Chapter 23\"I più forti fanno i conti con la solitudine, gli altri..."




<<Non ti permetto di trattarmi ancora come un cuscino: ho una dignità!>> si lamenta Luca, per l'ennesima volta, quando appoggio i miei fantastici e per nulla trascurati piedi sulle sue gambe.

<<Se puzzano anche, te li taglio. Anzi, ti faccio così tanto il solletico che non resisteresti mezzo secondo. So quanto lo soffri sotto questi piedacci>> mi minaccia, con una smorfia.

I primi giorni dal suo arrivo non gli avevo nemmeno rivolto la parola: era terribile trovarmelo sempre intorno e proprio non riuscivo a giustificare la sua presenza qui, a Milano, in casa mia. Ma poi... con i gesti e le parole di chi mi conosce da sempre, come lui, appunto, le cose sono piano piano migliorate e ora stare insieme è addirittura piacevole. Le cose non sono più andate oltre il limite. Luca mi ha sempre accettata, nel bene e nel male, con i miei pregi ed i miei difetti: non ha mai cercato di cambiarmi. Sentivo che, in fondo  – ma molto in fondo –  alla mia coscienza questo non era del tutto positivo. Però avevo bisogno di calma, di tranquillità, di stabilità: lui era, senza dubbio, adatto allo scopo.

<<Quando finalmente te ne andrai e avrai un tuo divano, non sarai più costretto a dividerlo con le mie stupende estremità>> esclamo sibillina, con una pernacchia.

Lui alza gli occhia al cielo, mordicchiandosi un'unghia. <<A proposito, mi devi accompagnare proprio nel pomeriggio a vedere un bilocale vicino a Porta Ticinese>>.

<<Devo incontrare Nat verso le sei, ma posso dirle di raggiungerci poi. Che ne dici se già che siamo a Milano ci fermiamo per un ape?>> propongo, posizionando meglio il piede sinistro nell'incavo del suo braccio, giusto per infastidirlo un po'.

Lui sbuffa, ma acconsente. <<Come sei già diventata una del posto, senti come parli...un ape...>> ride, scuotendo la testa.

Agli aperitivi non avevo mai partecipato con chissà quanto entusiasmo, ma a Milano erano al passo con i tempi: servivano certe prelibatezze vegane insieme al drink veramente spaziali.

<<Prima però andiamo a fare un tuffo in piscina? Ho un caldo da morire>>.

<<Sei seria? Tu quella tinozza la chiami piscina?!>>.

<<Ma dai, in due ci stiamo! Okay, seduti, ma almeno stando a mollo non ci sciogliamo!>>.

<<Preferisco andare in un centro commerciale che ha l'aria condizionata. Anzi, siamo vicini qui a quello fico... quello enorme...>>.

<<Luca, ma piantala: ti vuoi chiudere dentro quando fuori c'è questo sole fantastico?>>.

<<Sì, se questo sole è un'arma di distruzione di massa: te lo ricordi il mio simpatico eritema che mi copre tutte le braccia e le fa diventare come salsicciotti, sì?>>.

<<Uffa, come sei noioso. E va bene, ti porto ad Arese, e poi con i mezzi raggiungiamo il centro. Aspetta che avviso Natalia del cambio di programma>>.

Il bilocale sarebbe stato più corretto definirlo mono: anzi, meno che mono.

Disponeva di una brandina posta proprio in mezzo al corridoio, che sarebbe diventato il comodo – e indubbiamente discreto – giaciglio di Luca se mai avesse avuto anche solo l'insano pensiero di accettarne l'offerta per l'affitto, una cucina monoblocco, una poltrona talmente vicina alla TV che solamente un miopie avrebbe potuto utilizzare a tale scopo, una camera con un letto a una piazza e mezza adibita anche – proprio volendo – a studio, e un bagno, che definirlo tale sarebbe stato fuori luogo.

Ci guardiamo, sconsolati, mentre scendiamo le scale – tortuose, pure – e ci ritroviamo di nuovo in strada. <<Vicino, sarebbe anche vicino... ma è l'unica cosa positiva di quel tugurio>> commenta piano, scuotendo la testa Luca, avvilito.

<<Già. Mi spiace. Continuiamo a cercare... intanto puoi restare da me, tutto il tempo che occorre. Lo sai>> affermo, sincera.

<<No, Anna, mi sono approfittato anche troppo della generosità dei tuoi. Te l'ho detto che quando ho saputo cosa aveva fatto mia mamma le sono saltato in testa. E sai che non è da me...>>.

Sì lo so. Luca non alzerebbe mai la voce, lui... non litigherebbe mai, se non fosse strettamente necessario: lui è buono, buono come il pane. Pensavo di essere simile a lui, anzi, proprio come lui, quando poi mi sono accorta che chi ti crede buono come il pane poi non si fa problemi a ridurti in briciole. E lì mi sono indurita: mi sono formata una sottile ma solida crosta, che custodisco gelosamente, perchè in realtà non posso permettere a nessuno di penetrarla e scoprire così che, all'interno, è vuota, come una michetta. Sono una michetta bella e forte fuori, ma vuota e misera dentro.

Sospiro, sorridendo tristemente, tra me e me, a questa considerazione, accorgendomi di avere, in realtà, una gran fame. <<Nat è a porta Genova. La recuperiamo e andiamo da Universo Vegano?>> propongo speranzosa, dato che il mio appetito non sarebbe stato soddisfatto da qualche tartina, ma solo da una vera cena.

<<Per me va bene>>. Figurati se mi contraddice. <<Però non so se a lei vada>>.

<<Chiediamoglielo! E' laggiù!>>.

Natalia è la tipica ragazza milanese da aperitivo del venerdì sera: trucco con glitter vari – la nuova tendenza è di non usarli solo sugli occhi – pantaloncini tipo coulotte, pancia e spalle scoperte e maglietta, stropicciata ma trendy, con una scritta al limite dell'esplicito.

Proprio non capisco come possa Luca non essere attratto da lei: non è una gran bellezza, in viso, lo ammetto, ma ha un corpo da urlo.

<<Troppo appariscente. Proprio no>> risponde alla mia domanda sulla motivazione del suo disinteresse, accompagnando il suo negativo giudizio con una smorfia di disgusto. Che esagerato! Io la trovo molto sexy, invece. Di fianco a lei, anzi, mi sento un po' a disagio, senza un filo di trucco – mi sarebbe colato tutto! – nella mia mise pomeridiana, più che serale, con un vestito tipo prendisole bianco a pois viola e una fascia in vita lilla. L'unica cosa di femminile che indosso è una catenina in argento con un orologio da taschino come ciondolo – omaggio a Katherine Heigl, la maniacale Abby nella divertente commedia "La dura verità" – che penzola proprio sotto il mio seno, risaltandolo. Tanto, non avrei dovuto fare colpo su nessuno.

<<Andiamo da UV?>> ritento, sfoggiando la mia espressione di convincimento collaudata negli anni – sorriso timido e sguardo da cucciolo – prendendo Nat sottobraccio.

<<Sì, ehm... mi piacerebbe, anche se dovresti illustrarmi bene tutti gli ingredienti astrusi che usano per preparare i piatti... però...>>.

Si blocca, titubante, abbassando gli occhi.

<<Nat, cosa c'è?>>.

<<E' che ho sentito Jake prima e mi ha chiesto cosa facevo...  Così quando gli ho detto che saremmo venuti a Milano mi ha chiesto di raggiungerci>>.

<<D'accordo, quindi dove ci aspettano lui e Milena?>>.

Era scontato ci fosse anche lei, ma non era un problema. Prima o poi gli avrei fatto conoscere Luca: mica era un ostaggio.

<<Ecco, loro...  in un locale più avanti. Ma... non sono da soli. Cioè, ci sono anche gli altri... sai, Sandro, Ale...>>.

La cosa si complica.

<<Chi c'è oltre Sandro e Ale?>>.

<<Non lo so. Per questo non sapevo se dirtelo... insomma... se c'è anche lui...>>.

<<Lui chi?>> s'intromette Luca, curioso.

Nat mi scruta. <<Non gli hai mai parlato di lui?>>.

Distolgo lo sguardo, sospirando. Perchè, avrei dovuto?

<<No, non l'ho mai fatto. Non ce n'è bisogno. E'... un capitolo chiuso, per me>> asserisco poco convinta.

Anche Natalia percepisce la mia esitazione e recupera il cellulare dalla borsa. <<Chiamo Jake. Gli dico che ci vediamo dopo, noi tre andiamo dove volete e poi...>>.

<<No, Nat, tranquilla. Io non so se sia già tornato, e se c'è stasera. Ma non m'interessa. Va bene così. Andiamo>> esclamo decisa, con una determinazione che in realtà non ho.

Il mio tono, anche se evidenzia  – finta –  sicurezza, pare convincerli. Luca però si sente messo da parte: ha bisogni di spiegazioni.

Riprendiamo a camminare, mentre, brevemente, gli racconto la triste storia di Marco. E' un racconto molto superficiale perchè non voglio che capisca cosa davvero sia stato per me. Resto sul vago, ma lui cambia espressione: nelle mie parole all'apparenza semplicemente descrittive e formali, deve aver colto qualcosa d'altro. O forse nella mia voce, che si è incrinata quando ho dovuto renderlo al corrente dell'interruzione – non di quella di una possibile gravidanza, ovviamente – della nostra tormentata storia.

Per rassicurarmi mi prende la mano, proprio mentre arriviamo al locale indicato da Jake, che ha un grande sbocco esterno con panche e dondoli, sui quali, neanche a dirlo, o, in questo caso, a scriverlo, si trovano i nostri amici. Si girano all'unisono appena Giò ci indica con il dito, quale seguace dell'anti galateo incallito è, pronunciando ad alta voce <<eccoli>>, manco fossimo delle star hollywoodiane.

Riprendo a respirare, non identificando il volto di Marco tra di loro. Mi accorgo troppo tardi, però, della sedia libera accanto a Jake, dove è poggiato un giubbotto protettivo per la moto nero e giallo, di inequivocabile appartenenza.

<<Ciao>> sento pronunciare alle mie spalle.

Lascio all'istante la mano di Luca che ancora era stretta alla mia.

Lui si volta e, avendo la mano libera, la tende amichevolmente a quello che potrebbe definirsi benissimo un toro pronto al combattimento.

Con mia sorpresa, però, Marco gliela stringe.

<<Piacere, sono Luca>>.

<<Attenzione, c'è una bomba! Evacuiamo!>> vorrei urlare, ma, dopo il pericolo attentati che si stanno purtroppo verificando nel modo da diverso tempo, non sarebbe una mossa saggia.

<<Ah, Luca. Luca... del Friuli?>> domanda apparentemente disinteressato, cercando di restare calmo.

<<Sì, sono venuto qui, da Anna, da qualche settimana, oramai. Frequenterò la Bocconi>>.

<<Ma dai. Sei qui da settimane... con Anna... e resterai a Milano. Andrai anche in un'università così prestigiosa... complimenti>> dice in tono sprezzante Marco, che non ha ancora lasciato la sua mano. <<Piacere mio, caro Luca. Anna ci ha parlato tanto, veramente tanto di te>>.

Luca sarà anche ingenuo, ma non è stupido: sta fiutando che qualcosa non va.

<<Bene, birra per tutti?>> prova a smorzare la tensione Ale, invano.

<<Per me no, grazie. Io vado>> esclama Marco, che tende la mano a Jake per farsi passare il giubbotto.

<<Marco...>> lo chiamo in un sussurro, non sapendo bene come proseguire.

Lui mi guarda, in un modo che non so descrivere, e aspetta che gli lasci lo spazio per passare. Ma io esito. Gli prendo il giubbotto dalle mani e mi incammino verso l'uscita.

<<Ridammelo>>.

<<No, prima mi ascolti>>.

<<Non devi dirmi niente, Anna. Ho capito>>.

<<E invece non hai capito. Io... lui... non c'è niente>>.

<<Non sono affari miei se c'è qualcosa oppure no. Non devi fingere, perchè ho visto che vi tenevate per mano. Poi, da come ti guarda...>>.

<<Ma cosa dici? Non mi guarda in nessun modo!>>.

<<Anna, va bene che sei un'ingenua, però non dirmi che non ti rendi conto di quanto ti vorrebbe togliere quel vestito>>.

Lancia un'occhiata al mio abito bianco, sofferente.

<<Stiamo parlando di lui o di te? Perchè sei tu che mi stai guardando il seno da mezz'ora, non lui>>.

<<Veramente stavo osservando questo ciondolo strano. Però se ti fa piacere credere che in realtà ti guardassi le tette, fai pure>> esclama, rude, mentre prende la catenina con l'orologio e se la rigira tra le mani.

Nel farlo ha sfiorato con il dito la pelle sotto il mio collo, che adesso pizzica e freme per un altro contatto. Ho quasi paura che possa notare anche il mio povero cuore, che ha iniziato a battere all'impazzata, così forte, che temo possa uscirmi dal petto.

<<Non devi giustificarti con me. Puoi fare ciò che vuoi, con chi vuoi. Non stiamo più insieme. Non c'è più niente tra noi. Me ne vado perchè quel damerino mi dà sui nervi, e poi sono stanco. Ti auguro di essere felice>>.

<<Chiedimi se sono felice>>.

<<Cosa?>>.

<<Il DVD, Anna. Quale vuoi vedere di Aldo, Giovanni e Giacomo? Hai detto che "Tre uomini e una gamba" lo abbiamo già visto cento volte, per me anche di più... Quindi ti propongo quello, in cui recita anche la Massironi, che ti piace tanto>>.

Luca cerca di convincermi a passare un'altra serata cinema in compagnia di sole pellicole comiche, avendo tassativamente bandito – con mia sorpresa, non solo sua – ogni sorta di commedia romantica, peggio ancora se drammatica. Ho estremo bisogno di ridere, di pensare positivo. Di non pensare affatto, se solo ne fossi stata capace.

<<Sì, andata. Marina mi piace, è vero. Io prendo il lato più morbido, eh!>> urlo, buttandomi sul divano-letto del nuovo appartamento di Luca.

<<No! Mannaggia, mi freghi sempre! Okay, allora facciamo un patto: tu stai sul lato meno da chiappe dolenti, ma io tengo la ciotola dei pop corn>>.

<<Ah, ci vai giù pesante, eh?>>.

<<Prendere o lasciare, cara. Allora?>>.

<<Scelgo il culo non indolenzito, d'accordo. Però tu mi lasci libero accesso ai pop corn>>.

<<Affare fatto>> conclude Luca, che si siede a sinistra del materasso e allunga una mano verso il piano di lavoro della cucina.

<<Guarda, la comodità di una mini-casa: allungo il braccio e arrivo già alla credenza. Letto-cucina nella distanza di un braccio. Potrebbe essere lo slogan di una pubblicità>>.

<<Di una pubblicità di una casa che non verrebbe a vedere nessuno! Non so quanto possa essere efficace, sai?>>.

Iniziavo a trovare dei buoni motivi per pensare di non aver totalmente sbagliato la mia scelta, quando come unica opzione dal mio test attitudinale era rimasto l'indirizzo di Laurea in Scienze Psicosociale della Comunicazione, e io l'avevo interpretato come un chiaro segno Divino, venuto in soccorso della mia conclamata indecisione.

<<Ma come? Noi ci stiamo così bene, belli comodi>> rimarca.

<<Sì, stasera che non c'è il tuo coinquilino. A proposito, dov'è?>> mi informo.

<<E' tornato a casa per il week-end, come farò io settimana prossima. Mi dovrò portare via duecento libri, ma devo studiare anche mentre starò in pigiama tutto il giorno a gustare le lasagne di mamma>> mima il gesto di portarsi alla bocca una forchettata di lasagne.

<<Oh che buone le lasagne di Mirella... ancora me le ricordo: quando ero solo vegetariana e non ancora vegana le mangiavo, visto che erano al pesto. Peccato per la besciamella...>>.

<<Se vuoi le propongo di farla vegetale. Chissà mai che per te non faccia la variante vegana. Ti adora, come tutti, del resto>> dice con nonchalance.

<<Chi intendi, per tutti, precisamente?>> chiedo curiosa.

<<Beh, tutti>> generalizza.

<<A parte ultimamente, che sei un po' più cupa del solito... sei un vulcano di energia, Anna. Sei simpatica e tenera...  intelligente... bella, anche, ma quello è ovvio>>.

Io di ovvio non ci trovo proprio nulla. Mi imbarazzo un po'. <<Hey, cos'ho fatto per meritare tutti questi complimenti? Dimmelo che me lo segno, così al prossimo esame di Teorie e tecniche della comunicazione pubblicitaria e della promozione d'immagine, il prof. Porlini potrebbe assegnarmi un punteggio di almeno diciannove trentesimi. Su cosa devo fare più leva? Sono certa che la bellezza esteriore non mi basta, ci ho già provato>> ammicco, ridendo.

<<Figurati. Nessuno può restare indifferente al tuo bel visino>> dice, prendendomi il mento con la mano e unendo i nostri nasi.

<<Se, come no>>.

Quel gesto così intimo mi fa imbarazzare ancora di più. Lo facevamo spesso, prima, ma ora...

<<Beh, non ti starai certo stupendo che io ti trovi bella, vero? Insomma... sei stata la mia ragazza per molto tempo... se non avessi riconosciuto tutte queste qualità nella mia fidanzata, non mi sarei messo con te, né... innamorato di te>>.

<<Sì, ehm, già>>.  Abbasso gli occhi e alzo il volume della televisione, per porre fine a quella scomoda conversazione. Sentire quelle parole e ripensare a quel periodo non mi metteva affatto a mio agio.

<<Si è fatto tardi. Tardissimo>> constato perplessa, mentre controllo l'ora sul cellulare, quando partono i titoli di coda.

<<Che problema c'è? Avvisa i tuoi che resti qui. Non è proprio raccomandabile andare in giro per Milano a quest'ora>> puntualizza Luca.

Sospiro, guardando le luci dalla finestra. Le persone e le auto sembrano in miniatura, talmente è alto il palazzo nel quale ci troviamo.

<<D'accordo dai, mi cedi il letto? Cioè... la parte sana del letto>> preciso.

<<Certo. Ehm... io posso dormire nella stanza di Ste, se preferisci>>.

<<Sì, così dopo ti fa storie per avergli sgualcito il letto. Sai quanto Stefano sia pignolo. L'altro giorno ho lasciato una tazzina del caffè nel lavello e pretendeva che tornassi indietro dalla Bicocca solo per riporla nella lavastoviglie. Quello è pazzo>>.

Luca mi asseconda, muovendo su e già la testa. <<Va bene allora. Vai prima tu in bagno. Ti porto una maglietta e degli asciugamani puliti e trovi uno spazzolino nuovo nel cassetto a destra del mobile all'ingresso>> mi informa, nervoso.

Perchè mai è così nervoso? Abbiamo dormito assieme milioni di volte!

<<Vedi di non russare, altrimenti ti pianto un pugno in pancia!>> lo minaccio, sapendo bene quanto rumoroso possa essere il suo sonno.

<<Cercherò, ma come posso sapere se russo, visto che sto dormendo, scusa?>>.

"Obiezione più che sensata" penso, mentre ora siamo al buio, sdraiati uno accanto all'altra. Sento il suo respiro sul mio viso e mi accorgo di essere nervosa anch'io. Cerco di cambiare posizione, ma il letto è talmente piccolo che è impossibile non urtarsi.

<<Scusa>> mormoro, spostando il ginocchio in modo da non toccare il suo.

<<Secondo me, se ci mettiamo a cucchiaio, riusciamo a stare più comodi entrambi. Vieni>>.

Senza aspettare la mia risposta, mi fa sollevare le spalle e vi infila sotto il braccio, mentre con l'altro mi circonda la vita. Ci ritroviamo, così, in una posizione decisamente compromettente e il mio autocontrollo sta vacillando. Vorrei divincolarmi, chiudere gli occhi e addormentarmi fino al mattino, ma una piccola parte di me è anche curiosa di capire come sarebbe... stare con Luca. Starci sul serio.

Lui pare essere tormentato dal mio stesso dilemma, ma resta fermo, immobile, in attesa. Soprattutto dopo quel bacio sulla spiaggia, in Croazia, so che non farebbe mai la prima mossa. Quindi sta a me: dopotutto, è con lui che dovrei vivere questa esperienza, dopo Marco. Forse con lui ce la potrei fare a dimenticare...

Mossa da questa speranza gli prendo una mano e la porto tra le mie. Luca sospira, indeciso. Poi si avvicina e inizia a baciarmi delicatamente il collo. Si ricorda, si vede, quanto sia erogena la zona proprio accanto all'orecchio sinistro...

Mi volto e lo guardo, cercando di capire cosa provo. Non riesco a decifrare nemmeno un'emozione, ma so che sto bene. Forse non dovrebbe bastarmi, ma sono stanca di razionalizzare sempre tutto. Poso le mie labbra sulle sue, come ho fatto così tante volte che ho perso il conto, e lo sento distendersi. Mi accarezza il viso mentre continua questo casto bacio, delicato, leggero. <<Anna... io...>>.

<<Se non vuoi...>>.

<<Non voglio? Io voglio eccome. Ma... non voglio perderti. Questa cosa... complica sempre tutto. Te l'ho già detto, ricordi?>>.

Pensare a Mel, in questo momento, non era nei miei programmi, ma non posso proprio fare a meno di riportare alla mente quel triste episodio. E poi penso a Marco, a quanto il sesso abbia effettivamente confuso tutto.

Sto, quindi, per abbandonare l'idea e chiedergli di accantonare il tutto, quando pare non essere più d'accordo con le sue parole, e mi bacia con più decisione. Cerca la mia lingua e l'accoglie nella sua bocca, dapprima lievemente, poi non si trattiene più: si adagia sopra di me, insinuandosi tra le mie gambe, sollevandomi la maglietta, veloce, come a non poter più aspettare neanche un solo minuto. La coerenza non gli apparteneva mica fino a poco fa?

Resto sorpresa da tanta foga, che mai lui aveva manifestato, mentre mi lascio esplorare dalle sue dolci mani, che toccano senza invadenza, regalandomi sensazioni piacevolmente riscoperte.

Dal brutto incidente con Marco avevo iniziato a prendere la pillola anticoncezionale, nonostante non ne avessi più bisogno, e Luca lo sapeva, avendomela ricordata lui stesso in svariate occasioni, dato che tendevo a dimenticarla. Lui era molto più responsabile di me, anche in quello. Continua ad accarezzarmi dolcemente, rendendo i preliminari davvero meravigliosi...

Quando arriva il momento cruciale, la mia amica ansia mi viene a trovare... ma quella sensazione rassicurante di essere amata, desiderata, protetta, che lui mi ha sempre donato, mi fa dimenticare quello che sta per avvenire, e accade tutto così velocemente che quasi non mi rendo conto che è già dentro di me, e si muove piano, baciandomi delicatamente.

E' così... diverso...

<<Tutto bene?>> mi chiede con apprensione appena torna al mio fianco, appagato.

<<Sì> rispondo automaticamente, in tono piatto, evitando di guardarlo a mia volta.

Non ne comprendo il motivo, ma calde lacrime minacciano di uscire dai miei occhi. <<Vado un attimo in bagno>> annuncio, alzandomi, cercando di non scoppiare a piangere davanti a lui.

"Ma cos'ho che non va?" penso frustrara, fissando il mio riflesso deformato nello specchio minuscolo del bagno. Fari di auto nel traffico stradale ignare del traffico dentro di me, illuminano a scatti la stanza buia. Deglutisco e ritrovo il controllo. Mi stampo in viso un bel sorriso e torno da Luca. La mattina dopo mi sento uno straccio.

Dumas scriveva "Solo i più forti fanno i conti con la solitudine, gli altri la riempiono con chiunque".

Luca non è chiunque... ma io non sono forte: sono profondamente, inesorabilmente sola.

Nota Autrice: Cosa ne pensate di questo ritorno di Luca? Marco è davvero indifferente? E Anna... avrà fatto bene a donarsi a lui? Ve lo aspettavate?? Non vedo l'ora di leggere i vostri commenti. Buon lunedì. A presto. Lisa

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