STO PIANGENDO NEL DIRE 'Capitolo 33' MA NON NE AVRETE MAI LE PROVE
*beve champagne dal suo calice di diamanti*
Io: Anche queste sono soddisfazioni.
JASON
Ovviamente la sentii arrivare, sentivo i suoi sandali appoggiarsi contro il tetto che stava sotto di lei e sul quale io ero seduto.
Avevo le gambe a penzoloni nel vuoto e mi tenevo aggrappato senza nemmeno tanta convinzione al muretto che cingeva l'apice della torre, mentre osservavo il brulicare della città sotto di me che si estendeva fino all'orizzonte, dove per un pelo riuscivo a vedere le mura darvi una fine.
Come ho detto, la sentii arrivare alle mie spalle ma non feci nulla per farglielo capire. Dopotutto il castello non era più protetto dalla barriera e se Kurtham avesse voluto avrebbe potuto farci cadere una bomba sulla testa in qualsiasi momento, per cui entrambi avremmo fatto meglio a fingere di non essere lì.
Assottigliai gli occhi nel tentativo di non perdermi a causa della quantità di persone che si agitavano per le strade, persone che parevano formiche all'altezza a cui ero.
Il vento era irregolare e quando cambiò direzione mi soffiò contro il profumo di lei, che non era proprio un profumo, quanto più un aroma.
"Te l'hanno mai detto che non è educato spiare le persone?" domandai senza cambiare un minimo della mia espressione facciale.
Sapeva di cose buone, di cose semplici.
Riuscii a capirlo meglio quando decise di sedersi di fianco a me, con le gambe a penzoloni nel vuoto appoggiata sulle braccia ancorate a terra.
Non era come quando lavorava all'accampamento che sapeva di polvere e del metallo che puliva e dei prodotti che usava per pulire, in quel momento aveva un profumo di casa e di latte, come se si fosse occupata di un bambino.
"E a te non hanno detto che è pericoloso stare qui?" mi chiese di rimando, guardandomi.
"Mi piace il pericolo." risposi automaticamente.
"Non è vero, infatti è per questo che sei qui."
Sbuffai piano e lei smise di concentrarsi su di me, quanto più sulle persone che stavano a diversi metri sotto di noi.
Mi concessi di studiarla di sbieco, cercando veramente di sperare che il bambino o i bambini di cui si è occupata non siano i suoi. Ovvio che non erano i suoi, Stella mi avrebbe avvertito altrimenti...Vero?
Comunque.
Capitava spesso che mi rendessi conto con che tipo di 'bellezze' avessi quotidianamente a che fare, infatti praticamente tutte le supereroine e non che erano lì a Tamaran con noi meritavano dall'otto al dieci come voto per l'aspetto esteriore. (Escludendo dalla comparazione ovviamente Elena e Soraya per una questione di età del consenso).
Ma J'igr invece era diversa da loro, era semplicemente carina, di una bellezza comunissima, che però ti permetteva di concentrarti sui dettagli di lei che la rendevano speciale: come le sue lentiggini, che le ricoprivano la parte superiore del volto andando a sfumare verso il mento.
O le pagliuzze dorate nei suoi occhi color pistacchio, o le fossette che aveva nelle guance quando sorrideva.
O meglio la fossetta. Lei odiava avere solo una fossetta mentre io adoravo questa cosa.
"E perché tu sei qui?" dissi quindi, per rendere legittimo il mio sbirciarla furtivamente.
L'angolo destro della sua bocca, quello che avrebbe originato la fossetta, si piegò verso l'alto dandomi la conferma che mi aveva notato.
Come aveva detto lei stessa, chi lavora a palazzo è abituato a notare certi piccoli particolari che al resto del mondo sfuggono.
"Perché c'eri tu." rispose. "E mi sei sembrato solo."
Quello fu il mio turno di sorridere, anche se sul mio viso non ci sarebbero state fossette.
"Carina come bugia." commentai.
"Okay, va bene. È che stavo... Stavo semplicemente cercando ciò che rimaneva nell'armadietto di Hern'ij, il fratello di Koula. Sai, in infermeria lui teneva le foto di lei e di N, e pensavo sarebbe stato carino se il piccolo le avesse avute..." ammise, grattandosi con una mano dietro alla nuca leggermente imbarazzata. "Poi ti ho visto passare e ho pensato che non mi andava di stare da sola."
Ridacchiai piano per qualche istante, cercando le parole per risponderle.
Ormai ci parlavamo a metà in inglese e metà in tamariano quasi senza problemi, anche se cercavamo di evitare le parole difficili in entrambe le lingue.
"Quindi volevo guarirmi dalla mia solitudine solo per distrarti dalla tua." osservai, inarcando un sopracciglio.
Lei aggrottò le sue, di un violaceo tendente al porpora, come i suoi capelli.
"Solitudine?" ripeté, confusa.
Mi inumidii le labbra pensando rapidamente a come spiegarmi bene.
"Solitudine è..." dissi, incespicando nelle mie stesse parole. "Solitudine è quando sei solo ma non vuoi esserlo. Quando sei costretto a essere solo e soprattutto a sentirti solo. Anche quando parli con qualcuno, anche quando sei in mezzo a una folla. È come se gli altri fossero troppo lontani per sentirti e tu fossi chiuso in una prigione trasparente. E non puoi scegliere di non essere solo. È qualcosa che ti senti dentro."
Avevo cominciato a mordermi il labbro inferiore mentre parlavo ed avevo solamente paura di aver fatto un casino e di essermi reso ridicolo, ma il suo sguardo si illuminò quando finii la frase ed annuì velocemente.
"Capito." disse. "Qui la chiamiamo kappautra."
Poi piano piano realizzò quindi il significato della mia frase ed arrossì appena percettibilmente, sbattendo più volte le palpebre come faceva quando era indignata.
"No, no, non sto curando te per distrarmi." si difese scuotendo la testa e di conseguenza gli ondulati capelli porpora. "È vero che a volte soffro di... solitudine... ma con te non mi sento sola. Speravo che anche tu non ti sentissi solo se ci sono io."
"Non mi sento solo se ci sei tu." la rassicurai, sorridendo al modo in cui lei ha pronunciato solitudine, con una t troppo morbida. "Forse siamo chiusi nella stessa prigione trasparente."
Lei sorrise alle mie parole e per qualche secondo rimanemmo un po' così a guardarci, prima che lei buttasse la testa all'indietro per guardare il cielo ed i raggi del sole morente che coloravano di rosa le nuvole.
Sembrava una bambina quando faceva così e mi spingeva a chiedermi se fosse mai stata effettivamente una bambina o se avesse lavorato per aiutare la famiglia da sempre. Mi aveva raccontato qualcosa sulla sua famiglia, su come fosse di mentalità molto più aperta rispetto alle altre nella sua stessa condizione economica e le avesse promesso di non farle pressioni riguardo al matrimonio, cosa che invece era la regola per qualunque altra ragazza di ceto sociale basso, ma non mi sembrava che le avessero lasciato il tempo per giocare e guardare le nuvole quando era piccola. Vedevo le sue sorelle e fratelli più piccoli lavorare anche loro in città o all'accampamento, perciò faticavo ad immaginarla a correre con gli amici tra le case da piccola.
"Senti." la chiamai, prima di cambiare idea. "Noi due... possiamo parlare di tutto?"
Lei alzò appena lo sguardo, come se non riuscisse veramente a smettere di contemplare il cielo.
"Immagino di sì." mi rispose, lentamente come se stesse tastando il terreno. "Perché?"
"Perché ho solo tre amici e mezzo qui e gli altri due e mezzo non sarebbero obiettivi." confessai, accarezzandomi il ponte del naso. "E forse perché non sai chi è mio padre."
J'igr rimase in silenzio coricandosi per terra e girando completamente la testa verso di me, facendomi segno di proseguire.
Sospirai profondamente, massaggiandomi gli occhi con l'indice e il pollice.
Ovviamente con lei potevo permettermi di non portare la maschera, perché non mi avrebbe riconosciuto, ma se dopo quello che stavo per dirle avessi dovuto rimetterla?
"Prometti di non giudicarmi?" aggiunsi, suscitandole un guizzo delle labbra che non sapevo come interpretare.
Lei annuì ed io mi coricai al suo fianco, rivolgendo lo sguardo allo stesso cielo che guardava lei.
Ed era molto bello effettivamente.
"Mio padre è l'uomo che ha dato inizio a questa guerra. Cioè, non è stato proprio lui, ma lui in precedenza ha lavorato per uno che ha lavorato per colui che ha architettato tutto, poi quando l'intermediario è morto il vero colpevole di questo si è impossessato di mio padre." Mi bloccai aggrottando le sopracciglia all'udire di quanto sembri complicato e inverosimile, sconvolgendomi al realizzare che è tutto vero. "Comunque. È un demone quello che si è appropriato del corpo di mio padre e sta creando conflitti per distrarre i Titans dalla loro missione, ovvero quella di impedirgli di risorgere. Ma tutto questo è un segreto e tu non devi dirlo a nessuno."
Non la stavo guardando ma sapevo che probabilmente aveva gli occhi spalancati e stava cercando con tutto il suo cuore gentile di non dare di matto, il che me la faceva sentire vicina in un modo speciale e, ugh, questo non aiutava per nulla la mia cotta, no no, per niente.
"Insomma, Robin mi aveva detto che non c'era più nulla da salvare in lui, ma io non ci credevo. Non è che avessi questo gran rapporto con papà, ma era sempre mio padre." proseguii quindi, lasciando ricadere anche le mani sul tetto sotto di noi, con i palmi rivolti verso l'alto. "Quindi quando poi ha mandato la sua ultima parte di coscienza da lui prima di dissolversi e lasciare solo il suo gemello malvagio, beh, ha fatto un po' schifo perché io credevo in lui e Robin no, ma non è questo il punto. Il punto è che ha detto un sacco di cose belle su di noi e su di me, poi se ne è andato per sempre capisci? Mio padre è morto perché ha scelto di parlarci un'ultima volta da cosciente al posto di rimanere nel suo corpo ancora un po'."
Mi voltai finalmente verso di lei e vidi che era molto impegnata a dare un senso alle mie parole, a mettere in ordine i pezzi del mio racconto che mi sono accorto avevo detto troppo velocemente forse.
Osservai tra me e me che nemmeno il suo corpo era come quello delle altre ragazze con cui avevo quotidianamente: non che fosse grassa, nemmeno lontanamente, ma non era magra e slanciata come le altre, anzi, era più robusta e piena come conseguenza della vita lavorativa che aveva.
"Come si chiamava tuo padre?" mi chiese, dopo un po'.
"Bruce." risposi, con gli occhi chiusi per potermi godere i raggi di sole del tramonto che filtravano attraverso le mie palpebre.
Lei rise piano, nonostante la sua risata fosse solitamente incredibilmente rumorosa.
"È un nome stranissimo." commentò, quasi sussurrando.
"Oh certo, perché Koula che ha chiamato suo figlio N ti ha insegnato tutto su come riconoscere i nomi strani." replicai, fingendomi risentito.
Udii il rumore di lei che voltava il capo verso di me ed aprii gli occhi incontrando i suoi.
"A volte è più facile morire che affrontare la morte." mormorò, sollevando di poco l'angolo destro della bocca, ed eccola lì!, la fossetta. "Tuo padre l'ha affrontata, è stato molto coraggioso. Hai preso da lui."
"Sono stato chiamato per andare a combattere insieme a tutti gli altri ma mi sono rifugiato quassù." le feci notare, non particolarmente orgoglioso di questo.
"Hai coraggiosamente declinato l'offerta perché sapevi che io avrei avuto bisogno di te." mi corresse, sembrando incredibilmente convinta delle sue parole.
Risi e tornai a guardare il cielo distrattamente.
"Ah beh, in questo caso." dissi, senza smettere di sorridere.
"È stato un gesto eroico il tuo." ridacchiò anche lei, per non lasciarmi solo.
Percepii poi che distrattamente appoggiava il dorso della mano sulla mia e rimasi in silenzio qualche secondo per capire cosa fare, lanciandole un'occhiata veloce anche se lei già non mi guardava più.
Aveva le guance arrossate ma non sembrava veramente imbarazzata, altra caratteristica di lei che la rendeva così diversa da chiunque altro. La rendeva reale, la rendeva come una certezza.
E di solito non ero uno molto per il contatto fisico, ma le strinsi comunque la mano perché era quello che mi sentivo di voler fare.
E non feci nulla di più e lei non fece nulla di più, non facemmo altro che tenerci per mano ancora un po' guardando il cielo che imbruniva, perché alla fine eravamo entrambi nella stessa prigione trasparente e andava bene così.
NON MI RICORDO NEMMENO QUAL'È IL MIO VERO NOME DA TANTI CHE NE HO
"Vuoi parlarne quindi?" mi domandò Soraya, senza spostarsi in modo da non darmi una testata.
Sospirai sui suoi capelli, i quali mi stavano facendo il solletico sotto il mento da un po' ma che erano il male minore di quella situazione.
"Lo sai che puoi dirci tutto, vero?" aggiunse gentilmente Tara, la sua guancia destra schiacciata contro la mia sinistra.
"Sto bene." risposi, storcendo il naso per reprimere il desiderio improvviso di alzarmi e scappare.
"Certo, lo scriveremo sulla tua tomba: 'stava bene'." commentò Niall, il quale invece era schiacciato contro la guancia opposta alla bionda.
Lanciai un'occhiata supplichevole all'uomo dai capelli brizzolati perché mi togliesse di dosso quelle sanguisughe giganti, dato che percepivo le mie emozioni affievolirsi notevolmente ogni istante che passava, ma lui sembrava più propenso a giudicarci negativamente con un sopracciglio alzato.
Ovviamente quello dell'occhio libero, poiché l'altro era schiacciato dalla benda da pirata, la quale obbiettivamente parlando era una scelta stilistica decisamente migliore di quella sottospecie di zucca di Halloween che aveva prima.
Rose camminava avanti e indietro nervosamente mentre discuteva alla radio con Thornton piuttosto animatamente e con la fronte severamente aggrottata, anche lei decisamente poco propensa a salvare me dal soffocamento ed i miei amici dagli insulti che qualche secondo dopo gli avrei rivolto.
Dopo aver recuperato le mie emozioni il mio umore era decisamente altalenante, senza contare poi che vi erano intervalli sempre più brevi e meno frequenti in cui si spegnevano di nuovo, lasciandomi senza i freni inibitori che mi avrebbero normalmente impedito di ucciderli tutti.
Perché avevo ucciso sedici persone.
Diciassette, se si contava l'uomo che mi aveva sparato al braccio giorni prima.
Ed i loro volti- i loro volti.
"I loro volti." borbottai nervosamente, qualche istante prima che le mie emozioni si spegnessero.
Cercai di dimenarmi per sfuggire dai loro abbracci e Slade continuò ad osservareci perplesso ed incuriosito, forse per non voltarsi verso la figlia ed essere preoccupato per lei.
Dall'espressione della lupa mannara le notizie che stava ricevendo non erano affatto buone, soprattutto sommate alle perdite personali che aveva subìto, ma, ugh, aveva smesso di importarmi.
Con un verso di fastidio sprigionai un'ondata di magia sufficiente a scollarmeli di dosso, percependoli che volavano più lontano del necessario e che sbattevano a terra con più forza di quanto avessi pianificato.
Ma, di nuovo, non me ne importava.
"Vogliamo darci una mossa? Nessuno ha bisogno che noi stiamo qui a perdere tempo." sbottai, cercando di convincerli a concentrarsi su qualcosa che non fossi io.
Ucciderli tutti sarebbe stato uno spreco ed una notevole seccatura, eppure avevo la spada infilata nel fodero attaccato alla mia cintura e sembrava così facile segnare loro la gola con essa come avevo fatto alle guardie di Bruce.
Cercai di pensare razionalmente e ricordarmi che quando avrei recuperato le mie emozioni mi sarei pentita amaramente di tali azioni, quindi inspirai profondamente e mi voltai verso la ragazza dai capelli neri in attesa di qualcosa di diverso che catturasse la mia attenzione.
Come a rispondere alla mia richiesta, Rose terminò la chiamata e si avvicinò a noi stringendosi nelle spalle quasi impercettibilmente, come a non voler fare capire che tentava di trovare il modo di proteggersi dal dolore.
Ma io vedevo tutto ed era incredibilmente ingenuo da parte sua fingere di non sapere che l'avrei comunque scoperta.
"Thornton dice che ha bisogno di me e il mio branco al secondo campo di battaglia, tra Kurtham e Tamaran, sulla colonia di Nyud. Prenderemo la stessa nave che porterà Stella, Robin e Red X dalla Regina, la quale farà una rotta diversa in un secondo momento." spiegò rapidamente, senza incrociare lo sguardo con quello di Niall. "Ognuno di voi è libero di scegliere se seguire me, loro o rimanere per poter aiutare coloro che partiranno per la dimensione successiva nella loro missione."
Non lo stava guardando, ma mi pareva di poter leggere i suoi pensieri.
Ti prego proteggi mio padre, dicevano, Ti prego, seguilo e tienilo al sicuro. Indipendentemente da me.
Sbuffai sonoramente quando Soraya mi mise una mano sulla spalla e con un'occhiata obliqua feci in modo che una delle sue unghie perfette si spezzasse, facendogliela togliere quasi istantaneamente.
"Non serve il mio aiuto ad Amalia, né tantomeno ho intenzione di andare in una dimensione dove sono così vicino a Trigon." disse quasi subito Slade, incrociando le braccia al petto.
"E verrò anch'io con voi, perché probabilmente la Regina mi ucciderà se non mi faccio vedere a combattere in prima linea da qualche parte." si inserì quindi Niall, che dubitavo avesse percepito i pensieri della ragazza ma che fortunatamente aveva agito secondo i suoi desideri. "Il nemico è pronto per sapere che sono vivo."
Erano stati secondi.
Secondi preziosi.
Eravamo usciti dal varco interdimensionale abbattuti, più della metà di noi ferito gravemente ed i due rimanenti senza più parole acide o sarcastiche da proferire, il che era una novità.
Io ero in lacrime, che invece non era una novità, ma non mi sentivo come se lo fossi. Perché non era il genere di pianto che ti svuota del tuo dolore, era più il genere di pianto che abusivamente si fa strada dai tuoi dotti lacrimali al mondo esterno facendo più male che bene.
Piangevo diversamente, quando soffrivo. Quando soffrivo le lacrime parevano essere l'unica cosa non dolorosa della mia vita e stringevo palpebre e denti, ripetendomi che tutto sarebbe passato e che non c'era bisogno che qualcuno mi vedesse.
Nessuno avrebbe dovuto vedermi scoperta, no, affatto.
Tara mi rivolse un'occhiata e ringraziai gli dei che almeno lei fosse in grado di non guardarmi come se mi volesse abbracciare.
"Tu invece dove andrai?" mi domandò.
Erano stati secondi.
Secondi preziosi in cui tutti e cinque abbiamo alzato lo sguardo al chiudersi del portale alle nostre spalle ed abbiamo intravisto altre cinque figure ad attenderci in piedi, probabilmente anche loro appena di ritorno.
E da quel momento Iella vide solo Beast Boy, Rose vide solo Robin e Niall vide solo Raven.
Ed io non feci nemmeno in tempo a scorgere il volto preoccupato di Cyborg che cercava preoccupato il mio che già lui correva verso di me, seguito a ruota dagli altri.
Beast Boy prese al volo sua sorella che gli saltò in braccio inaspettatamente, Robin strinse Rose lasciandole modo di aggrapparsi alle sue spalle come se se il mondo potesse cadere addosso senza scalfirla e Raven strinse Niall al torace lasciandolo respirare per la prima volta da quando aveva cominciato a trattenere il respiro.
Le braccia metalliche di Victor mi avvolsero prima che potessi dire qualcosa e la sua mano sui miei capelli fu di quanto più rassicurante avessi mai percepito.
"No, io, Iella e Cyborg abbiamo altro da fare." risposi bruscamente, sfoderando la spada in quanto volessi specchiarmici e vedere cosa fosse cambiato in me.
"Altro?" domandò Soraya.
"Altro." ripetei, rinfoderando rapidamente l'arma e camminando verso l'uscita della caserma.
Erano stati secondi.
Secondi preziosi in cui quello che rimaneva del mio essere una Banshee o semplicemente quello che rimaneva della parte di me che era ancora aggrappata alla mia realtà originale mi fecero vedere quello che sarebbe accaduto.
In un battito di palpebre vidi me e due ragazzi, probabilmente Peter e Lettore, seduti in un tribunale buio ed illuminati da potenti fari, mentre Victor ed Harriet sfioravano entrambi la porta che mi ero sempre immaginata conducesse al termine della storia.
"Non varcherai quella porta." mi ringhiò una voce familiare, quando posai la mano sulla maniglia di questa.
Mi voltai con un ghigno sulla faccia per mascherare la mia sorpresa.
Soraya stringeva i pugni lungo i fianchi ed aveva un'espressione combattiva, nonostante le tremasse il labbro inferiore.
"Ah sì?" domandai, schernendola. "E come farai a impedirmelo?"
Con un gesto fulmineo della sua mano un resistente strato di magia argentea ricoprì la porta dietro di me bloccandola, mentre con l'altra mano diede origine a una morsa dello stesso colore che mi colpì in pieno e mi attaccò alla parete, alzandomi da terra.
Tara fece per dire qualcosa quando Rose la fermò con un'occhiataccia e Niall guardò prima la sua sorellina e poi me, senza sapere dalla parte di chi schierarsi.
"Come avresti fatto tu stessa." mi rispose, non con durezza ma con decisione. "Ti farò la psicanalisi."
A quel punto risi amaramente, percependo il vuoto nel mio petto che smetteva di allargarsi e si bloccava nelle sue dimensioni per qualche istante.
"Tu vuoi fare la psicanalisi a me?" chiesi, assottigliando gli occhi. "Per poterla fare dovresti conoscermi. Ed avresti dovuto notare ogni singolo aspetto di me, cosa impossibile perché le persone non vedono! Non vedono niente, a loro non importa."
Non sapevo se fosse la sua rabbia quella che sentivo o se fosse solo la mia, che lentamente costringeva il vuoto a restringersi, ancora prima della volta precedente.
Piegando la testa mi concentrai sulla porta alle mie spalle e, andiamo Aya, sarai stata la maga più potente della tua generazione ma io sono l'autrice.
Il rivestimento che la ricopriva si tinse d'oro e le porte si spalancarono alle mie spalle, provocandomi una fitta di mal di testa per lo sforzo che vidi specchiarsi nella ragazza dai capelli blu.
Ero pronta a cancellare la magia che mi teneva in ostaggio quando lei parlò.
"Tu non stai bene." disse, avanzando di un passo e stringendo il pugno in aria in modo che la presa su di me si facesse più salda. "Tu non stai bene per niente e lo sai perché? Perché sei tu. Perché essendo come sei non puoi semplicemente accettare di aver ucciso delle persone, non puoi farlo. Hai pianto, è vero, ma non come quando soffri. Hai pianto come quando credi di non avere sofferto abbastanza e vuoi infliggerti altro dolore."
Sgranai gli occhi e ci misi qualche attimo a riprendermi, perché decisamente non mi aspettavo che l'avesse notato. Non credevo esistesse veramente qualcuno oltre a me a cui interessava farlo.
Strinsi i denti e mi concentrai sul ricoprire con la mia magia il tentacolo di energia che mi teneva in ostaggio, affaticano notevolmente la ragazzina che cercava di farmi la predica; anche perché io ero la regina assoluta delle prediche e nessuno poteva osare competere con me.
"Ma forse non ti infastidisce il pentirti di averli uccisi, no, ti infastidisce sapere che senza le tue emozioni tutti i tuoi valori e i tuoi princìpi sono andati in malora. Ti senti delusa da te stessa perché ti aspettavi di più." continuò imperterrita. "Credevi che il tuo senso della giustizia fosse qualcosa che ti apparteneva e che ti avrebbe guidato sempre."
"Sta' zitta Aya." ringhiai mentre la zona del tentacolo aderente al mio corpo si ricopriva d'oro.
Non l'avevo mai vista con quello sguardo fermo e determinato, lo stesso che probabilmente aveva quando stava lottando contro Voldemort.
Questa somiglianza mi scosse non poco ed il vuoto nel mio petto si restrinse più rapidamente mentre dentro di me montavano sia rabbia che angoscia.
Perché aveva ragione, maledetta lei, ma non sopportavo che qualcuno mi avesse guardato dentro così attentamente senza il mio permesso. Mi sentivo scoperta e lo odiavo, lo odiavo con tutta me stessa.
"E poi probabilmente ti ricordi la metà dei loro volti, forse di meno. Non fai che pensare alle famiglie che hanno lasciato indietro e delle quali non verrai mai a sapere nulla perché non ti ricordi nemmeno la faccia di chi hai ucciso." aggiunse, con un retrogusto di rabbia che se fossi stata in altre condizioni avrei notato ma che ero troppo distratta per attribuire ai suoi sentimenti personali. "E ti dispiace di essere stata terribile con noi perché sai che non ne avevamo bisogno, nessuno di noi è stato risparmiato dalla sofferenza e che non avevamo bisogno che qualcuno ci trattasse con sufficienza e cattiveria come hai fatto tu."
Più la mia magia andava a ricoprire la sua più il vento si alzava all'interno della stanza, un vento umido carico di elettricità statica a causa del mio umore a dir poco burrascoso.
La brezza le scompigliava i capelli conferendole un'aria imperiosa e davvero, se fosse stata meno bella avrebbe fatto quasi paura. Non credevo che sarei arrivata a vederla arrabbiata un giorno, ma non mi importava quando la mia rabbia era nettamente superiore alla sua. Odiavo me stessa, odiavo loro, odiavo chi non dava a me ed ai miei amici un momento di tregua.
E così strinsi la presa sulla morsa magica che mi avvolgeva, sostituendo ogni traccia della sua presenza con la mia e facendolo esplodere in polvere color del Sole.
"Smettila." ringhiai una volta messi i piedi per terra. "Ti ho detto di smetterla!"
Indietreggiai verso la porta mettendo mano all'elsa della spada, ma era solo un gesto il mio: le mie emozioni erano tornate ed un nodo alla gola stava cercando di soffocarmi, facendomi persino pizzicare gli occhi.
Soraya invece avanzò di un passo stringendo i pugni lungo i fianchi, con Tara alle sue spalle che aveva percepito la sua stanchezza nel contrastare la mia magia ma che saggiamente manteneva le distanze.
"E poi c'è Luke. Luke, il ragazzino che ti ammirava nonostante quello che avevi fatto al suo branco, quello che ti avrebbe seguito in capo al mondo e quello che aveva una colossale cotta per te." sbottò, facendo sussultare persino Rose, che era rimasta bloccata come una statua di marmo. "E te l'eri preso a cuore quel ragazzino, eccome se l'avevi fatto, ma nonostante questo lui si è fatto male per colpa tua. E tu ti odi perché, per tutti gli dei, probabilmente non era lui l'obbiettivo di Gunilla ma era solamente troppo vicino a te che l'hai sfidata."
Gli altri non sapevano di cosa parlava, ma a lei avevo confidato solamente di essermi presa gioco della regina di Huma'na, notizia che all'epoca le aveva fatto solo piacere.
Ma tirare fuori quelle cose era troppo, troppo per lei e troppo per me, che sentii le ginocchia improvvisamente cedevoli e gli occhi troppo lucidi.
"Perché lo fai?" domandai, imponendomi di non piangere.
Perché non ero sicura di che pianto sarebbe stato, non sapevo se sarebbe stato ancora più doloroso oppure se fosse stato benevolo.
Ed ero profondamente scossa perché ogni singola cosa che aveva detto era vera e non credevo di aver mai odiato qualcuno più di quanto odiavo me stessa.
La principessa di Kurtham fece di nuovo un passo in avanti, alzando un braccio ed indicandomi.
"Perché mi hai detto che ero la tua migliore amica, Elena. L'hai fatto e poi ti sei permessa di lasciarmi da sola con la copia peggiore di te, che non ha fatto altro che..." Aveva cominciato a parlare urlando, ma più le parole uscivano dalle sue labbra piegate in una smorfia tutt'altro che perfetta più la sua voce si spezzava. "...che farmi del male."
Rimanemmo in silenzio a guardarci, mentre le lacrime si raggruppavano sul bordo delle mie palpebre pronte ad uscire fuori.
Rose e Slade si lanciarono una rapida occhiata e decisero che per quanto fosse importante l'amicizia durante l'adolescenza dovevano assolutamente mettersi in contatto con il branco di lei, rimasto all'accampamento ad allenarsi, così si allontanarono da noi e cominciarono a discutere a bassa voce.
Aprii la bocca per dire qualcosa ma da lì non uscì alcun suono, così strinsi ancora la presa sull'elsa della spada illudendomi che quella potesse infondermi qualche tipo di forza.
Mi inumidii le labbra prima di tentare di nuovo di parlare e ciò che dissi non era affatto programmato.
"Non... Non sono brava con questo." ammisi, ricacciando indietro le lacrime. "Non ho mai fatto del male a nessuno."
"Sono la prima quindi?" fece lei, sarcastica. "Che onore."
Deglutii a fatica e vidi di sfuggita lo sguardo di Niall, che non riconosceva quasi più la sorella.
Quella infine sospirò e si avvicinò a me, poggiandomi una mano sulla guancia e premendo la sua fronte contro la mia.
"Mi dispiace, davvero, scusami." disse, tutto in una volta buttando fuori una tensione che nemmeno lei sapeva di avere. "È che mi sei mancata. Tanto."
Le sorrisi anche se aveva gli occhi chiusi e le accarezzai la mano con la mia.
"Anche me dispiace." dissi, rivolgendomi poi anche agli altri due. "Non ero in me e non mi perdonerò mai per questo. Io vi voglio bene."
Niall sembrò parecchio incerto sul da farsi, così Tara lo afferrò per un braccio e lo costrinse in un un abbraccio di gruppo, all'interno del quale stranamente non mi sentii fuori posto.
Dopo qualche secondo mi separai da loro e con la scusa di dover comunicare a Raven che in due ore saremmo dovuti essere pronti a partire sgusciai fuori dalla porta della caserma, camminando il più velocemente possibile.
Camminai senza una meta precisa, alla svelta, priva di ogni pensiero se non quello che mi impediva di smettere di respirare.
Respira.
Respira.
Stai bene.
E solo quando vidi una parte dell'accampamento quasi totalmente vuota dove erano raggruppate le casse con i viveri mi fermai, lasciandomi cadere seduta con la schiena contro queste.
Strinsi forte le palpebre ed i denti, piegando il mio corpo sulle ginocchia nel tentativo di nascondermi, ed eccole le lacrime, che scendevano copiose sul mio viso.
Stavo finalmente piangendo veramente e sarei stata meglio.
Strinsi i denti finché non fece nemmeno più male farlo e piansi finché il mio corpo non ne ebbe abbastanza. Poi feci come avevo sempre fatto, dopo aver sbattuto un po' le palpebre per riacquistare una vista decente: mi asciugai rapidamente il viso con la maglia e mi alzai in piedi, spolverandomi i vestiti.
Mi incollai sulla faccia il miglior sorriso che potessi tirare fuori e mi incamminai verso i gazebo, dove sapevo che avrei trovato i Titans.
Respira.
Continua a camminare.
Respira.
Stai bene.
CYBORG (sono tipo le due di notte, ma io ve lo avevo promesso che non avrei dormito)
Non credevo di arrivare a un momento simile della mia vita, dove essere un prescelto diventava eccessivo persino per me.
Perché sono uno di quei nerd che è cresciuto guardando Star Wars e Star Trek, e l'idea che la salvezza dell'universo dipendesse da me e solo da me mi aveva sempre esaltato.
Poi sono diventato padre di una ragazzina adolescente con sbalzi d'umore e un atteggiamento di onnipotenza, la quale non mancava mai di farmi ritenere stupide le fantasie che avevo avuto da bambino.
Mi posizionai al fianco di Iella, la quale stava camminando verso la navicella a passo falsamente sicuro sopra il portellone che fungeva da rampa per consentire l'ingresso, senza però ottenere la sua attenzione, in quanto probabilmente occupata a mordersi nervosamente la guancia come immaginavo stesse facendo.
"Ehi, Blue." la chiamai, facendola risvegliare dai suoi pensieri. "Tutto bene?"
Lei si irrigidì quasi istantaneamente lanciandomi un'occhiataccia di sbieco, stringendo le sue mani delicate a pugno.
"Non chiamarmi Blue, Cy." mi ammonì, senza specificare che se avessi deciso di agire diversamente mi avrebbe privato di quello che rimaneva dei miei organi. "E comunque sì, va tutto bene, se ignoriamo tutto quello che sta accadendo attorno a noi e ci concentriamo sui miei capelli oggi. Perché devo proprio dirlo, mi stanno da Dio."
Mi sforzai di ridacchiare, mentre consegnava la sua sacca a una delle guardie all'entrata, compagna di quella che stava discutendo frettolosamente con Tara e Stella, in quanto Generale e Reggente in carica.
Il soldato controllò che non ci fossero armi e poi le fece cenno di entrare, come se non sapesse che noi stessi eravamo un'arma vivente.
Prima di avanzare oltre permettemmo alla ragazza dai capelli biondi di scendere dalla navicella, stringendo nella mano destra il comunicatore che sembrava infondere forza, ovvero quello collegato al bracciale della sua migliore amica.
"Buon viaggio Robot Boy." mi salutò alzando il braccio sinistro mentre mi veniva in contro.
Ammiccai alla sua protesi di metallo e colpii con il palmo aperto la sua mano, sforzandomi di sogghignare.
"Ci vediamo Robot Girl." risposi, affrettandomi poi a fare il mio ingresso nella navicella in modo che potessero chiuderne l'uscita.
Ci allontanammo dal portellone principale e seguimmo uno dei soldati che ci condusse nella nostra zona di prima classe, ovvero la pancia della nave dalla quale avremo potuto lanciarci nel vuoto sotto di noi in caso di pericolo.
Mi sistemai vicino a Stella e cercai di non guardare la mia ragazza che con fare nostalgico guardava fuori dalla finestra salutando con la mano probabilmente suo fratello, il quale era sembrato più afflitto nel vedere scomparire lei che me.
"Lucky, perché dobbiamo essere sempre separati?" aveva domandato, una volta stabilite le divisioni che ci avrebbero consentito di adempiere a tutti i nostri compiti. "Non posso sopportare l'idea di perderti un'altra volta."
"E non mi perderai Gar, non di nuovo." gli aveva promesso, poggiando la sua fronte sulla sua. "Ci troveremo al campo di battaglia, una volta terminato tutto."
Lui aveva sbuffato sonoramente, quasi come se fosse divertito dalle sue parole.
"Perché altrimenti come faresti senza il tuo fagiolo?" la scimmiottò, costringendola a dargli un buffetto sulla guancia che lo fece ridere.
Notai distrattamente che Neve si era seduta con poca grazia accanto alla ragazza dai capelli rosa shocking ed entrambe sembravano propense a stare in silenzio, mentre la navicella decollava e percepivo i miei amici che rimanevano a terra allontanarsi sempre di più.
Davanti a noi, sull'altra panca di metallo, sedevano in quest'ordine Niall e Nate, entrambi addormentati l'uno con la testa appoggiata a quella dell'altro, Kim, Thomas e Red X. O forse avrei dovuto dire Jason Todd, ma non si sa mai che Beast Boy o Robin avessero scelto di leggermi nel pensiero ed avessero ricominciato a litigare tra di loro.
In quanto al nostro leader, lui era accomodato all'altro lato della principessa di Tamaran, intento a parlare piano con la sua migliore amica ed il padre di questa.
Stella piegò dolcemente la testa verso di me, mentre teneva gli occhi chiusi ed il capo premuto contro la parete alle nostre spalle.
"Amico Cyborg." mi chiamò, per nulla intenzionata ad aggiungere qualcosa di più alle sue parole.
Appoggiai anch'io la testa contro il telaio interno del veivolo, osservando rapidamente le due ragazze alla mia destra, le quali sembravano intenzionate ad addormentarsi e recuperare le ore di sonno perdute.
"Dimmi tutto, principessa." risposi, a mia volta cullato dai movimenti del mezzo di trasporto.
Lei sorrise a occhi chiusi ed unì le mani in grembo, sospirando stancamente.
"Non so se ti ricordi, ma in aereo, quando stavamo andando a Londra per Natale, ho avuto un terribile incubo." sussurrò, per non disturbare coloro che avevano scelto di riposare (anche se conoscendola avrebbe svegliato volentieri Niall a colpi di cannone se avesse potuto). "Ecco, volevo ringraziarti perché quella volta mi hai detto che ci saresti stato."
Aggrottai le sopracciglia faticando ad afferrare il fugace ricordo di quel giorno, al quale sinceramente non pensavo da parecchio tempo. Di sicuro comunque era rimasto nella mia mente come 'il giorno in cui ho rischiato la morte presentando la mia ragazza al mio capo' più che per altri motivi.
Non poteva vedere l'espressione che avevo in quel momento, quindi le diedi una gomitata leggera perché percepisse la mia presenza.
"Chiunque ci sarebbe stato per te, Stella. Perché tu sei tu e ti fai amare, non c'è che dire." confessai, accarezzandomi il ponte del naso con due dita. "Ma sappi che comunque la promessa vale ancora."
Lei spalancò gli occhi improvvisamente senza fare alcun altro movimento, gesto che mi fece preoccupare non solo per me, ma anche per il re di Kurtham, nonché punto in cui il suo sguardo si andava a posare. Non è che quei due avessero bisogno di un vero pretesto per cercare di uccidersi a vicenda...
"Cy." scandì piano e lentamente, lanciando un'occhiata di sbieco alla sua sinistra. "Quindi posso dirti una cosa importante. Un segreto."
E veramente, mi trattenni dall'urlare e fuggire quanto più lontano possibile quasi a fatica.
Come dicevo poco fa, essere un prescelto era diventato eccessivo per me: ero stato scelto da Soraya per diventare un generatore magico durante la battaglia contro Voldemort, ero stato scelto dal destino per essere padre di una ragazzina adolescente spuntata dal nulla ed ero stato scelto dalla suddetta ragazzina per compiere una missione secondaria super-segreta che avrebbe potuto cambiare la realtà come la conoscevamo.
Senza contare poi che l'ultima volta che una ragazza mi aveva fatto una confidenza (vedi Raven) un tizio posseduto da un parassita magico aveva tentato di ucciderci tutti.
Mi sporsi in avanti per vedere se in qualche modo il nostro leader potesse aiutarmi in qualche modo, magari interrompendo la conversazione, ma era incredibilmente preso a parlottare con la sua migliore amica, anche se notai con una certa tenerezza che stringeva la mano di Stella.
"Sicuro." dissi quindi, pregando che non avrei rischiato la vita per le mie parole. "Parlami pure."
Lei si portò la mano di Robin alla bocca e vi poggiò delicatamente le labbra, lasciandola poi ed alzandosi senza che nessuno dei due si fosse rivolto la parola.
Vidi che Rose lo derideva con un ghigno per il colore scarlatto che avevano preso le sue orecchie e mi apprestai a imitare le azioni della principessa di Tamaran, la quale si stava dirigendo verso la cabina di comando.
Nel passare e raggiungerla scattai velocemente una foto con il comunicatore a Iella e Neve, le quali dormivano beatamente l'una con la testa appoggiata a quella dell'altra e la bocca semiaperta, a un soffio dal mettersi a russare.
"Devi promettermi che non lo dirai a nessuno amico Cyborg, nemmeno a Beast Boy." mi sussurrò una volta che la porta scorrevole automatizzata si chiuse alle nostre spalle, isolandoci dagli altri nella privacy del corridoio che portava alle altre cabine. "E soprattutto non a Robin."
Finirà così male, io me lo sento, era quello che mi ripetevo, senza avere cuore di dirlo ad alta voce, Ho davvero un bruttissimo presentimento.
"Okay." mormorai, ansioso di sapere cosa la preoccupasse tanto.
Beh, no, per la verità non ero ansioso per nulla, anzi, se avesse deciso di non mettermene al corrente sarei stato disposto ad andare in chiesa tutte le domeniche, attività che avevo abbandonato sin dall'inizio delle medie; tuttavia non potevo lasciarla sola ad affrontare i suoi problemi.
Per un momento mi sembrò quasi di tornare a un anno prima, prima ancora che venissimo rapiti da Slade e che fossimo costretti a combattere tra di noi in un mondo virtuale: dato che tutti avevano deciso di trattarmi come il consulente di fiducia avevo per scherzo appeso un cartello fuori dalla mia stanza con su scritto Victor Stone: sedute psicanalistiche su prenotazione.
Inutile dire che la mia camera fu assediata da quattro adolescenti complessati fino alla fine di quel mese, ovvero fino a quando non diedi fuoco al cartello per la frustrazione.
Stella sospirò profondamente e parve sinceramente turbata da ciò che stava per dirmi.
"Per ottenere l'alleanza con i Citadel non ho potuto cavarmela con la promessa di qualche Luna e dei lavoratori, poiché il suo impero già prolifero e il suo mercato schiavi famoso in tutta la galassia rendevano il loro sovrano immune a tali attrattive." ammise, mentre le gote le si arrossavano vistosamente. "Ho dovuto promettermi in sposa a Fray per dare valore al nostro patto."
Aveva cominciato a strofinare la punta del piede a terra ed aveva puntato lo sguardo su esso, ma ciò non mi aiutava affatto a metabolizzare la faccenda. Boccheggiai più volte prima di riuscire a formulare una frase di senso compiuto.
"Sei pazza?" domandai.
Okay, vabbè, chiamarla frase sembra troppo gentile, ma quelle due parole descrivevano alla perfezione i miei pensieri.
"Sei stata incredibilmente coraggiosa e come al solito non hai pensato a te stessa prima degli altri, ciò infatti mi fa capire che non solo sei una persona meravigliosa ma anche un'ottima principessa." aggiunsi in fretta, a occhi sgranati. "Però rimane una scelta folle."
Lei si coprì la faccia con le mani e scosse la testa velocemente, come a volersi svegliare da un brutto sogno.
"Lo so, Cy, lo so, e non passa giorno senza che io me ne penta. Ma non c'era altro modo, capisci? Gli altri regnanti sono troppo terrorizzati dal ricordo di suo padre per decidere di intraprendere un'alleanza così stretta con lui e a lui serviva una moglie che generasse degli eredi." spiegò mordendosi il labbro inferiore dopo aver abbassato le mani.
Notai che c'erano dei sedili accanto all'uscita di emergenza e le feci cenno di accomodarsi, poiché se quell'argomento non era facile da affrontare per me allora per lei doveva essere ancora peggio.
Le posai delicatamente una mano sulla gamba destra, la quale divenne completamente il centro della sua attenzione visiva.
"È tosta come situazione." commentai, piano. "Come farai con Robin?"
Stella rimase in silenzio per diversi secondi e quando alzò gli occhi verso di me notai con dispiacere quanto più profondo possibile che erano pieni di lacrime.
Le sue gote si fecero ancora più rosse preannunciandomi che qualsiasi cosa stesse per dire la faceva vergognare di se stessa.
"Io lo amo, Cy." disse, e non avrei mai osato mettere in dubbio parole tanto sincere. "Ma ho stretto un patto dal quale dipende la serenità e la prosperità di miliardi di persone, per cui non mi posso permettere di essere egoista. E se solo la parte peggiore non fosse..."
Deglutì forzatamente riabbassando lo sguardo sulla mia mano, esitando per poco prima di riprendere a parlare.
"E se solo la parte peggiore fosse lasciarlo potrei anche non avere alcun timore di fallire. La verità è che Fray è sterile." confessò con un fil di voce, come se ciò che mi stava raccontando le togliesse il fiato. "Ma lui ha bisogno di un erede, altrimenti i suoi nemici lo spodesteranno facendo leva sulla storia orrenda della sua famiglia. Perciò mi ha dato cinque anni a partire da quel giorno per tornare con..."
Non mi ero nemmeno accorto di aver spalancato la bocca e continuai a farlo finché non dovetti muoverla per risponderle, cosa che mi venne in modo incredibilmente difficile.
"Con un bambino." conclusi al posto suo, mentre una lacrima le scivolava lungo il viso per poi essere asciugata frettolosamente. "Ti sta obbligando ad avere un figlio con Robin che poi dovrai portare via."
"Per questo non posso dirglielo, amico Cyborg!" esclamò, la voce spezzata dal dolore e dalla vergogna. "Lui lotterebbe per la mia libertà e per quella della famiglia che potremmo creare, perché è incredibilmente da lui cercare di dare un lieto fine alle persone che ama. Però non penserebbe che il mio lieto fine comporterà problemi a molti altri, perché lui è così quando si tratta di me." Stringeva i pugni sulle ginocchia, il capo chino e le palpebre strette per impedire alle lacrime di fuggire. "E per questo non posso dirlo a Raven, perché cercherebbe di farmi evitare di rispettarlo, esattamente come Beast Boy. Loro non capiscono che a volte c'è qualcosa di più importante di una persona sola."
Sapere cosa dirle sarebbe stato perfetto, perché ogni dettaglio in più che scoprivo riguardo a quella storia più mi sconvolgeva quanto lei fosse cambiata e maturata da quando ci eravamo conosciuti un'eternità prima.
Ero disgustato dalla situazione ma non potevo fare altro che ammirarla per la sua forza.
"Allora perché l'hai detto a me?" domandai, cercando di prendere tempo e capire come aiutarla.
"Perché tu sei intelligente in modo incredibilmente razionale, Cy. Tieni conto delle emozioni di chi ti sta intorno, ma sai che ci sono infinite cose più importanti di queste." rispose, abbozzando un sorriso. "In qualche modo sarai sempre una certezza per noi, tu ti chiedi semplicemente se quello che stai facendo è giusto." Sospirò con un leggero fremito, a segnalare che non aveva più intenzione di piangere oltre. "Per questo motivo ti sei trovato subito in sintonia con Elena, siete simili da questo punto di vista."
"Ho scelto voi perché voi sapete chi siete, conoscete la vostra essenza anche al di fuori della vostra relazione, al contrario di molti altri." ci aveva detto la ragazzina appunto, dopo che le avevamo chiesto per quale motivo fossimo noi gli incaricati a giocare con il futuro. "Questo vi rende lucidi ed affidabili quindi, dato che io sono tutto tranne che lucida ed affidabile in questo momento, dovrete farlo da soli."
Sollevai la mano dalla sua gamba ed allungai le braccia verso di lei, posandole una mano sui capelli rossi e una sulla spalla più lontana per attirarla verso di me e stringerla.
Lei non sembrò intenzionata a piangere di nuovo o a comunicare ad alta voce altri motivi per cui avrebbe dovuto soffrire, si abbandonò contro il mio corpo metallico e respirò profondamente un paio di volte con una calma incredibile, permettendomi di abbracciarla come non facevo da tempo.
Con le dita le asciugai le guance ancora umide ed appoggiai il mento sul suo capo, prendendomi il tempo che serviva per capire di cosa aveva bisogno.
"Se tu vorrai fuggire da questo schifo, per quanto non sia giusto e per quanto io detesti l'idea di vedere l'intero popolo di Tamaran soffrire ulteriormente, ti aiuterò a farlo perché detesterò sempre di più l'idea di vederti infelice." mormorai, percependo quello che rimaneva del profumo di fragola che le era rimasto addosso da quando ancora eravamo sulla Terra. "Se invece deciderai di andare avanti sappi che non lo dirò a nessuno ed avrai tutto il mio rispetto incondizionato, principessa. Io sarò al tuo fianco in qualsiasi caso."
Lei si lasciò andare in una risatina nervosa.
"Quanto avrei voluto che anche Amalia sembrasse propensa a fornirmi una via d'uscita." ridacchiò con amarezza. "Grazie di esistere, amico Cyborg. L'unica cosa che ti chiedo è di sostenermi quando un giorno dirò la più gigantesca bugia che abbia rivolto a Robin per potermene andare." Alzò lo sguardo verso la parete davanti a noi, ma non più su. "Dovrò anche far credere di non essere più felice oppure lui si insospettirà."
La strinsi ancora un po' di più a me e mi appoggiai con la schiena contro il muro, socchiudendo gli occhi nella stanchezza che mi avevano lasciato le mie ferite e le poche ore di sonno.
Dopo essersi stiracchiata la principessa di Tamaran si voltò con tutto il suo corpo verso di me e mi si accoccolò contro, le palpebre stanche e provate che non ci misero tanto a serrarsi.
Forse avrei dovuto rimanere sveglio a badare a lei o simili, Raven di sicuro l'avrebbe fatto.
Invece io le passai il braccio dietro la schiena e le permisi di mettersi più comoda, precipitando lentamente nel nero più assoluto che mi avrebbe costretto in un sonno tormentato per le successive cinque ore di viaggio.
BEASTBOY
Mi faceva piuttosto strano camminare fianco a fianco con Tara, come se fossimo ancora ottimi amici e potessimo fidarci ciecamente l'uno dell'altra.
Ed era vero che eravamo amici, ma tutti noi Titans avevamo un rapporto complicato con lei: dopotutto il nostro passato non era stato dei più rosei.
Tuttavia, in un certo senso, mi faceva piacere vederla camminare alla mia destra mentre osservava senza nasconderlo la schiena di Soraya, la quale camminava invece accanto a Raven utilizzando la propria magia per fare luce e poter vedere attraverso la fitta nebbia in cui eravamo immersi da quando eravamo arrivati in quella dimensione, l'ultima dimensione prima di giungere a Trigon. Avrei voluto stare accanto alla mia ragazza e rassicurarla, ma lei era terribilmente scostante e fredda, come tutte le volte in cui si sentiva minacciata.
"Quindi..." mormorai alla ragazza dai capelli biondi. "Tra te e Aya...?"
Lei arrossì appena ma poi scosse la testa, senza smettere di osservare le schiena della principessa di Kurtham.
"Nulla di serio, credo." rispose, con il mio stesso volume di voce.
Piegai le labbra in una smorfia e presi a gesticolare convulsamente, senza però attirare l'attenzione delle altre due.
"Mi stai dicendo che consideri quell'angelo donatoci dall'ultima divinità rimasta a vegliare su di noi una storiella da poco?" strillai senza voce, cosa incredibilmente difficile. "Vuoi spezzarle quel suo fragile cuoricino?"
Lei sbuffò e mi diede una gomitata, incrociando le braccia al petto.
"Il suo cuoricino è tutt'altro che fragile, BB." borbottò, abbassando lo sguardo sui suoi piedi. "Non sono io che non voglio prenderla seriamente, è solo che, beh, mi ha detto di volerci andare piano ed io ho acconsentito. Non che volessi andare veloce chissà quanto, è solo da qualche mese che ho realizzato che potrebbero piacermi anche le ragazze."
Annuii pieno di comprensione, infilandomi le mani nelle tasche della tuta.
"Ti capisco, quando succede è un po' un casino." sussurrai, storcendo le labbra. "È che passi tutta la vita a credere una cosa e poi, poof, scopri che i tuoi 'orizzonti' sono molto più vari e vasti di quello che pensavi."
La bionda assottigliò gli occhi sconvolta, infilandosi una mano tra i capelli e lasciandola lì come se non sapesse che altro farci.
"Oh morbok." imprecò a bassa voce. "Ma tu sei bisessuale?"
Aggrottai le sopracciglia e piegai la testa di lato, squadrandola con una certa confusione e scrollando le spalle.
"Già. Pensavo si fosse capito." risposi, incredulo di essere riuscito a vivere la mia vita così furtivamente. "All'inizio, non appena era stata formata la squadra, avevo una cotta per Robin."
Tara sbattè un paio di volte le palpebre e rise di cuore, senza più preoccuparsi di essere silenziosa.
Si strofinò gli occhi con le mani mentre cercava di riprendere fiato in qualche modo.
"È incredibile, perché tutti hanno avuto una cotta per Robin almeno una volta?" domandò, facendosi poi aria con la mano.
Soraya e Raven, che si erano girate verso di noi sentendola ridere così improvvisamente, si concentrarono improvvisamente sul movimento delle sue dita e spalancarono gli occhi come se avesse fatto qualcosa di incredibile.
Soraya si avvicinò velocemente e le fermò la mano, suscitandole un'occhiata confusa, per poi scuoterla ancora più velocemente quasi come se gliela volesse staccare.
"Oh per l'amor del- Aya, molla il mio polso!" esclamò la bionda riappropriandosi del suo arto quasi soffiando contro la ragazzina, come se fosse un gatto.
"La nebbia si disperdeva mentre generavi una corrente d'aria." si giustificò Soraya.
Io e Tara ci scambiammo uno sguardo infastidito: perché due come noi dovevano essere patologicamente attratti da delle menti superiori che non avremmo mai capito?
Raven colse il messaggio e si avvicinò improvvisamente agitata.
"La nebbia non si può disperdere così." ci informò rapidamente, coprendosi la bocca e il naso con il mantello. "Questo è fumo e chissà di che tipo. Spero non sia pericoloso, dato che l'abbiamo inalato fino ad ora."
"Non temere, figlia di Trigon." sopraggiunse una voce profonda. "Non sarà il fumo a nuocervi."
Ci guardammo attorno alla ricerca di chiunque potesse esserne il suo possessore e notammo che in un punto poco lontano il fumo sembrava cominciare a diradarsi, mostrandoci sempre di più una figura imponente dalle sembianze vagamente umane.
"Piuttosto sarò io ad accertarmi che non usciate vivi da qui." aggiunse lo sconosciuto, con una risata cupa.
Peter: *con gli auricolari nelle orecchie, facendo Fisica* My heart's a stereo
It beats for you, so listen close
Hear my thoughts in every no-o-ote
*Lettore abbatte la porta della stanza con un calcio senza turbare minimamente il ragazzo-ragno*
*entra gesticolando nella camera seguito da una Elena furiosa*
*la combinazione di quei due arrabbiati non ha mai portato a conseguenze felici*
Lettore: *incrociando le braccia al petto* Puoi biasimarmi? Tu ci tenevi a Luke, tu ci tieni. Come potevo dirti che Gunilla l'aveva ucciso?
Io: *allargando le braccia esasperata* Avresti dovuto farlo! Avrei potuto riportarlo in vita! Ora è troppo tardi.
*Spider-Man, che non si è nemmeno accorto di loro, si infila una manciata di Smarties in bocca e scopre di aver calcolato male il baricentro dell'oggetto in esame*
Peter: Make me your radio
Turn me up when you feel low
This melody was meant for you
Just sing along to my stereo
Lettore: *pestando un piede a terra* INSETTO! Ce ne dobbiamo andare, muoviti.
*oh sì, questa volta il ragazzo l'ha sentito benissimo*
Peter: *mettendo in pausa la canzone* A chi hai dato dell'insetto, scusa?
Lettore: *sbuffando* Non farne una tragedia, dobbiamo muoverci e sistemare i casini che ha fatto Elena.
Peter: *assottigliando gli occhi* Me la pagherai, figlio di Gunilla.
Tutti: OOOOOOOOH, PESANTE QUESTA
Io: *trasale teatralmente* Non ti credevo capace di tanta crudeltà, Peter. Pensavo ti saresti fermato al massimo a figlio di Bruce, ma a quanto pare...
Lettore: *interrompendoli* Okay, possiamo rimandare gli insulti a più tardi? Dobbiamo fare le valigie.
Peter: Ah, giusto. Di cosa parlavate prima?
Io: Intendi prima, quando una delle mie persone preferite ha ammesso di avermi nascosto la morte di Luke?
Lettore: No, intende prima quando stavo per dirgli che ci hanno chiamato in tribunale.
*Peter rimane sconvolto per qualche secondo*
Peter: ...
Peter: WTF?
Io: *sminuendo la situazione con un gesto delle mani* Sì, vabbe', ho solo oltrepassato il limite di personaggi da uccidere e poi riportare in vita. Mi pare di aver capito che la decenza ne consente un massimo di tre per saga.
Lettore: Solo? Ci hanno letteralmente convocato a testimoniare J.K. Rowling, Rick Riordan e George R.R. Martin perché stai destabilizzando l'universo.
Peter: ...
Peter: WTF?!!
Io: *alzando gli occhi al cielo* Senti, ci sono serie TV che ne hanno fatto resuscitare molti di più.
Lettore: Sì, infatti! Serie TV. Questa è una storia, Elena, non potevi seriamente credere che le divinità della scrittura non cercassero di impedirti di esagerare.
Io: WHATEVER
Forza, andiamo, saranno Subconscio e Samuele a occuparsi di tutto mentre siamo via.
Peter: ...
Peter: *sospirando* Okay, fatemi almeno andare in bagno prima.
[dalla playlist di Peter]
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[Per quanto riguarda la bisessualità di Beast Boy, beh, mi è venuta in mente pensando a questo tipo di scena.
Sapete che avevo detto che anche a Raven era piaciuto Robin, all'inizio dei Titans?]
*una settimana dopo l'aver messo insieme la squadra*
*Titans Tower, post allenamento*
Robin: *togliendosi la maglietta* Ottimo lavoro ragazzi, siete migliorati moltissimo!
Raven, Stella, Beast Boy: *arrossiscono violentemente*
Robin:
Cyborg:
Robin: Ragazzi, tutto okay?
Cyborg: *sussurrando loro* Oh per l'amor di- Ragazzi, state letteralmente sbavando!
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