Chapter 20\"<>"...




3, 2,1... Buon Anno!

Buon Anno un cazzo.

Con questa semplice affermazione si può riassumere il mio stato d'animo, mentre seguo il conto alla rovescia per l'anno nuovo attraverso quei tristissimi programmi sulla rete Nazionale, dove stappano champagne scadente starlette dimenticate e presentatori che non devono certo la loro notorietà alla loro discutibile simpatia e presenza scenica.

Sono di malumore da giorni, oramai, e la situazione non credo migliorerà in fretta. I miei perspicaci donatori di vita seduti al mio fianco non proferiscono parola da molto tempo: sono terrorizzati. La loro perfetta, dolce, ubbidiente – così almeno han sempre creduto loro – figlia si sta trasformando in Hulk, pur restando, esternamente, del solito colore rosa pallido. Essere servita e riverita è magnifico, non lo nego di certo. Ci marcio che è un piacere...

Ma nemmeno i messaggi vocali rassicuranti dei miei amici riescono a tirarmi su. Marco, poi... mi ha mandato un SMS con gli auguri il pomeriggio del primo gennaio. Le linee in quella notte sono intasate come le autostrade prima del week end di Ferragosto, d'accordo... ma ha idea di quanto sia rimasta sveglia a fissarmi la caviglia facendo a gara con me stessa di quante parolacce disponeva il mio vocabolario linguistico in attesa di quel – brevissimo, tra l'altro – messaggio?

<<Come sta la mia ragazza claudicante preferita?>>.

Finalmente, dopo quelli che sembravano mesi – prima di allora l'epifania, che tutte le feste porta via, arrivava in un lampo – ispiro il profumo unico di bergamotto e limone di Marco, stringendolo forte.

<<Dovrei picchiarti, altro che abbracciarti, straniero>> mi lascio sfuggire, carica a molla per la discussione che scaturirà – se ben conosco il mio avversario – dal mio atteggiamento belligerante.

<<Prima di infilare i guantoni, posso almeno baciarti?>> sorride, pensando di farla franca, sfruttando il mio innegabile desiderio di attenzioni. Quanto pensa di poter approfittare delle mie debolezze... Non lo sa, forse, che chi sta con lo zoppo impara a zoppicare? Il paragone cade a pennello.

<<Veramente, i guantoni li ho incorporati, si materializzano quando arrivi tu, e non ho affatto l'esigenza di baciarti, al momento>> esclamo risoluta.

<<Sai che effetto mi fa quando fai la sostenuta...>> mormora, allusivo, vicino al mio orecchio sinistro, liberando una notevole – e repressa – energia che mi accende in un lampo.

Ma come cavolo ci riesce?

Stando attenta alla caviglia malandata, mi accoccolo di più sul suo petto, ma niente più, mentre provo a resistere all'impulso di divorarlo: io e la coerenza non siamo amiche, è risaputo, ma almeno siamo conoscenti e non voglio compromettere il nostro fragile rapporto conquistato a fatica proprio adesso.

Marco sospira, paziente... ma poi affonda il viso tra i miei capelli, che emanano un profumo di rosa captabile anche da chilometri – grazie shampoo olandese alla rosa mosqueta – che lo cattura a tal punto da liberarlo dalla sua corazza e confessarmi, senza i suoi soliti muri, quale siano state le sue vere emozioni durante quei giorni. <<A volte, sai... mi mancavi talmente tanto che non riuscivo a pensare ad altro... il senso di colpa per averti lasciata qui sola mi schiacciava, ma anche quello di non essere più totalmente responsabile delle mie azioni...>>.

S'interrompe per respirare, piano, con fatica, mentre io resto immobile, accanto a lui, in ascolto. <<Io sono sempre convinto di ciò che faccio, riesco sempre a capire quello che sento e a padroneggiarlo... ma con te...>>.

Inspira a lungo, baciandomi la nuca. <<Con te non capisco più niente. Mi sorprendi, mi confondi, mi destabilizzi... l'unico potere che ancora ho per cercare di non perdermi del tutto è... la distanza>>.

Marco è di poche parole, ma quando le tira fuori, lo fa senza riserve. Devo ancora decidere se sia una cosa positiva o meno, dato che non so bene come interpretarle...

Mi sollevo e lo guardo negli occhi: una scossa nel mio cuore solo a quel contatto visivo. <<Non so... io... non capisco. Cioè, capisco, ma...>>.

Se sono io che confondo lui, allora lui cosa sta facendo a me?

<<Sento che questa cosa che si è creata tra noi>> copre con un gesto delle mani la distanza tra me e lui <<non è sotto il mio controllo. E'... ingovernabile. Siamo molto diversi... eppure quando siamo insieme le disuguaglianze si annullano...>>.

<<Sì, beh, mai sentito che gli opposti si attraggono?>> dico con un sorriso, ma sono ancora nervosa.

Mi sembra che il suo discorso non sia poi così a mio favore...

<<Infatti, proprio di questo parlavo... tra di noi c'è attrazione, fisica, senza dubbio...>>.

<<Anche mentale>> ribatto, decisa.

<<Ovvio. Ma...>>.

Ma? Ho il respiro talmente corto, per la tensione, che se non riporto alla normalità l'ossigenazione del mio sangue rischio un'embolia.

<<Marco, cosa stai cercando di dirmi?>>.

Lui pare cercare il coraggio di scagliare l'ultima freccia del fornitissimo arco di sincera consapevolezza che all'improvviso si accorge di possedere. <<Che questo vivere in simbiosi, come abbiamo fatto finora, cavalcando l'onda della passione, ci sta facendo male. L'ho capito standoti lontano così a lungo>>.

Chiudo gli occhi per un secondo, sperando di non aver sentito bene. Se davvero è così, devo avere un ulteriore chiarimento, che si ottiene solamente con la forza di chiedere ancora. Al momento, tutte le mie forze si stanno concentrando sull'oggetto contundente e potenzialmente pericoloso che ho tra le mani: un telecomando nell'occhio può causare sufficiente dolore per il mio scopo.

<<Mi stai... mi stai dicendo che non vuoi più...>>. Forza, forza, lo posso dire. <<Che non vuoi più stare con me?>>.

Marco fissa un punto immaginario davanti a sé, come fosse la cosa più interessante dell'universo. <<No. Forse sì. Non lo so>>.

Si porta le mani al volto e appoggia la testa sullo schienale del divano. Questo è quel momento perfetto che un killer sfrutterebbe per fare il suo discutibile – per quanto mi riguarda, non così tanto, in questo istante – lavoro. Che alibi potrei trovare? Non molti, purtroppo, visto che siamo soli in casa e io sono anche impossibilitata nella fuga: peccato.

<<Anna, dimmi qualcosa...>>.

<<Sei davvero sicuro che vuoi che mi esprima a riguardo?>>.

Tento di mantenere un certo self control, così caro a Raf: mi sono allenata molto con il telecomando, ultimamente.

<<Sì, dimmi qualsiasi cosa. Insultami, inveisci pure... ma dimmi cosa stai pensando. Ti prego>>.

<<Guarda, non ti insulterò, poichè non basterebbe un mese intero per vomitarti addosso ogni vocabolo socialmente riconosciuto come offensivo che conosco. E ne conosco molti... e tu li meriteresti tutti. Però, apprezzo la sincerità. Davvero. Adesso, se vuoi scusarmi, ho appuntamento con la mia cara TV: lei non mi abbandona mai, eppure a volte siamo molto diverse pure noi>>.

La carta dell'ironia viene sempre in mio aiuto, quando sono terrorizzata, ma la mia sicurezza vacilla, nonostante sia arrivata puntuale la rabbia a sostenerla, e inizia a tremarmi il labbro inferiore, mentre lui mi si avvicina e mi prende il viso tra le mani. <<Io ti amo, Anna. Sul serio. Ma è tutto... troppo... troppo...>>.

Mi bacia, delicatamente, e io sono così debole che non resisto. Lo bacio a mia volta, con una disperazione mai provata prima, ancora nel dubbio, nella paura di ciò che accadrà nell'istante in cui questo turbinio di emozioni contrastanti per il bacio finirà. <<E questo cos'era? Cos'è?>>.

<<Non puoi... non possiamo...dopo tutto quello che... Io ho bisogno di te, Marco>> lo imploro con lo sguardo, senza vergogna.

Lui sospira, e si alza.

<<E' proprio per questo che non possiamo più continuare. Mi dispiace>>.


<<Marchiselli! Sei tra noi?>>.

Caspita, che acuto da soprano riesce a riprodurre la prof. Gaggiola quando mi riprende – un po' troppo, ultimamente – durante le interessantissime lezioni di algebra. <<Sì, scusi, prof.>>.

<<Bene. Hai perso diverso tempo per quel tuo incidente e sei indietro. Fatti aiutare da Rivazza>>.

Seeee, nei tuoi sogni cara riccioli d'oro che chiedo aiuto a Carolina.

<<Sì, prof.>> ripeto in automatico.

<<Marchiselli, ascoltami. Non so cosa ti stia succedendo in questo periodo... ma stai rischiando di abbassare molto la media con questi voti e non è un buon biglietto da visita per l'esame di maturità>>.

Mi sforzo di ascoltarla, per la prima volta sul serio dall'inizio della conversazione.

<<Anna>> continua, utilizzando il massimo della facoltà empatica possibile per un insegnante. <<Se c'è qualcosa che ti turba... puoi parlarmene. Vedremo di trovare una soluzione>>.

Peccato che per il mio problema non bastino quattro formulette matematiche. Domani è San Valentino e io, da inguaribile romantica, avrei tanto voluto festeggiarlo. Invece me ne starò sola sul divano ad "imbruttirmi" come Rory quando rompe con Dean, e si finisce mezza vaschetta di gelato, interrompendo per qualche incredibile miracolo la logorrea da suicidio presente in ogni singolo episodio di "Una Mamma per Amica". Io, che come mamma non ho per niente un'amica, ma un generale dell'esercito, dopo neanche due cucchiaiate verrei ripresa all'ordine.

Non posso nemmeno imbruttirmi in pace.

<<Non puoi mancare stasera. C'è Silvia!>>.

Il messaggio di Giò, che mi invia dopo mille chiamate, non ammette rifiuti. Avevo cercato in tutti i modi possibili di evitare i ragazzi nell'ultimo periodo e, finchè imitavo ancora Clara, l'amica sfortuna di Heidi, era stato facile. Ma ora il mio infortunio si era risolto e non potevo più trovare delle scuse plausibili: mi ero già inventata ogni sorta di dolore improvviso conosciuto, persino una disgustosa diarrea fulminante che, anzi, era stata mia complice in più di un'occasione.

<<Ti passo a prendere in auto alle nove>> m'informa Sandro.

Che gentile. Dunque tutti erano al corrente dell'assurda situazione tra me e Marco. Penoso.

Arriviamo al "covo" che, per fortuna, è riscaldato a dovere: fuori ci saranno meno venti gradi. Sono molto nervosa: l'avrei rivisto dopo così tanto tempo, dopo quel nostro ultimo triste dialogo di lui non ho più avuto notizie. Non mi aspettavo certo che commentasse i miei sempre più melodrammatici stati di Facebook, non possedendone un profilo personale... Sia mai... però...

Mi sto divorando le unghie dall'ansia: non so davvero come reagirò.

Entro, senza guardare chi è già arrivato e chi no, e mi tolgo veloce il cappotto, lasciando ammirare ai presenti della mia mise – pantaloni blu aderenti e maglioncino azzurro mooolto scollato – scelta con cura per la serata: se avevo un'occasione per mostrare a Marco a cosa stava rinunciando non l'avrei sprecata di certo. <<Ciao Anna! Finalmente!>>.

Ale mi corre incontro e mi abbraccia, facendo attenzione a non urtare la caviglia. Apprezzo davvero la sua dolcezza, nonostante i precedenti.

<<Ciao a te! Scusa, faccio un po' fatica, mi posso sedere?>>.

<<Ti lascio il mio posto, se vuoi>> sento dire da un ragazzo castano e dagli occhi dal taglio un po' orientale, seduto proprio vicino a me, che si è alzato dal divano e mi sta scrutando, interessato.

<<Ehm... grazie! Tu sei?>>.

<<Oh, scusa, non ci siamo ancora conosciuti: sono Filippo, il fratello di Silvia>> si presenta, con un marcato accento romano.

<<Ah, piacere, Anna>> dico a mia volta, stringendogli la mano e notando il bel tatuaggio che ha sul polso.

<<Wow, ma è veramente bello questo disegno! Sembra un drago vero>> ammetto, sincera.

Il suo viso si allarga in un sorriso. Peccato per i denti davanti non proprio allineati, perchè sarebbe davvero un bel sorriso. <<Grazie. Tu non ne hai?>>.

<<No, non al momento. Magari più avanti>> gli rispondo, andando con la mente al momento in cui mia madre ha minacciato la mia morte se fossi tornata a casa un giorno con "quei segnacci" sul corpo.

<<Quando troverai il coraggio di farti torturare da una macchinetta, ho capito. Dai, accomodati>>.

Scendo dal gradino che separa l'atrio dalla sala, per sedermi al posto che Filippo mi ha generosamente ceduto, e con lo sguardo saluto gli altri, che sono impegnati a scambiarsi informazioni circa un percorso alternativo per arrivare in un locale con Google Maps. Marco, noto solo ora, sta digitando furiosamente qualcosa sul suo smartphone e non mi degna di uno sguardo. Ma bene, l'arma che vuole usare è l'indifferenza? Non posso che ammetterne, a malincuore, l'evidente efficacia: sono qui da cinque minuti e già vorrei urlare dalla frustrazione. Giò è totalmente rapito da una ragazza che gli siede in grembo e gli accarezza la nuca: deduco sia la sua Silvia.

Quando si volta, le sorrido e lei mi viene incontro. <<Ciao, scusa, non ricordavo più che hai difficoltà a camminare! Sono Silvia, la fidanzata di Giò!>> esclama felice, e i suoi occhi, ancora più a mandorla del fratello, si incurvano seguendo la forma del suo viso, molto particolare, ma indubbiamente affascinante.

<<Che piacere conoscerti, finalmente! Giò ci parla sempre di te>>.

Lei arrossisce, fiera, e guarda il suo adone, che la stringe a sè.

<<Come siete carini...>> mi complimento, con una punta di invidia.

<<Quanto resterai?>>.

<<Mio fratello ha ferie fino a sabato e la famiglia di Giò è contenta di ospitarmi, perciò qualche giorno riusciamo a stare insieme>>.

<<Per fortuna. L'ultima volta che abbiamo potuto... ehm... dormire insieme sarà stato più di un mese fa! Non ce la facevo più!>> dice Giò con la sua solita scaltrezza, causando lieve rossore sulle guance di Silvia, che, però, non lo contraddice.

<<Sì, peccato che mio fratello sia così geloso... come i miei: senza Filippo non mi avrebbero fatto restare tutto questo tempo. Però lui, insomma... sa che non sono più una ragazzina, eppure devo sgattaiolare via dalla stanza dove dormiamo di nascosto!>> mi confessa sottovoce, e scoppiamo entrambe a ridere fissando Filippo, che ci osserva confuso.

<<Che state confabulando, voi due?>>.

<<Ma nulla>> risponde innocentemente Silvia, che si allontana, per scampare al fiutato pericolo. Così io mi ritrovo ancora a parlare con Filippo, mentre, con la coda dell'occhio, non posso fare a meno di sbirciare in direzione di Marco e di  – mi accorgo senza particolare stupore – Carolina: serpe.

La compilation scelta per la serata, da Dani, senza ombra di dubbio, include varie canzoni hip-hop e rap, che proprio non sopporto. Il volume, poi, è tutt'altro che gradevole e non agevola certo una conversazione, che non riusciamo infatti a sostenere io e il fratello di Silvia senza mettere a dura prova le rispettive corde vocali. In più, le parole di "Magnifico"  – Quante volte ad un "Ti amo" hai risposto "No, non posso", hai provato dei sentimenti e non ti stanno bene addosso  – mi rimbombano nella testa causandomi dolore, più che a quella, al cuore. Questo ragazzo è davvero simpatico – le sue radici romane gli danno una grande mano – mostrando un palese interesse nei miei confronti, chiedendomi molte cose, per conoscermi meglio. Stranamente non mi scoccia, anzi, è piacevole dialogare con qualcuno che non pesa continuamente le tue parole, utilizzando soprattutto, a suo piacimento, due pesi e due misure per interpretarle. Purtroppo arriva la domanda sbagliata nel momento sbagliato.

Infatti, appena termina "Human" lui urla <<sei davvero bella, sei fidanzata?>> nel silenzio più assoluto. Parte Sia con "Confetti" giusto un secondo più tardi, ma le teste di tutti sono, ovviamente, rivolte a noi. Anche quella di Marco, il cui sguardo, enigmatico e ombroso più del solito, viene a contatto con il mio – terrorizzato, presumo – per la prima volta da molto tempo.

C'è stato un black out o sbaglio?

Carolina, che ha ancora sete di vendetta, va verso la consolle e blocca la canzone proprio mentre si è concluso il primo verso, che recita – della serie, le coincidenze non esistono  –  "abbiamo avuto un amore così forte che il mio cuore non riusciva a sopportarlo, lo hai preso tra le mani e l'hai risuscitato, hai detto, io e te contro il mondo, hai detto, io e te per sempre, ragazza, sentivo che ogni cellula era innamorata di te, ma...", ridendo beffarda. <<Scusate, eh, ma io vorrei sentire la risposta di Anna. Nessuno è curioso, qui?>>.

Filippo capisce l'antifona e, inspiegabilmente, tenta di difendermi.

<<Anna stava parlando con me. E io la risposta l'ho già sentita>>.

<<Ah sì, e quale sarebbe? Vedo che ti interessa saperlo, perchè nessuno può restare indifferente al suo fascino, vero?>>.

Poi rivolge la sua attenzione a me e, in tono sprezzante, mi offende <<se ti abbassi, da quel maglione ti esce il mondo>>.

<<Ma cosa cazzo vuoi? La finisci?>> esclamo, innervosita.

Carolina, invece di finire, pare abbia appena iniziato. <<Io veramente non comprendo come una tipa insulsa come te possa avere tanti ammiratori. Certo che se poi ti si fanno e poco dopo ti mollano... adesso sarà il suo turno?>> sputa veleno, indicando Filippo.

Se mi arrabbio faccio il suo gioco: devo stare calma.

<<Con Marco non è andata, ed ecco che ti si ripresenta subito un altro sfigato da usare a tuo comodo. Lui non voleva fare il tuo zerbino, vero?>>.

Capisco che l'invidia e la gelosia incattiviscono una persona, ma lei è davvero irriconoscibile. Quasi la compatisco. Ma se tira in ballo Marco mi fa solo incazzare. <<Lascia stare Marco. Tu non sai niente!>> le grido, alzandomi e tirandole uno spintone.

Non se lo aspettava, però non per questo demorde. <<Ah ma allora la principessa può scendere dal suo trono, se vuole. Peccato che il principe è scappato. Ma qui abbiamo un altro cavaliere... non mi sembra male come pretendente, non lo vuoi, Anna? Tanto, non sei più fidanzata, lo sappiamo tutti, qui>>.

Sto per metterle le mani addosso. Basta un'altra parola: una sola.

<<E sei stata scaricata. Tutti ti vogliono>> continua, con un ghigno malefico. <<O meglio, la vogliono, perchè tu ce l'hai dorata... per poi mollarti. Tanto per te uno vale l'altro>>.

Decisamente molte parole di troppo. Le tiro uno schiaffo in pieno viso, con una forza che pensavo di non possedere, minacciandola, a denti stretti. <<O la pianti o finisce male>>.

Vedo Marco avvicinarsi a noi. Anche lei lo nota e mi provoca apposta. <<Quanto fa male, Anna, essere mollate da lui? Ma cosa dico, tanto non te n'è mai fregato un cazzo. Eccoti qua il sostituto, servito su un piatto d'argento>>.

<<Carolina, taci, cazzo! Lo sai che non è così, io Marco lo amo, capito? Voglio solo lui!>>.

Pronuncio queste parole in fretta, non rendendomi conto appieno di quello che sto dicendo. Nell'enfasi del momento perdo anche stabilità e sarei caduta sicuramente se due braccia muscolose non mi avessero presa al volo. Dal suo profumo, unico ed inimitabile, capisco subito a chi appartengono, e ho talmente paura ad alzare lo sguardo per timore di incontrare il suo, che resto ferma, a osservarmi i piedi. "Potevo anche scegliere delle ballerine con meno tacco" mi trovo scioccamente a pensare, in preda al panico.

Cervello, connettiti, ti prego! Con le sue mani sul mio corpo, come ogni maledetta volta che accade, ho perso momentaneamente la password d'accesso per gestire le connessioni neuronali occorrenti per reagire. <<Faccio da me, grazie>> riesco a dire, dopo un po'.

Marco sospira. <<Non sembra tu ne sia in grado. Ti aiuto>>.

<<No, ci riesco da sola>>.

<<Ho detto che ti aiuto>> insiste.

<<Levami le mani di dosso!>> urlo allora, sfinita.

<<Forse è il caso che la lasci>> s' intromette Filippo, sottovalutando il rischio che sta correndo. Ne apprezzo comunque il coraggio.

Marco gli lancia un'occhiata omicida. <<La risolviamo da soli. Anna, vieni>> mi sprona.

Sono debole, troppo debole. Ma non fisicamente, anche se un po' acciaccata.

Lo seguo.

Esco e il freddo pungente mi toglie il fiato. Marco mi raggiunge con il mio cappotto dopo pochi secondi e me lo porge, senza guardarmi: ancora non riesco ad interpretare l'espressione del suo viso. Si avvicina alla Mini e apre la portiera del passeggero, attendendo che io salga. Come premio per la mia imbarazzante figuraccia mi merito un po' di galanteria? E' già qualcosa.

Nessuno parla, mentre ci dirigiamo verso casa mia.

<<Devi metterci del ghiaccio, adesso>>.

Marco indica la caviglia, appena parcheggiamo sul vialetto. Non spegne subito l'auto, così penso che mi stia scaricando – ancora – e faccio per scendere, quando lui blocca le portiere, attivando la chiusura centralizzata.

<<Apri. Voglio scendere>>.

<<Così è ciò che vuoi fare, scappare da me?>>.

<<Veramente qui a scappare non sono io>>.

Sono così stanca di discutere... così stanca.

<<Anna...>>.

<<Lasciami andare. Mi hai detto che non vuoi perderti... che io sono un problema per la tua stupenda vita... allora fai a meno di me>> farfuglio, pronunciando queste assurdità... reali.

<<Non posso>> mormora lui, sospirando.

Mi accarezza il viso, costringendomi a girarmi verso di lui. <<Non ci riesco. So quello che ti ho detto, so che ti ho fatto soffrire...  ma io sto più male di te, Anna. Sto da cani. Non c'è attimo che mi domandi cosa tu stia facendo, se stai bene... se sei sola>>.

Ora leggo un pizzico di vulnerabilità nei suoi fantastici occhi verdi.

<<Non ho il diritto dopo quello che ti ho detto di pretendere che tu sia mia. Ma il sol pensiero che tu possa stare con qualcun altro...>>. Stringe i pugni e li batte sul volante. La mia guancia brucia, nel punto esatto dove prima c'era la sua mano. Proprio in quell'attimo, dalle casse dell'autoradio Elisa parte con il ritornello di "Bruciare per te" e, un secondo dopo, mi sono scordata di tutto perchè il mio corpo, il mio cuore, la mia anima, stanno bruciando con quelle di Marco – all'inferno, probabilmente – mentre ci baciamo con una foga animalesca, mordendo, stringendo... quanto è impossibile restare indifferenti alle sensazioni che ci travolgono, una passione folle ci invade, talmente veloce, ed è talmente potente, che è irresistibile: uno tsunami d'amore.

Ci stacchiamo, a fatica, mentre riprendo piano il controllo delle mie facoltà motorie – quelle mentali sono ancora nel caos – e, trovando il pulsante per far scattare la chiusura centralizzata, afferro la maniglia della portiera e scendo dalla macchina. Non riesco a stare in piedi, sebbene la colpa non sia solo della caviglia, così Marco mi raggiunge e mi scorta fino alla porta. Sono furiosa, delusa da me stessa per aver ceduto.

Mi sto aggrappando ancora a lui, in tutti i sensi, e mi detesto per non riuscire ad evitarlo. Come non riesco a evitare il suo sguardo interrogativo su di me. <<Non possiamo ignorare ciò che è successo. Non possiamo stare lontani>>.

Chiudo gli occhi, cercando di capire l'effetto delle sue parole e da cosa sono realmente mosse. E' la gelosia che si è insinuata con la minaccia del ragazzo di turno a parlare? E' questa attrazione inspiegabile? Cosa diavolo vuoi da me...

<<Perdonami>>.

Sono davvero pronta alla cessazione del sentimento di risentimento nei suoi confronti?

<<Hai idea di quanto ci sia stata di merda?>>.

<<Sì. Ma io ti amo. Lo so, e lo sai anche tu>>.

Sì, lo so. Ma è sufficiente?

Siamo davanti alla porta di casa, al freddo, come due scemi, e sta anche iniziando a piovigginare. <<Vuoi entrare?>> chiedo timidamente.

<<Sì, se lo vuoi anche tu>>.

<<Voglio cercare di capire come mi sento a riguardo. Ciò significa che non voglio fare l'amore. Voglio solo... stare con te>>.

Era una bugia bella e buona, ma dovevo almeno provarci: per me stessa.

<<Anch'io>> ribatte lui, ma con poca convinzione.

Saliamo le scale con calma. Marco come bastone – se lo sarà della mia vecchiaia, siamo a posto – non è il massimo: abbiamo rischiato di cadere un gradino sì e l'altro pure. <<E' che questo tuo maglione mi distrae un po'...>> si giustifica, all'ennesimo barcollamento.

<<L'ho indossato apposta>> ammetto, provocante.

<<No Anna però se iniziamo così...>>.

<<Hai ragione. Resta qui, io vado a cambiarmi. In bagno>>.

Torno dopo pochi minuti, con un pigiamone che non potrebbe eccitare neanche un toro, e mi accoccolo al fianco di Marco, che si è già sdraiato sul mio letto.

Avvio l'App di Spotify del cellulare e si diffonde subito nella stanza la voce melodiosa di Norah Jones: ci addormentiamo abbracciati, e io, per la prima volta da settimane, sono felice.

Nota Autrice: Ma che razza di scombussolamenti può creare un sentimento potente come quello che provano Anna e Marco? Possibile che facciano così fatica a gestirlo? Cosa accadrà, ora che le cose sono "apparentemente" tornate al loro posto? Restate all'erta! Che con questi due non si può mai sapere... :-)

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Inserite la storia in biblioteca o nell'elenco di lettura. Buon pomeriggio. Lisa

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