparo a discutere con Marco. Come posso fare per farmi prendere sul serio? <<Marco, prima che gli zombie inizino ad ammazzarsi tra di loro, vieni un momento?>>.

"The Walking Dead" ha il suo fascino, per chi apprezza il genere.

<<Certo. Sai che quella roba non mi interessa>> risponde pragmatico.

<<Sì, so che non è di tuo interesse nessuna cosa che sia indispensabile per ogni ragazzo della tua età>> lo provoco.

<<Non è del tutto vero... c'è una cosa che accomuna proprio tutti noi maschietti e...>> canzona, unendo le falangi superiori di ogni dito della mano destra a quelle della sinistra ripetutamente, sghignazzando.

Mi tappo le orecchie. <<Non voglio sentire, bla bla bla>>.

Lui ride. Ride sempre di me. Come può comportarsi così uno che vuole conquistare una ragazza? Perchè Caro non lo capisce?

<<Allora, terra chiama Anna. Che c'è?>> m'incalza, mentre prende due sedie e le posiziona una davanti all'altra.

<<Perchè hai messo le sedie in quel modo?>> domando io, ingenuamente.

<<Pensavo di dovermi sottoporre a un interrogatorio. Non è così?>> domanda, sarcastico.

<<No. Ma se proprio non riesci ad ironizzare sempre su tutto...>>.

<<Sei tu la regina dell'ironia, qui, mi sembra>>.

Mi accascio sulla sedia del detective, sospirando. Marco pare cambiare idea, ma si siede ugualmente di fronte a me. <<Dunque>> comincio, lisciandomi le mani sui jeans strappati. <<Non è un interrogatorio, ma ho bisogno tu mi dica una cosa. Ti farò solamente una domanda>>.

<<No>> asserisce subito lui.

<<No che? Non ti ho ancora chiesto nulla!>>.

<<No, mi dichiaro innocente. E voglio il mio avvocato>>.

Va bene dai, ho sperato invano. Mi alzo, sbuffando, e mugugnando un <<lasciamo perdere>>, ma lui mi blocca, come quella volta, poggiandomi con decisione una mano sul fianco e io, come allora, sento un brivido. Forse non ho bisogno di fargli quella domanda, dopo tutto.

<<Scusami, Anna. Non so perchè faccio così, è che... è facile, con te>> prova a scusarsi.

Mi riaccomodo, in ascolto. <<E' facile cosa? Prendermi per il culo?>>.

<<Hey, io non sarei così volgare. Sì, insomma... scherzare, farti innervosire... tu sei una credulona, una bambina...>>.

Sta migliorando, direi: come no. <<Ma capisco che ora devi dirmi una cosa seria e allora proverò a fare il serio. Davvero. Lo giuro>>. Si porta la mano destra sul cuore.

<<D'accordo... ci riprovo. Ascoltami e rispondi solo con un sì o con un no, va bene?>>.

Annuisce.

<<Ok. Tu hai qualche interesse che non sia solo diciamo... propriamente amichevole nei miei confronti?>>.

Annuisce di nuovo.

<<No, va bene, ho capito che ho la tua attenzione, ora devi rispondere>>.

Annuisce ancora: adesso gli tiro un pugno.

<<Marco...>> sospiro, esasperata.

<<Che c'è! Ti ho risposto!>>.

Cioè, ha detto di sì? Che gli interesso? Oh mio Dio.

Faccio finta di non aver inteso.

<<Anna, adesso sei tu che ti stai prendendo gioco di me. Ti ho detto di sì. Il mio interesse per te va oltre l'amicizia. Ben oltre...>>.

Si schiarisce la voce, imbarazzato, ma ciò non fa vacillare neanche per un momento la sua sicurezza. Niente, nessuna via di fuga, la verità sbattuta in faccia senza mezzi termini.

Non sono pronta. Carolina aveva ragione? No, calma. Non aveva ragione sul fatto di incolpare me per... una cottarella. Per me. Del suo fidanzato.

Oh, merda.

Resto immobile, cercando di mettere ordine tra questi catastrofici pensieri. Non oso alzare lo sguardo. Marco aspetta, appoggiandosi allo schienale della sedia dell'indagato, una sentenza dopo la confessione. Ma io non so se sia colpevole. Si può decidere consapevolmente di chi innamorarsi? Ora, innamorarsi... infatuarsi. Una semplice, banale, innocente infatuazione che sono sicura passerà in pochissimo tempo. Ancor prima se metto bene in chiaro le cose.

<<Marco>> esclamo allora, determinata. <<Credo tu abbia preso una cantonata. Cioè... Carolina è cento volte più carina di me>>.

Sto calcando un po' la mano, lo ammetto, ma è sicuramente più alta. "Altezza mezza bellezza", recita il famoso detto, vero? A tette non c'è paragone, comunque. Che lo pensi anche lui? Oh cielo.

<<E>> aggiungo, con enfasi <<io esco con Ale. Lo sai>>.

Perchè non riesco a incrociare i suoi occhi, mentre pronuncio solamente quella che è la verità? Lui respira rumorosamente.

<<L'unica cosa che so è che ho preso una decisione sulla base di ciò che, francamente ne ignoro anch'io lo strano motivo, sento in questo momento. Tu sai per certo cosa provi, invece, Anna?>>.

Dopo questa apparentemente banale domanda si alza, lasciandomi lì, smarrita tra le mie confuse riflessioni e ipotetiche verità. Ale, intanto, ci scruta da tempo dalla poltrona in fondo alla stanza. Cosa dico a lui, ora?

<<Gente, ho un annuncio importante!>>.

Diverse paia di occhi si spostano dallo schermo della televisione a Dani, che, euforico, ci invita alla sua casa sulla spiaggia per il ponte del primo maggio. Logico che possedesse anche una casa al mare, no?

Proprio quello che mi occorreva per risolvere tutto: trovarmi incastrata in un triangolo amoroso al quale non volevo proprio partecipare, nonostante lo avessi considerato, a differenza di Renato Zero. Provo a rifiutare, ma vengo assalita da bonari insulti e minacce non troppo velate... non mi resta che sperare che sia Carolina – o meglio ancora Marco – a declinare l'invito, ma invece, quando arriva, si mostra entusiasta per la breve vacanza, così come lui e il resto del gruppo.

Ale è un po' risentito della mia iniziale rinuncia, ma quando arranco una scusa che coinvolge i miei, pare capire. Mentire non è una mia caratteristica, nè lo è come prerogativa per cominciare una relazione, se mai era ciò che stava accadendo tra di noi: ma avrei tenuto per me la storia della cotta del suo amico.

Nei giorni seguenti Carolina evita me, io evito Marco – le ripetizioni a Noemi vengono tassativamente eseguite in assenza del fratello, che, a quanto pare, nel primo pomeriggio sparisce in palestra – e la gita al mare è alle porte.

<<Papi, è solo una notte, due giorni in totale. La casa è in Liguria, a due ore di macchina...>>.

Siamo in cucina e sto cercando da mezz'ora di convincere i miei genitori a farmi partire.

<<Tre ore>> mi corregge, e redarguisce severamente Agata, mia mamma, mentre Armando, il mio dolce papà, che non riesce proprio a evitare di considerarmi la sua "piccola", fatica a lasciarmi andare. Incredibilmente mamma sarebbe anche d'accordo, cosa più unica che rara.<<L'aria di mare fa bene>> la sento dire mentre prepara gli Scones, il dolce scozzese, souvenir del suo recente viaggio di lavoro: finchè porta a casa ricette di prelibatezze e le cucina, anche, papà accetterà le sue assenze.

Lui.

Io non mi faccio certo abbindolare da quattro dolcetti. L'assenza non si colma, neppure con l'appagamento dall'eccesso di zuccheri. Ma così io avrò una madre rompipalle in giro per il mondo a infastidire qualcun altro e un padre contento, anche se iperprotettivo. <<Oh, okay>> afferma, riluttante, dopo un'altra mezz'ora di suppliche mio padre, e io lancio un urlo di gioia.

Nel frattempo ho fatto un lungo discorso a me stessa: non mi lascerò influenzare da quei due e dai loro problemi, starò con quello che, volendo, potrebbe definirsi il mio ragazzo – del quale i miei ignorano l'esistenza, naturalmente – e mi divertirò un sacco!

D'accordo, non potremo fare il bagno nel mare causa ibernazione istantanea... ma saremo comunque in una grande casa – non l'ho ancora vista ma dato gli standard della famiglia di Dani, immagino proprio lo sarà – senza regole nè coprifuoco: sarà stupendo!


                                                                               


Mossa da questo nuovo entusiasmo, la mattina della partenza sono in piedi dalle cinque, già vestita, truccata e pettinata di tutto punto, pronta per l'avventura. Aggiorno la mia pagina Facebook, sorridendo, e quasi mi sorprendo di ricevere già qualche like a quell'ora, ma chi è uscito a divertirsi e ha fatto mattina, è ancora sveglio. Mi arriva più tardi un SMS da Ale che si è appena collegato e ha notato la mia alzataccia. Gli scrivo che non vedo l'ora che questa giornata inizi e e di poter stare insieme per 48 ore.

Circa un'ora dopo, Dani mi sta aspettando sotto casa: chiudo la zip del giubbotto e mi fiondo di corsa sulle scale. Quasi cado. Sandro, l'unico ad avere la patente, sarà il nostro autista. Giò e Marco verranno in treno, Carolina e le sue amiche – perchè lei si porta dietro il sestetto, anche al cesso, probabilmente – arriveranno con un'altra auto, omologata per otto: furbe.

Il viaggio è piacevole anche se la colonna sonora – musica trap e hip-hop a oltranza – non è di mio gradimento. La casa, come volevasi dimostrare, è gigante. Arredata con il minimo indispensabile, però, mi rendo conto entrando. Le due enormi stanze da letto, infatti, non hanno letti, ma solo due divani che, all'occorrenza, diventano letti: ecco rivelato l'arcano della richiesta dei sacchi a pelo. <<Dunque, ci siamo tutti? Ovviamente a parte i due desaparecidos, che però arrivano in stazione tra poco>> urla Dani per farsi sentire dal gruppo, facendo da Cicerone, mentre ci mostra la casa.

<<Come vedete, i bagni sono due come le camere. Per semplificare, una sarà la camerata maschile e una quella femminile>>.

<<Si, come in collegio! Mi raccomando non spiateci dallo spioncino della porta!>>.

<<O al militare! Ah no, lì erano tutti uomini>>.

I commenti ironici si sprecano e solo io non sono molto propensa, pare, ad ironizzare sulla cosa. Non starò mai, e sottolineo mai, in stanza con il sestetto e con la perfida Carolina, che non manca un'occasione per ridermi dietro o lanciarmi frecciatine. Infatti, quando è il momento di sistemare gli effetti personali, mi dirigo nella stanza designata ai maschi.

<<Hey, signorina>> mi blocca con il braccio Dani, mentre sto per entrare. <<Niente femmine qui!>>.

Cerco con lo sguardo quello di Ale come supporto, ma è Marco – che nel frattempo è stato recuperato, insieme a Giò, da Sandro – a intervenire, alzando il braccio di Dani, facendogli il solletico, e permettendomi così di varcare la soglia della stanza dove era bandito chi non possedeva la dose adeguata di testosterone.

<<Se lei non gradisce la presenza delle altre Signore>>. Si sofferma sul termine Signore, ridicolizzandolo. <<Non credo ci siano problemi che rimanga qui>>.

Mi scruta e, ammiccando, aggiunge <<a tuo rischio e pericolo, ovviamente, donna>>.

Gli sorrido, mio malgrado, e nessuno ha più da obiettare. Ale mi raggiunge e, probabilmente, non avendo colto l'accezione dispregiativa della parola "signora" utilizzata da Marco, mi dice <<avanti, prima le signore>>, indicandomi il pezzo di pavimento libero accanto al suo sacco a pelo blu.

Marco ridacchia. Io vengo colta da un flashback di quando la stessa frase, con lo stesso tono, è stata pronunciata da Luca, quelli che sembrano oramai secoli fa. Questo ricordo sgradevole mi lascia una brutta sensazione, che non mi abbandona fino a che ci ritroviamo nell'immensa terrazza per il pranzo. Il sole splende e, nonostante sia appena iniziata la primavera, fa caldo ed è davvero piacevole stare all'aperto. La mamma di Dani e quella di Sandro – se aspettavamo la mia potevamo anche digiunare – hanno preparato rispettivamente due teglie di lasagne, quattro torte salate e due ciambelle: avevano paura saremmo morti di fame? Le ragazze del sestetto, neanche a dirlo, si sono portate insalata e frutta... che salutiste. Io avrei provveduto da sola al mio pasto per ragioni più serie, ma la mamma di Dani è stata talmente insistente che non ho potuto rifiutare: una piccola teglia di lasagne vegane, una tortina salata alle verdure e una ciambella senza latte, nè burro, nè uova sono state incartate a parte per me. <<Tua mamma mi vizia, Dani>> mi rivolgo a Daniele, seduto accanto a me, con un sincero sorriso, davvero grata, mentre addento una generosa porzione delle mie lasagne.

<<Figurati, a lei piace. Anzi, adesso ci propina anche a noi quella roba... tofu, quinoa... quelle cose lì>>.

Trattengo una risata. <<Dai, non sono cose così strane>>.

<<Se vuoi farti del male>> sento pronunciare da una del sestetto alle altre, sghignazzando.

<<Stasera c'è la sagra della porchetta, ci facciamo un salto?>> urla l'altra di rimando.

Che stupide sgualdrine ignoranti. Per fortuna i ragazzi non le appoggiano, anzi.

<<Chi finisce per ultimo lava i piatti!>> grida Giò, sovrastando le loro voci da galline, lanciando una competizione da giocarsi all'ultimo sangue.

<<Ciò significa usate le bocche per mangiare!>> aggiunge Marco, che mi guarda comprensivo, per assicurarsi che abbia capito. Sì, ho capito, grazie. Ma non sopporto che mi difenda. Soprattutto non davanti a Carolina, che adesso mi fissa pure lei, con uno sguardo carico di odio. Fortunatamente la sfida di Giò viene colta dai più e il pranzo finisce poco dopo.

<<Caffè?>> chiedo educatamente verso i ragazzi, evitando di rivolgermi anche alle ragazze: se lo vogliono che se lo preparino da sole.

<<Grazie cara, ma vorrei ricordarti che devi già lavare i piatti, visto che insieme a Marco hai finito per ultima di mangiare>> risponde cantilenando Dani.

Tralasciando il "cara" con cui si è rivolto a me, che mi fa tanto zia zitellona acida, con chi dovrei lavare i piatti?

Ci avrei scommesso, l'ha fatto apposta. L'ho visto mangiare, Marco: divora in tre secondi anche il piatto. Allora non ha capito che deve starmi alla larga?

<<Resto anch'io, se vuoi>> si vuol sacrificare Ale, mentre afferra un bicchiere che ho appena lavato. <<di questo passo finirete per mezzanotte>>.

La montagna di piatti sporchi davanti a me conferma la teoria sopra espressa di Ale. <<Stasera, piatti di carta>> dico io, affranta e un po' infastidita, ma aggiungo <<vi raggiungiamo quando finiamo. Cercheremo di essere più veloci. Tu vai, non preoccuparti>>.

Rassicurato dalle mie parole, mi dà un bacio sulla guancia e segue gli altri per un giro di perlustrazione in città e per la spesa. Dovevamo acquistare le cose mancanti, alcune più necessarie di altre: la carta igienica – direi indispensabile – è in cima alla lista.

Io e Marco laviamo i piatti in silenzio come una perfetta catena di montaggio; lavaggio, in questo caso. Io insapono e sfrego, lui sciacqua e mette ad asciugare. Le postazioni sono vicine, nonostante l'ampiezza della cucina, e spesso ci sfioriamo. In che situazioni mi vado sempre a cacciare, porca miseria...

Finiamo una ventina di minuti dopo, e lui, come me, viene preso da una notevole e improvvisa stanchezza. Forse lui sta di nuovo fingendo, ma io no di certo: ho un sonno pazzesco data la levataccia della mattina e mi accascio con decisamente poco garbo sul mega divano in pelle bianca del soggiorno. Lui, neanche a dirlo, si sdraia subito accanto a me, emettendo un rumoroso – e fastidioso – sbadiglio.

<<Credo che riposerò un po', non mi va di uscire>> afferma, sbadigliando nuovamente.

<<Ma dai, non lo avrei mai detto>> commento sarcastica.

<<Uno, adesso, dopo un lungo viaggio e dei faticosissimi e interminabili lavori socialmente utili, non può essere stanco? Mi pare che anche tu ti sia fiondata sul divano, e prima di me, per giunta>>.

<<Okay, okay, stavolta sono troppo esausta per discutere con te. Stai qui, vai via, fai come vuoi, basta che mi lasci stare>>.

<<Questo non posso promettertelo>>.

Mi metto a sedere e lo guardo, allibita. <<Ma insisti? Davvero?>>.

Voglio sapere che intenzioni ha, anche se non sono sicura mi piacerebbero.

<<Insisto cosa? Nel voler trascorrere del tempo con te?>>.

<<Sì. Perchè tanto sai che non ne verrà fuori nulla>> provo a spiegargli.

<<Veramente non lo so. E non lo puoi sapere nemmeno tu, se non ci provi>>.

Ma provare a fare che? <<Ascolta Marco... io con te non voglio provare proprio a fare nulla. Non devo. Perchè le mie prove le sto già facendo con Ale>>.

<<Ah sì?>>.

<<>> ribatto risoluta, sostenendo fiera il suo sguardo.

<<Avete una storia?>>.

<<Sì, certo, mi pareva di avertelo già detto>>.

<<Sì, tu me lo hai detto. E l'hai detto solo a me, per altro. Ma lui no. Anzi...>> finge di ricordare, mettendo una mano sulla tempia. <<Credo che lui non abbia proprio neanche mai accennato ad una relazione con te. Non ti ha mai toccata, nè baciata, nè dato alcun segno di stare con te, in mia ed in nostra presenza, del nostro gruppo. Sbaglio?>>.

Ma che sta dicendo? Dove vuole arrivare?

Con Ale non abbiamo mai discusso della cosa, non ce n'è stato bisogno, insomma... era chiaro, no? Ma devo ammettere che non ho mai notato, o non ho mai voluto notare, il fatto eclatante che Ale non avesse manifestato effettivamente nulla in pubblico... Al cinema sì, però, l'altra sera. E mi ha anche baciata, ricordo soddisfatta. <<Al cinema mi ha presa per mano e baciata, e c'erano tutti! A parte te, che per qualche stramaledettissima ragione incomprensibile non apprezzi andarci>> ribatto orgogliosa.

Eccola, la risposta giusta, a dimostrazione che si sbaglia. Lui si prende qualche secondo per riflettere e poi esclama, divertito <<Anna, al cinema era buio. Nessuno vi ha visti>>.

Porca Miseria.

All'improvviso sussultiamo, entrambi, al suono – odioso, in effetti – che segnala un messaggio in entrata del mio iPhone, abbandonato in cucina. Sbuffo, ancora irritata dall'estenuante conversazione con Marco, e mi alzo per leggere l'SMS, che è di Ale.

"Ma non avete ancora finito???" lampeggia sullo schermo, con mille faccine arrabbiate.

"Eccome se abbiamo finito" penso, con rabbia. Lo chiamo.

<<Abbiamo comprato i piatti di carta, così stasera non dovete fare le belle lavanderie...>> esclama, appena si avvia la comunicazione.

Sorrido e gli chiedo dove posso raggiungerli. <<Veramente stiamo tornando. Ora che il sole non è più così caldo, fa freschino>> utilizza un termine decisamente milanese, facendo ricomparire il sorriso sul mio volto <<e non abbiamo portato dietro la felpa>>.

Sentendo il mio sospiro deluso, aggiunge <<rientriamo, ci cambiamo e poi stasera usciamo di nuovo: c'è una specie di festa di paese>>.

Wow, io adoro le feste di paese!

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