Chapter 14 \ "Rifarei la stessa scelta sette miliardi di volte ancora..."


<<Ma chi l'ha scelto questo film? E' terribile!>> commenta annoiato Giò, stravaccato sul divano più grande del mio salotto, dopo soli quindici minuti di proiezione del film "Drive".

<<Indovina...>> risponde Marco, voltandosi verso destra e trovando il mio viso, a soli due centimetri dal suo.

<<Visto che abbiamo deciso di fare la serata cinema a casa mia, mi sono presa la libertà di scegliere io i film da vedere. Dani, tu lo fai sempre!>> accuso, sferrando un pugno sulla spalla a Sandro, il quale, poveretto, si trova proprio accanto a Giò.

<<E io cosa c'entro?>> esclama, offeso.

<<Niente, ma eri in direzione. Passaglielo>> ordino, come fosse la cosa più normale da chiedere.

<<Ahi, ma sei scemo?>> grida Giò, incassando il colpo.

Dani si scansa. <<Se è una catena di pugni io non voglio partecipare, grazie>> si giustifica, e tutti scoppiamo a ridere.

<<Vi volevo mettere al corrente, comunque, che questo film, nel 2011, ha vinto il Premio alla migliore regia al Festival di Cannes>> li informo, compiaciuta.

<<Ma smettila>> mi provoca Marco. <<L'hai scelto solo perchè c'è Ryan>>.

Quanto sta imparando a conoscermi, il ragazzo.

<<Ryan chi?>> chiede ingenuamente Giò, e Marco fissa me con un sorrisino che significa "vedi che non lo conosce nessuno 'sto Ryan Gosling?"

<<Vi dico solo, ragazzi>> ribatto io, decisa, bloccando lo schermo proprio su un primo piano dell'attore. <<Che quello là, che voi non sapete neppure chi sia, si è fatto Sandra Bullock, Rachel McAdams e pure Eva Mendes>>.

<<Hai capito>> commenta Sandro, impressionato.

<<Ma contemporaneamente?>> è la battuta di Giò, che si prende un altro pugno, stavolta direttamente dalla sottoscritta.

<<Quanto sei scemo>> esclamo, alzandomi a togliere il DVD.

<<Ma no, dai, mi stavo appassionando alla lentissima storia di questo coinvolgente film>> scherza Ale.

Dopo l'imbarazzante episodio a casa di Giò, ci siamo chiariti, tutti e tre. Ha capito che quello che sta nascendo tra me e Marco non è una storiella di poca importanza, e, anche se c'è dell'interessamento nei miei confronti, la rispetterà: gliene sono grata.

<<Mettiamo questo, allora, ok? La giuria è d'accordo?>> domando, spazientita, mentre mostro loro la copertina di Fast and Furious 8, con un sorriso.

<<Dai! E' l'ultimo! Non l'ho mai visto>> esclama eccitato Sandro.

Faccio partire il film e mi riapproprio del mio posto, schiacciandomi ancora di più contro il petto di Marco, che solleva il braccio per permettermi di avvicinarmi. 

Ogni volta che ci stringiamo così sento qualcosa nello stomaco – non è la parmigiana (vegana) che ho mangiato per cena, ma... le famose farfalline? – ed è una sensazione stupenda. Quel profumo speziato, dolce ma brusco allo stesso tempo, mi fa impazzire. Stento a credere di poterlo sentire così intimamente, strofinando il naso sulla maglia di Marco, sul suo collo morbido...

Poveretto, sta soffrendo in silenzio, cercando, invano, di concentrarsi sul film. <<Anna, se vuoi ti lascio la mia maglietta dopo, così potrai torturare lei quanto ti pare. Ma ora smettila di farlo con me, ti prego>> bisbiglia al mio orecchio, con il solo risultato di farmi morire d'eccitazione.

Dato il rigonfiamento dei suoi jeans, che noto solo io, fortunatamente, capisco di non essere l'unica dei due che fatica a controllarsi. Così, a malincuore, ci stacchiamo, per far tornare i nostri respiri – e qualcos'altro – alla normalità.

Quando il film finisce, è già quasi mezzanotte. 

<<Mi spiace che starai sola, in questa grande casa. Non hai paura, vero?>> mi chiede, un po' preoccupato, Dani, sulla soglia.

<<No, no... sono talmente stanca che mi addormenterò in un attimo>> lo tranquillizzo.

Avrei tanto voluto non essere sola, ma Marco non può assentarsi di casa la notte: non essendoci Claudio, che lavora, Nadia non glielo permette. E' molto comprensiva, ma questa volta non ha dato il suo consenso, e lui non ha insistito. Lo capisco, ma la cosa mi rende triste ugualmente. Almeno non si è imposta sull'orario di coprifuoco, che so essere massimo la una, così abbiamo comunque un po' di tempo, prima che l'uomo di casa debba tornare.

Uscito Dani, anche gli altri se ne vanno, lasciandoci soli, finalmente. Faccio appena in tempo a girare la chiave nella serratura, per chiudere la porta, che Marco mi ha già sollevato da terra e mi sta facendo volteggiare, mentre mi bacia teneramente. Come sempre, i nostri baci ci mettono poco da teneri a diventare focosi. Senza poggiarmi a terra, mi adagia invece sul divano e si sdraia accanto a me, continuando a privarmi dell'ossigeno, con la sua bocca insaziabile. 

Ma che me ne faccio dell'ossigeno, se per restare in vita adesso ho solo bisogno di lui? E' lui il mio ossigeno. Sarò sdolcinata, ma chi se ne frega: è la pura verità.

<<Non ce la facevo più, scusa>> mormora, ancora intrappolato nelle mie labbra.

Ma di che si sta scusando, precisamente? Io non aspettavo altro da tutta la sera!

<<No, non ti scuso affatto. Potevi inventare una scusa, anche banale, che so, "devo fare la pipì" e avremmo potuto appartarci un po' in bagno>>.

<<Tu sei tutta matta. Avrei dovuto interrompere il film – perchè sai che lo avrebbero stoppato, è la regola – dicendo "devo pisciare" e poi tu ti saresti alzata dicendo "anche io" e ci saremmo chiusi nel bagno come nulla fosse, a fare la pipì in compagnia?! Che piano geniale>>.

Rido, immaginandomi la scena.

<<Ma era un esempio!>> specifico, ancora ridendo.

<<Sì, va bè... senti, è la una meno un quarto. Devo andare>>.

<<No, di già?>>.

<<Eh sì, purtroppo... il tempo passa in fretta quando ci si diverte...>>.

Decisamente.

Apprezzo la rettitudine, indubbiamente è uno dei valori più importanti – e rari – di una persona, ma questa sera la correttezza di Marco non gioca a mio favore.

Riluttante, lo accompagno alla porta. <<Ci vediamo domani. Il pomeriggio sei in piscina con Milena e Jake, giusto?>>.

Ah già, me n'ero scordata. Nel fare male i conti, avevo accettato il loro invito per l'Idroscalo proprio il giorno prima della partenza di Marco per il mare, e lui aveva insistito perchè non disdicessi.

<<Okay. Io farò le valigie così poi domani sera staremo insieme. Solo noi due>>.

Non vedo l'ora!

Ci scambiamo un bacio della buonanotte, carico di aspettative.

E di passione.



<<Se non la pianti di trascinarmi sotto, ti faccio affogare sul serio>> minaccio Jake, che ha tutta l'intenzione di farmi saltare i nervi, oggi.

<<Hey, siamo nervosette, eh?>> mi provoca, alzando il sopracciglio con i piercing, sorridendo beffardo. <<Colpa forse del bell'imbusto con cui hai appuntamento stasera?>>.

<<Lasciala in pace>> lo avverte Milena, sistemandosi meglio sullo sdraio per asciugarsi al sole. La raggiungiamo e, mentre io le stampo un bacio veloce sulla guancia, lui glielo dà, più lentamente, sulla bocca.

<<Dai, che mi fai ombra!>> reagisce lei, pur sapendo quant'è permaloso. Infatti, lui inforca gli occhiali da sole e si va a sdraiare lontano da noi. <<Torna qui, forza...>> lo chiama allora, sorridendo.

Non se lo fa ripetere due volte: si alza immediatamente e si accomoda sulla sedia accanto a lei, dandole prima un altro bacio mentre le dice, fingendosi offeso <<non te lo meriteresti>>.

Jake e Milena sono semplicemente stupendi, hanno trovato un equilibrio invidiabile: stanno insieme oramai da quattro anni.

Osservandoli non posso fare a meno di riflettere sul futuro, in particolare sul nostro, mio e di Marco: saremo ancora insieme tra quattro anni? Lo spero davvero: su di noi sono pronta a scommettere.

<<Dai, allora, visto che non riesci a pensare ad altro... il programma per stasera?>> mi domanda a bruciapelo Milena.

<<E' così evidente? Non so affatto cosa accadrà, stasera>> ammetto, un tantino in ansia.

<<D'accordo, allora... cosa vorresti che accadesse?>>. Si è sfilata gli occhiali da sole blu e mi guarda, in attesa.

Anche Jake sta aspettando la mia risposta, sebbene voglia mostrarsi indifferente, continuando a spalmarsi la crema solare: ha la pelle talmente chiara che se non ne applicasse un chilo, terminato ogni bagno, si scotterebbe subito. <<In realtà... non lo so. Non voglio programmare... che poi se le cose non vanno esattamente come avevo previsto ci resto di merda>> dichiaro, risoluta.

<<Va bene, Anna>> esclama con un sospiro, comprensiva.

<<Perciò quindi adesso divertiamoci e cerchiamo di tenere la mente lontana da quel che succederà nelle prossime ore...>> afferma, ammiccando, facendo comparire, dalla sua enorme borsa a fantasia supercolorata stile Desigual, iPod, riviste, smalti e trucchi, qualche schifezza e delle carte da gioco, manco fosse Mary Poppins.

<<Sono quasi le sei>> ci informa Jake qualche ora più tardi, appena torna dall'ennesimo tuffo, trovandoci intente a farci le unghie, a vicenda, sopra il tavolino della piscina.

<<Ok>> dico nervosa, soffiando sulla mano destra, per velocizzare l'asciugatura dello smalto rosso fuoco, appena applicato con precisione maniacale da Milena.

<<Wow, che bel colore hai scelto>> commenta Jake, sincero.

A volte mi chiedo se il suo essere così duro all'apparenza sia per giustificare questo suo lato invece molto delicato, quasi femminile, e il suo carattere dolce, anche se un po' burlone. Non gli rivelerei nemmeno sotto tortura questo dubbio, ma so che Milena saprebbe darmi la risposta corretta. Si friziona con l'asciugamano i pochi capelli – li porta rasati da un lato e poco più lunghi dall'altro – mentre osserva la sua ragazza che ripone con cura l'armamentario per la manicure nella borsa e si tira, per l'ennesima volta, sotto le ginocchia la maglietta arancio, già lunga quasi fosse un vestito.

<<Mile, io sarò nervosa, ma tu di certo non sei da meno: hai finito di torturare quella povera maglietta?>>.

Jake annuisce, guardando me, poi scuote la testa, orientando il suo sguardo verso di lei.

<<Me lo dice sempre anche lui>> ammette Milena, un po' imbarazzata. <<Ma io detesto le mie ginocchia>>.

<<Cosa? Mile non puoi proprio lamentarti del tuo fisico>> osservo, sincera, notando come le sta il costume, anche se appena si intravede sotto la maglietta-vestito.

<<Proprio tu parli...>>.

<<Sì, okay, io ho più tette... ma queste qui? Non posso nasconderle sempre sotto>> mi lamento, abbassandomi leggermente l'elastico della mutandina del costume fucsia che indosso. Compaiono delle orrende ma – fortunatamente – sottili e poco marcate smagliature.

<<Regalino del mio periodo post Luca: sono dimagrita di botto e ingrassata ancora più in fretta. Ed ecco che sono comparse queste schifezze>> spiego, irritata. <<Se Marco le vede...>>.

<<Ah, ma quindi hai intenzione di togliertele!>> urla Jake, agitando l'indice davanti alla mia faccia stupita e confusa. <<Le mutande, Anna, le mutande...>> canzona, sghignazzando.

<<Bambini, basta. E' ora di andare>> ci rimprovera Milena, alzando gli occhi al cielo.

Poi m'afferra per il fianco, facendo scivolare a terra l'asciugamano che tenevo stretto stretto addosso. <<Anna, guardati. Sei stupenda. Quando lui ti vedrà così... e anche con meno di così...>>.

Abbasso istintivamente lo sguardo, piena si vergogna al sol pensiero. Lei mi alza il viso, dolcemente, continuando <<di quel paio di smagliature non si accorgerà neppure. Anzi, non gliene fregherà proprio nulla. Smettila di farti seghe mentali, hai capito?>>.

<<Sì smettila così la smette di farsele pure lui! Ma non mentali!>> non molla Jake, che viene inseguito da due ragazze determinate a fargliela pagare. Le unghie appena smaltate non ci impediscono di dargli una buona lezione.

Queste sue battutine sconce del cavolo...

                          ***

Arrivo a casa appena in tempo per rifarmi la doccia – quella veloce, all'interno dei bagni della piscina, è servita solamente a togliermi il cloro, ora devo profumare e risplendere come non mai – e il trucco. Nulla di eccessivo, ma voglio esser carina. Per fortuna ho preparato ogni cosa prima di andare via stamattina.

Il campanile, poco distante, suona otto rintocchi appena appoggio sul comodino l'eyeliner. Sento contemporaneamente anche il campanello di casa: accidenti ai ragazzi puntuali.

Scendo le scale di corsa e non posso che chiedermi se ho azzardato troppo indossando la gonna, praticamente mini, nera, comprata per la sera di Capodanno di due anni prima e mai sfoggiata. Ma con la camicetta bianca appena acquistata da H&M ci sta proprio una favola, perciò...

Direi che lo pensa anche Marco, che resta imbambolato a fissarmi, quando apro la porta. <<Ciao>> lo saluto, tesa.

<<Ciao a te. Qui abita una ragazza bionda, occhi nocciola, carina... la conosci?>> mi prende in giro, sorridendo.

<<Ah, ah. Spiritoso. Vieni>>.

Entra e si chiude la porta alle spalle, consegnandomi due pacchetti, contenenti delle scatole di cartone chiuse ermeticamente.<<Ecco, come promesso, la cena>>.

<<Che profumino...>> commento, con l'acquolina in bocca. Durante la giornata avevo mangiato solo qualche frutto e adesso morivo di fame.

<<Hai apparecchiato qui...>> nota Marco, sedendosi sul cuscino accanto al tavolino ai piedi del divano, accuratamente apparecchiato con il servizio buono – ripescato a fatica nei meandri degli scatoloni ancora dismessi in cantina – con una candela color avorio al centro.

<<Addirittura una cena a lume di candela... con queste pietanze strane... ma mi adeguerò>> afferma scettico ma ben disposto, aprendo il primo contenitore, che scopro avere al suo interno cous cous di verdure.

<<Dai, non ti lamentare. E' buono. E anche l'hummus di ceci. Assaggia>> dico io, prendendo una dose di hummus e porgendogliela, sopra la mia forchetta.

Lui obbedisce ed emette un <<mmh>> di apprezzamento. Io sto andando a fuoco ancora prima che la mia forchetta entri nella sua bocca, e lui emetta quel verso gutturale: l'atmosfera così romantica non aiuta.

Okay, mi devo dare una calmata.

<<Anna, non hai detto che avevi fame?>> mi domanda di colpo, aggrottando le sopracciglia.

<<Sì, infatti>> rispondo in fretta io, senza pensare veramente a ciò che sto dicendo.

<<E allora perchè non mangi?>> mi chiede di nuovo, giustamente.

Posso rispondergli che in realtà vorrei mangiarmi lui?

<<Ehm... ecco...>>.

Non so cosa dire, se non posso rivelargli la verità.

<<E sì che sono andato nel miglior ristorante d'asporto vegano di Milano. Sai quello che mi avevi indicato tu, nel volantino accanto al frigo...>>.

Non riesco nemmeno a lasciarlo terminare di parlare. Azzero in un attimo la distanza tra di noi, e lo bacio con foga. I cuscini hanno, fortunatamente, attutito la caduta e stanno rendendo molto più confortevole questa posizione, che altrimenti non lo sarebbe poi molto.

<<Anna... credo di avere un falafel, o come diavolo si chiama, appiccicato sui pantaloni>> dice Marco seriamente, appena riprendo il controllo e mi stacco da lui.

Come si faccia a restare seri in una situazione del genere, proprio non lo so. Infatti io scoppio immediatamente a ridere, notando la poltiglia marroncina. <<Ops... scusa! Scusami tanto...>>.

Mi copro la bocca con la mano, per evitare di ridere ancora più forte, invano.

<<Sfotti, sfotti. Adesso mi tocca levarmeli>>.

Oh, che dispiacere.

<<Perchè altrimenti non lo avresti fatto?>> lo incalzo io, seducente.

<<Magari non esattamente in questo momento. Nè in questo modo>> risponde lui.

<<Dettagli>> asserisco divertita, sventolando la mano.

<<Sei davvero incredibile, Signorina Marchiselli>>.

Mi fissa. Quel nomignolo mi fa sempre uno strano effetto. E cosa non mi fa quell'effetto, in presenza di Marco? Quel nomignolo e quegli occhi verdi, insieme, sono un cocktail esplosivo micidiale.

Faccio leva su tutto il mio autocontrollo – che non è molto, al momento – e inizio a parlare piano. <<Questi, quindi, abbiamo appurato che non possiamo più tenerli, giusto?>>.

Gli sfilo la cintura dai pantaloni, che cadono a terra, veloci. Marco li scansa con un movimento dei piedi. Sono nudi, poichè indossava le infradito, abbandonate all'ingresso appena arrivato. <<Giusto>> esclama deglutendo, senza smettere di guardarmi, per catturare ogni mio movimento.

<<Benissimo. Adesso, sai, per par condicio, leviamo anche lei>>.

Indico la t-shirt azzurra e inizio a sollevarla lentamente, sfiorando con le dita quei suoi addominali faticosamente conquistati e quei pettorali da paura. Gli tolgo la maglietta iniziando a baciargli il collo, il suo punto debole. Lui chiude gli occhi. Senza il suo sguardo addosso, riesco a essere più disinvolta.<<Marco, anche tu puoi toccarmi>>.

Come se aspettasse proprio queste mie parole per ottenere un permesso – avrei dovuto immaginarlo, data la sua integrità morale e all'educazione ricevuta riguardo la sfera femminile – mi abbraccia, stringendomi forte. Mi accarezza la schiena, prima sopra la camicia, poi me la sfila dalla gonna e insinua le sue calde, dolci, grandi mani sotto di essa, sempre sulla schiena, poi sulle spalle, infine sui fianchi. Sono gesti così banali, ma così intimi, che mi fanno sussultare: se hanno questo effetto su di me delle sue semplici carezze sulla parte posteriore del mio corpo – meno sensibile di altre, senza dubbio – come farò a sopportare altro?

Lo scopro presto: indietreggia quanto basta per potermi slacciare il primo bottone della camicetta bianca. Il mio cuore potrebbe balzarmi fuori dal petto da un momento all'altro. Sto vivendo la scena d'amore dei miei sogni, quella che ho creato nella mia mente milioni di volte, quella che ho cercato nelle centinaia di film romantici che ho visto, negli altrettanti libri e poesie d'amore che ho letto.

Ma non c'è immaginazione che tenga: quello che sto provando adesso supera tutto.

Marco si ferma più del dovuto sul terzo bottone della camicia – ma quanti diavolo ne ha? – e, quando, finalmente, lo slaccia, riesce ad avere una discreta visuale del mio reggiseno di pizzo bianco antico, che, essendo di una taglia più piccolo, valorizza non poco le curve del mio seno. Lo osservo respirare con fatica, mentre mi osserva compiaciuto. Non posso fare a meno di punzecchiarlo. <<Sei soddisfatto di ciò che vedi?>>.

<<Sì, ehm... più che soddisfatto, direi>> sorride, imbarazzato.

Faccio cadere a terra la camicia e lo spingo leggermente, di modo che si sieda sul divano, posto proprio dietro di lui. Tento di sedermi sopra di lui, come quel giorno a casa sua, ma mi blocca.

<<No, Anna... non saprei rispondere delle mie azioni se adesso fai così>>.

Appunto. Sorrido e lo ignoro. Alzo leggermente la gonna e mi metto a cavalcioni su di lui.

<<Oh, cazzo>> esclama poco elegantemente, quando mi sistemo su di lui.

<<Scusa, quello se mai dovrei dirlo io>> rido per coprire l'imbarazzo di ciò che ho appena fatto – e detto.

Ma oramai... non si scherza più: credo sia chiaro a entrambi.

<<Anna, sei sicura?>>.

Penso, per un breve secondo, a come potrei rispondere. Potrei argomentare per ore sul perchè sì o perchè no, ma l'unica cosa che dico è <<>>.

Non c'è bisogno di dire altro.

Con una manualità da far invidia ad un prestigiatore, Marco apre il gancio del reggiseno con una sola mano, ma non lo toglie. Aspetta che sia io a farlo. Oh, questo perbenismo. Lo accontento in fretta e lui si gode lo spettacolo: poi mi stringe forte a sè. E' meraviglioso, il contatto pelle a pelle: potrebbe bastarmi anche solo quello. Ma a chi voglio darla a bere? Sto esplodendo.

<<Aspetta>> esclamo, alzandomi, e invitandolo a fare altrettanto.

Compio il giro del tavolo e scosto la tenda che divide la sala, rivelando il secondo divano tramutato in divano-letto. Avevo pensato di mostrarglielo dopo la cena, ma ho dovuto dimezzare un po' i tempi. Marco è stupito, mentre osserva le lenzuola beige accuratamente piegate sopra il materasso. <<Non voglio che pensi che... beh... era scontato che finisse così. Ho preparato questo per poter stare più comodi durante la visione del film che avevo scelto, che avremmo dovuto vedere "prima" e non "dopo" e...>>.

Mi sto incartando.

<<Dimmi che non sei arrabbiato>> aggiungo, notando la sua espressione indecifrabile, coprendomi istintivamente il seno con le braccia.

<<Arrabbiato, Anna? Sono... esterrefatto>>.

Ecco, lo sapevo.

Per fortuna, continua, dicendo <<lusingato, addirittura. Non avrei mai creduto tu fossi così determinata nello stare con me... insomma... credevo non avessi neppure pensato a questo>>.

Seee, come no. <<Marco, io voglio fare l'amore con te dalla prima volta che ci siamo baciati>>.

Porca Eva, l'ho detto davvero.

<<Anna...>>.

E cadiamo sul letto – divano-letto o quel che è, non ha molta importanza, al momento – baciandoci con passione.

Credo di avere le labbra gonfie a furia di usarle, ma non per questo smetterò di farlo. In poco meno di un minuto Marco mi ha tolto la gonna e io i boxer: facciamo progressi alla velocità della luce. <<Anna, te lo chiedo di nuovo, tra il dire ed il fare... insomma...>>.

<<C'è di mezzo il mare, sì lo so>> rispondo, un po' seccata.

Non sono stata abbastanza chiara? Perchè mi sta domandando di nuovo se voglio continuare?

<<Sì, beh... è che... definiscimi scemo, o ingenuo, non lo so, ma io non credevo saremmo arrivati a questo punto e io... non ci ho pensato, ecco... a...>>.

Non l'ho mai visto così imbarazzato.

<<Non preoccuparti di quello. Ho fatto un'amara scoperta pulendo casa, qualche giorno fa. Per fortuna di solito di spostare i divani se ne occupa la donna di servizio. Questa volta, però, ci sarà utile>>.

Così dicendo, estraggo da sotto il divano una scatolina gialla contenente un profilattico. Glielo porgo, con un sorriso. <<Adesso... possiamo riprendere a fare ciò che stavamo facendo?>> chiedo, sfrontata, augurandomi di aver sopperito ogni dubbio.

<<Certo...>>.

Riscopre la sicurezza e la determinazione che gli appartengono. Con un rapido movimento, mi libera dell'unico e inutile indumento che ancora indossavo, e torna sopra di me. Mi prendo qualche secondo per assaporare ogni sensazione che questo nuovo e incredibile contatto mi sta regalando. Non ho mai provato nulla del genere, è impossibile descrivere tutti i pensieri che mi passano per la testa nel momento esatto in cui troviamo – meraviglia della natura – la combinazione giusta, quell'incastro perfetto che solo un uomo e una donna possono avere.

E lì finisce la magia: un dolore lancinante mi attraversa il corpo.

<<Marco, piano>> esclamo, mordendomi il labbro, cercando invano di mascherare la sofferenza.

<<Anna, non sto facendo nulla. Che succede?>>.

<<Non lo so... io...>>.

Cerco il modo di esprimere il mio disagio con le parole giuste, senza riuscirvi, ma lui capisce lo stesso e si sposta, mettendosi sul fianco, accanto a me.

Non riesco a respirare. Calde e stupide lacrime compaiono sul mio viso.

<<Anna, che hai?>> pronuncia, affranto preoccupato, prendendomi delicatamente il volto tra le mani.

<<Perdonami... non lo so, non lo so che succede>> rispondo, tra i singhiozzi.

<<E' tutta colpa mia, siamo andati troppo veloce...>>.

Ma scherza?

<<Marco, no>> affermo, allarmata, asciugandomi le mani con il polso della mano destra. <<Non è colpa tua. Se mai è mia>>.

<<Ma che dici, Anna?>>.

<<Sì, non so... è normale sentire del male la prima volta, credo, ma così...>>.

Di colpo, nonostante ci siano circa quaranta gradi nella stanza, sento freddo: vengo scossa da un brivido. <<Stai prendendo freddo. Anna, copriti. Rivestiamoci>> dichiara, risoluto.

<<No!>> urlo, disperata. <<Ti prego... se chiudiamo così la serata, poi tu domani partirai e questa cosa mi angoscerà per settimane... diamoci la possibilità di capire...>>.

Ma lui si è rannicchiato contro il muro, e mi dà le spalle. Non posso accettare che finisca così. Gli prendo la mano, costringendolo a voltarsi. <<Anna, l'ultima cosa che vorrei è farti del male. Lo capisci?>>.

<<Sì, lo capisco. E capisco anche che non è colpa tua. Stava andando tutto benissimo e poi... Marco io ti voglio. Ti voglio sul serio. Vieni...>>.

Lo bacio. Lui dapprima non si fa coinvolgere, ma poi mi segue: ed è stupendo. <<Aspetta... anche se quell'affare laggiù ricominciasse a collaborare...>> chiosa, impacciato. <<Non abbiamo più...>>.

Ma da quando è così pudico?

<<Preservativi?>> lo aiuto, con una smorfia.

<<Sì, ecco. Quelli. Perciò niente, ci sarà un'altra occasione>>.

Cosa? Vuole liquidare la cosa così? Nemmeno per sogno! Ma i ragazzi sconsiderati e spudorati dove sono finiti?

Evidentemente non con me. Adesso diventa una questione di principio. E io mi prodigo sempre per far valere i miei diritti.

Medito, per trovare una rapida e risolutiva soluzione, riflettendo sul fatto che la chiave è puntare su quello che ci ha legati da subito: mi è immediatamente chiaro ciò che devo fare.

Mi alzo e, cercando di soffocare l'imbarazzo per la mia nudità – notevole, anche sotto la luce flebile di una candela – vado al pianoforte a coda di mio padre, posto dietro la TV, poco distante da Marco. Decido d'impressionarlo, iniziando con un brano che utilizza il sistema di "doppio scappamento", che permette di eseguire rapidamente la ripetizione di una stessa nota senza che il tasto ritorni alla propria posizione iniziale, e, appena il suono si diffonde melodioso nella stanza, lui capisce e si siede accanto a me.

Come quel giorno a casa sua, cominciamo a suonare a quattro mani, prima senza ritmo e con tempi diversi, poi piano piano la sintonia tra di noi riappare, evidente, palpabile, e realizziamo un susseguirsi di note degno di un compositore di tutto rispetto. Lui è senza dubbio molto più capace di me, ma è grazie ai suggerimenti che ottiene dalle mie note che il tutto acquisisce un senso.

<<Così dev'essere tra noi>> mormoro, appena lui pigia l'ultimo tasto ed io lascio andare il pedale. <<L'armonia perfetta la possiamo creare solo insieme>>.

Marco è quasi commosso: credo che anche per lui questo sia un momento speciale. <<Questo non risolve il piccolo problema di prima>> commenta però, con amarezza.

<<Secondo i miei calcoli, che sbaglio raramente, il mio ciclo questo mese dovrebbe iniziare proprio domani. Quindi... se riusciamo ad avere qualche accorgimento in più...>> azzardo io, ricominciando a baciarlo. <<Il problema non sussiste>>.

Okay okay, lo so: non è scientificamente dimostrato. Avremmo dovuto rinunciare, avere la forza di tirarci indietro. Ma lì, guardandoci profondamente dentro, ci siamo spogliati di tutto: eravamo nudi dentro, oltre che fuori.

Marco si alza e io mi aggrappo a lui come un petalo sul fiore – come cantava Cremonini nella sua fantastica "Momento Silenzioso" – abbandonandomi a ciò che è talmente naturale che avvenga, che è quasi ovvio. Stavolta sono pronta, stavolta non proverò dolore: ne sono certa.

Voglio comunicargli questa mia nuova sicurezza e ci provo con i segnali che, quasi automaticamente, emette il mio corpo a contatto con il suo.

Marco, adesso sdraiato sotto di me, mi osserva in silenzio, sfiorandomi piano ora la pancia, ora il seno. Io inarco un po' la schiena e siamo nuovamente uno dentro l'altro: una cosa sola. Lui è teso, io sono inspiegabilmente tranquilla. Il male c'è, ma sta passando... tanto basta per iniziare a muovermi, lentamente, godendo di quella pienezza, di quella sensazione unica e inaspettata di essere un tutt'uno.

Tra sette miliardi di persone sulla terra, noi due ci siamo scelti per vivere insieme, per la prima volta, questo prodigio.

E rifarei la stessa scelta sette miliardi di volte ancora.

Nota autrice: chi non ha gli occhi a cuoricino a questo punto alzi la mano! ;-) Ditemi cosa ne pensate di questo momento romantico tra i protagonisti... ah, e, non so se avete notato ma... mi diverto un sacco a mettere foto e GIF in mezzo ai capitoli! Mi pare diano risalto alle parole.

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