I Teen Titans scrivono Haiku: papà Cy non vuole figli adolescenti (31)
Perché la gente
è così organica?
Io boh, basito.
(Haiku by Victor Stone)
CYBORG
"Perché prima sembrava potesse parlare di tutto con me, mentre ora..." sospirai, sfregandomi gli occhi con le dita metalliche. "È come se si fosse chiusa in se stessa, capisci?"
Beast Boy annuì assumendo un'espressione particolarmente seria, ignorando il fragore poco lontano da noi.
"È normale che durante l'adolescenza i figli si allontanino un po' dai genitori." osservò, aprendo la mano ed indicando accanto a sé come se la teenager di cui stavamo discutendo si trovasse lì. "Neve sta solo attraversando un periodo, sono sicuro che poi vi riavvicinerete. Un padre deve sapere quando lasciare ai ragazzi un po' di spazio."
Storsi la bocca, guardando il mio migliore amico negli occhi i quali erano sempre incredibilmente confortanti.
"Fratello, non voglio avere figli adolescenti." ammisi, grattandomi il capo.
Lui aggrottò le sopracciglia.
"Avresti dovuto pensarci prima di adottarne una." osservò, un istante dopo che a pochi metri da noi il pavimento esplodesse.
Pacman picchiettò sulla spalla del ragazzo verde con una mano ed entrambi ci girammo verso di lui, il quale più che un colorito giallo limone ora aveva un'aria più verde lime.
"Sono sicuro che stiate discutendo di qualcosa di molto importante." cominciò, squadrandoci mentre si asciugava la fronte imperlata di sudore. "Ma potremmo per favore dedicarci al robot di sei metri che sta cercando di ucciderci?"
"Non so amico, ora come ora mi mangerei un hamburger." commentai distrattamente prima di aggiungere un dettaglio osservando l'occhiataccia del mio amico. "Vegetariano, ovviamente."
"Ovviamente." ripeté lui, prima di voltarsi verso il personaggio disorientato. "Tu che dici Pac, sono meglio gli hamburger o i burritos?"
Sicuramente Pacman avrebbe voluto rispondere con tutto se stesso alla domanda vitale di Beast Boy, ma una seconda esplosione più vicina della prima fece suonare le sue parole come un'imprecazione.
Trasformai il mio braccio in un cannone laser, alzandomi appena oltre il livello della protezione di pietra che ci nascondeva ai colpi del nostro avversario per studiarlo meglio.
"Bene, chi lo spegne per primo avrà la possibilità di scegliere quale dei due cibi è il migliore." feci, sfidando con un ghigno il folletto verde.
Quello si trasformò in una pantera e mi rivolse le zanne accuminate, il tutto sotto lo sguardo di un completamente confuso M&M's gigante.
"Fatti sotto, omino di latta." mi ringhiò.
Entrambi balzammo oltre al muretto artificiale per ritrovarci allo scoperto in mezzo all'arena in cui eravamo stati costretti a lottare, mentre tutto il pubblico del lato sinistro delle tribune esultava di fronte alla nostra comparsa.
Potevo vedere distintamente il Presidente del Pac-Mondo seduto sul palco principale accanto al Re degli Spettri, il quale aveva picchiato con forza un pugno contro il bracciolo del suo sedile, oltrepassandolo.
Evitai di concentrarmi sui volti degli spettatori che speravano in noi per la loro salvezza e rivolsi tutta la mia attenzione al robot alto circa sei metri che ci aveva individuati e stava prendendo la mira per spararci.
Non appena il colpo laser partì dal suo braccio armato io e Beast Boy scattammo verso direzioni differenti, evitando per un pelo l'onda d'urto che si propagò dall'esplosione e che travolse il muretto di cemento armato dietro al quale si nascondeva il nostro amico giallo.
Con un rapido gesto del braccio caricai la mia arma e presi a sparare contro il torace del nostro nemico, tentando in realtà di distrarlo dal mio amico che correva verso di lui evidentemente con l'intento di suicidarsi perché non avrebbe avuto nessuna possibilità di sconfiggerlo rimanendo nella forma di un gatto troppo cresciuto.
La grossa creatura di metallo non parve significativamente turbata dai miei colpi ed allungandosi in avanti tese il braccio rinforzato centrando in pieno il mio amico, il quale venne scagliato dall'altra parte dell'arena sotto lo sguardo attento ed i sospiri tesi degli spettatori.
"Beast Boy!" gridai quando il suo corpo si schiantò contro la parete d'acciaio del campo, con il cuore in gola.
Attesi senza respirare che si rialzasse da terra, venendo rincuorato solo dal movimento delle sue gambe, le quali erano tornate ad essere più simili a quelle umane come tutto il resto del ragazzo verde.
Permisi all'ossigeno di entrare di nuovo nei miei polmoni portandomi una mano sugli occhi e tentando di concentrarmi di nuovo, cosa che avrebbe dovuto riuscirmi meglio di come stava facendo in realtà.
Per me era sempre stato difficile combattere al fianco dei miei amici ed avere come unico pensiero il nemico che si ergeva davanti a noi, poiché non potevo smettere di ricordarmi quanto loro fossero fragili rispetto a me, quanto le loro vite fossero facili da spezzare. E non riuscii a togliermi l'immagine del mio migliore amico che veniva colpito dal braccio metallico gigante per diversi secondi, infatti fu quello a fregarmi ed a non farmi rendere conto che quello stesso braccio si stava allungando in modo allarmante verso di me.
Le pinze d'acciaio che fungevano da dita si serrarono attorno a me e mi strinsero a tal punto da far cigolare qualche giuntura, sollevandomi verso l'alto e portandomi in linea con i suoi occhi luminosi quasi volesse scrutare la sua vittima prima di distruggerla completamente.
'Perché la gente è così organica? Io boh, basito.' era l'unica cosa che riuscivo a pensare mentre stringevo i denti nel tentativo di dimenarmi e liberarmi da quella presa mortale.
Se fossi stato come loro il grosso ammasso di ferraglia non avrebbe avuto difficoltà a stritolarmi, ma fortunatamente non c'era molto di umano che componesse ancora il mio corpo (ugh, non avrei mai pensato di dirlo).
Gli occhi del robot si illuminarono di una luce più intensa, segno che stava per colpirmi con uno dei suoi micidiali raggi laser, ed io riuscii ad adocchiare una specie di fessura nel petto del mio avversario tra le lamiere metalliche che lo componevano. Se non fossi morto probabilmente quell'informazione avrebbe potuto tornarmi utile.
"Ehi ragazzi, credo sia il momento di raffreddare un po' la tensione!" esclamò una voce familiare alle mie spalle, facendomi intuire che forse non sarei morto.
Un raggio azzurrino colpì in pieno il volto del robot, ricoprendo di uno spesso strato di ghiaccio i suoi occhi letali e distraendolo a tal punto da fargli allentare la presa. Piegando il braccio riuscii ad avere più libertà di movimento e con un colpo laser riuscii a fargli saltare la mano, cosa incredibilmente stupida da parte mia dato che l'onda d'urto del tutto mi investì in pieno, stordendomi.
Vedevo tutto sfocato e riuscii a percepire lontanamente il mio corpo cadere a peso morto verso il terreno, con il mio braccio che tornava a ricordare quello di un essere umano.
'A questo punto non importa che io abbia un trauma cerebrale, tanto morirò spiaccicato al suolo' pensai, amaramente. 'Che fine imbarazzante.'
Chiusi gli occhi mentre il senso di nausea mi coglieva all'improvviso, attendendo il momento in cui il mio corpo avrebbe aderito con la superficie dura dell'ossidiana mettendo fine alla mia vita.
Mi chiesi se avrei sentito dolore o se sarei effettivamente morto e non, che ne so, finito in coma per il resto dei miei giorni.
Il viso di Iella comparve davanti a me come quello di un angelo che vegliava su di me, pensiero particolarmente privo di logica dato che la ragazza dai capelli rosa era quanto più lontana possibile dall'essere simile a un angelo.
Mi odiai, anche in quelli che ero convinto fossero i miei ultimi istanti di vita riuscii a odiarmi perché l'avrei lasciata indietro, esattamente come aveva fatto Mammoth.
Mi sentii afferrare da delle braccia possenti e morbide, al che tentai di schiudere le palpebre senza provocare altri danni gravi al mio cervello osservando il bellissimo viso da scimmia del mio migliore amico.
Sarà stato il trauma cerebrale, ma dovevo ammettere che lo preferivo in quella versione.
"Che stavi facendo, un pisolino?" domandai fingendo disappunto.
"Stavo prendendo tempo per formulare un piano, ovviamente." replicò lui rivolgendomi una serie di denti inquietanti. "O meglio, per dare a te il tempo di formulare un piano."
"Tipico." borbottai, scrutando con confusione le zanne del mio amico.
Non capivo perché degli animali come i gorilla dovessero avere dei denti tanto pericolosi e perché possederli fosse permesso anche al ragazzo verde, il quale avrebbe potuto farsi male per sbaglio anche con un cucchiaio rivestito di ovatta.
Indicai lo spazio tra le lamiere che avevo adocchiato prima colto da un capogiro, il quale mi stava annunciando che presto avrei vomitato o sarei stramazzato a terra privo di vita.
Sperai sinceramente di vomitare (ugh, sto dicendo un sacco di cose che non avrei mai pensato di dire).
"Non voglio sapere perché Pacman vola, è azzurro e sputa ghiaccio, ma lasciamoglielo continuare a fare, purché non ripeta mai più Credo sia il momento di raffreddare un po' la tensione." dissi, senza accennare a volermi spostare da quella comoda posizione. "Mentre lui distrae il robot, tu allargherai quella fessura lassù ed io ci sparerò dentro."
"Va bene amico, ma tu non stai affatto bene." osservò, scrutandomi preoccupato. "La tua carnagione ha lo stesso colore della mia."
Evitai di scuotere la testa di nuovo solo per preservare quanto di intatto era rimasto nella mia scatola cranica e feci segno a Beast Boy di mettermi a terra, reprimendo la voglia di dare di stomaco.
"Ho sparato un colpo troppo forte a un bersaglio a distanza troppo ravvicinata. Mi sento come se mi fossi sparato da solo." spiegai in breve, piegandomi per sottolineare il concetto con un conato di vomito.
Una grossa mano scimmiesca mi diede delle pacchette incoraggianti sulla schiena non appena riuscii a smettere e ringraziai di non poter vedere il mio migliore amico in faccia, la quale avrebbe avuto una tale smorfia schifata da farmi venire voglia di prenderlo a schiaffi.
"Non morire, okay? Io vado ad allargare quella fessura." mi disse, come se ciò potesse bastare a tenermi in vita.
Non appena sentii il suo passo veloce e pesante allontanarsi e dirigersi verso il nostro avversario cercai di alzarmi in posizione eretta, per poi strizzare gli occhi e prendere la mira.
Quel combattimento aveva ogni tipo di valore immaginabile e la nostra vittoria avrebbe significato tutto: grazie a una specie di incantesimo o chessò io, il Re degli Spettri ed il Presidente avevano fatto un patto che prevedeva non solo che se avessimo sconfitto il nostro nemico loro non avrebbero più attaccato il Pac-Mondo, ma avrebbe avuto il potere di farli scomparire tutti fisicamente.
Ed era questo l'unico modo per riuscire ad aprire il portale per tornare a Tamaran, dato che la loro influenza inibiva ogni possibilità di aprire varchi interdimensionali.
Quindi respirai e mi concentrai, con il solo obbiettivo di distruggere il robot per poter riportare Beast Boy a casa.
Avrei combattuto fino alla morte per tenerlo in vita e pensarci era l'unico modo per non stramazzare a terra.
Osservai la figura del mio amico che si arrampicava sul corpo del nostro avversario e con un ruggito allargava la fessura che poteva costituire la nostra unica speranza, quindi trassi un respiro più profondo degli altri puntando meglio il cannone laser verso il mio bersaglio.
Il tempo tra la fuoriuscita del colpo dalla mia arma e l'esplosione fu sufficiente da consentirmi di piegarmi e vomitare di nuovo, facendomi sentire particolarmente uno straccio.
Per un po' non udii altro che il fragore della folla ed il richiamo del mio amico, che cercava di capire come potermi aiutare, poi la presenza di Pacman mi fece rapidamente riprendere piena coscienza per qualche momento grazie al suo soffio ghiacciato che mi risvegliò.
Il Presidente del Pac-Mondo, un altro degli M&M's che popolavano la dimensione ci raggiunse soddisfatto, facendomi capire che i fantasmi dovevano essere spariti.
"Grande e valoroso Cyborg, grazie per aver aiutato un altro eroe a proteggere la nostra patria, non so come avremmo fatto senza di te." mi disse, prima di voltarsi verso Beast Boy cambiando voce e guardandolo come se si trattasse di un animaletto da compagnia particolarmente carino. "E ovviamente anche il tuo assistente è stato prezioso."
Nonostante il dolore alla testa mi compiacqui dell'espressione indignata e infastidita del mio amico, ma dovetti godermela per troppo poco tempo per poter chiedere al Presidente quanto ci spettava.
"Grazie per l'apprezzamento signore, ma ora noi dovremmo proprio tornare a casa." gli ricordai, cominciando a vedere doppio.
"Ovviamente, faccio subito preparare il portale." acconsentì, chiamando con uno schiocco di dita un'altra pallina colorata per impartirgli rapidi ordini.
Sì, il pavimento di ossidiana sotto di noi era il tappo magico posizionato su Big Spot e no, vi prego, non chiedetemi perché avessero costruito un'arena sulla cima di un vulcano attivo perché non aveva senso nemmeno per me.
Pacman si avvicinò a noi mentre alcuni stregoni si mettevano in cerchio a qualche metro da noi cominciando a recitare l'ormai familiare incantesimo.
"È stato un onore combattere al vostro fianco." ci disse una volta che il portale fu apparso, dopo aver atteso alcuni momenti per poterci osservare meglio. "Non mi scorderò mai di voi."
Beast Boy allungò una mano chiusa a pugno e gli sorrise, mentre lui la colpiva con gli occhi spalancati per l'emozione. Era bello avere dei fan.
"Anche per noi è stato un onore, Pac." rispose prima di indicarmi con il pollice. "Ma forse è meglio se lo porto a casa prima che ricominci a vomitare."
Feci per scusarmi ricordandomi del segno del mio passaggio che avevo lasciato, ma il mio amico mi spinse verso il portale, il quale ci risucchiò in modo stranamente familiare.
Per tutta la durata del breve viaggio fui come in trance, quindi non riuscii a capire che genere di parole mi stesse rivolgendo il ragazzo verde, né tantomeno mi accorsi del momento preciso in cui i miei piedi toccarono il pavimento del castello di Tamaran.
I volti dei miei altri tre compagni di squadra furono l'ultima cosa che vidi prima di svenire e decisi che stavo veramente male quando credetti di aver visto una versione di sei anni di Raven arrampicarsi su Robin per riuscire a raggiungere il libro che lui le aveva rubato.
BEASTBOY
Non riuscivo a smettere di sorridere mentre rimanevo seduto a terra a gambe incrociate, il che non avrebbe dovuto essere normale dato che il mio migliore amico era svenuto ed era stato portato in infermeria dopo aver accusato una commozione cerebrale, tuttavia ciò che avevo davanti era forse la cosa più adorabile di tutto l'universo.
"Papà, digli di smetterla di guardarmi." borbottò Rae arrossendo e nascondendosi dietro al volume grande quasi quanto lei.
Robin mi lanciò un'occhiataccia risentita, come se non avessi alcun diritto di guardare la sua bambina.
Allargai le braccia alzando le sopracciglia per discolparmi, cercando di ricordargli che quella era anche la mia ragazza e non solo sua figlia.
"Smettila di fissarla." mi ordinò, posandole una mano sulla testa. "La mette in imbarazzo essere osservata dal ragazzo che le piace."
La piccola Raven alzò la testa di scatto e lo guardò sconvolta, con il viso piegato in una smorfia di orrore e le guance scarlatte.
"Papà!" esclamò, osservandomi di sbieco mentre mi mettevo a ridere, in adorazione.
La versione di sei anni della mia ragazza non era forse quella che preferivo, ma era decisamente troppo adorabile per non sciogliersi al suo cospetto.
Il nostro leader ricombiò il suo sguardo fingendosi mortificato e stiracchiandosi nella maglietta bianca troppo attillata per essere sua, al che immaginai che fosse andato di nuovo a rovistare tra i vestiti di Red X.
Se non fossi stato costretto a vedere ogni giorno il modo in cui lui e Stella si guardavano, come se aspettassero il momento perfetto per chiedere all'altro di sposarsi e vivere una lunga e felice vita insieme, allora avrei potuto quasi credere che fosse alquanto sospetto che Robin avesse sempre addosso i vestiti di Red X.
Scossi la testa cercando di scacciare quel pensiero, perché non potevo assolutamente shipparli e tradire l'amicizia di Stella.
"Scusa Raven, sono piuttosto stanco e non ragiono molto bene." si giustificò il ragazzo, il quale effettivamente aveva una cera spaventosa. "Vado in bagno a darmi una ripulita, poi andrò a dormire. E anche tu, signorina."
Tuttavia il naso della bimba era già tornato a nascondersi tra le pallide pagine sottili che componevano il libro dietro al quale si era stabilita, dato che era troppo pesante per lei per poterlo sollevare.
"Okay." rispose, con il tono di chi era troppo preso con i suoi pensieri per aver ascoltato veramente.
Robin si alzò da terra e si strofinò le mani sugli occhi, prima di rivolgerli verso di me scrutandomi con indecisione.
"Sei in grado di tenerla d'occhio senza farla esplodere?" mi domandò.
Non sapevo se essere più offeso dalla sua mancanza di fiducia o dalla improvvisa espressione allarmata di Raven, quasi come se credesse che potessi farla veramente esplodere.
Incrociai le braccia al petto, preferendo non replicare seccamente per non costringerli a ricordare quella volta che ho fatto saltare in aria Timmy.
La gente non dovrebbe lasciarmi a badare a un'anguria con una bomba all'interno e poi pretendere che riesca addirittura a non farla esplodere, insomma.
"Ovviamente." risposi, evidentemente abbastanza sicuro di me per convincerlo ad andarsene.
Non appena uscì dalla stanza ed io feci per posare i miei occhi adoranti sulla versione in miniatura della mia ragazza, quella si rifugiò di nuovo dietro il suo volume, il quale cominciò a sembrarmi parecchio irritante.
Mi concessi quindi del tempo per osservarla ed imprimere quell'immagine di lei nella mia mente, per un motivo che non avrei mai spiegato ad alta voce: dopotutto, se avessimo avuto una figlia sarebbe stata così.
Ecco, l'ho detto.
Ero talmente innamorato di quella ragazza da pensare ad avere figli con lei, ma di certo non era la cosa più grave.
Non è che fossi stato innamorato solo una volta, anzi, lei era la terza della quale mi ero invaghito a tal punto. Ma mi ero trovato ad ammettere che i sentimenti che provavo per lei erano diversi da qualsiasi altra cosa avessi mai provato per qualcuno, perché, Dio, non riuscivo nemmeno a guardarla senza sentire che qualcosa dentro di me andava letteralmente a fuoco per poi risorgere dalle proprie ceneri.
Ed era strano vedere quella piccola figura che non era la ragazza che amavo, ma piuttosto una che avrei amato forse ancora di più: io sarei stato con Raven fino alla fine, fino a quando a svegliarmi al mattino non sarebbe stata la sveglia della Torre ma una pargoletta dagli occhi ametista e la pelle verdastra, la quale sarebbe stata la prova vivente di quanto tenessi alla mezza demone.
Sapevo di essere ridicolo ma non scacciai quei pensieri, nonostante sapessi quale fosse l'opinione di Rae a riguardo, la quale era convinta che non si potesse amare per sempre la stessa persona e che non esistessero le anime gemelle.
E forse aveva ragione, forse non c'era un destino a legarci per l'eternità o simili, ma non riuscivo a concepire l'idea che un giorno forse avrei smesso di amarla. Perché era parte di me, ormai, era parte della mia vita.
Oh, ma chi prendo in giro, era tutta la mia vita.
Strinsi le mani tra di loro, indietreggiando di poco con l'unico desiderio di non farle del male.
Non solo perché così non avrei avuto la possibilità di trascorrere la lunga vita che sapevo di dover trascorrere con lei, ma anche perché ricordavo quanto avessi sofferto per la perdita di Timmy e non volevo immaginare cosa avrei provato se l'avessi ferita.
Povero Timmy, era solo un'angurietta esuberante. Era così giovane, potevo persino rammentare la prima volta che aveva detto Angu.
"Garfield?" mi chiamò all'improvviso.
"Ti giuro che non finirai come Timmy." dissi, d'istinto.
La bambina corrugò le sopracciglia violacee e mi scrutò confusa.
"Cosa?"
"Cosa?"
Lei sospirò come se si aspettasse che mi rivelassi una tale causa persa, il che non riuscì veramente a ferirmi, dato che ero troppo impegnato a riconoscere quanto fosse carino il cipiglio seccato su quella faccina innocente.
"Garfield." disse di nuovo, e dovetti ammettere che c'era qualcosa di meraviglioso nel modo in cui pronunciava il mio nome. "Voglio che mi aiuti a capire una cosa."
Le sorrisi di nuovo, colto di sorpresa dalla richiesta inaspettata.
La bambina diede una spinta al libro, che cadde a terra con un tonfo, e lo osservò meditabonda una volta che fu steso con le pagine rivolte verso l'alto.
"È la prima volta che mi chiedi una cosa simile, Rae-Rae." le feci notare, appoggiando la guancia sulla mano chiusa a pugno.
"È perché riguarda Robin e Stella." specificò, arrossendo all'udire del soprannome senza però ribellarsi a esso. "E io non sono molto brava con le persone."
Mi raddrizzai meglio facendole capire che ero pronto ad ascoltarla, nonostante fossi non poco sorpreso dalle sue parole.
Da quando la mezza demone aveva mai avuto bisogno di me?
Sapevo di essere nei guai fino al collo con lei, dato che ormai avevo sviluppato un rapporto di dipendenza decisamente poco sano con la mia ragazza, non avendolo ovviamente mai detto ad alta voce.
E non è difficile intuire perché non volessi farle sapere quanto fisicamente avessi bisogno di lei: avevo una tremenda paura che lei si spaventasse e scappasse via.
Ma come potevo temere che si allontanasse da me quando di fronte avevo una bambina di sei anni confusa e bisognosa di risposte alle sue infinite domande, risposte che io ovviamente ero il meno indicato a darle nonostante fossi l'unico lì per lei ad ascoltarla?
"Dimmi tutto, splendore." dissi, addolcendo ancora di più il mio sorriso e condannandola probabilmente alla peggiore forma di diabete.
Quando mi rivolse gli occhi seri senza arrossire rividi qualcosa di incredibilmente familiare in lei, ovvero quella sua sete di conoscenza che sarebbe stata sempre più forte di qualsiasi emozione.
"Se loro due si amano così tanto, perché si amano alla follia e questo l'hanno capito tutti," chiese, inclinando la testa nella direzione opposta alla mia, "allora perché non si sposano?"
Tolsi la mano da sotto la guancia per grattarmi dietro alla nuca, in difficoltà.
Da quanto Stella mi aveva spiegato, prima di correre da Amalia con fare particolarmente urgente, l'Amuleto magico che Raven aveva toccato doveva essere tenuto al sicuro dalle principesse Disney (sarò diventato ripetitivo ormai, ma vi assicuro che non avrei mai pensato di arrivare a un punto della mia vita in cui questa frase avesse senso) perché non cadesse nelle mani dei soldati mandati da Bruce Wayne, i quali avevano non solo il compito di distruggere il sigillo della dimensione ma anche quello di recapitare al loro falso re l'oggetto incantato.
Come Belle aveva spiegato, la sfera non serviva solo a far tornare temporaneamente chi la toccava indietro con gli anni, ma se incantata con la giusta magia oscura avrebbe potuto persino essere un elemento fondamentale per la vita eterna. Ovviamente la notizia che il nostro avversario stesse preparando un Elisir di Lunga Vita non aveva fatto impazzire di gioia nessuno, tuttavia data l'ora tarda della notte avevamo deciso di preoccuparci principalmente della nostra amica, la quale sarebbe rimasta in quelle condizioni per poche ore; la vera sfida, in realtà, era il riuscire a non abbracciarla: la mano che aveva tenuto la sfera era stata avvolta in un guanto dato che se avesse toccato qualcuno quando era ancora in quelle condizioni lo avrebbe 'contagiato'.
"Non è così semplice, Rae." cercai di dire senza conoscere le parole giuste per spiegare a una bambina come funzionano le relazioni.
"Invece sembra piuttosto semplice. Si amano, vogliono stare insieme e vivono già sotto lo stesso tetto da anni." replicò con quell'aria di superiorità ed onestà che hanno i bambini quando dicono quello che pensano, il che è quasi sempre qualcosa di importante. "Perché dovrebbero fingere di non volersi bene?"
Mi trattenni dal ridere, convinto che non avrebbe apprezzato.
Non potevo certo pretendere che si ricordasse che lei stessa aveva fatto per diverso tempo le cose che ora trovava così prive di senso, visto che da quando era stata rimpicciolita alcuni ricordi e concetti erano completamente spariti dal suo cervello, forse per adattarsi al filtro minori: non ricordava delle morti a cui avevamo assistito, non ricordava della notte che avevamo passato insieme e non ricordava che avessimo mai litigato seriamente.
Aveva anche quella nuova concezione del mondo così simile a quella dei veri bambini e così simile alla mia, quindi non potevo contraddire la logica ferrea delle sue parole.
"È che siamo tutti molto giovani, Raven, e stanno succedendo molte cose." provai a spiegarle, cambiando il mio sorriso in qualcosa di più comprensivo. "Credo che si amino a tal punto di voler stare solamente insieme, senza preoccuparsi dei titoli ufficiali che attribuirebbe loro il matrimonio. In fondo, forse non ne hanno bisogno."
La bambina dai capelli corti mi sta squadrando con tanto d'occhi, come se le avessi rivelato il più grande mistero della vita.
Sbatté più volte le palpebre e si toccò la gemma sulla fronte con l'indice della mano sinistra, come faceva ogni volta che aveva capito qualcosa di importante.
"Hai ragione." osservò, ed ancora oggi mi pento di non aver registrato quelle parole. "In effetti sono molto carini anche così."
"Già, sono stucchevolmente adorabili." aggiunsi, citando le parole di Rose di qualche giorno prima. "Ma anche Iella e Cyborg sono carini. Hanno un rapporto così... Semplice. Come fanno a far sembrare tutto così facile?"
"E c'è qualcos'altro di carino." mormorò, avvampando ed affondando la faccia nel volume che fino a qualche istante prima aveva snobbato. "...Tu."
Spalancai la bocca portandomi le mani al petto, in completa estasi e sconvolgimento.
La creatura più pucciosa dell'universo mi aveva appena detto che ero carino e qualcosa nella mia vita doveva essere andato particolarmente male per costringere Dio o chi per lui a donarmi una tale gioia.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo commosso e stordito dal volto già immerso nella lettura della bimba, la quale sembrava essere già stata completamente dalle pagine bianche ed essere stata portata lontano da me.
Non passò parecchio tempo prima che Robin tornasse nella stanza, il quale non sembrava affatto dell'umore di mettersi a chiacchierare della dolcezza della baby-demone.
"Okay, sono ufficialmente le cinque del mattino, è ora di andare a letto." disse, rivolto sia a me che alla bambina dai capelli viola.
Quest'ultima si aggrappó con infinita disperazione al suo libro, lanciandogli un'occhiata ostile.
"Un. Capitolo. Ancora." lo supplicò, anche se in realtà pareva di più una minaccia.
Il moro attraversò a grandi passi lo spazio che li separava e si chinò per afferrare il volume, nonostante lei ci fosse ancora attaccata.
Cercò di alzarlo da terra sperando che lo mollasse ma lei vi rimase appesa facendo i capricci, infilando le unghie nella copertina di cuoio per non perdere la presa.
"Ora della nanna, signorina!" esclamò Robin, scuotendo il libro con più foga.
Non è che vidi veramente il guanto sfilarsi dalla sua mano, fu come una consapevolezza che mi colse improvvisamente subito dopo il suo sguardo assassino.
Il bordo del guanto bianco si era impigliato nell'angolo della copertina rigida e quando la bimba aveva tirato indietro la mano perché il nostro leader non la potesse far staccare quello si era sfilato, cadendo a terra.
Senza accorgersene, per scacciare il suo padre adottivo allungò una mano verso di lui con l'intenzione di dargli una pacca infastidita sulla guancia giusto per esprimere il suo disappunto, ma quando si accorse di aver commesso un errore la sua pelle aveva già incontrato quella di Robin.
Entrambi si guardarono pietrificati per qualche secondo, senza muoversi o respirare, poi il ragazzo venne avvolto da una luce di tale potenza da costringermi a schermarmi gli occhi con una mano.
Quando la luce svanì e potei vedere cosa era accaduto Raven sembrava sentirsi più in colpa che mai, al che io sorrisi al culmine della mia adorazione.
"Gaffild!" esclamò il piccolo Robin scrutandomi con gioiosi occhi blu.
Dimostrava avere meno anni di Raven e dal modo in cui aveva pronunciato il mio nome decisi che non era solo a causa dell'altezza, così tentai di dire qualcosa di intenso e immediato, in modo che entrambi si sentissero al sicuro con me.
"Awww." mugolai, schiacciandomi le guance tra le mani e perdendo ogni traccia di quello che rimaneva della mia dignità. "Siete la cosa più adorabile ch io abbia mai visto."
THORNTON
Dovresti dormire, Thor, mi avrebbe detto Soraya se mi avesse visto in quel momento.
Menai un fendente secco contro la mia avversaria senza l'intenzione di ferirla, poiché se avessi voluto avrei potuto farlo anche ad occhi chiusi, ed il mio colpo venne respinto con il piatto della sua lama, azione che mi soddisfò nonostante avesse il volto imperlato di sudore e piegato in una smorfia per la fatica.
Ti consiglierei di andare a dormire, ma ti prego, fatti una doccia prima, mi avrebbe detto Tara se fosse stata lì.
Il secondo colpo che sferrai fu più forte del primo, dato che era questo il vero problema della ragazzina davanti a me: imparava la tecnica sorprendentemente in fretta, tanto che dopo poche ore di allenamento sembrava poter prevedere parte delle mie mosse ancora prima di me, tuttavia non aveva la forza bruta necessaria per infierire colpi mortali a un avversario di bravura superiore.
Quando il metallo della sua arma cozzò contro quello della mia si lasciò sfuggire un gemito di dolore e vidi il suo braccio sinistro tremare, evidentemente non abituato a sforzi così intensi, ma nonostante il dolore che provava a causa del duro allenamento i suoi occhi neri non parvero esprimere una determinazione minore.
Spinsi di più verso il basso con la spada e lei non riuscì più a sostenere la situazione, così cercò di inclinare la lama abbastanza da far scivolare la mia di lato per poter avere il tempo di indietreggiare rapidamente, ansimando per lo sforzo.
Al contrario della facilità con la quale apprendeva la tecnica, non era una ragazza affatto agile e snodata, per cui ogni trucco che avevo cercato di insegnarle per schivare i colpi avversari quale fosse una semplice capriola o una ruota era stato un fallimento.
Mi passai una mano sulla fronte, osservandola senza lasciar trapelare alcuna emozione in particolare mentre lei si piegava su se stessa tenendosi un fianco, con delle ciocche di capelli ribelli i quali erano sfuggiti all'elastico che li teneva legati.
"Facciamo una pausa." gracchiò, in modo abbastanza chiaro da farmi capire che quella non era una domanda.
Infilai la spada nel fodero e mi stiracchiai cercando di fare un rapido calcolo dei giorni che mi rimanevano da passare sveglio prima di crollare dalla fatica.
Posso stare sveglia con te? Oppure dormiamo entrambi, però nello stesso momento. Non osare appisolarti dopo di me, avrebbe detto Amalia se al posto di Rose ci fosse stata lei a guardare da lontano mentre io addestravo Piccola Tempesta a non farsi uccidere.
La licantropa era appoggiata a uno dei pali di ferro che componevano il grande gazebo sotto il quale ci stavamo allenando e di tanto in tanto ci lanciava occhiate furtive, quando non era troppo presa dalla conversazione che stava avendo con suo padre.
L'uomo dai capelli brizzolati e dalla benda sull'occhio pareva esitare all'idea di avere un contatto fisico con la figlia e la stessa cosa valeva per lei, il che mi faceva capire come mai avessero così tanto bisogno delle parole: in qualche modo, anche se non era la stessa cosa, dovevano compensare il fatto che non sapessero trasmettere affetto dicendoselo apertamente.
"Perché Slade ha chiamato sua figlia Rose?" domandai, togliendomi la canottiera completamente fradicia e muovendo in senso antiorario le spalle. "A sua madre piacevano particolarmente le rose?"
Piccola Tempesta alzò la testa e si appoggiò con le mani all'elsa della spada, la quale era posata con la punta al terreno in modo da fungere da bastone.
Sapeva benissimo che quello era il mio modo di spingerla a rivelare qualcosa di più della lupa mannara, glielo leggevo negli occhi, tuttavia era quella l'unica cosa che riuscivo a intravedere. Era come se non provasse nulla a parte la stanchezza dovuta all'allenamento.
(Lettore: CIÒ CHE SEGUE È UNA SPECIE DI HEADCANON, QUINDI È FRUTTO DELL'IMMAGINAZIONE DELL'AUTRICE DELLA STORIA.
NOI NON SAPPIAMO REALMENTE PERCHÉ ROSE SI CHIAMI ROSE.
OKAY.
DENUNCIATECI.
VI SFIDO.
Peter: *sfregandosi gli occhi con il palmo della mano, avvolto nel pigiama degli Avengers* Lettore, ti prego, sono le quattro del mattino smettila di urlare.)
"No, non è così. A sua madre piacevano i tulipani." rispose, sfregandosi con una mano il naso. "Rose in inglese se ci pensi è il passato di to rise, ovvero sorgere. Quando sua madre scoprì di esserne incinta non lo disse a Slade, ma lo tenne per sé scegliendo anche il nome della bimba. La chiamò Rose perché voleva che fosse la luce sorta nella vita dell'uomo che lei aveva amato ma che aveva dovuto allontanarsi da lei."
Alzai entrambe le sopracciglia, sorpreso.
Era incredibile come non ci avessi pensato, ma del resto il mio inglese era tutt'altro che buono ed oltretutto non è che guardando la giovane Alpha un raggio di sole fosse la prima cosa che venisse in mente.
"Wow, è bellissimo." commentai, trattenendomi dall'aggiungere altro perché avevo visto lo sguardo perplesso che aveva in quel momento.
La perplessità è un'emozione? Se così fosse potevo sperare in un progresso, quindi fui quasi sollevato dal vederglierla in volto.
"Ti rendi conto vero che il tuo esercito non è composto solo da uomini eterosessuali. E che le donne che lo sono, insieme agli appartenenti alla comunità LGBT potrebbero vederti in qualsiasi momento in queste condizioni ed avere un collasso." osservò, non tanto interessata al preservare la loro vita quanto al capire perché non ci avessi pensato io stesso. "Voglio dire, oggettivamente parlando tu senza maglietta sei qualcosa di illegale."
"Comunità LGBT?" domandai, confuso.
Lei mi silenziò con un gesto rapido della mano.
"Tutti i non-eterosessuali." minimizzò, facendomi comprendere meglio di cosa stesse parlando. "Eccezion fatta per le lesbiche a questo punto. E per gli asessuali. E per..."
"Va bene, ho capito." la interruppi, nonostante in realtà avesse cominciato a dire parole prive di una traduzione in tamariano, che era la lingua che stavamo usando per comunicare. "In ogni caso, saranno le quattro del mattino, nessuno è sveglio a quest'ora."
"A parte le guardie del turno di notte e le infermiere." replicò, drizzando la schiena come se il riuscire ad avere sempre la risposta pronta la riempisse di nuove energie. "Da quant'è che non dormi? Francamente non mi importa molto della tua salute, ma voglio provare a indovinare quanto durerai prima di svenire."
Feci per risponderle quando una familiare voce femminile lo fece al posto mio, con una precisione sorprendentemente inquietante.
"Circa quattro giorni e mezzo, più precisamente 104 ore e diciassette minuti." disse la Regina di Tamaran, osservando lo schermo luminoso del suo bracciale. "E questo è il tempo che è passato dall'ultima volta che anche io ho dormito. Non ditelo a Robin o Niall, vi prego."
La ragazza dai capelli scuri era comparsa dall'ombra quasi fosse venuta di nascosto, il che non era improbabile considerando il fatto che Jopre non vedeva di buon occhio che si mescolasse ai soldati semplici nel bel mezzo della notte, ed indossava una tunica color avorio di tessuto morbido, senza alcun altro accessorio oltre a quelli che portava solitamente.
Alzò lo sguardo dal suo bracciale ed in maniera quasi inesorabile finì per posarlo sul mio torace, dapprima corrugando le sopracciglia con la stessa aria perplessa che aveva avuto la ragazzina terrestre, per poi arrossire violentemente e far saettare gli occhi da una parte all'altra del gazebo pur di non tornare a guardarmi.
"Io, emh, sono qui perché ho bisogno di una tenda e la guardia che mi hanno detto essere addetta alle assegnazioni non è al suo posto." spiegò, dopo aver riconquistato per un pelo il suo tipico sangue freddo, nonostante ci vollero diversi secondi perché il rossore scomparisse dalle sue guance. "Devo risolvere questa faccenda in fretta prima che lo scopra Jopre, o me ne farà assegnate tre per poter riposare come una vera regina."
Aveva messo le virgolette alle ultime tre parole ed Elena si indicò sopra il labbro, il volto particolarmente inespressivo.
"Ehi Am, placa gli ormoni." le disse, facendomi inorridire istintivamente per il tono confidenziale con il quale si era rivolta a lei. "Ti sta sanguinando il naso."
La Regina istintivamente riportò per un istante lo sguardo sul mio torace prima di distoglierlo di nuovo e toccarsi il naso, il quale era in realtà perfettamente pulito.
Amalia strinse gli occhi e con una smorfia a metà tra l'indignato e l'orgoglioso fissò in modo affettuosamente malevolo la ragazzina.
"Tu, brutta piccola stronzetta." l'apostrofò, mentre quella faceva un ampio inchino alle sue parole.
Mi schiarii la voce per attirare l'attenzione della mia sovrana, la quale quella volta decise di incollare i suoi occhi ai miei per precauzione, fatto che mi costrinse ad arrossire in maniera decisamente poco professionale.
"Vi accompagnerò a trovare una tenda, Maestà." dissi, cercando di distogliere quanto meno bruscamente possibile gli occhi dai suoi.
Mi maledissi per aver reso palese il mio imbarazzo utilizzando il voi e cercai con lo sguardo la tunica di ricambio che avevo portato con me, consapevole di dovermi coprire per non rendere la situazione ancora più strana.
Mentre mi dirigevo verso la sedia di metallo sulla quale erano posati i vestiti puliti udii lo sbadiglio della ragazzina che precedette le sue parole così prive di riverenza.
Non sono mai stato come Jopre, ovvero incredibilmente fissato con tutta quella faccenda del far trattare la famiglia reale dai suoi sudditi come se fossero delle divinità, ma non riuscivo quasi a tollerare che le persone non riconoscessero che Amalia era effettivamente una regina.
"Am, hai poi visto Luke in giro?" domandò e riuscii a vedere con la coda dell'occhio Rose che si irrigidiva, sotto lo sguardo confuso del padre. "Sai, non te lo chiederei dato che sei così presa dal trasloco, ma se non lo facessi Rose penserebbe che non sono preoccupata?"
Mi voltai verso di loro, interessato a sentire la sua risposta. Non che avessi avuto a che fare con il piccolo licantropo più che con il resto delle mie truppe, ma non era affatto normale che un ragazzino sparisse dal castello come aveva fatto lui diverse ore prima.
Amalia ebbe la decenza di inarcare un sopracciglio, forse per illudermi che fosse lontanamente irritata dal modo colloquiale con il quale le stava parlando.
"Ho fatto cercare in tutto il castello dalle guardie ancora disponibili, ma non ne hanno trovato traccia." rispose, scuotendo la testa dispiaciuta. "Quindi stai dicendo che sei preoccupata?"
Piccola Tempesta si scostò una ciocca di capelli dal viso, sbuffando.
"Miei dei, a voler essere sinceri proprio no, però sono infastidita dal fatto che mi abbia lasciata da sola." ammise, grattandosi una guancia. "Non mi dispiaceva affatto la sua compagnia, al contrario di quella della sua Alpha scontrosa che non sa fingere di non ascoltare le conversazioni degli altri."
Aveva alzato la testa verso l'alto senza modificare il volume della voce e Rose si era voltata di scatto, puntandole un dito contro furente.
"Senti un po', piccola rompiscatole apatica che non sei altro, Luke è una mia responsabilità ma tu sei stata l'ultima a vederlo. E sai, dopo quello che hai fatto a quel soldato non riponiamo più così tanta fiducia in te..." l'accusò, prima di fermarsi e guardare ai piedi della ragazzina sorpresa. "Che stai facendo?"
Tutti e quattro, Slade si era avvicinato seguendo la figlia e ci scrutava con aria poco rassicurante, abbassammo lo sguardo osservando il cerchio di rune scarlatte che si stava disegnando attorno alla ragazzina, al che lei aggrottò le sopracciglia, più arrabbiata che spaventata.
"Sta cercando di evocarmi, quel brutto bastardo." esclamò senza smettere di stringere l'elsa della spada e posando i palmi delle mani sulle proprie gambe, tentando di sollevarle e staccare i piedi dal terreno. "Ma guarda te se non posso nemmeno prendermi cinque minuti di pausa da te, figlio di-"
Non potemmo mai sapere di chi fosse figlio colui che la stava evocando perché venne illuminata da una luce color del sangue e scomparve in una nebbia della stessa tonalità, senza però portarsi via le rune che erano state marchiate a fuoco sul terreno.
Amalia si picchiò una mano sulla fronte, reazione decisamente diversa dalle nostre e decisamente poco coerente alla situazione, dato che noi altri tre ci fissavamo ad occhi sgranati senza ben capire cosa fosse successo.
"Non c'è bisogno di dire che parlava di Bruce, vero? Ditemi che l'avete capito tutti e ditemi che avete anche capito quanto la vita sia ingiusta, perché proprio ora che voglio andare a dormire quello psicopatico mi dimostra che può esercitare i suoi poteri all'interno della barriera." si lamentò, rivolgendomi un lungo sguardo stanco. "Contatta le nostre spie all'interno di Kurtham e dì loro di rimandarcela indietro, non credo che Gunilla mi darebbe più retta senza di lei."
IELLA
Io mi illudevo che la mia vita non potesse essere più complicata di quello che era già, che non potessi subire altri traumi oltre alla morte dei miei genitori e quella di uno dei miei più cari amici, che nulla potesse stravolgere la mia esistenza più del supereroe iperattivo e chiassoso del quale ero innamorata, che niente fosse più strano di me, una metaumana disastrosa che rapinava banche e salvava universi.
Eppure ogni mia certezza venne smantellata quando mio fratello arrivò in infermeria con in braccio la sua ragazza di sei anni, il che poteva essere classificato come pedofilia.
"Fatemi capire." dissi, stringendo la mano di Cyborg privo di sensi, mentre i miei occhi saettavano dalle flebo infilate nel suo corpo al ragazzo verde che giocherellava con i capelli viola della bimba addormentata. "Vi prego, fatemi capire che diavolo sta succedendo."
Stella si sistemò meglio il piccolo Robin in catalessi tra le braccia, rivolgendogli uno sguardo talmente pregno di sentimenti che quasi mi sentii a disagio.
Mi imposi di mantenere una certa dignità, quindi nascosi il mio imbarazzo mentre ogni singola cosa che lei provava trapelava senza pudore dai suoi occhi, prima che li rivolgesse a me.
"Amica Iella, non possiamo spiegarti quello che sta succedendo se non l'abbiamo capito nemmeno noi." osservò, rivolgendomi un sorriso dolce.
"Sono completamente d'accordo con il nostro pilastro." aggiunse Beast Boy guardandola con affetto, per poi porgerle la mano chiusa a pugno contro la quale lei picchiò delicatamente la sua. "Non è che ce ne intendiamo molto di amuleti magici o simili."
Aggrottai le sopracciglia senza riuscire a reprimere un moto di fastidio ingiustificato, il che sapevo era estremamente stupido ed egoista, ma ehi, io sono stupida ed egoista.
Ero legata a Stella da una sincera amicizia e la trovavo una delle migliori persone che conoscessi, tuttavia il mio primo pensiero fu Smettila di essere così fantastica con mio fratello, o lui vorrà più bene a te che a me.
Mi schiarii la voce, riconoscendo ovviamente che non potevo pronunciare veramente quelle parole.
"Non intendo la parte della trasformazione, quella l'ho capita." precisai, abbassando lo sguardo sulle dita metalliche di Cyborg, disegnandone i contorni con le mie. "Intendo a livello di albero genealogico. Prima Robin era il 'padre' di te, Raven e Cyborg, ma ora è più piccolo dei suoi stessi figli, due dei quali tra l'altro stanno insieme in una relazione incesto-pedofila."
"Obiezione." si oppose Beast Boy, arricciando le labbra.
"Respinta." proseguii. "La ragazza del vostro baby-padre è la principessa di Tamaran che ora mi sta guardando in modo così confuso, ma è anche la sorella di Raven quindi è come se si fosse messa con il suo stesso genitore. Ma io sono la sorella di Beast Boy, che è il fratello del mio ragazzo, quindi per proprietà transitiva anch'io sono sorella di Cyborg..."
Facce d'Angelo con gli occhi verdi alzarono la mano destra per bloccarmi, osservandomi traumatizzati.
"Amica Iella, perché hai dovuto renderlo strano?" mi chiese sconvolta Stella, con una smorfia dipinta sul viso.
Scrollai le spalle riconoscendo a me stessa che forse poteva essere colpa delle troppo ridotte ore di sonno tutto quel mio macinare argomenti senza senso, perciò esposi la mia replica per mezzo di uno sbadiglio sperando che i due potessero giustificarmi.
"È solo leggermente disgustoso." mi sentii comunque in dovere di obiettare.
Mio fratello aveva posato delicatamente Raven sulla branda più vicina e si era fatto passare Robin per poterlo fare accoccolare vicino a lei, per poi coprirli con il lenzuolo ripiegato ai piedi del letto con uno sguardo pregno di affetto.
Quando però rivolse lo sguardo disgustato a me e vidi che era pregno ancora di quell'affetto, fui incredibilmente felice nel capire che quello era interamente riservato a me.
"Sei tu a essere disgustosa, sorella." ribatté lui, beccandosi una linguaccia come ai vecchi tempi, dei quali il ricordo mi fece venire una fitta di nostalgia.
Un movimento sospetto del ragazzo che fino a quel momento era stato immerso nel sonno più profondo attirò l'attenzione di tutti e tre, così Cyborg tornò a occupare il mio intero campo visivo, anche se poche volte accadeva così.
La nostra relazione mi sembrava così diversa da quella di Beast Boy e Raven o da quella di Robin e Stella, non eravamo affatto quel genere di coppia da senza di te non potrei vivere.
Ero più che consapevole che nulla mi avrebbe impedito di sopravvivere senza il suo sorriso contagioso, la sua risata fragorosa ed i suoi occhi unici, ma era proprio questo il punto: per me amore significava poter scegliere di vivere senza l'altro, ma non volerlo fare.
Potevo benissimo immaginare un futuro senza di lui tuttavia era una delle cose che meno desideravo nella mia vita; ed era il fatto che lo volessi nonostante tutto, e non che ne avessi bisogno, che mi faceva rendere conto di quanto profondamente fossi legata a lui.
"Non starete essendo disgustosi senza di me, spero." biascicò mentre sul suo volto compariva un mezzo sorriso prima ancora che aprisse le palpebre.
Strinsi ancora di più la sua mano, sollevata, infischiandomene del fatto che non sapessi se poteva sentirla oppure meno poiché il suo corpo metallico non era mai stato un ostacolo tanto insignificante tra di noi: la sola cosa che mi importava era che fosse vivo e che stesse bene.
Beast Boy saltellò fino a lui e si chinò ad abbracciarlo senza alcun cenno di delicatezza, ridendo nervosamente e buttando fuori la tensione accumulata in quelle due ore.
Anche Stella, dopo aver chiuso gli occhi un momento ed aver silenziosamente ringraziato gli dei si avvicinò ai suoi due amici e si unì all'abbraccio di gruppo, in mezzo al quale Cyborg sembrava veramente felice.
Quando si staccarono lui voltò la testa verso di me e cambiò il suo sorriso, trasformandolo da divertito a dolce.
"Ciao." mi salutò, con un luccichio negli occhi. "Mi sono spappolato il cervello?"
"Il tuo cervello era già spappolato, cretino." mugnai, senza nascondere un sorriso nascente. "E se così non fosse stato ci avrei pensato io. Mi hai spaventata."
Lui piegò la testa, nel triste tentativo di muoversi nonostante il suo corpo robotico fosse in parte disattivato, trovandosi a sbirciare poco furtivamente la mia mano stretta nella sua con un'espressione lontanamente malinconica.
Lo sapevo che nulla poteva fargli più male della consapevolezza di non sentirmi quando lo toccavo, ma come al solito il breve istante di dolore venne rimpiazzato da un nuovo sorriso ancora più largo dei precedenti.
Non m'importa non percepirti sulla mia pelle se posso sentirti così vicina, mi ripeteva ogni volta.
E nonostante non l'avesse detto ad alta voce per non mettere in imbarazzo Beast Boy e Stella, vedevo quella frase stampata sulle sue labbra e gioivo della sua presenza in maniera ridicola.
"Lo sai che non mi dispiace farti preoccupare." mi fece, con aria nemmeno vagamente innocente. "Almeno così posso vedere quanto tieni a me."
I due babysitter si scambiarono uno sguardo eloquente e si voltarono dandoci le spalle per lasciarci la nostra privacy, concentrandosi nell'ammirare la bellezza dei loro rispettivi partner in versione temporaneamente infanti.
Mi alzai dalla sedia quando fui sicura che non si sarebbero voltati e posai una mano sulla sua guancia, guardandolo dritto negli occhi.
Poi, con un gesto rapido afferrai il cuscino da sotto la sua testa e lo sfilai dalla sua posizione, usandolo più e più volte per colpire il mio ragazzo in faccia.
"Sono-" si ribellò, seppur non potendo muovere alcuna parte del corpo. "Disarmato-"
"Ed io sono arrabbiata, stupida scatola di latta." sibilai, tenendo sospeso il cuscino in aria meditando sul tipo di morte da infliggergli.
Avrei potuto continuare a colpirlo fino a fargli perdere i sensi e poi decidere come mettere fine alla sua vita, oppure soffocarlo direttamente con l'arma letale che stringevo tra le mani, la quale sembrava essere fatta apposta per aderire al suo volto.
"Ti ho già detto che mi dispiace." mormorò, osservando con terrore l'oggetto che l'avrebbe messo a tacere per sempre.
Immaginai un universo senza le costanti urla di Cyborg e ritenni che se avessi scelto di toglierlo di mezzo avrei reso il luogo dove vivevo un posto migliore.
"Non l'hai fatto!" ringhiai a bassa voce, avvicinando impercettibilmente il cuscino alla sua faccia.
"Beh, perché non è vero." si giustificò, stringendo gli occhi essendo l'unica cosa che poteva fare.
"Beh, dovresti." borbottai, picchiandolo un'altra volta con il cuscino. "Perché io ti amo e tu mi stavi dicendo che ti faceva piacere l'idea che io mi stessi struggendo al pensiero che tu potessi morire."
Lo picchiai una volta e poi una volta ancora, sempre più debolmente, ma con stizza.
"Hai idea di quanto impegno io metta nel tenere a te ogni giorno della mia vita? Quante rughe in meno potrei avere un giorno se non ti conoscessi?" aggiunsi, colpendolo di nuovo, con una convinzione quasi inesistente. "Io mi darei letteralmente fuoco per te e tu, catorcio ambulante, hai il coraggio di dirmi che sapermi preoccupata ti rende felice?"
Lui rise forte, in completo contrasto con le lacrime che mi pungevano gli occhi e che avevano cominciato a radunarsi accanto alle mie palpebre mentre parlavo.
Diversi segni possono accompagnare una commozione cerebrale: dal più stupido mal di testa, a un generale senso di annebbiamento perenne; segni fisici come la perdita di coscienza o amnesia, alterazioni del comportamento, deterioramento cognitivo ad esempio tempi di reazione rallentati o disturbi del sonno.
Ed ovviamente in alcuni casi, come se la paura che lui perdesse la memoria non fosse già abbastanza, una commozione grave poteva portare al coma o alla morte.
E come ho già detto avrei potuto benissimo sopravvivere in una realtà in cui lui non c'era. Solo che non volevo farlo.
"Ti amo anch'io, Blue." rispose, ricevendo ovviamente in faccia un altro colpo di cuscino, accompagnato subito dopo da un bacio che forse non avrei dovuto concedergli.
Sarebbe potuta finire bene come conversazione ed avrei persino potuto riposarmi per qualche ora prima di recarmi al campo di addestramento dove Amalia ci avrebbe smistati per andare a combattere al fronte. Non riuscivo a non temere il momento in cui il Sole delle dieci sarebbe sorto su Tamaran e non ci sarebbe stata più nessuna barriera a proteggerci dal fuoco nemico, dato che con tutta probabilità saremmo stati spediti dove l'esercito locale e quello alleato combattevano da giorni guadagnando e perdendo terreno ogni istante di più.
Sapevo di non essere pronta alla guerra, ma d'altro canto nessuno di noi lo era. Lo dimostrava l'assenza di Mammoth, quella di Aqualad e quella di Kayla, i quali avevano lasciato delle voragini tra di noi al posto loro, nonostante non fossero legati a tutti: la licantropa dai capelli dorati era piaciuta subito a tutti, il supereroe dalla chioma corvina era quanto di più giusto e gentile avessi mai incontrato ed il mio amico... si faceva voler bene. Era sempre stato un gigante buono, checché ne pensassero tutti gli altri.
Quindi ero consapevole che probabilmente sarei morta anch'io o che avrei potuto perdere qualcun altro, ma potevo sopportarlo se pensavo che ero in quella stanza con il ragazzo che amavo, mio fratello ed alcuni miei amici.
Però immagino che Elena non sarebbe stata contenta se la sua storia avesse preso una piega tranquilla.
Le porte dell'infermeria si spalancarono e credetti che si trattasse di Amalia, venuta a chiederci di evacuare anche quella zona, ma la treccia color ebano e le iridi di fuoco della ragazza che aveva fatto irruzione mi fecero ricredere.
Niall l'aveva preceduta all'interno dello stanzone quasi stesse conducendo lui il dinamico duo, tuttavia la sua aria imperiosa faceva a botte con l'irruenza di Rose, elementi che rendevano difficile capire chi avesse seguito chi.
"Iella, c'è un problema." mi avvisò il ragazzo dai capelli blu, facendomi notare la loro nuova piega incredibilmente sexy.
Quasi potesse leggermi nel pensiero Cyborg lo fissò ostile evitando di ammettere a se stesso che il Re di Kurtham era veramente sexy, mentre io aggrottavo le sopracciglia.
'Evviva, meno male che c'è un problema, altrimenti avrei cominciato ad annoiarmi' pensai.
Non gli chiesi di che tipo di problema si trattasse consapevole che non avrebbe esitato a dirmelo lui stesso, anche se non era complicato intuire cosa avrebbe potuto significare: quando mai erano venuti da me per risolvere una faccenda intricata se non quando si trattava di Elena?
Pregai che non avesse ucciso un'altra persona, altrimenti avrei dovuto farle un bel discorsetto.
"Bruce l'ha..." cominciò Rose, esitando davanti alla mia occhiataccia. "...l'ha presa."
Mi alzai in piedi continuando a fissarla, ignorando le scintille rosa che stavano percorrendo le mie dita.
Avevano fatto l'errore madornale di avvicinarsi al lettino di Cyborg mentre parlavano.
Inspirai.
Espirai.
Non è che io e l'Alpha ci stessimo granché simpatiche, perciò comprendevo appieno l'assenza di entusiasmo che aveva avuto nel comunicarmi qualcosa che mi avrebbe fatto andare fuori di testa.
La parte razionale di me mi stava suggerendo di approfondire la questione e fare altre domande.
La parte irrazionale di me, invece, non faceva che ricordarmi che la ragazzina era stata affidata a lei da me solo qualche ora prima, mentre cercavo di non impazzire di paura per Cyborg.
Inspirai di nuovo.
Espirai.
Il suo più grande errore era stato avvicinarsi al lettino.
Con un balzo scavalcai le gambe del mio ragazzo e mi lanciai contro la lupa mannara, con l'intento di farle ingoiare uno per uno tutti i suoi artigli.
STELLA
Amalia mi aveva rivolto una domanda piuttosto semplice a dire il vero, perciò forse a occhi esterni non sarebbe parsa sensata la mia così prolungata esitazione.
Tuttavia qualsiasi cosa avessi deciso di rispondergli non sarebbe potuta essere nemmeno lontanamente semplice.
Potevo dire No e mentire, ma avrei dovuto anche inventare una storia convincente da propinarle se non mi avesse creduto o convincere Tara e Jopre a mentire con me se avesse deciso di chiedere a loro conferma.
Potevo rispondere affermativamente e dire la verità, a quel punto obbligata a raccontarle tutta la storia senza poter ignorare la parte in cui ammettevo di averle tenuto una cosa di tale importanza per tanto tempo.
Oppure potevo non proferire parola, posticipando l'inevitabile con il rischio di farla preoccupare ancora di più.
Mi passai una mano tra i capelli lunghi, gesto che di solito faceva lei, mentre la osservavo completamente incapace di distogliere lo sguardo dal suo.
Mia sorella era ferma in piedi con le spalle rivolte all'enorme vetrata dietro di lei, perché non riusciva a sedersi sul trono più del necessario e non intendeva interpretare la parte della Regina anche quando poteva fare solo la sorella maggiore.
"Sì." dissi quindi con voce tremante.
Non ho mai saputo dire le bugie e di certo non ho mai saputo mentire a lei, la quale aveva fatto una faccia piuttosto sorpresa nell'udire le mie parole.
Ero appena tornata dalla dimensione dalla quale avevo riportato indietro una rimpicciolita Raven e non potevo negare che Anna ed Elsa mi avessero convinta ad aprirmi completamente con mia sorella, la quale era anche la mia regina; lei sarebbe voluta andare subito al campo di addestramento dove Thornton stava allenando Neve e poi farsi una dormita, ma non appena mi aveva vista mi aveva chiesto di seguirla nella Sala del Trono, il che mi aveva quasi fatto pensare a una sorta di gioco del destino.
"Stai dicendo di sapere il motivo per cui Fray, lo snob re di Citadel, non vuole che tu parta per altre dimensioni?" domandò di nuovo, incredula.
"Sì." ripetei, mordendomi l'interno della guancia. "Probabilmente ha paura che io usi la scusa delle missioni per fuggire o nascondermi."
Ci avevo pensato a lungo, in realtà, soprattutto quando vedevo come mi scrutava contrariato e diffidente ogni volta che sapeva dovessi partire per una delle dimensioni da sigillare.
Mia sorella incrociò le braccia al petto e mi squadrò ancora più scettica.
"E perché mai a Fray dovrebbe interessare se la principessa di Tamaran fugge dalla guerra?" chiese, stringendosi nella sua tunica color avorio nella quale era avvolta.
Non potevo ignorare quanto fosse bella e quanto il suo aspetto esteriore rispecchiasse quella che lei era veramente: la sua era una bellezza spigolosa, come il suo carattere, ma oltre al portamento arrogante vi era qualcosa di inspiegabilmente dolce nel suo viso e nel suo sguardo, come se avendo provato le cose peggiori sulla propria pelle fosse sempre più incline a perdonare gli altri. In questo eravamo molto simili.
"Perché quando ho richiesto il suo aiuto in battaglia gli ho promesso che in cambio avrebbe avuto una sposa." risposi, ogni parola che usciva dalla mia bocca un peso in meno sul mio stomaco. "Io."
E così le raccontai brevemente come era avvenuta la trattativa, di come Jopre e Tara avessero tentato di dissuadermi e di come io avessi dovuto pregarli di non metterla al corrente di nulla, poiché non mi sentivo pronta a farlo. L'azione che avevo compiuto poteva sembrare fatta alla leggera, ma anche mentre parlavo con il figlio di uno dei più grandi tiranni della storia sapevo che stavo donando tutta me stessa per quella causa, che stavo donando tutta me stessa per vincere la guerra.
Ascoltando le mie parole Amalia cominciò a sgranare gli occhi sempre di più, pendendo dalle mie labbra e perdendo ogni traccia di incredulità.
"Io... Kory, io..." boccheggiò una volta che ebbi finito il mio racconto, prima di sfregarsi le palpebre con le dita e prendere un respiro profondo. "Perché non me l'hai detto prima?"
"Perché temevo me l'avresti impedito, però sapevo che quello era l'unico modo." feci, con voce rotta.
Forse non era quello il momento di piangere e forse non avrei proprio dovuto farlo, ma un prepotente singhiozzo uscì dalle mie labbra senza avermi chiesto il permesso. Avevo letteralmente buttato via la mia felicità, ogni singola speranza di vivere la vita che volevo con le persone che volevo, e la cosa che mi faceva più male di tutte era sapere che ciò che avevo fatto era giusto.
Non avevo mentito quando le avevo risposto, anzi, ero più che convinta che se l'avesse saputo avrebbe mosso stelle e pianeti pur di liberarmi dal vincolo che mi legava al re di Citadel.
Però in quel momento, mentre piangevo e percepivo il peso sul mio stomaco alleviarsi improvvisamente, speravo che Amalia si rivelasse all'altezza dei miei timori e che trovasse una soluzione che mi avrebbe resa felice.
'Ti prego, sii la sorella che in questo momento vorresti tanto essere' pensai.
"Oh Kory. Io sono così fiera di te." ammise, con le lacrime agli occhi.
Leggevo nel suo sguardo esattamente quello che avevo immaginato potesse pensare: non era affatto contenta, non era felice per la mia scelta avventata e non avrebbe finto di esserlo. Tuttavia capii la sua approvazione, poiché avevo messo il beneficio della nostra gente davanti al mio e lei non avrebbe potuto chiedere di più da me.
Si avvicinò ed allargò le braccia, all'interno delle quali mi lanciai senza troppi complimenti, aggrappandomi con le mani alle sue spalle mentre lei mi stringeva per la vita nel moto più sincero di affetto che avesse mai provato nei miei confronti fino ad allora.
"Sei stata brillante, okay? Sei stata geniale a pensare di proporre un patto simile a Fray e se non ti fossi offerta tu stessa probabilmente mi sarei concessa io, non appena ne avessi avuto l'occasione." mi disse, appoggiandomi una mano sui capelli. "Ma sei stata forte, come sempre, e nessuno potrà mai ringraziarti abbastanza per questo. Ci hai permesso di avere qualcosa di prezioso durante questa guerra: speranza."
E fu mentre tenevo il mento appoggiato nell'incavo del suo collo e l'occhio mi cadde sul trono vuoto che lei non avrebbe tentato di impedire il matrimonio, nonostante non l'approvasse per nulla. Perché ormai non poteva più essere solamente mia sorella, ormai era una Regina e avrebbe sempre fatto ciò che era giusto per il suo popolo senza badare ai suoi desideri, come solo i migliori sovrani fanno.
Ed in quel momento capii anche che nemmeno io potevo essere solamente una Titans, ormai era una principessa e come tale avrei dovuto dimenticare cosa volesse dire essere egoisti.
Come se lo fossi mai stata, avrebbe replicato Robin, se gliel'avessi detto.
Chiusi gli occhi respirando il profumo di mia sorella, consapevole che quel matrimonio si sarebbe celebrato, ma che avrei portato il fardello della verità a riguardo da sola: se Robin non avesse saputo che lo facevo contro la mia felicità allora non me l'avrebbe impedito.
Lettore: FUUUUUUUUUUUUUUUUUUUCK.
FUCK.
FUCK.
DUCK.
FUCKDUCK.
DUCKFUCK.
FUCK THE DUCK.
Peter: SDFGHIYTRDXJNGTSDFGHOKN
Io: *sbattendo la testa contro il muro* PERCHE'. SONO. COSì. IDIOTA
Samuele: *prendendo appunti* Quindi questa reazione per quale parte senza senso del capitolo è? Subconscio: *scrutandoli da dietro gli occhiali* A giudicare dalla schizofrenia non credo sia solo dovuta dalla commozione cerebrale di Cyborg, dalla pucciosità di Raven e Robin da piccoli, dalla sparizione di Elena o dall'imminente combattimento al fronte che potrebbe ucciderli tutti. Credo piuttosto -dato l'ultimo commento di Elena, nel quale ammette di essere un'idiota- che sia qualcosa riguardo all'ultima parte, dove la RobStar sembra non avere più futuro.
*un'orda di fan irrompe nella casa con torce e forconi*
Tutti: *agitando le armi* VIENI FUORI ELENA, SUBITO.
Io: *interrompendo il tentativo di sfondare la parete con il mio cranio* Porco Crono.
Peter: *emotivamente complessato* Noi le vogliamo bene, ma ha fatto una cazzata. Dovremmo stare dalla sua parte o...
Lettore: *porgendogli un forcone* Scusa, non ti ho sentito, ero andato a prendere oggetti con cui picchiarla.
Io: *saltando dalla finestra* NON MI AVRETE MAI VIVA.
Tutti: *seguendola giù dalla finestra* A MORTEH!
*dopo qualche secondo, una volta rimasti in camera da soli Subconscio e Samuele si guardano*
Subconscio: Dovremmo intervenire?
Samuele: Nah, credo se la possa cavare da sola. Parlando di cose importanti *avvicina le punte delle dita tra di loro ed accavalla le gambe* Lettore ha detto Fuck the Duck.
Subconscio: Beh, immagino intendesse insultare Fray...
Samuele: Questo vuol dire che Fray è un'anatra. E questo vuol dire *estrae un lanciafiamme da non si sa dove con un sorriso malvagio sulla faccia*cHe Se UcCiDo TuTtE lE aNaTrE pOtReI uCcIdErE aNcHe LuI.
Subconscio: SAMUELE NO-
Samuele: *saltando dalla finestra brandendo il lanciafiamme* FUCK THE DUCK.
Subconscio: *correndogli dietro e saltando per raggiungerlo e fermarlo* EHI, MODERA IL LINGUAGGIO GIOVANOTTO.
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