Chapter 18\"Voglio che questo stordimento da amore folle continui a stupirmi"
E' stupendo svegliarsi al mare. Peccato, però, che per colazione vogliano propinarci wurstel, bacon e uova... potrei vomitare. Lo esplico con tanto di voce roca e fastidiosa, "alla Piton", giusto per intensificare un po' il mio disgusto. Racimolo quindi un po' di frutta e tento di farmi preparare un panino vegano da portar via per il pranzo di oggi.
<<Ragazzeee>> ci chiama una mezz'ora più tardi, canzonando, con aria serena, l'allenatore ai bordi del campo, prima di cominciare la prossima partita. <<Divertitevi. Se vincete, meglio, ma se perdete chi se ne frega: stasera andiamo a ballare!>>.
Che la felicità della vittoria di ieri abbia appagato già così il suo, evidentemente, piccolo ego?
<<Okay, allora, giochiamo!>> urliamo felici in coro, sollevando le braccia al cielo.
Perdiamo clamorosamente, questa volta, ma in compenso iniziamo a creare un vero spirito di squadra, inesistente fino ad allora ed indispensabile per giocare sul serio.
Nel pomeriggio, riposo un pochino durante il primo tempo della seconda partita, per non strafare. Ma nel secondo tempo faccio quattro goal di fila e la soddisfazione dipinta sul viso delle mie compagne e di Carlo mi regala una gioia incontenibile. <<Hip hip urrà, hip hip urrà!>> gridano Roberta e Francesca, mentre mi sollevano da terra e mi fanno rimbalzare in aria. Mi sento come Mila – uno dei due cuori nella pallavolo, come cantava Cristina D'Avena – quando faceva una delle sue schiacciate epiche. Peccato che ad applaudirmi non c'era Shiro, ma Luca. Il mio entusiasmo svanisce appena noto la sua presenza.
Torno con i piedi per terra – se non altro, fisicamente – e lo fisso intensamente negli occhi, accorgendomi di... non provare odio. E in quell'istante mi chiedo quanta veridicità ci sia nella considerazione secondo cui non si può odiare chi si ha amato. Anche se si trattava di amore fraterno. Credevo di amare Luca veramente, ho coltivato questa speranza, più che altro penso si trattasse di quella, dentro di me per molti anni. Ma dopo essermi innamorata di Marco, sul serio... ho capito che non poteva essere che amore fraterno quello che avevo sempre nutrito per Luca.
Mi trovo a sorridergli, inaspettatamente. E lui, altrettanto imprevedibilmente – Luca e la prevedibilità di solito vanno di pari passo come un tuono dopo un fulmine prima di un temporale – fa lo stesso, avanzando verso il centro del campo. Ci troviamo uno di fronte all'altro e, senza quasi rendercene conto, ci abbracciamo.
In quel momento sento come se il mio corpo fosse troppo debole per sorreggersi. Le mie spalle sprofondano, e ho la percezione di abbassarmi di parecchi centimetri. E non perchè, in realtà, mi sono rannicchiata sotto di lui, facendomi avvolgere dalle sue lunghe braccia, ma perchè sono tornata quella bambina che cercava conforto nel ritmo rassicurante del suo respiro e dei battiti del suo cuore che, un tempo, batteva all'unisono con il mio.
Chiudo gli occhi per vivere quella sensazione di "casa" che non mi ero resa conto fino a quell'istante quanto mi mancasse. <<Anna...>> mormora, tra i miei capelli.
Mi scosto per guardarlo: è sempre bello, non posso negare l'evidenza. <<Sei stata super, prima. Sono... sono così felice di vederti>>.
Io sono felice di vedere lui? <<Anche io. Cioè...>>.
Sciolgo del tutto l'abbraccio e abbasso gli occhi, confusa.
<<Hey, 58, vieni!>>.
Roberta mi chiama a gran voce dallo spogliatoio: dobbiamo andare via. Colgo al volo l'occasione per levarmi dall'imbarazzo, e mi congedo in fretta, dicendo, seria <<ora devo tornare al camping. Ciao, Luca>>.
Lui mi osserva mentre raggiungo Roberta, ferma sulla porta, senza ricambiare il mio saluto d'addio.
Le discoteche in Croazia non sono affatto come nel nostro bel paese: in questo hip-hop club metà al coperto e metà all'aperto sulla spiaggia, non c'è nè musica assordante, nè gente accalcata. All'ingresso, gratis per le giocatrici, ci hanno timbrato la mano con una faccina triste per identificarci come "no alcol", dato che la maggior parte di noi sono ancora minorenni – io solo per qualche ora ancora appena, ma tant'è – con un inchiostro fluorescente, che ha anche effetto catarifrangente: un elogio alla tristezza e al cattivo gusto. Potrei scherzare sul fatto di sembrare una moderna Strega – una delle sorelle Halliwell della serie fantasy americana – e poter scagliare incantesimi dalle improbabili formule chimiche dalle mani contro i demoni utilizzando il potere del Trio, ma preferisco pensare che se dovessi aver bisogno di aiuto, attraverso la luce accecante come un flash del mio polso, saprebbero identificarmi in un secondo. Che, in casi estremi, è utile anche quello.
Indosso dei jeans neri a vita bassa ed una maglia rossa con lo scollo sulla schiena, infilata nella valigia all'ultimo per puro caso, ma ideale per questa occasione. Le mie compagne, probabilmente non del tutto ignare come me della possibilità di una serata come questa, si sono portate dietro vestitini e gonne a palloncino, che sfoggiano senza problemi sulla pista da ballo illuminata da fasci di luce psichedelici – via agli incantesimi! – davanti alle squadre maschili, interessate, in questa circostanza, a giochi di altro tipo. Francesca sta lottando contro la sua timidezza per cercare di accettare le avances del numero 22 di Palazzolo, un ragazzo alto, moro, dal viso dolce. La sprono facendole l'occhiolino, e dandole un piccolo colpo sulla spalla, che ha però la conseguenza di farla planare – e nemmeno così delicatamente – tra le gambe del suo corteggiatore. Si sorridono e iniziano a parlare.
Cupido mi fa un baffo!
Li lascio amoreggiare, e mi incammino sul retro del locale, verso la spiaggia. L'aria fredda di novembre mi fa rabbrividire, ma non m'importa. Il mare smorza un po' la temperatura glaciale, anche quella del mio cuore, ed è stupendo perdersi tra le implacabili onde che si infrangono lungo la battigia.
All'improvviso, un rumore di passi dietro di me attira la mia attenzione. Non faccio in tempo a voltarmi che vengo avvolta dal mio cappotto borgogna e dalle mani di Luca sopra di esso, mentre mi aiuta ad infilarne le calde maniche di lana. <<Come sapevi?>>.
<<Ti ho vista allontanarti e ho pensato ti servisse>>.
Logico, no?
<<Rammento ancora la tua faccia, mentre aprivi il pacco regalo che lo conteneva, esattamente questa sera, due anni fa: volevi un cappotto rosso da quando abbiamo visto a scuola "Shindler's List", e ancora adesso non mi è chiaro del tutto il perchè. E' uno dei film più tristi della storia>>.
Non ricordavo quel particolare e nemmeno pensavo potesse averlo memorizzato lui: mi sbagliavo.
<<Luca...>>.
M' interrompe subito. <<Anna, ti prego, perdonami. Con Mel... abbiamo fatto un gran casino>>.
<<Avete fatto anche altro>> puntualizzo, irritata.
<<Sì, e ci siamo pentiti immediatamente. Non posso negare che io sia stato... ehm... attratto da lei, prima>> arrossisce e sospira.
<<Ma era un'attrazione puramente fisica, che è finita nel momento in cui... l'ho placata>>.
Ammissione di colpevolezza in piena regola. Cosa voleva, un applauso?
<<Con te, invece... c'era... amore>>. Si blocca, non sapendo bene come continuare.
Io non so se voglio che lo faccia.
<<C'era anche attrazione, ovviamente, ma c'era... di più. E io non volevo limitarla a quello, capisci? Il sesso... è una fregatura. Ti fa credere che sia indispensabile, ma invece le cose importanti sono altre... è lo stare bene insieme... il resto del tempo...>>.
Le onde continuano, ignare, il loro percorso e io le imprimo nella mente, per non poter soddisfare ora la voglia che ho di buttarmici dentro, che aumenta ad ogni sua parola.
<<Quando l'ho capito... era però troppo tardi. Ti avevo perso. Avevo perso l'unica cosa davvero importante per me>>.
Mi volto e osservo il suo profilo. E' stranamente calmo mentre fissa lo stesso punto lontano, oltre l'orizzonte, che guardavo io poco prima.
All'improvviso, si gira di scatto e mi bacia. Mi bacia con una passione nuova, prendendomi i fianchi e facendomi coricare sulla sabbia. Prima ancora di rendermene conto, tenta di esplorare con la lingua la mia bocca, carezzandomi la pancia con la mano con cui ha sollevato la maglia, e che ora sta pericolosamente risalendo lungo il mio corpo.
Ma che cazzo?
<<Luca, spostati!>> urlo con rabbia, talmente forte da spaventare due gabbiani che erano beatamente appollaiati su uno sdraio accanto a noi, che si alzano in volo veloci.
Lui mi lascia, sorpreso.
<<Pensavo che anche tu...>> cerca di giustificarsi, ma io gli tiro un pugno per spostarlo dalla mia direzione e me ne vado, offesa e incazzata all'inverosimile.
Appena apro gli occhi la mattina, il primo pensiero che ho non è del tutto rassicurante.
Vado in bagno e, osservando il mio riflesso allo specchio, dico sprezzante <<buon compleanno, scema>> schizzando il vetro con le mani colme d'acqua fredda, punizione che ho inflitto al mio viso per buona parte della notte, dato che non accennava a smettere di gonfiarsi per le lacrime che non si placavano dalla sera precedente.
Essendo poco prima dell'alba, mi ributto nel letto, preparandomi psicologicamente per la valanga di messaggi di auguri che mi avrebbe sommerso appena attivato il Wi-Fi. Spuntano, infatti, decine di avvisi, notifiche e SMS, quando apro l'icona con la rete, ma io controllo solo quella che mi interessa: la posta elettronica, con dominio .com, creata solamente per fare scena. Quello ero anche disposta ad ammetterlo e lo considero, senza dubbio, una prima grande conquista della giusta dose di giudizio acquisita da poche ore con la maggiore età. Vi trovo ben due e-mail di Marco. La prima, risalente al giorno prima, conteneva solo due parole: "Mi manchi", mentre la seconda era stata spedita poco meno di un'ora fa, esplicava "Buon compleanno, Amore mio".
Chi sostiene che non si possa piangere di gioia e di tristezza insieme, dovrebbe venire a fare due chiacchiere con me, che in questo momento mi sento come Messner dopo aver scavato l'Everest per la prima volta senza ausilio di ossigeno. Quanta felicità doveva aver provato nel 1978, nell'aver finalmente raggiunto il suo obiettivo, e quanta tristezza, poi, nel non averne più uno?
Dopo aver guadagnato il posto più comodo sul pullman, con gentile concessione delle mie compagne di squadra, esclusivamente come regalo per il compleanno, mi attendeva quello super atteso promesso da Marco, che non vedevo l'ora di vedere. Sia lui, che il regalo. Ma soprattutto lui, il che non è proprio così scontato.
Appena passato il confine, scorro le foto della festa di Halloween che aveva condiviso Ale su FB e che non ero ancora riuscita a visualizzare. Ma che costume aveva indossato Sandro? E Giò, con quelle corna? Carolina, dal canto suo, con cappello nero e gonna turchese incarnava a meraviglia l'immagine di strega che già è in realtà. Marco, ovviamente, non si è abbassato a tale folclore per un'occasione tutt'altro che di suo gradimento: da atipico adolescente qual è, compare, con un muso lungo, accanto alle scale, in sole due fotografie.
Forse, dopotutto, gli sono mancata davvero.
La strada verso Milano è rallentata dal traffico causato dal rientro dei vacanzieri che si sono concessi qualche giorno fuori città per il – seppur breve – ponte di inizio novembre. Appena arriviamo, con un'ora e un quarto di ritardo, mi accorgo che l'Alfa di papà non è nel parcheggio. Lo avevo avvisato che al ritorno avrebbe dovuto venire a prendermi a Gorgonzola, invece che a Milano, vero?
Cerco il cellulare, che avevo già riposto nella tasca esterna dello zaino per chiamarlo, quando lo vedo. Ma non mio padre, bensì Marco, appoggiato ad una Mini Cooper rossa. Mi sorride e mi viene incontro, prendendomi il viso tra le mani e attirandomi a sè dolcemente, per darmi un bacio. Lascio cadere a terra lo zaino e la valigia con un tonfo, per stringerlo e baciarlo a mia volta, con più passione. Ho la pelle d'oca e sono senza fiato quando il bacio termina e restiamo abbracciati ad ascoltare i nostri cuori che rallentano piano, fronte contro fronte, con gli occhi ancora chiusi, in questa specie di connessione magica che avviene solamente quando siamo insieme.
<<Auguri, ragazza meravigliosa>> mormora tra le mie labbra, baciandomi di nuovo.
<<Non mi sto lamentando, sia chiaro... ma voglio la canzone e tutto il resto>> scherzo, scostandomi quanto basta per notare la sua espressione contrariata.
<<Al massimo posso tirarti le orecchie>> dice, prendendomi un lobo tra i denti. Non riesco a trattenere un <<mmh>> di sorpresa mista a godimento, non avendo capito lui intendesse in quel modo e – stranamente – gli avrei concesso anche più di diciotto tirate d'orecchio, se avesse voluto continuare.
<<La smettete che ci sono anche minorenni, qui?> esclama Roberta ridendo, allungando un braccio per salutarmi.
<<Sì, ehm... lui è Marco>> lo presento, senza mollare la presa.
<<E lei è Roberta, una mia compagna di squadra>>.
Lei fa l'occhiolino e dice <<questa tipa è tosta: ha giocato alla stragrande. Ci vediamo domani agli allenamenti, 58>>, allontanandosi contenta.
<<Simpatica!>> commenta Marco, che mi sorride, visibilmente felice.
<<Sì... devo dire che abbiamo giocato proprio bene>> affermo, entusiasta.
<<Dopo mi racconterai tutto>> conclude sbrigativo e io mi incupisco. Proprio tutto?
Presa dai miei pensieri realizzo solo nel momento in cui lui prende il mio zaino e la mia valigia, abbandonati sull'asfalto nell'impeto della passione, che della sua moto non c'è traccia. Lui attende, guardandomi sornione, mentre gli si forma in viso un sorriso beffardo.
Con nonchalance prende dalla tasca dei jeans delle chiavi e me le porge. <<Potresti cortesemente schiacciare il tasto open?>>.
Identifico il tasto corretto e, quando premo il pulsante, la Mini Cooper rosso fuoco alla mia destra, quella alla quale era poggiato prima Marco, si apre.
<<Ma che... che significa?>> chiedo sbigottita, mostrando una difficoltà palese nell'interpretazione dell'evidenza.
<<Significa che tu sarai la prima persona che ha l'onore di salire sulla mia macchina>>.
<<La... tua... che?>>.
Okay, ora sto rasentando il limite dell'intelligenza deduttiva umana. Ma sono troppo sorpresa... insomma... come può avere una macchina se neanche la può guidare? A meno che... se due più due fa quattro... e okay che non sono un genio in matematica, ma è così...
<<Hai la patente>> esclamo, incredula.
<<Eh già. Scusa, non volevo mentirti>>.
Si fa serio. <<Volevo lasciarti a bocca aperta, quando finalmente te lo avrei detto>>.
Appoggia le mie cose sul sedile posteriore e torna da me.
<<Direi che ci sono riuscito>>.
Eccome! La mia bocca non vuole richiudersi. A meno che sia in arrivo un suo bacio...
<<All'inizio non sapevo come fare... i soldi erano molti da investire, soprattutto dato che nel progetto era inclusa anche lei>>. Coccola il cofano della macchina come fosse un cucciolo.
<<Quindi... come hai fatto?>> chiedo curiosa, riprendendomi dallo shock e attendendo, finalmente, la spiegazione che tanto desideravo.
<<Ho fatto un patto con mio padre. Non voglio i suoi soldi, infatti per ora li ho presi solo in prestito. Lavorerò per lui e gli restituirò fino all'ultimo centesimo>> ammette fiero.
<<Sebbene non condivido, per niente, il fatto che tu me lo abbia tenuto nascosto...>>. Alzo un sopracciglio, fingendomi adirata. <<Ti fa onore, amore>>.
Quanto è incantevole questo ragazzo? Quanti, al posto suo, avrebbero fatto come lui? Io, per dire... ho preteso – senza troppi complimenti, per giunta – i soldi per la patente. Come avevo ritenuto scontato pretendere quelli per un'ipotetica futura auto. Me ne vergogno, prendendone coscienza per la prima volta.
La mia nobiltà d'animo non è proprio paragonabile alla sua...
<<E come mai proprio quest'auto?>> gli domando veloce, per stoppare i miei difficili pensieri.
Se avessi dovuto riflettere su una scelta plausibile, mai avrei optato per un'auto così moderna come quella. Allora, in fondo, può essere umano anche lui!
<<Non amo i film, come sai... ma "The Italian Job" è davvero un capolavoro>>.
Come dargli torto? Ovviamente a renderlo tale per me era la travolgente storia d'amore tra Charlie Croker e Stella Bridger, non certo per il resto.
<<Il personaggio di John Bridger mi ha affascinato da sempre. E poi lo sai che i Velvet Revolver hanno composto una cover di "Money", il brano dei Pink Floyd, hai presente?>> chiede Marco senza aspettarsi – per fortuna – davvero una risposta.
Infatti, io penso "perchè, dovrei?" mantenendo un certo distacco, sorridendo come una scema, mentre lui continua <<realizzata appositamente per il film>>.
<<Ho capito, tu e i Pink Floyd siete su due pianeti differenti>> dice osservando meglio la mia espressione.
<<No, è che... l'arte psichedelica proprio non fa per me>> mi giustifico.
<<Almeno sai chi sono. E' già qualcosa... comunque... vuoi salire allora o no? Non ti fidi?>> mi stuzzica, aprendo la portiera dal lato passeggero.
Gli sorrido e rispondo <<a dir la verità, non ciecamente>> ma salgo, con un sorriso gigante dipinto sul viso.
Quando si mette alla guida e avvia il motore mi sembra così strano che non trattengo una risata nervosa. Addirittura mi prende la mano, quando ci fermiamo ad un semaforo rosso, mettendo il folle. <<Ho fatto parecchie guide con Clà, se ti stai chiedendo da dove viene tutta questa scioltezza... se vuoi ti mostro anche qualche inseguimento come nel film>>.
Adesso non esageriamo...
Mi distraggo da lui solo per guardare dove siamo: tra poco attraverseremo il famoso ponte, scenario della mia dichiarazione...
Inclino la testa per toccare la sua spalla, e mi ci accomodo, mormorando <<ti ricordi?>>.
Sento che sorride e quando mi risponde, sereno <<come potrei scordare il momento più bello della mia vita?>> quasi mi sciolgo.
Abbasso istintivamente il riscaldamento, poichè mi sembra di andare a fuoco: fa decisamente troppo caldo nell'abitacolo. O è solo la normale reazione alle sue parole? Non lo so, comunque non mi ci abituerò mai. Per fortuna.
Voglio che questo stordimento da amore folle continui sempre a stupirmi.
Davanti a casa mia c'è l'auto di papà. E' rimasto a casa dal lavoro apposta per accogliermi?
<<Anna! Tutto a posto? Hai fatto buon viaggio? La mamma ti ha chiamata? Ah, ciao Marco. Grazie di essere andato a prenderla e di aver aspettato tanto per il ritardo. Ci sarà stato molto traffico>> dice tutto d'un fiato mio padre appena entriamo, senza attendere risposta.
Stringe la mano a Marco e mi abbraccia: due gesti che mi riempiono il cuore. <<Sono solo in pausa, tesoro. E so che stasera avrai altri programmi...>>.
Ah sì?
Guardo Marco, che alza le mani, sorridendo. Che altro avrà preparato?
<<Non mi illudo certo che tu voglia passare il tuo diciottesimo compleanno con il tuo vecchio...>> continua papà, un po' deluso.
<<Festeggeremo domenica quando tornerà anche la mamma, che ne dici?>> mi propone, dandomi un bacio in fronte.
Esce più veloce della luce. La cosa mi sembra un po' strana... ma che cosa succede? Marco si schiarisce la voce. C'è decisamente qualcosa di strano...
<<Allora, sarai stanca... il viaggio è stato lungo... non vuoi riposarti?>>.
<<Sì, vorrei... ma se tu vieni con me non riposerò di certo>>.
Mi sembra ovvio. Neppure se fossi sveglia da 48 ore consecutive sprecherei un'occasione come quella, dopo giorni che non ci vediamo, per di più. La sua risposta non è quella che mi aspettavo.
<<Ok, allora vai pure in camera... ci vediamo più tardi>>.
<<Non pensarci nemmeno. Tu non vai da nessuna parte>> esclamo, senza possibilità di rifiuto.
Lui sorride felice.
<<Okay, allora ti accompagno>>.
Così va molto meglio.
Saliamo le scale con zaino e valigia, che appoggio subito davanti alla porta della mia stanza, dopo averla aperta con un calcio.
Alzo gli occhi e... Oh, sto forse sognando? Avanzo di qualche passo, con Marco al seguito, che si gode appieno il mio evidente stupore. Sono entrata per caso in qualche set cinematografico?
Quella che, fino a qualche giorno prima, era la mia camera, spoglia, buia e fredda, di quel colore verde acido – come la proprietaria, addirittura, mi era stato detto proprio da lui – ora si era trasformata in un bosco incantato. Il verde orrendo era stato sostituito da una tonalità molto più chiara e sulla parete dietro la testiera del letto erano state applicate delle graziose farfalle coloratissime. Il copriletto anonimo beige aveva, inoltre, lasciato il posto ad un corredo arancio e giallo, con morbidi cuscini dello stesso colore. Sul comodino una candela profumata era già accesa e diffondeva nell'aria un dolce profumo di vaniglia.
Un lavoro minuzioso che deve aver richiesto ore e ore...
Senza pensarci due volte, mi volto verso Marco e, con la voce rotta dall'emozione, esclamo felice <<quanto ti amo>> portando le mie labbra sulle sue. Come sotto l'effetto di un incantesimo tutto sembra dissolversi attorno a noi. E che peccato, dopo tutta quella fatica...
Ma in quel preciso istante, esistiamo solo noi, esiste solo quell'emozione così forte da fare quasi male, quella voglia di unirci, di amarci... totalmente.
Sprofondiamo nel letto dipinto d'autunno e Marco non perde tempo. Inizia a spogliarmi, ma proprio quando sta per sollevarmi la maglietta, un ricordo sgradevole colpisce la mia mente: delle mani, quelle di Luca, che compiono lo stesso gesto.
M' irrigidisco e improvvisamente fatico a respirare. Lui si scosta, con la fronte corrugata in un'espressione perplessa, di stupore, e pare dire "tutto a posto?". Vorrei rassicurarlo, ma non posso. Devo essere sincera, anche se non so bene come reagirà.
Mi porto una mano sulla tempia, e mi mordo il labbro.
<<Cosa ti prende? Se non vuoi, non ti forzerei mai, lo sai...>>.
Oh, amore... perchè non riesco ad evitare di deluderti?
<<Ma certo che lo so... non è per te. Io...>>.
Coraggio vieni a me. Ti prego. Spirito di Hermione, impossessati ora del mio corpo e fammi diventare sì un'umile babbana, ma con le palle, con una razione di pozione polisucco. Oppure Harry, invoca il tuo "Expetco Patronum" per proteggermi dalla mia stessa maledizione.
<<E' successa una cosa. A Rovigno, l'altra sera>> esclamo seria, tutto d'un fiato.
Marco sospira: ha capito che arriverà una bomba ed è pronto ad esplodere con essa. Si siede, incrocia le mani, e attende, chinando la testa. Nessuna bacchetta magica in mio aiuto, quindi? Mi rassegno, e continuo.
<<C'era Melissa... e Luca... c'erano anche loro, al ritrovo>>.
Non muove un muscolo, ma al nome Luca ha iniziato a martoriarsi le dita, stringendole forte.
<<Noi... abbiamo parlato, poi con la squadra siamo andate in un locale, poi io sono uscita, sulla spiaggia... e mi ha raggiunto Luca>>.
Sto prendendo tempo, tergiversando... ne sono consapevole, ma sono davvero spaventata per come potrebbe reagire alla mia confessione. Devo essere più diretta, si sta innervosendo... lo noto dalle nocche delle mani, che sono oramai bianche per la pressione che sta esercitando su di esse.
<<All'inizio si è scusato per quello che aveva fatto, ma poi... mi ha baciata. Io l'ho respinto, ma ha provato a toccarmi...>>.
Marco si alza, poggiandosi all'armadio con i pugni, scosso da brividi di rabbia.
<<Ma non è successo nulla, l'ho fermato subito. Te lo giuro!>> urlo, disperata, avvicinandomi a lui e stringendolo da dietro in un abbraccio.
Ho quasi il timore a toccarlo, talmente è furente. Cala un silenzio di ghiaccio e non so quanto tempo restiamo in quella posizione.
Poi lui abbassa le braccia lungo il corpo, senza prendere le mie che ancora lo circondano. Lo sento sospirare prima di mormorare, piano, simile ad un sibilo – no, non è serpentese – <<devo andare. Torno per le nove a prenderti>> e divincolarsi, uscendo dalla stanza.
Okay, adesso lo pretendo: o sento urlare "Aresto momento" e noto le lancette dell'orologio che si bloccano in questo momento esatto oppure voglio una giratempo, per poter viaggiare avanti e indietro nella dimensione spazio-temporale a mio piacimento. Potter, a te la scelta.
Ah, cosa potrei fare senza tirare in ballo Doc e la sua mitica Delorean, per farmi scorrazzare indietro nel futuro.
La prendo sul ridere, perchè altrimenti sarei travolta dalla drammaticità della situazione. Alle nove meno due sono ancora in alto mare: non ho scelto il mio outfit, nè sono arrivata a truccare gli occhi con quel colore che tanto va di moda adesso. Per non parlare del mio stomaco: è vuoto e si contrae al sol pensiero di cibo.
Quando suonano alla porta, faccio un salto dallo spavento. Non-sono-pronta nè per la serata, nè per il resto. Per fortuna l'espressione di Marco, che resta sulla soglia, in attesa, è migliorata. Se non altro il fumo nero ha smesso di fuoriuscirgli dalle orecchie. Mi complimento con me stessa per non aver ancora dato modo al panico di impossessarsi di me usufruendo della mia illimitata immaginazione.
<<Marco...>>.
<<Anna, scusami per prima. Ma non controllavo più la mia rabbia. Il pensiero che un altro possa anche solo pensare di toccarti... Luca, poi...>> ammette, appoggiandosi allo stipite, teso.
Mi avvicino e lo bacio sulla guancia. <<Ma non è accaduto nulla. Ora, credi che potremmo metterci una pietra sopra?>>.
Cavolo, alla fine è sempre il mio compleanno, quello della maggiore età, per giunta.
<<Pietra sopra. Io l'ho già fatto>>. Un grande, enorme monolito sopra Luca e il suo gracile corpo. Credo sia quello a cui pensa Marco mentre acconsente, con un lieve cenno del capo.
<<Dunque... dove mi porti?>> chiedo con un sorriso smagliante, sperando di archiviare così la questione Luca, mentre salgo sulla Mini: ancora mi fa strano.
<<Veramente siamo un po' in anticipo...>> appura, alzando il polso per controllare l'ora dall'orologio Casio, decisamente vintage. Non una novità, certamente.
<<In anticipo per cosa?>> insisto, sorridendo di nuovo, angelica.
<<Credi davvero di avere qualche chance di estorcermi la risposta? E che ti basti un sorriso da pubblicità per farlo?>>.
Il massimo dei suoi complimenti erano degli insulti mascherati da tali. A parte, forse, quando era distratto dagli ormoni. Lì poteva scapparci anche un "sei bellissima" sincero. Quindi, mi stavo stupendo davvero del suo non-complimento?
<<Dai, anticipami qualcosa...>> pronuncio, con tono volutamente sexy, facendo scorrere un dito sul suo viso.
<<Ehm, no. E... piantala>>.
<<Di fare domande o di stuzzicarti?>>.
<<Di fare domande mentre mi stuzzichi. Grazie>>.
Ma se è il mio passatempo preferito!
Nota Autrice: Allora, vi aspettavate questo piccolo sipario con Luca protagonista? E la reazione di Marco? Ce ne saranno ancora delle belle... Continuate a seguire la storia!
Profilo IG lisa_negrelli_autrice
A dopodomani ;-)
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