Chapter 1 \ "Poi l'adrenalina svanisce. E torna la paura"...
L'inizio di tutto - La vecchia ME
Lancio. Prendo, faccio un passo indietro. Tiro e mi ritrovo dall'altra parte del campo.L'avversario mi sta alle costole, sento il suo respiro e l'odore della sfida. Cerco con gli occhi Bea che, come sempre, è pronta per passarmi la palla. Faccio un salto e la afferro e poi tiro con tutta la forza che ho.
Goal. Boato. Vittoria.
Apro gli occhi. Respiro. Un'altra lacrima solca il mio viso. La scaccio via con il dorso della mano, con rabbia. A che serve, tanto? Rivedere l'azione nella mia mente non cambierà le cose. Oggi si terrà il mio ultimo allenamento e non avrò più occasione di fare altre partite. Non farò più parte della "squadra delle pupe" e non giocherò più con loro, con Melissa. Non parlerò più con Melissa. Non andrò più a casa sua nel bel mezzo della notte a rannicchiarmi sul suo divano nella speranza di non sentire più quella straziante sensazione di solitudine... No.
La solitudine mi schiaccerà talmente forte che non so se riuscirò anche solo a chiamarla Melissa nel cuore della notte e dirle quanto mi manca. Perchè mi mancherà. Mi mancherà tutto di questa vita.
<<Anna, farai tardi!>>. La voce di mia madre mi riporta alla realtà. Questa vita non è più la mia vita. Da domani sarò chissà dove, con chissà chi. Tanto vale abituarsi subito.
L'aria gelida di dicembre mi arrossa la pelle. Indosso il cappello che Luca mi ha regalato il natale scorso. Natale... il mio periodo preferito dell'anno. Almeno fino a quest'anno. <<Hey, conciata così quasi non ti riconoscevo>>.
<<Ti ricordo che è un tuo regalo>> comunico al ragazzo biondo, dagli occhi dolci, che mi trovo accanto, indicandomi la testa. Lui fa un gran sorriso e mi bacia teneramente.
<<Come fai ad essere di buon umore? Non è che in realtà non vedi l'ora di disfarti di me?>> affermo, accigliata, mentre con una finta gomitata mi allontano da lui. Senza scomporsi minimamente, indietreggia e apre la porta dietro di sè, che dà accesso alla palestra, facendo un mezzo inchino, esclamando con enfasi <<prima le signore>>. Sbuffando, entro, e mi trovo circondata dalle braccia di Melissa e da un disarmonico coro, che intona, ridendo <<perchè è una brava ragazza, perchè è una brava ragazza...>> sventolando uno striscione con la stampa di una mia imbarazzante foto, mentre tiro un goal. Per un momento mi ritrovo catapultata in una realtà parallela, tutto si ferma attorno a me e io sento solo il mio respiro, che diventa sempre più veloce. E' troppo, non ce la faccio. Scoppio a piangere, ma non in un pianto femminile, delicato... in un vero e proprio lamento disperato. I miei compagni di squadra smettono all'istante di ridere e cantare, e i loro visi assumono espressioni preoccupate. Tra i singhiozzi, riesco a balbettare un <<va tutto bene>> ma sono decisamente poco convincente.
<<Forse sarebbe meglio...>>. L'allenatore, Pietro – mi aveva concesso di chiamarlo per nome solamente all'ultimo torneo, dopo circa mille anni di difficile rapporto professionale – fa un cenno a Luca e Melissa, che mi prendono a braccetto e mi conducono negli spogliatoi, lasciando gli altri in palestra. Davanti al mio armadietto mi calmo. Guardandomi intorno realizzo, però, che non c'è traccia degli altri borsoni e che quindi l'allenamento è stato sospeso: per me.
Che stupida.
<<Voglio tornare di là>> affermo, risoluta.
Le mie balie si scambiano uno sguardo nervoso. Non li aspetto e torno in palestra, dove i miei amici stanno festeggiando, senza la festeggiata. Bea si schiarisce la voce, vedendomi arrivare, e il gruppetto delle pupe si zittisce.
<<Dammi qua>>. Strappo dalle mani un bignè alla frutta ad Alice – verificando fosse presente nell'incarto la V verde – che, per tutta risposta, se lo riprende, facendo colare tutta la crema sui miei jeans. In un'altra circostanza le urlerei dietro, ma adesso mi sento in debito con lei, con tutti, per questa meravigliosa sorpresa, per questo regalo che può nascere solo da un legame come il nostro. Scoppio, perciò, in una risata, stavolta, trascinando con me tutta la squadra e anche Pietro. Poco dopo mi prende in disparte. porgendomi un fazzoletto per pulirmi i jeans, e, intanto, pone il suo braccio destro attorno al mio collo. <<Chi potrà sostituire il mio pivot adesso?>>.
Una frase banale ma che racchiude in sè, in realtà, molti significati. Gli cingo il fianco a mia volta e ci ritroviamo praticamente abbracciati. All'inizio della mia carriera di pallamanista non avrei mai immaginato di poter vivere un momento come questo. Ho aspirato a entrare nelle grazie del mio allenatore appena ho messo piede in campo, anzi, mano, cinque anni or sono. Ed ora eccomi lì, a prendermi complimenti, meritati, e abbracci... desiderati. Per l'ultima volta.
Domani, domani, domani... perchè deve arrivare domani?
<<Ti accompagno>>.
<<Ma fa un freddo cane>>.
<<Non si discute, voglio stare con la mia ragazza tutto il tempo che posso>>.
Questa frase mi fa ripiombare nello sconforto. Luca mi prende la mano e se la porta alle labbra. Adoro questo gesto. Adoro lui.
<<Dai, resta da me>> lo tento.
<<Lo sai che non posso...>> confessa, con un sofferto sospiro.
<<Luca, fai diciotto anni a fine gennaio. Ovvero tra poco meno di un mese. Possibile che i tuoi siano ancora così rigidi riguardo a queste cose?>> domando acida, sapendo di toccare un tasto dolente.
Luca abbassa gli occhi, imbarazzato.
<<E' la mia ultima notte qui... l'ultima notte che possiamo passare insieme... capisci?>>.
L'imbarazzo di Luca si moltiplica al quadrato. Perchè è così pudico?
Sbuffo, e mi riprendo la mano: meglio gelida per il freddo, che per la freddezza del mio fidanzato. Luca si ferma, infastidito da quel gesto.
<<Anna, proprio perchè è la tua ultima notte qui non posso... fermarmi da te. Perchè tu ti aspetteresti qualcosa, e io così non riesco... mi sento sotto esame>> ammette lui, serio.
<<Ma cosa stai dicendo? Io davvero non ti capisco. Tutti vorrebbero una ragazza>> mi blocco, poichè non mi viene la parola giusta.
Lui mi fissa.
<<Intraprendente? Ecco, sì, intraprendente>> esclamo, con estrema soddisfazione per essermi ricordata il termine più consono.
<<Io non sono tutti>>. Ecco una delle sue famosissime frasi ad effetto.
<<Già>> è l'unica cosa che riesco a rispondere io. Oramai siamo quasi a casa mia.
<<Anna, per favore... non lasciamoci così>> m'implora.
Quello sguardo da cagnolino bastonato che assume adesso riesce solamente a innervosirmi di più. <<Ho bisogno di finire la valigia. Devo aiutare i miei con gli ultimi scatoloni, fare una doccia... ti mando un SMS più tardi. Okay?>> esclamo, sbrigativa.
La mia voce suona più dura di quanto vorrei.
<<Ok>>.
Quest'unica sillaba esce dalla sua bocca e si volta, diretto verso la terza palazzina della via. Lo conosco talmente bene , che so per certo che troverò un messaggio di scuse appena varcherò la soglia di casa. Che, poi, scusa di cosa? Non so neanche se, alla fine, lo voglio pure io. Non so chi voglio, non so cosa voglio. So che le certezze nella vita sono la mia salvezza e che da domani non ne avrò più.
Apro il cancelletto, salgo i tre scalini e apro la porta. Ping ping. SMS. Luca. <<Scusami. Domattina sarò da te prima delle nove>>.
Come le mie tasche. Lo conosco come le mie tasche.
L'ho sempre trovato rassicurante, ma ora lo trovo solo inquietante. Da domani non conoscerò nessuno così, da domani si cambia tutto.
E, per mezzo secondo, mi sento quasi sollevata al pensiero.
Poi l'adrenalina svanisce.
E torna la paura.
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