Chapter 4\"Mi era stato già concesso il lusso di poter rivivere tutto questo?"
Il "covo", scopro poco più tardi, è un appartamento fatto e finito, dove ci si potrebbe vivere comodamente in sei – o anche addirittura in otto persone – collegato alla mega villa della famiglia di Dani.
Per dirla alla milanese, te capì Dani?
Ordiniamo una pizza mentre commentiamo la partita. Cioè, alcuni commentano, altri sono impegnanti a fare altro: Carolina è intenta a divorare con gli occhi Marco, al quale evidentemente di calcio interessa ben poco. Io mi ritrovo, invece, ad osservare Giò di sottecchi: ora che ha fatto la doccia ha i capelli ancora un po' bagnati, che gli cadono sul viso, e un bellissimo sorriso.
Un movimento davanti alla mia faccia mi distrae: è Marco, che mima col dito di chiudermi la bocca, sollevandomi il mento. <<Guarda che a furia di sbavare sembrerai un molosso>>. Un che?
Mi fingo offesa – oltre a fingere di sapere benissimo cosa sia – e gli faccio la linguaccia. Ma questo ragazzo si fa i fattacci suoi?
Una risata acuta mi fa voltare di scatto verso il divano, dove Sandro ha le lacrime agli occhi per il troppo ridere. Che succede?
<<Ale mi fai pisciare. Letteralmente. Anzi, Dani, che bagno uso?>>.
Ovviamente la depandance ha due bagni.
<<Quello in fondo>> risponde lui, che non smette di fissarmi.
<<Dai ragazzi, giochiamo al gioco della bottiglia?>> esclama Giò, girando tra le mani una bottiglia vuota di birra.
<<Ma che, scherzi? E se usciamo io e te ci dobbiamo baciare?!>> risponde Sandro, schifato.
<<Neanche per idea. L'ultima volta ho dovuto limonare con Dani e ancora adesso ho gli incubi>> scherza Ale.
Carolina non sembra così contraria alla proposta di Giò, probabilmente perchè sta sperando che il collo della bottiglia, finito il suo giro, possa indicare Marco. Io dico la mia, allontanando con la mano una possibilità di coinvolgimento. <<Io mi tiro indietro, ragazzi. Sono fidanzata>>.
<<Va bene dai>> interrompe il silenzio Giò. <<Allora facciamo il rito di iniziazione>>.
Tutti ora guardano lui, perplessi. <<Per Anna. Oramai è una di noi mi pare di capire, giusto?>>. Mi lancia un'occhiata furba.
<<Ma cosa siete, una confraternita?>> domando un po' in ansia, rammentando ciò che accadeva in "Greek". Cosa vorranno chiedermi di fare? Saltare da un palazzo o entrare di nascosto in qualche edificio governativo? Ok, è ufficiale: guardo troppe serie TV.
<<Ma che pensi? Devi solo lasciare il segno>> mi rassicura con tranquillità Sandro.
<<Lasciare il segno?>> ribatto, confusa.
<<Sì, con questa. Là sopra>> mi istruisce.
Giò mi passa una bomboletta spray bordeaux e indica il muro bianco alle mie spalle, dove, noto solo ora, ci sono tutti i loro nomi.
"Che cosa carina" penso, immedesimandomi quindi nella "Sole" interpretata dalla Capotondi nel film "Scrivilo sui muri".
<<Ok>> acconsento, contenta. << Ma datemi una scala!>>.
Marco prende uno sgabello da dietro la porta e me lo posiziona davanti. <<Ti aiuto, dai. Così evitiamo che ti spezzi l'osso del collo>> commenta acido, in un modo insopportabilmente fastidioso, tendendomi la mano per farmi salire. Lo ignoro, e ignoro la sua mano. Salgo sullo sgabello e inizio a scrivere: ha un che di liberatorio. Finita l'ultima A mi allontano, per ammirare la mia opera, e mi sbilancio. Cado tra le braccia di Marco, che, fortunatamente, era pronto a prendermi.
Che figuraccia! Mi ricompongo immediatamente e fingo una messa in scena. <<Non ci crede nessuno tanto, Anna. Dimmi grazie e facciamola finita>> commenta a bassa voce, senza lasciarmi.
Vedendo che non cede, sbuffo e pronuncio tra i denti un veloce e per nulla sentito <<grazie>> , divincolandomi e riuscendo a farmi mettere a terra. Tutti ridono ed io, dopo qualche attimo, mi unisco a loro. Viva l'autoironia! Ora, però, osservando la scritta, ritorno seria.
Ripenso, a malincuore, a quando trascorrevo del tempo con i miei amici lasciati in Friuli, con la mia squadra di Pallamano, il mio "gruppo", la mia "compagnia", gente simile a me, e più di tutto sento la mancanza della sensazione di gratificazione e di appartenenza che ne deriva. Sentirsi parte di qualcosa, condividere con le persone le esperienze della vita, è meraviglioso.
Mi era stato già concesso il lusso di poter rivivere tutto questo? Sorrido come una cretina al pensiero, e, quando mi accorgo che sono le dieci e mezza – ora del coprifuoco – faticosamente saluto e mi avvio verso casa. Carolina mi tempesta di SMS, in cui mi dice quanto sia contenta di avere una "socia" e di non essere più l'unica donna del gruppo. Non riesco a smettere di sorridere: per la prima volta da quando sono qui non vedo l'ora sia domani.
I giorni seguenti le mie giornate hanno lo stesso copione: sveglia presto, scuola, che contro ogni previsione sta andando benissimo, pranzo a casa e poi via, sullo scooter da Carolina, o dagli altri. Per comodità ci troviamo più spesso da Dani, ma anche da Sandro. Da Giò e da Ale solamente una volta e da Marco... mai. Dopo l'ennesimo rifiuto da parte sua, propongo casa mia. Ma non ho il biliardino, non ho la TV a schermo piatto nè videogiochi, fa troppo freddo per stare in terrazza e quindi la mia abitazione non è appetibile. Ma da Marco come mai non si può andare? Lo chiedo a Carolina, che di lui sa sempre tutto. <<Mah, Marco dice che c'è suo fratello che lavora la notte e che quindi di giorno dorme e non si può far casino. E poi ha una sorellina più piccola che è una vera peste. Come la mia. Infatti anche da me sarebbe un incubo, per quello non lo propongo mai. Comunque lo sai, il motivo principale è sempre e solo quello: lui è strano. Lo sarà anche dove abita>> mi spiega, lasciandomi ancora piena di domande.
Era sabato, perciò potevamo fare qualcosa di più divertente che stare a strafogarci di patatine, guardando film a ripetizione.
<<Ragazzeee>> Giò ci chiama, canzonando i nostri nomi. Quanto è carino, mannaggia a lui.
<<Abbiamo deciso di andare alle giostre. Venite, vero?>>.
<<Ma fa freddissimo!>> ribatte Carolina. guardandolo terrorizzata.
Marco le si avvicina e lei arrossisce. <<Sì, adesso vuoi farci credere che non vuoi venire perchè fa freddo. Tu andrai solo sul trenino dei bimbi dell'asilo, lo sappiamo Caro... però vieni lo stesso, dai>> la sprona.
Ora sono io a guardare Carolina e le faccio l'occhiolino. <<O-Okay... vengo... veniamo, sì sì>> risponde allora, speranzosa, osservandolo adorante.
<<E giostre siano! Uomini>> urla Ale, poi esclama, rivolto verso Carolina e me <<e donne... andiamo!>>.
Le giostre a Milano sono uno spasso: innanzitutto sono enormi. C'è l'area dedicata ai bambini, quella ai ragazzi e quella ai... cacasotto, come Carolina. Tutti la prendiamo in giro perchè è veramente una fifona. Non che io non lo sia, certo... ma nella casa degli specchi ci vado!
<<D'accordo ragazzi, io vi aspetto qui>>. Attende paziente che la fila finisca e ci allunga i biglietti.
<<Bella la vita, eh? Io mi faccio le code e voi vi divertite!>>. Sembra infastidita davvero.
<<Se vuoi resto io con te>> affermo, comprensiva.
<<Ma no dai, scherzo. Però andate qui e poi tutti a prenderci una frittella. Va bene?>>. Ha l'approvazione generale.
Sta arrivando il vagone del treno che ci condurrà nella casa degli specchi. I posti sono per due. Davanti si piazzano Ale e Dani, dietro Sandro e Giò e dietro di loro io e... Marco: che sfiga. Tende ancora una mano per aiutarmi. Ma pensa che io abbia qualche difficoltà motoria?
<Grazie, faccio da me>> mormoro, infastidita.
<<E poi vi lamentate che noi maschi siamo maleducati...>>.
<<Cosa intendi dire? Intanto non generalizzare. Stai parlando con me, quindi magari sono IO che mi lamento>>.
<<Ma hai sempre il ciclo?>>.
<<Ma che razza di domanda è?>>.
<<No è che sei sempre così... acida>>.
Questo ragazzo mi dà sui nervi. Davvero. Lo detesto. <<Sono... acida... perchè tu sei sempre cosi maledettamente...>>.
Finisce la frase lui per me, asserendo <<gentile?>>, sorridendo beffardo.
Intanto il vagone si muove e entriamo in un luogo tutto buio e puzzolente: si addice al momento. <<Non voglio parlare con te. Anzi...>>.
Mi viene un'idea. <<Voglio chiederti una cosa: ma tra te e Carolina... >>.
Sento che si agita accanto a me. <<Eh>>.
<<Cosa eh?>>.
<<Continua! Hai lasciato la frase a metà>>.
Anna, respira.
<<AAAAAH!>>. Non trattengo un urlo, mentre il nostro vagone sembra venir scaraventato in un burrone. Cavoli, che roba! E' stato un effetto scenico molto spaventoso, non sono io che sono terrorizzata, nossignore.
<<Ehm... Anna. Quella è la mia gamba>>. Porca miseria. Nell'attimo di puro panico, precedente al finto lancio nel vuoto, mi sono avvinghiata alla prima cosa che ho trovato, ovvero la gamba di Marco. La lascio, come fosse infuocata. <<Scusa>>.
Ho la gola secca e la faccia mi deve essere diventata rossa come un peperone. Per fortuna è ancora buio pesto. Si sentono delle voci maligne e spuntano teschi e ragni. Ma dove sono gli specchi?
<<Credo che tu voglia far credere di essere coraggiosa, in realtà sei peggio di Carolina>>.
Ignoro la sua provocazione e continuo il mio piccolo interrogatorio, visto che l'ha tirata di nuovo in ballo lui. <<A proposito di Carolina... ti piace, vero?>>.
Una luce accecante come un lampo si accende all'improvviso e segnala il termine della corsa. Da lì avremmo dovuto proseguire a piedi.
Marco prova a voltarsi per aiutarmi a scendere, ma poi cambia idea e inizia ad avviarsi sul percorso. Eh no, non mi può scappare così! Lo afferro per la manica e lo costringo a fermarsi. <<Vuoi che ti prenda per mano?>>.
Ma gli piace proprio prendersi gioco di me! <<No>> sospiro, scocciata. <<Voglio una risposta>>.
<<Anche se fosse, Anna, a te cosa interessa?>>.
<<A me nulla, ma a lei interesserebbe eccome>>.
Mollo la presa e gli passo davanti, notando la sua espressione stupita. Io la bomba l'ho lanciata: ora aspettiamo che esploda.
Mi addentro nel labirinto di specchi ed ecco dopo poco sopraggiungere la sensazione di smarrimento. Ma ci ero già passata di qui? Vedere la mia immagine riflessa più e più volte mi inquieta. Quasi grido, quando qualcuno mi afferra da dietro: per fortuna è Ale.
<<Anna! Ti ho trovata. Stavamo iniziando a preoccuparci!>>.
Ah quegli occhi marroni cosi profondi...
<<Sì, eccomi. Scusa. Mi sono persa!>>.
<<Non importa. Tienimi la mano, ti conduco io fuori>> mi comunica dolcemente, e io mi sciolgo.
Queste reazioni mi inquietano più degli specchi. Ma che mi prende? Prima Giò con il suo sorriso, poi Ale... e tra soli due giorni avrei rivisto Luca!
Che casino ho in testa...
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