Chapter 15\"Se stessi solo, invece, crescendo?"


Ci addormentiamo, sfiniti, circa un'ora più tardi: Marco ha una resistenza impressionante.

Un piccolo, ma intenso, raggio di sole entra dalla finestra sopra di noi, e illumina il bellissimo viso, ancora profondamente assopito, del ragazzo che mi ha preso il cuore, e tolto qualcos'altro: Jake sarebbe fiero di questa battuta, se lo fosse, ma in realtà la mia riflessione non è affatto una scemenza.

La presa di coscienza che accompagna il mio risveglio è devastante, come lo può essere una rivelazione di un segreto, nascosto proprio davanti al proprio naso, per anni.

Marco mi ha svelato il mistero dell'identità di sè, nell'essenza intima di una persona che si dona in un modo così trasparente ad un'altra, e mi ha tolto la maschera del moralismo sociale sotto cui mi rifugiavo per evitare di soffrire, di essere esclusa.

E' un po' per questo, rifletto, che ci si sente al sicuro dietro i cento profili virtuali che non possiamo fare a meno di crearci – e che Marco ha sempre invece evitato – per stare uniti, ma senza unirci davvero in una finta comunicazione di un finto sè, per uniformarci, credendo in realtà di differenziarci... probabilmente Zuckerberg ci era arrivato prima di me, ed è stata la sua fortuna. La mia è, invece, questa: questa incredibile persona che mi dorme accanto, che ha permesso a me, e a me soltanto, di stargli vicino.

Metto in pausa, per un istante, il vortice di pensieri romanticamente filosofici che mi popola la mente, tornando con i piedi per terra: Marco dorme ancora, e fuori splende il sole. Ma che ore sono?

Mi divincolo dalle sue braccia, sedendomi ai bordi del materasso, per recuperare il mio cellulare, abbandonato sul pavimento. Sul display compare il numero sette.

<<Marco...>> lo chiamo dolcemente, carezzandogli i capelli.

<<Ciao>> mormora, sbadigliando.

<<Non allarmarti, ma... è mattina. Precisamente... le sette. Sono le sette del mattino>> cerco di comunicargli, con più calma possibile.

<<Eh?>>.

Scatta in piedi, con un balzo. <<Cazzo! Mio padre ci aspetta fuori casa alle sette e un quarto!>> esclama, agitato.

Recupera i vestiti sparsi per la sala, e io faccio altrettanto. In meno di un minuto è già sulla porta. <<Anna, quanto mi spiace andare via in questo modo>> afferma mortificato, voltandosi per abbracciarmi.

<<Non preoccuparti>> lo rassicuro, stringendolo forte e respirando a fondo il suo odore sublime. Quanto mi mancherà...

Mi bacia delicatamente, afferrandomi il viso con decisione ma dolcemente... amo questo gesto...

<<Ci sentiamo presto>> pronuncia, scomparendo.

Sì, e come? Fortunatamente, avevo recuperato il numero di cellulare di suo fratello Claudio, ma sarebbe stata comunque una comunicazione formale e di certo non avrei potuto mandargli dei selfie audaci.

<<D'accordo>> confermo, con un fil di voce, seguendo la sua sagoma allontanarsi sempre più e il rombo della sua moto, che diminuisce, fino a svanire.

Tornando in casa, provo a tenere la testa occupata da quel vuoto improvviso che sento dentro, pulendo e sistemando il gran casino che abbiamo lasciato ieri sera, poichè eravamo impegnati a fare cose ben più importanti... Ritenendo fosse più che sufficiente l'aver riposto il cibo in frigo, e rassettato alla bell'e meglio, e, sentendomi tutta indolenzita, per aver strapazzato dei muscoli inutilizzati fino a poche ore fa, mi metto un vestito comodo e ritorno nel divano-letto, intenzionata a dormire ancora un po'.

Non faccio in tempo, però, a coricarmi al posto appena lasciato da Marco – dove ritrovo il suo profumo da cui sono già dipendente come una drogata – che sento girare la chiave nella toppa della porta d'ingresso.

Ma chi cavolo può essere?

Tremando dalla paura resto immobile, seguendo il movimento della maniglia, che si abbassa di colpo permettendo ad un ammasso di ricci color petrolio di entrare in casa. Mi porto la mano al petto, cercando di portare il mio respiro alla normalità: è Fiorella, la donna di servizio.

E' vero, come ho fatto a scordarlo? Oggi è il sette luglio, sabato – il primo sabato del mese, proprio come accordato con mia madre – ed è il suo giorno di lavoro. Se solo fosse arrivata qualche minuto prima...

Lei, ancora sulla soglia, indaffarata a recuperare prodotti per le pulizie, strofinacci e quant'altro, non si accorge subito della mia presenza. Appena chiude la porta dietro di sè e osserva la sala, nota il letto convertito in divano, con me sopra. <<Anna! Signore che spavento! Ma che ci fai lì? Perchè non dormi in camera?>> esclama sgomenta, sparando domande a raffica.

Raduno i miei neuroni velocemente per trovare una risposta plausibile: ce l'ho. <<Scusa Fiore, non volevo spaventarti. Ho pensato di dormire giù perchè ai piani superiori fa un caldo atroce>> speigo, in tono convincente.

<<Ah... ok...>> conviene lei, ancora sorpresa.

<<Comunque mi stavo alzando>> concludo sbrigativamente, togliendo così dal suo viso ogni traccia di perplessità.

Il mio, di viso, invece, assume ogni espressione cretina che sia possibile classificare come tale, appena riporto alla mente ciò che è accaduto con Marco.

<<>> mi saluta Giacomo, Jake, svelando le sue innegabili radici napoletane.

<<Wellà>> gli fa eco Milena, prendendo una sedia accanto alla sua, e utilizzando l'equivalente del suo saluto, ma alla milanese. Io dico semplicemente <<ciao>> ma, probabilmente, il modo in cui lo dico, associato alla mia faccia, è eloquente.

<<Lo avete fatto>> afferma quindi, con decisione, la mia amica, mentre poggia il menu, che Jake le ha appena passato, sul tavolo del bar , dove abbiamo deciso di trovarci all'ultimo, per la colazione. Non occorre che le risponda, in realtà, perchè il sorriso che spontaneamente compare sul mio volto è sufficiente.

<<Anna! Ma è stupendo! Dai, raccontami!>> urla lei, eccitata.

<<Raccontaci>> esclama Jake, offeso, avvicinando la sua sedia alla mia e poggiando i gomiti sul tavolo, in attesa.

<<Se promettete di tenervelo per voi... e tu...>> esclamo minacciosa, rivolta a Jake <<...di evitare battute idiote>>.

<<Parola di lupetto!>> promette Milena, alzando ed unendo l'indice ed il medio della mano sinistra, per formare una V, e ponendosi l'altra mano sul cuore.

<<Di lupetti>> la corregge di nuovo Jake, assumendo la medesima posizione. <<Che vuoi, anche io ero uno scout!>> si difende dall'occhiataccia di lei.

Scuoto la testa, divertita: quanto mi fanno ridere, questi due.

<<D'accordo, allora...>> creo un po' di suspense. Loro non si muovono. <<E' stato... strano>>.

Milena assume un'espressione comprensiva, mentre Jake di smarrimento, nell'osservare anche quella della fidanzata. <<Sì, cioè...>> continuo, giochicciando con il tovagliolo. <<Lo volevo da morire. Ma...>>

<<La prima volta, ho sentito un male cane, porca miseria>> ammetto, senza giri di parole. <<Male?>>, <<La prima volta?>> chiedono, contemporaneamente.

<<Sì, male, veramente una fitta fortissima e, sì, la prima volta perchè poi ce n'è stata una seconda>> rispondo ad entrambi.

<<Bene, quindi poi è andata meglio, no?>> domanda di nuovo Milena, mettendomi la mano sul braccio, per confortarmi. <<E' quasi sempre così, comunque, la prima volta...>> aggiunge, abbassando gli occhi.

<<Cosa? Io 'sta storia mica la conosco>> esclama brusco Jake, rivolgendosi a lei.

<<Per voi maschi, è diverso...>> tenta di liquidarlo lei.

<<Sì, e questo è palese>> commenta, infastidito, sistemandosi nervoso il piercing al sopracciglio. <<Ma non per questo per voi femmine invece deve essere brutto>>.

<<Ma chi ha detto che è stato brutto! E' stato bellissimo, invece!>> provo a rimediare io.

Ma oramai la diatriba è iniziata. <<Infatti, adesso stai a vedere che me la meni perchè non ti ho detto che la nostra prima volta non mi è piaciuto!>> quasi grida Milena.

<<No, non me l'hai detto. Anzi, non sembrava affatto. Eri tutta contenta, dopo. E hai...>>.

<<Jake non me la ricordo neanche, va bene?>> lo interrompe lei.

<<No, non va bene per niente>>.

E' amareggiato e dispiaciuto. Cosa avevo combinato?

<<Ragazzi, per piacere. Sono già abbastanza preoccupata a riguardo, senza che vi ci mettiate anche voi. Ci sto pensando da allora, anche se poi tutto si è risolto per il meglio>> ammetto, avvilita, più per tranquillizzare me stessa che loro.

Milena sospira, poi prende una mano a Jake. Solitamente tra i due è lui il più espansivo e romantico e, vedere Milena prendere l'iniziativa, un po' mi sorprende: anche Jake ne è piacevolmente stupito. <<Amore, scusami. Non è vero che non la ricordo, però ci ho messo un po' per capire come mi sentivo a riguardo e quando l'ho compreso oramai le cose erano cambiate, in meglio, e non ho più ritenuto necessario parlarne. E' sempre meraviglioso stare insieme, adesso>>.

E' in assoluto la frase più lunga e dolce che ho mai sentito uscire dalla bocca di Milena. <<Anna>> ricomincia ora, rivolgendosi a me. <<Questa tua sensazione di... disorientamento... è normale. Sai, per come ti conosco io, credo che tu debba comprendere meglio la differenza tra ciò che ti aspettavi e ciò che è stato in realtà. Ieri ci hai detto di non avere aspettative, ma tutti qui sappiamo che stavi mentendo. Sei la persona meno spontanea del pianeta, per quanto riguarda queste cose>>.

La sua sincerità mi spiazza. <<Anna questo è vero: tu sei sempre con la testa tra le nuvole... sogni che ti accadano sempre delle avventure fantastiche, come nelle favole, e programmi tutto per filo e per segno per fare in modo che sia così. Sei l'unica ragazza che ammette senza problemi di aver visto ogni commedia romantica uscita negli ultimi trent'anni, anzi, a volte te ne vanti pure>> mi rimprovera bonariamente Jake, supportando la tesi di Milena.

Ci si metteva anche lui, adesso, a farmi la morale?

<<Ma la vita non è un film>> continua lei.

<<Già>> conferma lui.

<<Però a volte può essere meglio>> dichiara sorridendo lei, mentre non smettono di fissarsi negli occhi.

<<Oppure può essere peggio, ma poi diventare meglio>>.

<<Beh, sai come si dice, no? La pratica porta alla perfezione...>>.

Jake sorride, compiaciuto, mentre coglie il palese riferimento alla loro relazione. Sono un po' scossa, tutti questi grandi discorsi mi hanno scombussolato emotivamente. Sono cosciente che ciò che è successo possa determinare un notevole cambiamento nella vita di una ragazza: è un passo enorme. E io non mi sto pentendo... ci sto solo ragionando. Probabilmente, un po' troppo, come mio solito.

Se stessi solo, invece, crescendo?


Mezzogiorno meno venti: ora Marco e la sua famiglia avrebbero già dovuto esser arrivati a Riccione. Scrivo un messaggio a Claudio, per sapere se è tutto a posto: l'impressione di mostrarmi invadente non mi preoccupa affatto. Un minuto, dieci, venti, quaranta... non ricevo risposta. Che faccio, chiamo?

Tamburello le dita, nervosamente, sul tavolino della terrazza, mentre osservo il semaforo in fondo alla via e ripenso a quel momento di pura follia di qualche giorno prima. Quanto vorrei che lui fosse qui...

Pregustandomi la pausa caffè, dopo un pranzo con verdure alla griglia, appoggio la testa sullo schienale della chaise loungue, strizzando gli occhi per la luce violenta del sole, che mi colpisce in pieno viso.

"Decode" dei Paramore riempie d'improvviso il silenzio e mi segnala una chiamata in arrivo. Senza guardare lo schermo del cellulare – non vedrei nulla con questa luce negli occhi – lo prendo dal tavolo e, premendo a tentoni il tasto per avviare la comunicazione, me lo porto all'orecchio. <<Sì?>>.

<<Parlo con una ragazza meravigliosa?>>. La voce di Marco mi fa sussultare. Mi metto velocemente a sedere, scordandomi del caffè che avevo in grembo e rovesciandomi, quindi, la bevanda bollente sulla coscia.

<<Porca di quella vacca!>> esclamo, iniziando a saltellare su un piede solo, mentre mi cola il caffè su tutta la gamba, schizzando ovunque.<<Marco, hey, scusa, ci sei?>>.

Riprendo faticosamente la telefonata, dopo un attimo di panico, col fiato corto.

<<Sì, sono qui. Se i miei complimenti ti fanno questo effetto cercherò di evitare, in futuro. Che stai facendo? Tutto a posto?>> chiede, preoccupato.

<<Sì sì, io... ehm... sono solo un po' maldestra>> confesso, guardandomi la gamba, tutta appiccicosa.

<<Meravigliosa e maldestra possono coesistere>> commenta amorevolmente lui.

<<Non in una stessa frase se quella frase dovesse essere utilizzata per descrivere la sottoscritta>> esclamo io.

Lui ride, e io mi sciolgo. Letteralmente. Quanto scotta oggi il sole?

<<Ma che combini? Ti lascio sola qualche ora e già fai disastri>>.

<<Davvero. Guarda, sono un caso clinico. Ed è tutta colpa tua>>.

<<Mia?>>.

<<Certo. Continuo a far leva sul senso di colpa, se serve a farti tornare>> scherzo, ma neanche poi tanto.

<<Anna...>> sospira.

<<Lo so, lo so... sei appena partito. Anzi, siete arrivati? Mi chiamavi per rispondere al mio SMS?>> cerco di tergiversare, per non mettermi a piangere.

<<Quale SMS?>>.

<<Claudio non ti ha fatto leggere il messaggio?>>.

<<No, credo abbia il telefono scarico>> risponde, come nulla fosse. Cosa?

<<Senti>> dico, un po' irritata. <<Il cellulare di tuo fratello è l'unico apparecchio che mi consente di sentirti... per... sapere come stai, ecco. Beh, sei al mare, perciò meglio di me qui a crepare di caldo in città starai di sicuro, però...>>.

<<Anna, frena. Te l'ho già detto che ti va in pappa il cervello>> mi zittisce, ridendo.

<<Comunque>> riprende subito <<devi stare tranquilla. Non dovrai più preoccuparti del telefono di Claudio, non dovremo comunicare per forza attraverso il suo cellulare>>.

<<E perchè?>> chiedo con interesse.

<<Hai controllato chi ti stava chiamando, prima di rispondere?>>.

<<Ehm... no, ho risposto e basta. Avevo il sole negli occhi>> mi giustifico.

<<Beh, è un numero che non conosci. Ma che dovrai imparare presto a memoria: è il mio>> annuncia sereno.

Scosto un momento l'iPhone dall'orecchio e noto, effettivamente, un numero sconosciuto sul display lampeggiare, sopra la lista delle chiamate in entrata: non è possibile. <<Non ci credo. Sei venuto meno ai tuoi principi per... me?>>.

<<Direi che sono venuto meno ad un sacco dei miei, fino a poco prima di conoscerti, solidi principi, ultimamente, a causa tua, donna>> esclama divertito.

Assolutamente e innegabilmente vero.

Arrossisco – tanto non mi può vedere – e mi mordo il labbro, immaginando cosa ci farei con il suo. <<Dai, ehm... raccontami: com'è il mare?>> divago.

<<Aspetta che traffico un po' con questo coso e poi te lo faccio vedere>>.

<<Sì, manda una foto!>> propongo, con entusiasmo.

<<No, posso fartelo vedere ora... mi ha spiegato il negoziante dove l'ho preso che ha un'applicazione o roba del genere per fare tipo delle videochiamate...>>.

Pure?

<<Ma scusa, l'hai comprato stamattina?>>.

<<Sì, mio padre ha insistito per farmi subito il regalo, e si è dimostrato non poco stupìto della mia richiesta. In effetti sono rimasti tutti a bocca aperta... penso che fosse l'ultima cosa che immaginavano avessi chiesto per il mio compleanno>>.

Ora ci resto io, a bocca aperta. <<Per il tuo compleanno?! Ma quand'è, scusa?>> domando costernata.

<<Quand'era>>.

<<Come?>>.

<<Anna, era ieri>>.

No!

<<E tu non mi hai detto nulla!>>. Sono esterrefatta. Come ha potuto tacere?

<<Senza nemmeno saperlo mi hai fatto il dono più bello che potessi chiedere... non provarci neanche a contraddirmi, perchè sai che è così...>>.

Oh, quanto sa essere tenero... ma non mi frega. <<Sì, okay ma... nemmeno ti ho fatto gli auguri! E...>>.

<<Non li voglio gli auguri, io di solito non festeggio neppure>>.

Mi sto meravigliando davvero di ciò? <<Ma... quindi non lo sa nessuno?>>.

<<No no, gli altri lo sanno... infatti avevano proposto di vederci, ma io avevo decisamente altro di meglio da fare, ieri sera...>>.

<<E anche tu, mi pare. Cioè, lo spero... insomma...>>.

Sorrido, per il suo evidente imbarazzo. <<Sì, Marco. Solo... se avessi saputo che era il tuo compleanno, avrei fatto molto di più>>.

Tossisce. <<Ehm, più di quello che hai fatto? Impossibile>> afferma, con convinzione.

Sto per ribattere, ma la comunicazione s'interrompe bruscamente.

Nel frattempo, mi sono ustionata la schiena ed emano uno sgradevole odore di cappuccino andato a male. Il riff di chitarra, che anticipa l'inizio della mia oramai nota suoneria riparte, ma, questa volta, sullo schermo oltre al numero che dovrò sbrigarmi a mettere in memoria, c'è un altro comando. Accetto subito l'autorizzazione ad utilizzare la fotocamera e vengo collegata con quella del telefono di Marco, che compare sullo sfondo, o, meglio, compare parte della sua mano. <<Marco devi allontanarti, così non vedo nulla!>> urlo attraverso il microfono del telefono.

Lui mi sente e obbedisce. Ora lo vedo bene, se non altro, intero.

Dio, quanto è bello.

Indossa solo il costume, dei pantaloncini con uno stravagante elastico verde fluorescente e uno squalo stilizzato sul lato destro, mentre, su quello sinistro, è raffigurata una tavola da surf con i denti dello squalo nel mezzo: originale.

Per non parlare di quello che ora so bene esserci sotto. <<Bello il tuo costume>> commento angelica.

<<Ma quindi mi vedi!>>.

<<Sì! Stai utilizzando il FaceTime>>.

Il cellulare mi restituisce l'immagine di un Marco perplesso.<<Face che? Ma è pericoloso?>> scherza.

<<E' così che si chiama la videochiamata tra iPhone>> lo informo, ridendo.

Non potevo davvero credere avesse chiesto un telefono come il mio per poter "vederci" oltre che "sentirci". <<Sei in terrazza! Stai prendendo il sole? Sei tutta rossa... ma... cos'hai sulla gamba?>>.

Mi ero completamente scordata del caffè. <<Ehm, nulla nulla... ora vado a farmi una doccia>>.

<<Ah... non sono impermeabili, anche, questi cosi, vero?>> domanda, allusivo.

Non riesco a smettere di ridere. Mi verrà una paresi. <<Ehm no... purtroppo no...>>.

<<Peccato. Ora devo andare, dobbiamo montare le tende... ci sentiamo più tardi, okay?>>.

Già fremevo. Che figo. Oh, che caldo!

Una doccia gelata è proprio quello che mi serve, per calmare la mia evidente scottatura, per lavare il caffè dalla gamba e per raffreddare i miei bollenti spiriti. Soprattutto per quelli.

Non passeranno mai queste due settimane senza di lui!

Il lunedì mattina mi preparo al ritorno dell'altro uomo della mia vita. Il primo uomo della mia vita, diciamo: mio padre. Mi chiama, avvisandomi di un ritardo imprecisato, per motivi poco noti, all'aeroporto di Gatwick. Mentre aspetto il suo arrivo, accendo la TV per godermi per la ventesima – ventunesima – volta "Colpa delle Stelle", quando mi arriva un SMS: è di Marco, che scrive "Noemi muore dalla voglia di sentirti, posso chiamarti nel pomeriggio?" Ma che razza di messaggio è? Noemi vuole sentirmi? E lui?! Cioè...ci siamo messaggiati per buona parte del giorno ieri, e chiamati ieri sera tardi... però, che vuol dire? Mi abbandono alle lacrime, insieme ad Hazel Grace e ad Augustus Waters: okay, a volte sono decisamente masochista.

Finito il film, salgo in camera, portando avanti la mia opera masochistica e di autocommiserazione, flagellandomi con la compilation creata per l'occasione, qualche anno fa, dalla sottoscritta, in un momento emotivamente delicato, che contiene melodrammi come "Mille giorni di te e di me" di Baglioni, "Hello" di Adele, "E penso a te" di Battisti, "Here Without you" dei 3 Doors Down, probabilmente la migliore, e tanti altri... Insomma, taglio delle vene assicurato. Non ne vado fiera, lo ammetto: ma ognuno ha i suoi periodi no.

Inizia la traccia sette, "Una rosa blu" di Zarrillo, mentre chiama Marco, o meglio, sua sorella. Abbasso un po' la musica e mi concentro sul bel viso di Noemi, che mi sorride da sotto l'ombrellone.

<<Ciao! Come stai? Hai visto che mare?>>. Il suo entusiasmo è travolgente.

<<Ciao! Sì ho visto, è bellissimo! Allora, ti diverti?>>.

<<Tanto! Facciamo il bagno tutti i giorni, Claudio e Marco se ne vanno spesso con i loro amici, ma poi la sera stiamo tutti insieme! Non abbiamo ancora litigato, pazzesco!>>.

I loro amici?

<<Ah, wow!>>. Mi mostro interessata. <<Senti... tuo fratello è lì con te?>>.

Lei si volta, alla ricerca. <<Era qui un minuto fa, adesso è laggiù con Micaela. Li raggiungo e te lo passo>>.

Micaela? Micaela chi?

Noemi cammina spedita attraversando parte della spiaggia. Bagnanti intenti a sistemarsi costumi e cappellini compaiono sullo sfondo, fino a che intravedo una ragazza su un lettino, semi sdraiata. Indossa un bikini rosso striminzito e... qualcuno le sta spalmando la crema sulla schiena.

Riconosco quelle mani...

<<Marco, c'è Anna che ti vuole, qui>> sento lontana la voce di Noemi.

<<Sì, un momento. Aspetta che mi levo questa robaccia dalle dita>>. Ora è Marco a parlare, e sopra di lui una voce femminile che dice <<usa questo telo>>, ridendo.

Sto bollendo di rabbia. Ma che cazzo succede? Ecco che, sullo schermo, appare finalmente il volto di Marco. <<Hey, ciao! Come va?>>.

Il mio viso dev'essere tutto un programma, dato che lui cambia immediatamente tono. <<Anna tutto a posto? Ma hai pianto?>>.

Con la coda dell'occhio osservo velocemente il mio riflesso sullo specchio accanto al letto: ho gli occhi leggermente arrossati e un po' di rimmel sul mento. Oddio.

<<Sì, ehm... no, sto bene>> affermo, indaffarata, per trovare un dischetto di cotone pulito nel cassetto del comodino per sistemarmi un po'.

<<Non si direbbe. Sei un po'... fredda>> esclama, con un filo di preoccupazione.

<<Quella là invece sembrava molto accaldata>> ribatto io, stizzita.

<<Per quella là intendi Micaela, la nuova fiamma di Clà?>>.

<<Ah, è la sua nuova fiamma? E perchè su di lei c'erano le tue di mani, e non le sue?>> lo provoco.

Scuote la testa, ridendo. Ha anche il coraggio di ridere!

<<Le stavo solo mettendo la crema solare. Mi ha chiesto un favore. Cosa facevo, le dicevo "no, non posso, scottati pure, perchè sai, la mia ragazza non vuole che ti metta un po' di crema?">> chiede, sempre ridendo, ma con un pizzico d'irritazione nella voce.

La mia ragazza? Sono la sua ragazza! Lo ha detto lui! Gongolo come un'idiota. 

<<No,beh... io...>>.

Zarrillo, proprio in quell'istante, lancia il suo acuto.

<<Ma cos'è questa lagna che stai sentendo?>>.

<<Sì, cambia discorso. E' una bellissima canzone, comunque, che parla del mio fiore preferito, tra l'altro>> dico seria.

<<Non sapevo che la rosa blu fosse il tuo fiore preferito>> afferma lui.

Quindi la conosce, la lagna...

<<Non sai molte cose di me>>.

Faccio la misteriosa, ancora un po' risentita.

<<Vero. E non vedo l'ora di scoprirle tutte>>.

Mio Dio, lo adoro. Sono facilmente corruttibile, ne sono consapevole.

<<Ad esempio, ora so che sei una gelosona>> esclama, facendo l'occhiolino.

E chi non lo sarebbe con un ragazzo così?

<<Mio padre è a casa da due giorni, appena, senza mia madre e già ha trovato il modo di sopperire alla sua mancanza interpretando il suo ruolo di scassapalle magnificamente. Manco fosse in lizza per un Oscar>>.

Sbuffo, nervosa, rispondendo a Milena sulla sua più che giustificata richiesta del motivo del mio malumore odierno.

Siamo in un locale, in centro a Milano, che possiamo frequentare per altri soli trentaquattro minuti e diciassette secondi, causa coprifuoco ingiustificatamente impostato alla banale mezzanotte da mio padre, manco fossi Cenerentola.

<<Che poi, come diavolo faceva ad indossare delle scarpette di cristallo?>> chiede incredibilmente serio Jake, di risposta alla mia allusione alla celebre favola.

<<Ma pretendi davvero una risposta sensata?>>.

Malumore o no, nessuno avrebbe preso in considerazione la sua richiesta come tale.

<<A proposito, guarda te che coincidenza. Quella borsa farebbe proprio al caso tuo. Quasi te la prendo per Natale>>.

Jake indica una borsa color nocciola, abbandonata sulla sedia nel tavolo accanto al nostro, su cui è raffigurata una scarpa con un tacco vertiginoso accanto a una frase più che adatta alle circostanze, effettivamente. Recita "La Vita non è una Favola: se perdi una scarpa a mezzanotte, non sei Cenerentola, sei UBRIACA". Coincidenza o no, il mio malumore si attenua. Non posso evitare di sorridere, anche se con poca convinzione.

<<Quando hai detto che torna il principe azzurro sul cavallo bianco, qui? Perchè ho idea che tu abbia un gran bisogno di essere cavalcata>> riparte lui all'attacco, con una delle sue battute a sfondo sessuale.

Stavolta, però, rido, facendo compagnia a Milena e Natalia, la compagna di banco di Milena, che è uscita con noi questa sera. Insieme a loro due è l'unica della classe a non essere stata corrotta dalle insinuazioni di Carolina, e che quindi ancora mi parla; è anche molto simpatica. Li ho aggiornati brevemente sulla situazione principe azzurro a cavallo per circa due ore, finchè mi sono stancata da sola. Parlare di lui mi fa sentire ancor più la sua assenza. E la sento fin dentro le ossa.

<<Ancora una settimana. Dovrebbero tornare il 21. Oggi è solo il 15, porca miseria>> mi lagno, facendo cadere la fronte sul tavolino, nello sconforto assoluto.

<<Dai, dai. Almeno vi sentite? Ti manda qualche foto?>> domanda Natalia, comprensiva.

<<Sì, ci sentiamo tutti i giorni, e sì mi manda delle foto. Ma non è la stessa cosa>> ammetto, rimettendomi seduta, per dare modo al cameriere di poggiare sul tavolo le nostre birre ghiacciate.

<<Alla nostra piccola dolce Anna, che ha appena scoperto le gioie del sesso, non piace molto quello telefonico...>>.

<<E a chi piace? Dai, Jake, piantala di sfotterla, lo vedi che sta male?>> lo rimprovera Milena.

Lui sbuffa, ma mi sorride: so che in fondo mi vuole bene.

<<Insomma, vediamolo questo Dio del sesso. Fammi curiosare nel suo profilo Instagram>> chiede ingenuamente Natalia.

Io quasi sputo la birra che stavo iniziando a bere, e scoppio a ridere. Lei mi osserva perplessa.<<Nat, lui è già tanto che sa avviare una chiamata e scrivere tre parole di testo consecutive in un messaggio. Non ha – e mai avrà, ne sono più che sicura – un profilo su qualsiasi Social esistente. Lui... disdegna queste cose>> mi tocca ammettere.

Nat è decisamente stupita.<<Ok, ma quindi fammi vedere qualche selfie>>.

Non riesco a trattenere un'altra risata.<<Lui pensa, probabilmente, che i selfie siano qualcosa che si mangia>>.

Dovrei accertarmi della cosa, ma poi cambio idea: troppo strano, decisamente. La curiosità di Natalia però è tanta, e lo posso capire. Ma come potrei soddisfarla?

<<Aspetta, lui non ha Instagram, ma suo fratello sì!>>. Ci saranno di sicuro delle foto attuali, del mare. Al contrario di Marco – e qui ci si potrebbe davvero sbizzarrire ad elencarne le differenze – Claudio è molto attivo sui Social.

Ostinata a mostrare alla mia amica la mia fortuna, accedo alla rete Wi-Fi libera, concessa gratuitamente dal locale che ci ospita, e accedo al profilo di Claudio: immediatamente, sullo schermo compaiono decine di foto scattate proprio quel giorno. Natalia mi prende il telefono dalle mani prima che possa scorrerle tutte. <<Non dirmi che è questo bonazzo tatuato!>> esclama, quasi urlando.

<<Ma no, lui è Claudio. Suo fratello>> le spengo subito l'entusiasmo. Circa dieci foto di Claudio a petto nudo nel mare – alza la media fraterna dei selfie, lui, senza dubbio – precedono le altrettante foto di baci al tramonto con quella che riconosco essere, con mio estremo sollievo, Micaela, la ragazza dal bikini microscopico. All'improvviso, un'altra immagine attira la mia attenzione. Pigio un paio di volte sullo schermo per ingrandirla. E quest'altra, adesso, chi diavolo è? Sullo sfondo, una rossa, palesemente tinta, allaccia il fianco di Marco in una posa da sirenetta in una delle tre – ben tre – foto che li ritraggono insieme.

Lancio il telefono sul tavolo, imprecando.

Milena, sorpresa da quel gesto, recupera il mio cellulare, che fortunatamente non ha subito danni, almeno lui, per verificare il motivo di tanta rabbia verso quel povero innocente iPhone. E la sua espressione è eloquente quanto il mio gesto. <<Alla faccia di "vorrei ma non posto", eh>> ironizza, strappandomi inaspettatamente un leggero sorriso.

Proprio in quel momento la canzone di J-Ax e Fedez parte ad un volume eccessivamente alto dalle casse del locale.

<<E poi un tuffo nel mare, con una rossa niente male...>> scherza Jake, cantando e modificando a suo piacimento il ritornello. Ha preso dalle mani il telefono alla fidanzata e ora osserva, interessato, la fotografia incriminata.

<<Oh, ma vaffanculo, tu!>>.

Sono davvero incazzata nera. Riguardo la foto, tanto per girare per bene il coltello nella piaga, e noto che Marco non è per nulla imbarazzato dalla stretta della piovra accanto a lui. Questa cosa mi fa impazzire di gelosia. Si sa che, al giorno d'oggi, ci sono più scheletri nel cellulare che nell'armadio. <<Okay, lo so che è una cazzata, ma io devo avere una spiegazione a riguardo. La pretendo!>> grido, sopra il ritornello della oramai a me insopportabile canzone-tormentone dell'estate. Jake prova allora a nascondere il cellulare dietro di sè, per evitare l'inevitabile.

<<Ridammelo spontaneamente e non ti accadrà nulla di male>> lo minaccio, poco velatamente.

Sbuffando me lo porge, ma quando lo sto per prendere, ritira la mano e mi intima, serio <<non fare la pazza isterica, però. Sono sicuro che non gli piacerebbe, al principe>>.

Scuotendo la testa e decisa ad ignorare la sua – indubbiamente sensata – ammonizione, avvio la chiamata a quello che non so più se definire il mio ragazzo.

<<Ciao, Anna>>.

Se non altro il mio nome lo ricorda ancora.

<<Sì, ehm. Ciao Marco>>.

Adesso come continuo? Che gli dico? Che sono una fidanzata stalker possessiva al limite della decenza che ha ficcanasato nelle cose private – okay, non così private – di suo fratello e che lo ha visto con un'altra, di nuovo, e si è ammattita?

<<Volevo sapere come andava>> esclamo invece, vaga.

<<Beh, bene, dall'ultima volta che me lo hai chiesto, ovvero due ore fa. Che succede?>>.

Il suo tono così innocente mi innervosisce ancor di più. <<Senti, io... non arrivare a conclusioni affrettate, ok? Ho solo bisogno di una ehm... rassicurazione>>.

Cerco, invano, di mostrarmi calma.

<<Una rassicurazione su cosa?>> domanda lui, dubbioso.

<<Beh... io... cazzo, Marco, al diavolo: chi è quella rossa che ti abbracciava così?>> sputo, senza alcun ritegno.

<<La sorella di Micaela, Angela. Un'amica...>> risponde lui, troppo velocemente.

<<Quanto amica?>>.

<<Anna, ma stai scherzando?>>.

<<No! Marco io non so cosa succede, sei lontano... così lontano... per caso>>. Mi blocco, in un moto di sincerità improvviso. <<Cioè, non proprio per caso... vedo una, anzi tre , foto di te abbracciato a quella e... non ce la faccio. Non ce la faccio più>> ammetto, esasperata.

<<Anna, adesso ascoltami bene>>.

Mi alzo, rizzando anche le antenne. Che tono serio...

<<Siamo lontani, ma più vicini che mai. Anna per me ci sei solo tu. Soprattutto dopo che siamo stati... molto, molto vicini. Capisco come tu possa sentirti... ma devi fidarti di me. Hai capito?>>.

Sì. Ma cavolo, se mi manca.

<<Anna? Sei ancora lì?>>.

<<Sì, ma... mi manchi. Mi manchi tanto...>>.

<<Mi manchi anche tu. Davvero. Tantissimo>> afferma dolcemente.

<<Anche mentre ti stringeva quella lì?>> non riesco a fare a meno di aggiungere. Sento un sospiro: ho esagerato.

<<Scusa. E'... è tutto a posto. Scusa, sul serio. Buonanotte>>.

Attacco, senza dargli diritto di replica: mi sono umiliata abbastanza. I miei tre – per nulla – complici mi guardano comprensivi.

<<Dai, sarà meglio andare, che devi riprenderti da questo stato pietoso altrimenti tuo padre non ti farà più uscire con noi se quando torni hai questo aspetto>>.

Grazie infinite Jake, tu sì che sai come consolare una ragazza, e contemporaneamente annientare il già poco amor proprio che ancora le resta.

Milena e Natalia gli lanciano un'occhiataccia, però convengono con lui sul fatto che sia meglio rientrare: il coprifuoco si sta avvicinando.

Nota Autrice: credo che in questo capitolo iniziano ad emergere le insicurezze e i timori di Anna che, dopo aver trascorso con Marco quell'unica ma speciale notte, fatica a stargli lontana... e lui, invece? Che starà combinando?! Come reagirà alla gelosia della sua... ragazza? Al prossimo aggiornamento!

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