Capitolo 37 - Torniamo a casa?
RAVEN
Sbattei piano le palpebre, un raggio di sole filtrava attraverso i vetri della finestra sopra alla mia branda mi impediva di vedere chiaramente.
Una forte confusione e senso di vertigine accompagnava un misterioso dolore alla guancia destra, che stupidamente cercai di sfiorare facendomi ancora più male.
"Raven?" mi sussurrò una voce familiare, vicina.
Cercai di concentrarmi sulla sagoma del ragazzo chino su di me e riconobbi il sorriso stanco di Robin, accompagnato dai suoi altrettanto esausti occhi blu ai quali dovevo ancora fare l'abitudine.
"Mi senti forte e chiaro?" domandò, mentre io lentamente mettevo a fuoco il suo viso.
Strinsi i denti scacciando una fitta di mal di testa ed annuii, a fatica.
"Molto bene, sei stata bravissima." mi disse, accarezzandomi la tempia con fare protettivo. "Anche se adesso stai veramente da schifo."
Trovai l'energia per alzare gli occhi verso l'alto e gli diedi uno schiaffetto sulla mano, facendogliela togliere.
Mi appoggiai sui gomiti per alzarmi di poco ed il nostro leader si affrettò a sistemare il cuscino dietro alla mia schiena, in modo che potessi sedermi comodamente.
Una volta a mio agio potei constatare che la luce che aveva lambito la mia mia pelle amante del buio non proveniva da una finestra, bensì dall'apertura sul soffitto della tenda mia e di Stella.
Con una piacevole stretta al cuore vidi la ragazza e Cyborg addormentati l'uno accanto all'altra, con la testa appoggiata ai piedi del mio letto come se non si fossero mossi pur di vegliare su di me.
Tuttavia l'evidente assenza di qualcun'altro mi insospettì.
"Dov'è Beast Boy?" chiesi, con voce rauca.
Robin scrollò le spalle per minimizzare, gesto che faceva ogni qualvolta volesse nascondere qualcosa.
"È in infermeria con Soraya e Tara, erano tutti e tre privi di sensi ma senza ferite gravi." rispose, alzando un angolo della bocca verso l'alto. "Abbiamo dovuto portarti qui perché emanavi un'energia rovente, avresti ustionato chiunque nel raggio di un paio di brande."
Sbattei nuovamente le palpebre, la testa ancora pesante e ovattata.
Non poteva fingere di essere più sollevato di quanto non fosse, soprattutto perché c'era una profonda tristezza e preoccupazione nei suoi occhi che sembrava più pesante del solito.
"Che cosa è successo? Perché hai quella faccia?" domandai, già pronta a balzare giù dal letto per aggredirlo, anche se non ero nelle migliori condizioni per vincerlo.
Non che fossi mai riuscita a batterlo in un corpo a corpo, comunque.
Lui gettò la testa all'indietro, senza rispondere, emettendo un debole lamento basso che mi costrinse a tentare di alzarmi davvero prendendo effettivamente coscienza delle mie condizioni.
Oltre al dolore alla faccia e una forte fitta che mi aveva colpito al fianco destro, mi sentivo incredibilmente leggera, quasi svuotata.
Tentai di toccare la mia fronte per capire in che stato fosse la gemma in seguito alla lotta contro mio padre, ma la piccola pietra che era rimasta incastonata in me per tutta la mia vita fino a quel momento era sparita.
E fu in quel momento che capii veramente di aver sconfitto Trigon.
Il ricordo del nostro confronto, impossibile chiamarlo 'battaglia', era offuscato e poco chiaro, tuttavia mi pareva ancora di percepire sulla mia pelle quali erano state le sensazioni che avevo provato, lasciandomi consumare dal suo potere. Era stato completamente diverso da ciò che avevo sentito fino ad allora, poiché per la prima volta ero stata io a scegliere quale parte di me potesse decidere di avere.
Il dolore che avevo provato sembrava volermi spezzare a metà, ma sapevo che ciò che si sarebbe separato da me e sarebbe scomparso sarebbe stata la mia parte demoniaca, ovvero quel lato di me che era il suo unico punto di accesso alla vita.
Perciò, quando un corpo di luce bianca si divise da me, rimasi a guardarlo in attesa di ciò che si sarebbe compiuto, aspettandomi di dissolvermi in una nube nera ed essere assorbita dalla forza di Trigon.
Ma la sagoma prese le sembianze di Sunny per quei pochi istanti in cui fummo l'una davanti all'altra, ed in quel momento riuscii a capire.
Era sempre stata Raven la parte umana di me stessa, la parte fallibile, incasinata, emotivamente complessata e terribilmente confusa da ogni cambiamento che avveniva nella mia esistenza. Perché Sunny era solo un modo per vedere che, in realtà, ero solo io che stavo cambiando. Ero io che crescevo, imparavo e miglioravo, ero io che sbagliavo e mi rialzavo dopo essere caduta, ero sempre stata io.
La ragazza dai ricci color carota mi rivolse un sorriso ad occhi chiusi, facendo risaltare le lentiggini sulle guance abbronzate.
"E' stato bello vederti scegliere." mi disse, allungando una mano verso di me.
Dal profondo della mia esausta e sofferente cassa toracica si fece strada lo sbuffo di una risata, mentre allungavo anche io una mano per sfiorare la sua.
E' questo che fanno gli umani: scelgono.
La maggior parte delle loro scelte sono stupide, o folli, o irragionevoli, ma hanno questa assurda bellezza che rende appieno il concetto di essere umano.
E sin dalla mia nascita anche io avevo compiuto le mie scelte, le mie strabilianti, illogiche ed azzardate scelte, che erano arrivate a definire la ragazza sospesa nell'aria infuocata di quella dimensione.
Le nostre dita si sfiorarono ed il mio piccolo mondo esplose.
"Come ti senti?" mi chiese Robin, continuando a non rispondere alla mia domanda.
Mi soppesava con sospetto ed apprensione, come se dalla mia risposta potessero dipendere delle vite.
"Bene." ammisi, per la prima volta dal mio risveglio anche a me stessa. "Veramente tanto, tanto bene."
Il ragazzo annuì, alzandosi in piedi ed invitandomi a fare lo stesso.
"Okay, allora dobbiamo andare in infermeria." disse, improvvisamente impaziente. "Lui ha bisogno di te più che mai."
Il mio cuore parve voler fuggire dal mio petto, mentre voltavo di scatto la testa verso di lui.
"Beast Boy?"
Era per quel motivo che non si trovava lì con noi? Perché era in pericolo di vita?
Ma il nostro leader scosse la testa con gravità e si morse rapidamente il labbro inferiore, porgendomi la mano perché potessi aggrapparmi ad essa per scendere dalla branda.
"No." scandì, rapidamente. "Niall."
Così scesi dal letto con un piccolo balzo e gli afferrai la mano, ma solo perché venisse teletrasportato con me.
Sparire in un lampo di magia appena dopo il sonno seguito a una simile impresa era qualcosa di stupido e decisamente poco sano per il mio corpo, tuttavia non sarebbe mai stato quello il mio primo pensiero.
Niall.
Perché avrebbe dovuto aver bisogno di me? Era stato lui il mio insegnante, i suoi poteri eguagliavano quasi quelli della sorella, avrebbe potuto contrastare ogni imprevisto.
Cosa c'era che non andava? Cosa?
Ricomparimmo davanti alla serie di strutture prefabbricate e tendoni che costituiva l'infermeria, l'aria secca e bollente di Tamaran che mi riempì i polmoni per svegliarmi definitivamente.
"Dove si trova di preciso?" chiesi a Robin, che teneva ancora stretta la mia mano ma vacillò in preda a una vertigine.
"Nel terzo gazebo sulla destra..." rispose, scuotendo la testa per riprendersi. "E dovresti davvero avvisarmi la prossima volta che-"
Ma ormai non lo stavo più nemmeno percependo, perché avevo individuato l'entrata che mi avrebbe portato da Niall.
Feci quella che per me poteva essere la corsa più veloce, lasciando che i miei piedi scalzi andassero a contatto con la calda polvere rossastra del terreno, prima di aggrapparmi quasi disperatamente alla tenda bianca che mi separava dall'interno del gazebo.
Quando la scostai vidi qualcosa che non mi sarei aspettata.
Il branco di Rose se ne stava in piedi in un angolo della stanza, nel mezzo della quale si muovevano rapidamente medici e infermiere, con l'aria di chi non chiudeva occhio da giorni.
Al centro, proprio davanti a me, la giovane Alpha dai capelli bianchi sedeva su uno scomodo sgabello praticamente aggrappata al lettino, mentre stringeva la mano di chi ci sedeva sopra.
E chi vi stava sopra non era altri che Niall, impossibilitato a stendersi o a riposarsi perché un'asta lo trapassava da parte a parte.
"Rose, il dolore è troppo, dovresti..." tentò di dirle Thomas, mordendosi il labbro inferiore.
Da quello che mi era stato raccontato, sapevo che a sua volta il ragazzo dai capelli color sabbia aveva cercato di portar via il dolore della sua madre adottiva, Estelle, fino all'ultimo nonostante le parole del branco, e trovarsi lui in dovere di dire certe cose probabilmente era quanto più difficile potesse accadergli.
La ragazza si lasciò sfuggire un ringhio strozzato, senza nemmeno voltarsi verso di lui.
"Stai zitto." ringhiò, con voce spezzata. "Io non posso-"
"Rose." la chiamò il ragazzo dai capelli blu, con estrema dolcezza.
Lei sollevò lo sguardo su di lui e Niall le rivolse un sorriso morbido, palesemente desideroso di sfiorarla senza soffrire ma incapace di farlo.
"C'è Rachel." la avvertì poi, guardando nella mia direzione.
Tutti all'interno della stanza si girarono verso di me e prima che potessi accorgermene venni afferrata per le spalle da Luke, che a dispetto dell'età nettamente inferiore era quasi alto quanto me.
Rapidamente mi condusse accanto alla branda, al che persino i medici mi lasciarono passare, confondendomi ancora di più. Perché non avevano fatto niente per salvarlo?
"L'emorragia è bloccata dall'arma, che è come se tappasse la ferita." mi informò brevemente il ragazzino. "Ma se cerchiamo di tirare via la lancia..."
Sfiorò il manico dell'arma per farmi capire quale fosse il problema e la sua mano venne respinta da un campo di energia scarlatta, palesemente il residuo di un qualche incantesimo di mio padre.
Ogni conseguenza della sua presenza demoniaca, come la mia gemma, si era dissolta o stava andando dissolvendosi, tuttavia quest'incantesimo ancora sopravviveva, probabilmente nutrendosi della magia di Niall. Ciò era anche una sufficiente spiegazione per il fatto che lui non potesse usare i propri poteri per estrarre l'arma.
"Quindi, Roth, non è che potresti cortesemente togliermi questa robaccia con la magia?" mi chiese il re di Kurtham, con un ghigno che servì solo a mascherare una smorfia di sofferenza. "Perché io sto alla grande, davvero, ma Rose potrebbe svenire da un momento all'altro se continua ad assorbire tutto questo dolore."
"Chiudi quella fogna, Eruzione Cutanea." lo zittì la ragazza, illuminando le iridi di rosso.
Nate emise uno sbuffo irritato e nervoso, scuotendo le mani come se avesse toccato qualcosa di bollente.
"Potreste smettere di flirtare per un misero secondo?" chiese, con l'espressione di qualcuno che stava per avere una crisi nervosa.
Deglutii ed feci un gesto con il capo, piegandolo in avanti una volta sola in segno di assenso, anche se ero esitante.
I miei poteri erano stati affidabili per quel breve teletrasporto di poco prima, ma potevo davvero contare su di loro per qualcosa di così importante?
Non erano più poteri demoniaci e non ero nemmeno molto sicura che funzionassero nello stesso modo.
Allungai le mani in avanti, con esitazione, ma senza oppormi. Sapevo che c'era bisogno di me.
E oltretutto sarebbe stata un'ottima occasione per rinfacciare a Niall di avergli salvato la vita.
"Credo che per formulare un incantesimo si debba fare molto più che stare immobili." mi sussurrò il ragazzo, mentre Rose faceva una smorfia di dolore.
Gli lanciai un'occhiataccia e presi un respiro profondo.
Non appena l'avessi salvato, nulla mi avrebbe impedito di schiaffeggiarlo con il cuscino che lo sosteneva da dietro.
Sbattei le palpebre un paio di volte e quando le riaprii sulle mie mani vi era quella familiare pellicola di magia dal colore scuro che mi aveva sempre accompagnata.
Recitai l'incantesimo a mezza voce ed anche la lancia venne ricoperta dal mio potere, che sovrastò con facilità quello scarlatto di mio padre.
Spostai la mano destra verso l'esterno facendo muovere l'asta in quella direzione, mentre con la sinistra mi occupai di fare avvolgere dalla mia magia anche il torace scoperto di Niall, borbottando tra me e me il mantra curativo che lo avrebbe dovuto salvare.
Quando l'arma fu completamente estratta dal suo corpo, sia lui che Rose emisero un verso di dolore, prima che la ragazza si trovasse costretta a lasciargli andare la mano prima di perdere i sensi.
Intrecciai le dita e mi avvicinai al corpo del mio amico, esattamente prima di sfiorarlo appena sotto il foro che fortunatamente non gli aveva intaccato nessun organo interno.
Quando la mia pelle e la sua furono a contatto dalla ferita si sprigionò una luce opaca e scura, con alcune scintille argentee che derivavano dalla sua magia.
Scostai la mano e lui era tornato come prima, ma dovetti aggrapparmi al giovane Luke per non cadere in preda a una vertigine spaventosa.
"Stai bene." mormorò l'Alpha, prima di alzarsi in piedi ed alzare la voce. "Brutto rifiuto umano che non sei altro, stai bene!"
Il ragazzo si sfiorò la pelle candida dove prima era infilata l'arma con stupore, prima di rivolgere un sorriso sornione alla ragazza.
"Per forza, cosa ne sarebbe stato della tua esistenza senza di me?" domandò, piegando la testa di lato. "Sono qui solo per farti felice, Rosie."
C'era qualcosa che non andava.
Rose si lanciò su di lui ad artigli scoperti e Niall cominciò a ridere, tenendola per gli avambracci affinché non gli facesse del male, dimostrando a tutti che quella non stava facendo sul serio.
Avevo percepito qualcosa che non andava, qualcosa che non ero riuscita ad aggiustare.
E quando capii di cosa si trattasse fu come se tutto l'universo mi crollasse addosso.
"E, Rachel." mi chiamò il re di Kurtham, guardandomi quasi orgoglioso. "Grazie."
Le mie labbra si schiusero lentamente per rispondere alle sue parole, ma non uscì nessun suono da quelle.
I miei occhi cominciarono a pizzicare e scossi forte la testa, consapevole che non aveva nulla di cui essere orgoglioso.
"Mi dispiace." dissi, con voce tremante. "Mi dispiace così tanto."
Il branco di lupi mannari e la squadra di medici che si era dimezzata, in quanto molti di loro erano andati a occuparsi di altri feriti, mi osservarono confusi e sorpresi.
Niall invece, dopo un momento di stupore, lasciò che il suo viso si adombrasse, anche se impercettibilmente.
"Per cosa ti stai scusando, Roth?" mi domandò. "Mi hai salvato."
Scossi nuovamente la testa e sentii una lacrima rigarmi la guancia, lacrima che sembrò allarmare terribilmente la ragazza dai capelli bianchi.
"La magia demoniaca di Trigon di cui la lancia era impregnata si è radicata all'interno del tuo corpo. Chi l'ha scagliata deve aver impresso una sorta di incantesimo di distruzione su di essa, così che, più tempo rimaneva nelle carni di chi era stato colpito, più si dilagava la magia." spiegai, mordendomi il labbro ed indicando la mia fronte. "E io non posso toglierla, perché non sono più un demone."
Niall sbatté le palpebre quasi incredulo e poi si coprì la faccia con le mani, sfregandosela nello sconforto.
Era ovvio che avesse capito cosa stava succedendo, dopotutto era stato lui, molti anni prima, ad insegnarmi quali erano le conseguenze di tali incantesimi.
Thomas si avvicinò, confuso, cercando di capire cosa succedeva.
"Non capisco, cosa gli succederà, visto che non riesci a toglierla?" chiese, mentre Nate spuntava da dietro alla sua spalla quasi per timore della mia risposta.
"I tipi di magia, quella demoniaca e quella non, possono essere divisi in magia dell'anima e magia senz'anima. I demoni ovviamente controllano la seconda, poiché non traggono potere dalla propria anima ma dalla vita che li circonda, e un tipo di magia non può fare niente per annullare gli effetti dell'altra." risposi, senza nemmeno riuscire a rivolgere lo sguardo a Niall. "Perciò né io, che ormai non sono nemmeno in parte demone, né Niall potremo eliminare ogni traccia dell'incantesimo dal suo corpo. E questo significa che quel potere lo consumerà dall'interno come se fosse... Un cancro magico."
Un silenzio pesante calò all'interno della stanza, mentre colui che avrebbe affrontato tutto questo sembrava volersi rannicchiare su se stesso per sparire completamente.
Luke sollevò appena la spalla su cui mi ero appoggiata per attirare la mia attenzione, costretto a stringere gli occhi a causa dell'assenza dei suoi occhiali.
"Ma Elena non aveva mai avuto difficoltà con la magia senz'anima, e da quello che ci avete raccontato Soraya ha combattuto contro Lord Voldemort in passato." osservò, dimostrando un certo scetticismo.
Cercava di fingere che ci fosse una soluzione, ovviamente, ma più che per se stesso lo faceva per la propria Alpha, che osservava il ragazzino a occhi quasi sbarrati.
Questa volta fu Niall a rispondere al mio posto, quasi seccamente.
"Elena aveva gli stessi poteri di una vera e propria divinità in questo universo, certe regole per lei non valgono." replicò, abbassando le mani dal viso ed abbracciandosi le ginocchia. "Mentre Soraya ha affrontato Lord Voldemort perché lui aveva ancora un minimo rimasuglio della sua anima. Oltretutto il Signore Oscuro veniva da una dimensione spazio-temporale differente, dove il tempo è diverso e dove le leggi che regolano la magia sono diverse."
Prima che riuscisse a finire la frase si lasciò andare in una risata fragorosa, una risata che non gli era mai appartenuta nemmeno nel periodo in cui non era se stesso.
E quando sentii il vuoto dentro di me all'udire di quel suono capii che era la stessa risata amara di Rose, la stessa risata che ti strappava via ogni cosa pur di ridurti come colui che le dava vita.
Anche la licantropa se ne accorse e si coprì per un secondo la bocca con una mano, quasi spaventata. Era stato anche grazie a Niall che il suo modo di ridere era cambiato, chi poteva fare cambiare quello del ragazzo, invece?
"Non è spaventoso essere pronti a morire a una simile età?" osservò, piegando la testa verso l'entrata della tenda. "Non so come tu faccia ogni giorno, Robin."
Mi voltai e vidi il nostro leader fermo all'ingresso, al che mi chiesi da quanto tempo fosse lì senza che l'avessi notato.
Non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che dietro di lui il telo che ci separava dall'esterno si scostò, facendo entrare una versione decisamente più umana e decisamente più arrabbiata di Soraya.
"L'ho sentito." cominciò, entrando a grandi passi e dirigendosi verso il fratello. "I miei poteri non funzionano più e non posso usare la magia, ma l'ho sentito attraverso la Forza. Non è riuscita a toglierlo del tutto, vero?"
Non mi guardò direttamente, ma sapevo che parlava di me.
Il fratello maggiore le rivolse un sorriso morbido e le sfiorò i capelli neri, accarezzando il viso perfetto deformato dalla disperazione.
Nessuno sembrava pronto a perdere Niall un'altra volta.
"Ehi, sorellina, è okay." mentì, scrollando le spalle. "Tanto essere re non faceva esattamente per me."
Le labbra di Soraya ebbero un fremito e si abbandonò contro il ragazzo, abbracciandogli le spalle e lasciandosi andare in un pianto incontrollato.
Il forte senso di oppressione che mi schiacciava non riusciva a darmi pace, mentre sentivo che se non avessi scelto di rinunciare a una parte di me, avrei potuto salvarlo.
Ma a quale prezzo?
Quello di permettere a Trigon di tornare?
Ciò che odiavo veramente era come sembrasse essere inevitabile.
Rose si schiarì la voce, rivolgendosi al mio compagno di squadra con una sorta di freddezza indecifrabile.
"Una parola, Robin." disse, prima di rivolgersi al suo branco. "Voi invece riposatevi, oggi torniamo sulla Terra."
Se ne andò senza aggiungere altro, seguita da Robin e dai quattro lupi mannari.
Mi strinsi nelle braccia, osservando come i due fratelli non riuscivano a separarsi a causa di tutto quel dolore che li stava letteralmente distruggendo. Non potevo rimanere a guardare il mio fallimento, una delle persone più importanti per me che doveva affrontare la consapevolezza di ciò che gli sarebbe accaduto.
Così mi voltai ed uscii dal gazebo, lasciando che il sole accecante del giorno e l'aria secca mi colpissero in pieno volto.
Avrei voluto sciogliermi nella polvere. Avrei voluto...
"Rae-Rae." mi chiamò una voce familiare.
Con lentezza mi voltai verso il ragazzo alla quale apparteneva in modo che, anche se a qualche metro di distanza, fossimo l'uno davanti all'altra.
Chi stavo guardando aveva una pelle abbronzata che faceva risaltare i corti capelli biondi, ma tutto di lui mi ricordava il suo aspetto precedente. E di sicuro non sarebbe bastato qualche colore diverso a non farmelo riconoscere.
"Lo sai che detesto questo soprannome." ribattei, a voce alta abbastanza perché mi sentisse. "Che hai fatto ai capelli?"
Beast Boy si strinse nelle spalle, avanzando di un passo nella mia direzione.
"A quanto pare io, Soraya e Tara abbiamo perso momentaneamente i poteri. Anche se Tara se la passa peggio di tutti e tre, è ancora in infermeria perché ha avuto dei problemi con la protesi alla gamba." rispose, indicandomi poi con un cenno del mento. "Tu che hai fatto alla faccia, invece?"
Questa volta fui io ad avanzare verso di lui, inumidendomi il labbro inferiore.
"A quanto pare non sono più nemmeno mezza demone, e pare che il separarsi da quella mia metà abbia causato anche conseguenze fisiche." gli rivelai suscitandogli un sorriso. "Stai bene?"
Quando fu il suo momento invece mosse due passi, come se non vedesse l'ora di avvicinarsi veramente a me.
E non potevo dire di non capirlo, dopotutto non ero sicura che potessi resistere ancora per molto senza la sua vicinanza.
Sorrise ancora di più, stringendo persino gli occhi verde mare.
"Sono solo stanco." ammise, sfiorandosi la maglietta bianca che avrei scommesso venisse dai bagagli di Red X. "Ieri è stata una giornata piuttosto difficile. Mi sa che siamo rimasti privi di sensi per più di dodici ore."
I miei piedi scalzi, a contatto con la polvere bollente, arrivarono a sfiorare i suoi.
Anche a casa eravamo sempre stati noi due i più ostili nei confronti delle scarpe, così non c'era da stupirsi che avessimo fatto la stessa scelta di non cercare le nostre.
Allungai una mano verso il suo viso, permettendogli di appoggiarvisi contro con estrema dolcezza e delicatezza, come se non volesse rompermi.
"Sei più alto di me." gli feci notare, dipingendo anche sul mio viso una sorta di sorriso stanco.
Si trattava solo di qualche centimetro, ma ormai era più che evidente.
Lui usò il pollice della mano sinistra per accarezzarmi la guancia ferita, con un tocco talmente leggero e gentile che non percepii nemmeno il più minimo dolore.
"Era anche ora, no? E Cyborg che diceva che avevo già finito lo sviluppo." scherzò, mordendosi il labbro inferiore. "Sai, per un secondo ho avuto paura di non vederti più. Ma poi mi sono ricordato che era con te che Trigon aveva a che fare: e chi avrebbe mai avuto la meglio tra il più terribile demone dell'universo e una tardo-adolescente arrabbiata e determinata?"
Mi permisi di ridere e sentii come se qualcosa venisse sollevato di forza dal mio petto, nonostante tutte le brutte cose che ci erano successe. Era anche questo il suo superpotere, la capacità di farsi carico del dolore altrui e farlo sparire come se fosse niente.
"Non te l'ho mai detto." gli sussurrai. "Ma credevo che a questo punto tu ti saresti stancato di me."
Beast Boy sbatté le palpebre con stupore, portandosi una mano al petto.
"E io pensavo che a questo punto tu avresti ricominciato a odiarmi." confessò, con un certo timore, come se dirlo ad alta voce mi avrebbe fatto propendere per quell'opzione.
Mi sporsi verso di lui e posai le mie labbra sulle sue, piano, con delicatezza e senza fretta, come se ormai avessimo tutto il tempo del mondo per capirci, per andare a tentativi.
Rispose al gesto in modo altrettanto lieve, passando un braccio attorno alla mia vita e rilassando le spalle.
Quando mi scostai gli stavo già sorridendo.
"Ti amo." dissi. "E non ti ho mai odiato, in realtà."
"Lo so." replicò, con un sorriso altrettanto luminoso. "Eri una pessima bugiarda."
Gli presi una mano con la mia e rimasi ad osservarlo in quelle iridi così familiari, nonostante avessero leggermente cambiato tonalità di colore.
Avevamo vinto.
Avevamo perso molte battaglie e molti compagni, ma la guerra era stata vinta.
E potevamo permetterci di dimenticarci delle cose brutte, per una volta.
"Forse." commentai, con una smorfia. "Andiamo a mangiare qualcosa?"
"Credevo non me l'avresti mai chiesto." fece, visibilmente sollevato.
Così ci dirigemmo verso la mensa, pestando con i piedi nella polvere rossastra senza smettere di tenerci per mano.
CYBORG
Strinsi con forza il bullone della sofisticata apparecchiatura, solo come ultimo ritocco al lavoro che era stato compiuto prima che arrivassi all'interno della tenda di Amalia.
La Regina era nello stato più impresentabile in cui l'avessi mai vista, avvolta in una tunica stropicciata e macchiata di quello che sembrava succo ma poteva essere anche sangue, con i classici capelli di chi si è appena svegliato da un riposino ristoratore e quella che sembrava bava incrostata al lato della bocca.
La ragazza si stiracchiò sbadigliando, appoggiandosi con un gomito a un'esausta Bumblebee, che era rimasta a sorvegliare il fratello di questa per tutta la notte.
Mi allontanai dalla protesi di metallo e feci un cenno alla sua proprietaria.
"Prova ora." le dissi.
Tara fece un'espressione di profondo sforzo e la gamba metallica si mosse in modo perfettamente fluido, provocandole un palese sollievo.
La tecnologia tamaraniana (lo scriverò così d'ora in poi, ma non correggerò mai i tre libri che precedono questo momento glorioso) era talmente avanzata ed intuitiva che persino le protesi erano perfettamente adattabili a chi le utilizzava, per questo la ragazza dai capelli biondi non aveva dovuto fare molta riabilitazione quando le era stata messa la prima volta.
Purtroppo qualcosa nell'ultimo cambio di dimensione era andato a nuocere all'arto metallico, ma in breve eravamo riusciti a trovare una soluzione.
"Tara, la mia consigliera preferita a cui voglio così tanto bene, è finalmente abile. Evviva." borbottò Amalia, con la voce impastata di sonno. "Ora posso riavere la privacy della mia tenda?"
Ormai era passata da molto l'ora di pranzo, ora in cui la Regina era tornata nel suo letto e si era concessa un po' di riposo dopo una lunga notte di trattative e pianti.
Perché non si era allontanata nemmeno per un istante da Thornton, insieme al quale aveva sofferto la morte di Jopre.
Il Generale si era ritirato nei suoi alloggi nello stesso momento in cui l'aveva fatto lei, ma dubitavamo che fosse riuscito ad addormentarsi.
Bee fece schioccare la lingua contro il palato, in segno di dissenso.
"Tuo fratello sta ancora scrivendo il discorso e la sua tenda è stata già smontata, in quanto era la stessa di Gunilla." replicò, con un moto di disgusto. "Nessuno vuole parlare di come sia stata ritrovata priva di vita in seguito a un colpo di pistola a laser?"
Il giovane principe di Tamaran, seduto alla scrivania della sorella maggiore, sollevò gli occhi da ciò a cui lavorava per partecipare alla conversazione, subito dopo un sospiro.
"So che Gunilla non è mai piaciuta a nessuno di voi, ma in un certo senso è stata lei a crescermi. Il suo modo di crescermi non è stato propriamente sano, però..." Si strinse nelle spalle, con una certa malinconia nello sguardo. "Il matrimonio affrettato prima dell'ultima battaglia però ha fatto sì che ora sia io il legittimo successore al trono di Huma'na, e riuscire a farmi accettare dal suo popolo sarà più che complicato." Si sfregò la fronte frustrato, facendomi improvvisamente realizzare che fosse un ragazzo forse più giovane di Raven e Beast Boy. "Io non so fare il tiranno."
Amalia gli si avvicinò con un sorriso incoraggiante, posandogli una mano sulla spalla e rivolgendogli un sorriso.
Nonostante ormai mi sentissi particolarmente legato anche a lei, non riuscii a trattenermi dal fare un pensiero infelice.
«È davvero questa la stessa persona che concede la mano dei propri fratelli in cambio di alleanze?»
"Tu non saresti un re tirannico nemmeno se avessi idea di come esserlo." gli disse, accarezzandogli i capelli raccolti in un codino sulla nuca. "Tu sei gentile, sei brillante e sei stato temprato dalle peggiori follie di Gunilla. Saprai farti valere e loro ti saranno leali. Io lo so."
Era quel tipo di scenetta famigliare alla quale ero abituato solo attraverso gli anni passati con i miei compagni di squadra e forse per la prima volta notai una forte somiglianza tra Amalia e Stella: la solidarietà che mettevano nelle loro parole era letteralmente la stessa.
Bee fece un versetto nasale, storcendo le labbra per reprimere la tenerezza.
"Da questo momento ci dirigeremo tutti a casa. Raynd'r* tornerà su Huma'na il più in fretta possibile e noi torneremo sulla Terra, dove ci aspetta la solita noiosa routine. Chi l'avrebbe immaginato che combattere quei criminali di terza categoria mi sarebbe mancato?" chiese a me e alla ragazza dai capelli biondi, mentre i due fratelli continuavano a conversare tra di loro.
Trasformai la mia bocca in un sorriso, perché decisamente ero d'accordo con lei.
Mi abbandonai su una poltroncina imbottita e le rivolsi uno sguardo obliquo, cercando di non sentirmi in colpa nel vedere le borse che aveva sotto agli occhi. Mentre io mi concede o una mattina di meritato riposo, lei era stata costretta a decidere del futuro della propria squadra.
"Quindi non vi scioglierete?" domandai, riferendomi ai dubbi che aveva condiviso con me quella notte. "Anche se non c'è Aqualad?"
La sua espressione si fece cupa, ma si strinse le braccia con entrambe le mani abbozzando il principio di un sorriso.
"Aqualad non deve essere morto invano: lui ci ha salvati, sarebbe un insulto alla sua memoria se ci arrendessimo proprio ora. E poi ormai siamo una famiglia, abbiamo bisogno gli uni degli altri." rispose, prima che il suo sguardo si illuminasse di interesse e curiosità. "Gli HIVE, invece? Mi ricordo che Iella aveva accennato al loro desiderio collettivo di cambiare vita."
Abbassai gli occhi qualche secondo sull'articolazione metallica che Tara continuava a provare, giusto per essere sicuro di aver fatto un buon lavoro e che non ci sarebbero stati intoppi.
Negli ultimi mesi avevo scoperto che c'erano molte cose che non sapevo e su cui non avevo alcun controllo, tanto valeva che almeno ciò che potevo gestire lo facessi con cura.
"Sì, vogliono dire addio alla loro carriera criminale per poter fare domanda per l'adozione di Shimmer, la sorella di Mammoth. Simon è l'unico a dover ancora raggiungere la maggiore età tra loro e a quel traguardo gli manca poco." confermai, dondolando un piede avanti e indietro. "Gizmo accetterà il reclutamento alla NASA che ha rifiutato fino ad ora e Iella si concentrerà sugli studi di medicina. E tu, Tara? Resterai a Tamaran?"
La bionda ci rivolse i suoi occhi celesti stranamente sereni, nonostante tutto. Non irradiavano felicità o emozioni simili, ma sembrava avesse una sorta di consapevolezza che alla fine, come aveva detto Neve, sarebbe andato tutto bene. Ma quando sarebbe arrivata questa fine miracolosa?
"Niall ha deciso di cedere ufficialmente la corona a Soraya e di seguire Rose sulla Terra, aggiungendo che finché la principessa non raggiungerà l'età dei diciotto anni sarà Amalia la Regina reggente di Kurtham." ci informò rapidamente, passandosi una ciocca di capelli dietro alle orecchie. "Quindi farò un po' di viaggi, sapete. Starò un po' a Tamaran, seguirò Soraya nella dimensione di Yoda per il suo addestramento con la Forza e faremo un salto sulla Terra insieme per vedere suo fratello."
Feci per dire qualcosa a riguardo, trattenendomi solo avendo realizzato che non spettava a me farle notare cosa c'era che non andava.
Tara non aveva avuto molte certezze o punti di riferimento e questo la spingeva ad aggrapparsi quasi disperatamente a quelli che riusciva a trovare. Amalia e Thornton erano la sua ancora, ma anche Soraya era di fondamentale importanza per lei e Niall lo era diventato nel corso di quei mesi di vicinanza. Si sentiva in dovere di seguirli perché teneva a loro, certo, ma mi chiesi se non fosse perché temeva di rimanere di nuovo sola se non l'avesse fatto.
Sapeva cosa voleva fare lei, che vita voleva vivere, dove voleva andare?
Non stava a me però contestare la sua decisione.
Le diedi un calcetto alla protesi robotica, inclinando la testa.
"Verrai a trovarci quando arriverai sulla Terra, vero?" domandai.
Lei sorrise e sollevò leggermente il mento.
"Certo!" rispose, stringendosi nella tunica bianca. "E conto che non osiate modificare la mia stanza, in attesa di una mia visita."
Amalia attirò la sua attenzione attraverso un cenno della mano e uno sbadiglio soffocato, al che la ragazza le concesse tutto il suo interesse come se qualsiasi cosa potesse dire fosse oro colato.
Io e Bee ci scambiammo un'occhiata significativa, pensando alla stessa cosa: Tara Markov avrebbe dovuto imparare a vivere la sua vita partendo da zero, e non sarebbe affatto stata un'impresa facile.
ROBIN
La sua voce mi graffiava le orecchie, anche se non stava più parlando con me da molte ore.
Continuavo a pensarci, e a pensarci, e a pensarci.
Continuavo a rivivere la nostra conversazione mentre un pezzo della mia precaria stabilità emotiva veniva fatto a brandelli, lasciando dentro di me i familiari segni degli artigli di un lupo.
"Avrebbe colpito Stella, se lui non si fosse messo in mezzo. L'avrebbe trafitta, ma con la sua magia magari Niall avrebbe potuto fare qualcosa." aveva gridato, con rabbia, rancore e risentimento. "E magari la tua principessa non sarebbe stata condannata, come invece ora è lui."
Passai ancora una volta la mano tra i capelli di N, mentre quello rimaneva addormentato sbavando sui miei pantaloni.
O meglio, sui pantaloni di Jason.
Ho idea che il ragazzo non avesse più vestiti puliti a causa nostra.
Osservai le ciglia scure contro la pelle abbronzata delle sue guance, sentendolo russare piano quasi con un soffio.
Chissà se stava sognando sua madre o se semplicemente non stava pensando a nulla. Avrei dato qualsiasi cosa per poter ricevere solo un altro buffetto materno da Koula, solo uno.
"Stai dicendo che la sua vita valeva meno di quella di Niall?" ero sbottato, allargando le braccia come se non potessi contenere tutta la mia indignazione. "Blaken ha fatto una cosa buona, una cosa eroica nonostante il suo rapporto con Stella facesse schifo. Si sono odiati con una perseveranza viscerale per anni, eppure lui si è sacrificato per lei senza esitazione. E tu non vuoi accettarlo perché sei un'egoista, ecco perché."
J'igr mi aveva affidato il compito di vegliare sul bambino il tempo che lei terminasse il suo turno in infermeria ed io ne avevo approfittato per allontanarmi da qualsiasi forma di vita che potesse farmi ancora del male come me ne voleva fare Rose.
"Lui è già morto una volta per salvarci tutti, non lo meritava. Puoi non credere alle mie parole, ma ti assicuro che stavolta non si tratta di me." aveva proferito con un ringhio secco, facendo del suo meglio per tenere sotto controllo gli artigli. "Volevo solo che avesse l'opportunità di smettere di soffrire, era questa l'unica cosa che avrei chiesto. Ma per colpa sua sta morendo!"
Sentii il rumore di passi conosciuti farsi sempre più vicino, così mi ricomposi ed assottigliai gli occhi per non farmi accecare dal sole del pomeriggio.
Jason arrivò al mio fianco con le mani in tasca e senza maschera, rivolgendomi uno sguardo dall'alto.
"Posso o vuoi tenerti N tutto per te?" domandò, con una nota di scherno nella voce.
Strinsi teatralmente il bambino a me, prima di rispondergli con altrettanta serietà.
"Sono a favore dell'affidamento condiviso, finché J'igr non deciderà che nessuno dei due è un buon esempio per lui." feci, facendogli fare uno sbuffo divertito.
Era questo il massimo di risata genuina che fossi mai riuscito a cavargli fuori, tuttavia me lo feci andare bene.
Si sedette sul materassino da campeggio accanto a me senza alcuna delicatezza, sospirando stancamente ed incrociando le gambe.
Entrambi rimanemmo per un po' di tempo con lo sguardo nel vuoto, le mie dita che con sorprendente delicatezza tracciavano percorsi sulla cute di N che speravo l'avrebbero guidato. Avrei voluto che lui avesse una vita più facile, una vita migliore della nostra. E se i sacrifici che erano stati fatti per vincere quella guerra non erano vani, forse il bambino sarebbe cresciuto potendo ambire a quella vita.
"Sono venuto a salutarti, ho sentito che partite al tramonto." mi rivelò, passandosi un pollice sotto l'occhio come per cancellare le occhiaie.
Mi voltai verso di lui e lo scrutai per qualche secondo, prima che lui si girasse e ricambiasse il mio sguardo.
"Lo sai che puoi seguirci se vuoi." gli ricordai.
Jason mi fece un sorriso morbido e malinconico, che non avevo mai visto comparire sulle sue labbra, per poi stringersi piano nelle spalle.
"Non c'è più niente per me sulla Terra." replicò, con semplicità.
"Non è vero." osservai, sollevando il mento in segno di sfida. "Ci sono io."
Lui alzò gli occhi al cielo e si appoggiò al materassino con le mani, arricciando il naso a causa della polvere che lo infastidiva.
Era incredibilmente significativo come la sua unica debolezza, fosse l'allergia alla polvere, debolezza che con Alfred non avrebbe dovuto temere ma che a quanto pare aveva deciso di affrontare da solo.
"Ora che Jopre e Sigurd non ci sono più e che Tara rimarrà ancora per poco, Thornton sarà molto più impegnato in questione burocratiche e politiche di prima. Aveva bisogno di qualcuno che si offrisse per aiutarlo dal punto di vista militare e beh..." mi spiegò, inumidendosi le labbra secche. "Dopotutto volevo rimanere per dare a J'igr una mano con N, sai, perciò mi sono proposto. E devo dire che forse qui potrei essere quasi felice."
Mi scappò una risatina che dovetti soffocare con una mano, per impedire a me stesso di svegliare il piccolo addormentato.
Gli diedi un colpetto sul braccio, quasi non riuscendo a contenere il mio orgoglio per lui.
"Quasi felice? Wow, attento a non sbilanciarti troppo." lo presi in giro, facendogli quasi brillare gli occhi scuri. "Questo significa che dovrò andare a cercare Damian."
Jason buttò indietro la testa con un lamento, come se non avesse pensato a quel dettaglio.
Damian Wayne, il più giovane figlio di Bruce, non era un ragazzino facile da gestire. Sua madre era la figlia di uno dei più potenti criminali del mondo e l'aveva fatto crescere nella Lega degli Assassini, dove era diventato uno spietato combattente a sangue freddo.
Dopo un ultimo diverbio con il padre, quasi un anno prima, Batman aveva deciso di mandarlo in ritiro spirituale in una sorta di 'scuola speciale' in Canada, che in realtà era un collegio formativo.
Damian aveva grandi capacità e una chiara distinzione di chi agiva per il bene e chi per il male, tuttavia il suo comportamento violento e impulsivo lo stava portando sulla strada sbagliata.
Immaginavo che sarebbe spettato a me, quindi, tenerlo sulla strada giusta.
"Quel marmocchio diventerà più bravo di noi due messi assieme, e tu lo sai. Comunque ti ha sempre ammirato come se fossi una specie di divinità, non ti sarà difficile farti ascoltare." bofonchiò il ragazzo, stringendo le labbra. "Anche se diventerà il nuovo Batman, non lo perdonerò mai per avermi copiato il costume."
"È tuo fratello, Jay."
"Fratellastro." puntualizzò, sollevando un dito verso l'alto. "Abbiamo solo lo stesso padre, non vuol dire che dobbiamo volerci bene o sciocchezze simili."
Continuai a guardare il suo profilo così simile a quello di Bruce, consapevole che dovevo dirgli una cosa importante.
Distolsi lo sguardo e mi concentrai sul volto sereno di N, che aveva smesso di sbavare ma che ora borbottava nel sonno.
"Mi dispiace." ammisi, mordendomi il labbro inferiore con un po' troppa forza. "Mi dispiace davvero tanto di essere stato io l'ultimo a vederlo."
Jason si mise leggermente più dritto e mormorò un 'oh?' di sorpresa, accompagnandolo subito dopo con un sospiro rassegnato.
"Non dovrebbe dispiacerti averlo visto per ultimo, non mi hai fatto un torto o simili." ribatté. "Ma scommetto che ti senti in colpa perché credi che preferisse te, vero?"
In seguito alle sue parole chinai un po' di più la testa, come se mi stessero schiacciando sotto una roccia invisibile.
Si stiracchiò rumorosamente e riuscì a stupirmi, passando un braccio attorno alle mie spalle ed aggrappandosi a me senza alcuna delicatezza.
"In fondo è vero, eri il suo preferito, ma non devi sentirti in colpa per questo. Non significa che a me abbia voluto meno bene o che mi abbia trattato peggio, piuttosto con te si trovava più in sintonia e credeva che poteste capirvi meglio di quanto l'avrebbe potuto fare con me o Damian. Alla fine sei tu quello che gli somiglia di più." aggiunse con una certa malinconia, prima di spiegare con nervosismo il significato della sua ultima frase. "E non parlo del suo lato un psicopatico che ha portato alla quasi distruzione dell'universo, sia chiaro."
Scossi la testa e lo spinsi leggermente con la spalla.
"Grazie." risposi.
Non ero abituato a quel tipo di Jason, quello che conoscevo scappava via davanti a situazioni come quelle pur di non dover aver a che fare con i sentimenti altrui. Ma d'altronde non era nemmeno questo il tipo di Richard a cui lui era abituato, quello che tendeva a reprimere ogni cosa e a chiudersi in se stesso.
Eravamo cambiati molto tutti e due, chissà che non fosse assurdamente merito di Bruce.
Anche mentre rimanevamo in silenzio seduti sul morbido materassino, distratti solo dal rumore del respiro di N, io continuavo a rivivere ciò che era successo quella mattina.
Rose aveva stretto i pugni e si era voltata verso un'installazione di metallo, colpendola con forza e deformandone una parete.
Capivo il suo dolore, certo che lo capivo, ma non poteva semplicemente scaricare ogni colpa su Stella. Non perché lei significasse troppo per me, ma perché così la licantropa non sarebbe mai riuscita a superare quel momento.
"Rose." la chiamai, cercando di farla ragionare, anche se sapevo che avrei fallito.
Perché ero arrabbiato anch'io con lei, maledizione, con lei che si comportava così cocciutamente da impedirmi di poterla calmare.
Non è che non riuscisse a capire, non voleva capire.
"Non possiamo proteggere sempre tutti, anche se ci proviamo con ogni nostra forza. E anche se stai soffrendo, anche se lui sta soffrendo, dovresti essere fiera di quello che Niall ha fatto." sbottai, non aiutando certo la situazione. "Perché non smetti e basta di essere così immatura?"
Con incredibile velocità mi afferrò per la maglietta e mi attirò vicino a sé, fissandomi con gli occhi luccicanti di rosso.
Non avevo paura di lei nemmeno sapendo cosa era in grado di fare, così continuai a tenere le sopracciglia aggrottate per l'irritazione.
Mi aspettavo che mi ricoprisse di insulti e parole amare, invece la sua voce uscì spezzata, come se fosse uno specchio ridotto in frantumi.
"Io credo di amarlo, Dickie. Non so se lo faccio già o se lo farò con il tempo, ma io- Ho perso tutti. Ho perso mio fratello e mio padre, ho perso Cameron, Estelle e Kayla, ho quasi permesso che anche Luke morisse. Ormai non ho problemi a essere 'la sopravvissuta', quella che deve ricordare le vittime e soffrire per la loro scomparsa." disse, piano, quasi in un soffio. "Però volevo che lui vivesse. Solo perché se lo merita, capisci, solo perché ha sofferto tanto e una possibile felicità era il minimo che l'universo gli dovesse e- quella lancia avrebbe colpito Stella, se lui non si fosse messo in mezzo. E io la odio, la odio, la odio."
Appoggiai le mie mani sulle sue, non per farle mollare la presa ma per farle prendere coscienza che io ero lì, che era colpa mia.
Era solo colpa mia.
"Quelle lance erano destinate a me e tu lo sai." le feci notare, sfiorandole poi i capelli con le dita. "È solo a causa mia se lui sta morendo. Non è colpa di Stella."
"Non posso." fece, con voce tremante mollando la presa su di me e stringendosi le mani al petto. "Non posso dare la colpa a te, fa troppo male."
Prima che potesse allontanarsi da me la circondai con le braccia, stringendola più forte che potessi senza farle del male.
Non mi ero mai dovuto preoccupare, quando eravamo diventati amici, di proteggere i suoi sentimenti o di trattarla come se qualunque cosa potesse ferirla, lei riusciva senza dubbio a badare a se stessa.
Ma ora era diverso, ora che l'universo l'aveva maltrattata senza alcuna pietà per colpe che non aveva non c'era nulla che potessi fare senza il timore di peggiorare le cose.
"Allora non farlo." le sussurrai tra i capelli, consapevole che ancora qualche minuto di discussione e mi sarei messo a piangere. "Allora lascia che ti stia vicino, affrontiamo questa cosa insieme."
Senza che potessi aggiungere altro mi spinse via, sfregandosi le guance con i palmi delle mani, per asciugarle.
Non l'avevo mai vista piangere, in tutta la nostra vita, davvero la condizione di Niall l'aveva distrutta a tal punto?
"Quando torneremo tutti sulla Terra, spera di non incontrarmi più." mi avvertì, schiarendosi la voce. "Perché se la vedessi di nuovo, la ucciderei io stessa."
Spalancai gli occhi inorridito e incredulo, osservando il suo sguardo duro e senza alcuna possibilità di essere mutato.
Non piangeva perché un giorno avrebbe dovuto dire addio a Niall, piangeva perché stava dicendo addio a me.
"Rose, no. Non posso lasciarti andare via un'altra volta." le dissi, anche se sapevo che non sarei riuscito a farle cambiare idea. "Questo non è l'unico modo."
Le afferrai la mano prima che potesse tirarla via e la strinsi forte, sperando di poterla trattenere per sempre.
Lei mi guardò con una profonda tristezza, perché anche lei capiva che poteva affrontare ciò che stava accadendo in maniera differente.
"Ti voglio bene." disse, forse per la prima volta ad alta voce. "Ma è l'unico modo che conosco."
Lei aveva familiarità con il rancore e la vendetta, cercare un'altra strada le avrebbe fatto forse ancora più male.
Perciò aveva deciso di fare del male a me.
Jason allungò una mano verso il volto di N, al che dovetti trattenermi per non cacciarlo via, dato che quel bambino mi rendeva estremamente possessivo.
"Quando verrai a trovarmi, perché ho deciso che lo farai, postresti farmi un favore?" domandò, piano, come se stesse per chiedermi qualcosa di davvero importante.
Scacciai i miei pensieri fingendo che non sarebbero tornati dopo poco, per poi annuire con foga.
"Certo, dimmi." acconsentii.
Ma un lato della sua bocca svettò verso l'alto, facendomi capire che stava per dire qualcosa di molto stupido.
"Verresti vestito da arachide?" chiese, soffocando malamente una risata.
Gli mollai un pugno sul braccio, con la scusa che con quel chiasso avrebbe svegliato il piccolo addormentato.
Sbuffai ed alzai gli occhi al cielo, certo che, stranamente, mi sarebbe mancato il suo modo di punzecchiarmi.
"Ti detesto." mugugnai, anche se il mio volto si era deformato in un sorriso.
"No, non è vero." osservò il ragazzo con un certo compiacimento, per poi coricarsi con un sospiro sollevato.
STELLA
Stavo correndo, quando Robin incrociò il mio sguardo.
Ed ebbe anche la faccia tosta di inarcare un sopracciglio come se mi stesse giudicando, quando in realtà era solo colpa sua se mi trovavo a dover fare così.
Avremmo dovuto comunque imbarcarci sulla nave che li aveva portati a casa qualche mese prima, ma io ero andata a cercare mio fratello, per estorcergli la promessa che si sarebbe preso cura di sé, ed in seguito Soraya, che ora mi stava seguendo a ruota alla mia stessa velocità.
Era stato Luke, ovviamente, a dire alla futura erede al trono di Kurtham quanto era successo tra la sua Alpha e il nostro leader, informazione che lei aveva voluto condividere con me, estremamente preoccupata.
E se lei era estremamente preoccupata per la mia incolumità fisica, io ero estremamente preoccupata per l'incolumità mentale ed emotiva di quelle due teste calde.
Si rendevano conto entrambi che avevano bisogno l'uno dell'altra, vero?
Raggiungemmo la nave, della quale la passerella d'acciaio già ospitava degli esagitati HIVE e Titans East, impazienti di tornare a casa.
Da quello che sapevo Rose ed il branco, insieme a Niall, avrebbero preso una navicella appartenente all'ormai ex Re di Kurtham, finalmente libero dal ruolo che aveva ottenuto per lui un essere crudele e senza scrupoli. Sapevo quindi di non dover nemmeno sperare di poter chiarire con la licantropa, ma forse ero in tempo per convincere Robin a non lasciare perdere.
Quando lo raggiungemmo era intento a parlare con Amalia e Thornton, i quali tenevano a rivolgere ai combattenti terrestri gli ultimi saluti, per cui i primi a vederci arrivare furono Cyborg e Beast Boy, che per qualche motivo stavano discutendo con una Raven irritata.
Il più basso dei due attirò quindi l'attenzione del corvino con una gomitata leggera, mentre Cy ci indicava alla ragazza, la quale invece non ci aveva notato.
"Beh." esordì, quando arrivammo davanti a lui. "Potevi volare."
Il fiatone mi si mozzò in gola e spalancai gli occhi, rivolgendogli un gesto della mano tutto tranne che degno di una principessa.
Odiavo quando aveva ragione su questi aspetti pratici ed elementari, ma non ero lì per parlare di quello.
"Dobbiamo parlare, ora." intimai, afferrandolo per la manica del costume che aveva finalmente indossato, restituendo i vestiti a Red X.
Soraya rimase per giustificare a mia sorella il motivo della mia brusca interruzione, e per dare più dettagli agli altri tre in seguito.
Trascinai il mio ragazzo a diversi metri di distanza perché potessimo parlare senza essere uditi e percepii il suo corpo irrigidirsi quando mi bloccai, come se si stesse preparando a ricevere un colpo molto forte.
Ed infatti mi voltai verso di lui e lo colpii una, due, tre volte con l'indice sul petto in gesto di accusa.
"Sei un cretino!" sbottai, spingendolo poi con il palmo della mano. "Arvaati chi'ma ty refot drama-"
Robin si coprì teatralmente le orecchie, spalancando gli occhi.
"Okay, wow, non avevo mai sentito pronunciare tante parolacce di seguito nemmeno da Alfred quando ho rovesciato la cioccolata sul tappeto d'ingresso." affermò, facendomi alzare gli occhi al cielo. "Perché, tra tutti gli altri aggettivi che hai elencato, dovrei essere un cretino, scusami?"
Incrociai le braccia al petto e sollevai il mento, adirata.
Lui e il suo istinto di conservazione inesistente mi stavano facendo dannare, avevo cercato anche di ignorare il fastidio che pensarci mi provocava, ma dopo la soffiata che mi aveva fatto Soraya non potevo più fare finta di niente.
"Sei un cretino perché sei corso tra le braccia di Bruce da solo. Avresti potuto rimanerne ucciso!" esclamai, portandomi poi una mano alla fronte. "Hai pensato, che ne so, di chiedere aiuto a qualcuno? Per esempio a me, la tua ragazza tamaraniana che sa volare, ha la superforza e può sparare raggi di energia?"
Il corvino sbuffò e distolse lo sguardo, fingendosi seccato ma palesemente punto sul vivo.
"Sai benissimo che era una cosa che dovevo fare da solo." borbottò, come se io non capissi.
Come se non potessi capire che quel duello con l'involucro malvagio del suo padre adottivo era un fatto personale.
Avevo una grandiosa notizia per lui, tutto di quella guerra era stato un fatto personale per ognuno di noi.
"Smettila di sparare morbok e ammetti di aver sbagliato, per una volta." gli feci, incontrando quasi per sbaglio i suoi occhi azzurri, che erano stati nuovamente rivolti verso di me.
Il colore dei suoi occhi era diverso da quello di Tara.
Il celeste che contraddistingueva le iridi della ragazza dai capelli biondi era più simile a quello del cielo, quando le nuvole vengono spazzate via da una folata di vento lasciandolo completamente libero.
L'azzurro di quelle di Robin, invece, sembrava lo stesso azzurro di una fiammella di gas, qualcosa di sfuggente e pericoloso che poteva bruciarti, se ti avvicinavi troppo ad esso.
"Credi di essere l'unica a conoscere il lato volgare del tamaraniano?" mi provocò, imitando la mia posizione e specchiando il modo in cui erano incrociate le mie braccia. "Ravi satima trave'kk herta butara mick."
Senza riuscire a impedirmelo scoppiai in una risata incredula, mollandogli un pugno sul braccio e guardandomi intorno circospetta.
"Shh, sei pazzo?" domandai spaventata, anche se ancora ridevo. "Se Thornton sentisse che ti rivolgi a me in questo modo ti farebbe giustiziare."
Il ragazzo allargò teatralmente le braccia e sollevò la testa verso il cielo, come se stesse sfidando il destino a scatenargli contro il Generale.
Scossi piano la testa, riprendendo improvvisamente consapevolezza di quello che ero andata a dirgli, cercando di trovare il coraggio per parlarne veramente.
Dopo qualche secondo di silenzio lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e piegò la testa di lato, con un'espressione vagamente ferita e rassegnata.
"Stella." mi chiamò. "Sei qui per rompere con me?"
Al sentire quelle parole quasi saltai sul posto, allungando le mani davanti a me ed agitandole come gesto di negazione.
"No, no, non pensarlo nemmeno. Lo so che l'ultima volta che ti ho detto che dovevamo parlare è finita così, ma..." dissi rapidamente, prima di prendere un respiro profondo. "È perché non voglio perderti che mi sono arrabbiata e, secondariamente, perché voglio che tu sia felice. Ma non credo che tu possa esserlo senza Rose."
Robin improvvisamente si fece torvo, storcendo il naso e guardando con irritazione la nave dalla quale ci eravamo allontanati, dove avrebbero dovuto trovarsi anche i nostri lupi mannari di fiducia ma alla quale non si erano nemmeno avvicinati dopo il litigio tra la loro Alpha e il nostro leader.
Amalia aveva fatto preparare loro una navicella secondaria che avrebbe fatto rotta direttamente per Beacon Hills, sperando che non atterrasse in mezzo ai civili, così i due non avrebbero nemmeno rivolgersi la parola.
"Non ha importanza quello che pensiamo noi, è stata lei ad andare via." borbottò in risposta. "Come sempre."
Mossi un piede in avanti e mi portai le mani al petto.
"Soraya mi ha detto perché avete litigato, è per questo che sono qui." continuai con voce tremante, poiché non stavo per dire una cosa semplice. "Rinuncia a me, se questo ti permetterà di averla vicina."
Robin mi lanciò un breve sguardo e mi prese le mani tra le sue, scuotendo piano la testa.
"Se avessi scelta farei di tutto per avere Rose nella mia vita, davvero, ma non c'è una sola cosa in questo universo che scambierei con te." chiarì, avvicinando le nostre mani unite al suo petto. "Ti ricordi cosa ti ho chiesto in battaglia, no?"
Non riuscii a trattenere un sorriso e mi spinsi in avanti, lasciandogli un bacio morbido sulle labbra, dal quale mi dissociai prima che potesse rispondere.
"Sì, me lo ricordo." dissi infine, sospirando rassegnata e sollevata.
"Torniamo a casa?" mi domandò, accennando ai nostri amici con un gesto del capo.
Era lui la mia casa, avrebbe potuto anche chiedermi di seguirlo a fare un tuffo nel Sole ed io l'avrei fatto.
Mi domandavo se lui lo sapesse.
Ci incamminammo verso i sei che avevamo precedentemente abbandonato e che ci aspettavano con una certa impazienza.
Quando arrivammo, la prima cosa che riuscii a capire fu che le braccia di Soraya erano strette attorno alla mia vita e che mi stava stringendo con molta più forza di quanta sembrasse averne.
"Smetti di chiedertelo." mi sussurrò, una volta che ricambiai l'abbraccio. "Smetti di chiederti se ti odio perché Niall si è sacrificato per te, lo sai che sarebbe stupido. Non posso permettermi di allontanarti, Stella."
E anche se non avevo detto una sola parola a riguardo, lei aveva capito tutto perché mi conosceva e perché quel suo benedettissimo cervello funzionava anche troppo.
Così la strinsi più forte, posandole la testa sui capelli e pregando con tutte le mie forze che alla fine potesse essere felice. Perché era una delle persone che più di tutte se lo meritava.
"Sono felice che la mia vita sia legata alla tua." le dissi. "Cerca solo di non morire mentre sono in missione."
"E tu cerca di non morire in generale." replicò, sollevando il volto e mostrandomi i suoi occhi lucidi e il sorriso raggiante.
Le accarezzai delicatamente i capelli per non ferirla in alcun modo, perché le volevo troppo bene per farlo.
Sentii uno schiarirsi di voce non più così detestato e mi voltai verso l'origine del rumore, dove Niall ci osservava in silenzio.
Aveva le mani infilate nelle tasche di un paio di jeans, una maglietta a maniche corte arancione e delle sneakers sdrucite ai piedi.
"Hai cominciato a rubare anche tu i vestiti a Red?" domandai, sollevando un angolo delle labbra.
L'ormai declassato a principe di Kurtham mi rivolse un sorriso che specchiava il mio, lo stesso che poteva precedere sia un complimento che una presa in giro.
"No, Red X non è abbastanza alto. I vestiti sono di Kim e Thomas." rispose, spostando lo sguardo per potersi rivolgere a tutti. "Noi stiamo per partire perciò sono venuto a salutarvi."
Raven si allontanò quasi a fatica da Beast Boy per raggiungere il ragazzo dai capelli blu, che abbracciò con slancio senza nemmeno dire nulla.
Quello ricambiò la stretta ed abbassò la testa affinché la sua bocca arrivasse all'altezza dell'orecchio della ragazza.
"Non abbiamo ancora discusso del divorzio." disse, non abbastanza piano da non farsi sentire anche da noi. "Questo vuol dire che non sono così insopportabile, eh?"
Raven gli rise contro la maglietta prima di spingerlo via con gli occhi lucidi, storcendo le labbra.
"Sei un idiota." borbottò sotto lo sguardo di lui, forse carico di troppo affetto.
Amalia piegò la testa di lato e gli rivolse un cenno con le dita, seguito dal breve gesto con il capo che fece Thornton.
"Ci vedremo di nuovo, spero." gli disse. "Non mi dispiace ballare con te."
E fu il modo in cui disse spero, probabilmente, che mi fece capire una cosa che nessun altro avrebbe intuito così facilmente.
Perché mia sorella era brava in questo genere di cose, quando si trattava di ingannare e nascondere le proprie intenzioni.
Ora che ero stata disposta a lasciare andare Robin, però, ora che avevo colto veramente il significato di allontanare una persona per farla felice capivo molti dei suoi sguardi indecifrabili, molti dei suoi sospiri e delle sue parole che prima non riuscivo a comprendere.
Era rimasta in silenzio a osservare il legame tra Niall e Rose senza interferire, quando in realtà sembrava fosse l'unica cosa che avrebbe voluto fare.
E se non l'aveva fatto era perché aveva veramente abbandonato quel lato di sé così egoista da mettersi sempre davanti agli altri, cosa che mi rendeva al contempo fiera di lei e dispiaciuta per lei.
Com'era possibile che non l'avessi notato prima?
Lo spirito di sacrificio era di famiglia, evidentemente.
"Anche a me." rispose il ragazzo, senza nemmeno la più vaga idea di quello che in realtà le stesse facendo con le sue parole.
Ma se io che ero sua sorella me ne ero accorta così tardi, che ne poteva sapere lui?
Niall si avvicinò a me e a Soraya, porgendole la mano con il palmo verso l'alto.
"Andiamo, Luke ci teneva che andassi a salutarlo." le disse, prima di rivolgersi ai tre ragazzi della mia squadra, in particolare a Robin. "Rose..."
Rimanemmo tutti in attesa di una reazione del corvino, che però scosse la testa rapidamente come per scacciare ogni tipo di ricordo legato a quel nome.
"Non importa." mentì, facendogli poi un saluto con la mano. "Ci vediamo."
Prima che Niall se ne andasse allungai una mano verso di lui e gli toccai una spalla, per attirare la sua attenzione.
Lui mi guardò con un sopracciglio inarcato, cercando di capire le mie intenzioni, così mi liberai delle inibizioni con un lungo sospiro.
"Grazie." gli dissi, senza giri di parole.
Era ovvio che mi dispiacesse che stesse per morire solo per avermi salvata, ma avevo imparato dopo quello che era successo con Tara che bisogna apprezzare ogni sacrificio che le persone fanno, non renderlo vano con inutili scuse.
Il ragazzo sorrise e mi toccò la spalla di rimando, senza una ragione in particolare.
"Ti pare." rispose, sapendo bene quanto me che quella poteva essere l'ultima volta in cui ci saremmo visti di persona.
ROSE
Era da togliere il fiato con quei vestiti, anche se lui era da togliere il fiato la maggior parte del tempo.
Impostai le coordinate sul pannello di controllo mentre Niall si affacciava nella cabina di comando della navicella, dopo aver riaccompagnato la sorella a terra.
"Sei veramente pronto a lasciarla andare o devo richiamarla qui?" gli domandai, alzando lo scudo difensivo con una leva perché non si era mai troppo prudenti.
Il ragazzo dai capelli blu scosse la testa sempre troppo piena di pensieri e si morse il labbro inferiore, gesto che mi fece pentire di essermi girata a guardarlo.
Kim mi si avvicinò e mi diede un colpetto sulla spalla, facendomi cenno con il capo di alzarmi.
"Va' a riposare, qui ci pensiamo io e Nate." mi disse, con un tono particolarmente gentile per il suo repertorio.
Arricciai le labbra, dubbiosa. Non volevo addossare a loro le mie responsabilità, dato che ero stata io a chiedere di viaggiare con la nostra personale navicella.
"Sicuro? Posso farcela, non sono così stanca." replicai, senza nemmeno sforzarmi di sembrare autoritaria.
Kim aggrottò le sopracciglia come per farmi notare che quella non era una richiesta, così mi alzai stiracchiandomi e dirigendomi verso l'uscita dalla cabina di comando, da dove si intrufolò un Nate entusiasta.
Una volta finito il liceo quel ragazzo avrebbe fatto i salti mortali per diventare aviatore e ci avrei scommesso ogni cosa che ci sarebbe riuscito. Nonostante non fosse brillante quanto Luke o responsabile quanto Thomas, era eccellente a scuola e un genio totale quando si trattava di pilotare qualsiasi veicolo.
Una volta fuori attraversai seguita da Niall il breve corridoio che ci separava dalla stanza dove vi erano le brande, gettando un occhio nella cabina piena di viveri dove Thomas e Luke si stavano bersagliando di disgustoso cibo tamaraniano.
"Hai intenzione di farmi da balia?" domandai a mezza voce, quando entrai nella stanza comune ed il ragazza dai capelli blu mi finì praticamente addosso nel tentare di non perdermi di vita.
Lui piegò le labbra nel suo solito ghigno sornione, quasi per sminuire la mia osservazione del tutto lecita.
Chiuse la porta alle sue spalle e mi diede una spintarella alla schiena, agitando la mano nella direzione della mia branda.
"Sono qui solo per assicurarmi che tu smetta di sovraccaricarti di stress, devi rilassarti un po'." rispose, infilando le mani in tasca come se fosse sempre stato a suo agio in vestiti del genere.
Mi afferrai le braccia con le mani, osservandolo senza dire niente.
Come poteva essere così tranquillo?
Come poteva chiedermi di rilassarmi quando gli era stata appena emanata una sentenza di morte?
Inspirando l'aria nella stanza riuscivo a percepire tutte le emozioni che venivano scaturite da noi, tra le quali ovviamente c'era anche la paura. Solo che sapevo benissimo che quel sentimento proveniva da me.
Niall arricciò le labbra in una sorta di broncio e mi si avvicinò, mettendomi le mani sulle spalle.
"Smettila di giudicarmi, okay? Sto facendo del mio meglio." mi fece, fingengendosi intristito.
Sollevai rapidamente il labbro in una smorfia di fastidio, prima di distogliere lo sguardo.
"Okay." dissi solo, concentrandomi sulla punta delle sue sneakers di terza mano, appartenenti a Thomas da molto più di quanto volesse ammettere.
Sentii il suo respiro freddo quando si lasciò andare in un sospiro colpevole, prima di spostare la mano destra e poggiarmela sulla guancia.
"Guarda che è inutile se dici okay senza pensarlo." osservò pragmaticamente, e davvero, di quel pragmatismo non sapevo cosa farmene. "Eravamo tutti pronti a morire, no?"
"Infatti ero pronta a morire, non a lasciar morire te." borbottai, quasi astiosa. "Oltretutto la odiavi."
"Sì, la odiavo." ammise, senza particolare enfasi su quelle parole sincere e dure. "Ma una persona irascibile e testarda che detestava una ragazzina dalle occhiaie spaventose mi ha mostrato quanto sia meglio perdonare piuttosto che vivere nel rancore."
Emisi un ringhio basso di fastidio perché detestavo questo suo atteggiamento, come detestavo che avesse ragione.
All'inizio l'ostilità che provavo nei confronti di Tris era quasi un muro insormontabile, ma alla fine eravamo riuscite ad andare d'accordo ed ad aiutarci a vicenda. E mi sarebbe pure mancata, quell'insonne perennemente in preda a sbalzi d'umore.
(Io: *con le lacrime agli occhi* È la cosa più carina che mi abbia mai detto.)
Tuttavia mi conoscevo abbastanza bene da sapere che era così che andava affrontata la cosa, che non sarebbe passato un giorno senza che non avessi desiderato che Stella prendesse il posto di Niall e che me lo restituisse.
Perché lui aveva combattuto più a lungo e più duramente di noi tutti e si meritava la possibilità di vivere una vita tanto lunga quanto felice. Odiavo, odiavo, odiavo che lei gli avesse strappato via questa possibilità.
"Non cambierò idea." asserii, nonostante non fosse nemmeno da precisare.
"Lo so, ma speravo che tu smettessi di colpevolizzarti." replicò con tono quasi rassegnato. "Ti conosco troppo bene per non capire quanto tu sia arrabbiata con te stessa per non esserci stata, però non mi aspettavo che ti comportassi come se addirittura non mi volessi qui."
Alzai gli occhi verso di lui ed incontrai le sue iridi argentate, che come al solito fecero breccia nel più profondo di me senza alcuno sforzo.
Allungai esitante una mano verso il suo volto, accarezzandogli la linea della mandibola leggermente ruvida.
"Vorrei che non fossi qui perché voglio che tu sia felice, e lo saresti stato a Kurtham al fianco di tua sorella." confessai, stringendo un secondo le labbra per impedire alla mia voce di tremare. "Perché vuoi venire sulla Terra?"
Lui sbatté stupito le palpebre un paio di volte e poi mi rivolse incredulo uno dei più luminosi sorrisi che gli avessi mai visto fare, scuotendo la testa con i capelli che gli sfioravano la fronte.
Avendo una mano sulla mia guancia e una sulla mia spalla, poté avvicinarmi a sé senza troppo sforzo e continuando a sorridermi.
"Perché tu mi hai sempre seguito in ogni mia battaglia, soprattutto in quelle che non ti riguardavano." rispose con sincerità. "Stavolta, lascia che sia io a seguire te."
Era abbastanza vicino perché potessi vederlo in tutto il suo maledettissimo splendore, perché potessi contare le pagliuzze più chiare nei suoi occhi e perché potessi notare ogni taglietto sulle sue labbra, labbra che erano già la cosa più bella che potessi vedere e che se avesse veramente tenuto curate mi avrebbero ucciso.
Così mi sporsi appena in avanti e verso l'alto, sentendo che lui mi veniva in contro e mi sfiorava la schiena con la mano, con estrema calma.
Sapevo che noi eravamo caratteristici per i baci troppo intensi, per i baci disperati che pareva fossero sempre gli ultimi, per questo quando mi depositò sulle labbra un bacio gentile mi sentii profondamente stupita.
E mi sentii completamente diversa da quando mi baciava come al solito, mi sembrava che quello fosse semplicemente un dono e non qualcosa che avevo lottato per ottenere.
Se volevamo dirla tutta, nessuno dei due ha mai lottato per l'altro, non in quel senso per lo meno. Era vero, eravamo impavidi e coraggiosi quando si trattava di qualsiasi altra cosa, ma avevo questa sensazione che se non fosse stato per Tris e il suo maledetto incantesimo non ci saremmo mai detti quello provavamo.
Mi rilassai contro il tocco dolce della sua pelle sulla mia, abbassando la mano che gli tenevo sul viso e posandola sul suo fianco, per accarezzare la curvatura del suo torace.
"Rose." mormorò, allontanandosi di poco. "Io..."
"Non dirlo." lo fermai, spingendo la mia fronte contro la sua. "Dimmelo alla fine, così non potrò abituarmi e non potrò sentirne la mancanza."
Non fui sorpresa dal suo silenzio, dopotutto lo avevo bloccato prima che dicesse qualcosa che avrebbe cambiato le cose per sempre.
Lo sapevo che erano ancora ferme lì, sulla punta della sua lingua, quelle due parole che sembravano voler uscire a forza anche dalla mia bocca.
Rimasi immobile anche io, per dargli il tempo di accettare la mia richiesta, quando sentii qualcosa di freddo e bagnato cadermi sulla guancia.
E quello mi stupì, in effetti.
<<Lacrime?>> chiesi a me stessa.
Non ricordavo di aver cominciato a piangere, non ricordavo nemmeno di averne sentito il bisogno in quel momento. Fu quando sollevai appena lo sguardo su di lui che capii che non era a me che appartenevano.
"Mi dispiace..." sussurrò con la voce rotta. "Mi dispiace, Rose, mi dispiace."
Ci misi meno di un istante ad attirarlo ancora più vicino a me, permettendogli di affondare la faccia nei miei capelli ed avvolgendolo con le braccia, mentre lui si aggrappava quasi disperatamente alle mie spalle.
Anche se i nostri baci non lo erano stati, la disperazione era comunque caratteristica di ogni nostro gesto.
"Ehi, va bene, va bene. Non devi dispiacerti per me, okay? Sei stato bravo." gli dissi, accarezzandogli la schiena. "Hai salvato la principessa, maledetto Cavaliere Coraggioso, brutta sottospecie di eroe senza istinto di sopravvivenza."
Lo strinsi ancora di più quando lui si spinse in avanti e per ogni singhiozzo che lo scuoteva gli riservavo una carezza, seguita da un bacio sui capelli.
Il mio modo di superare la cosa era riversare la mia rabbia nei confronti di qualcuno che avrebbe potuto meritarla, ma Niall non era il genere di persona che sceglieva volontariamente di odiare gli altri. Per questo aveva salvato Stella, perché il suo dannato cuore grande non sopportava di rivolgerle un simile sentimento ancora per molto.
"Non voglio abbandonare mia sorella, le ho già portato via i nostri genitori e ora perderà a che me." ammise, quando il suo pianto si fu calmato. "E non voglio nemmeno lasciare te. Perché hai già perso così tante persone e io sono l'ultimo che..."
"Soffriremo da morire quando te ne andrai, Niall." gli dissi, facendogli alzare il volto arrossato e umido di lacrime. "Ma siamo più forti adesso. Non devi preoccuparti per noi."
Senza alcuna traccia della sua caratteristica regalità e del suo orgoglio il ragazzo tirò su con il naso, facendomi storcere il mio per il disgusto.
"Okay." mi assecondò, dopo qualche secondo. "Adesso dormi però, va bene? O Kim terminerà la mia vita prima del tempo."
Sospirando annuii, sollevandomi sulla punta dei piedi e lasciandogli un bacio sulla fronte.
"Adesso dormi." acconsentii, trattenendo uno sbadiglio al pensiero. "Tu però rimarrai con me, vero?"
Sul suo volto ancora stremato dal pianto inusuale si disegnò l'abbozzo di un sorriso, che mi rivolse con quanta più tenerezza possibile.
"Fino a che respiro." promise.
E sapevo che quella promessa l'avrebbe veramente mantenuta.
GARFIELD
Tornammo a casa e la nostra vita ci costrinse a ritornare forzatamente alla normalità.
Eravamo tutti profondamente cambiato grazie a quella stremante esperienza, non tutti i nostri compagni fecero ritorno con noi sulla Terra e non tutto quello in cui credevamo prima che la nostra avventura iniziasse ci sembrava ancora importante.
Un mese passò dal nostro ritorno a casa e fu un incredibile susseguirsi di cambiamenti.
Stella e i suoi fratelli facevano videochiamate in continuazione, in modo che le due sorelle maggiori potessero sostenere il nuovo re di Huma'na, il quale aveva inaspettatamente ottenuto la benevolenza della maggior parte del popolo, nonostante alcuni ancora lo rifiutassero.
Robin faceva avanti e indietro ogni weekend per dirigersi a Gotham City, facendo visita a Damian, il più piccolo dei giovani apprendisti di Batman, e ovviamente al caro vecchio Alfred.
I Titans East avevano accolto come membro occasionale Kid Flash, il quale aveva scoperto di preferire il lavoro di squadra che quello solitario, e Bee aveva aperto una raccolta fondi per preservare la flora e la fauna marine in onore di Aqualad.
Gli HIVE avevano deciso di cambiare stile di vita per poter ottenere un giorno le credenziali per adottare la sorellina di Mammoth: Simon era tornato a scuola, Billy lavorava a tempo pieno in una fabbrica di produzione di ricambi elettrici, Gizmo aveva accettato con fare superiore l'invito a cooperare con la NASA e Lucky aveva deciso di concentrarsi sull'università.
Ed è tutto questo che ci portò a quel giorno, mentre Raven stava appoggiata alla parete guardandomi con fare sospetto.
"Ne sei sicuro, Garfield?" mi chiese, notevolmente più a suo agio nel pronunciare il mio nome rispetto alla prima settimana. "So che Harriet ti aveva chiesto di dividere l'appartamento insieme, ma... non ti cacceremmo mai dalla Torre."
Non appena tornati a casa, sia io che mia sorella avevamo chiesto ai nostri amici di cominciare a chiamarci con i nostri veri nomi, impresa che a loro era risultata incredibilmente difficile, e francamente ne ero felice.
Appoggiai l'ultimo scatolone sul pavimento della mia nuova stanza, prima di stiracchiarmi indolenzito.
"So che mi volete bene, Rae-Rae, ma non voglio esservi d'intralcio fino a quando non torneranno i miei poteri e dalle indagini di Soraya risulta che potrebbe metterci anche un anno." risposi, facendomi aria con la maglietta che indossavo. "E poi vorrei dimostrare a me stesso che posso cavarmela da solo senza i miei amici decisamente migliori di me pronti a salvarmi."
La mia ragazza si lasciò sfuggire un sospiro, segno che comunque mi comprendeva perfettamente nonostante avrebbe preferito che rimanessi alla Torre.
"Hai sempre desiderato vivere una vita normale, diciamo che ti meriti di averla almeno per un po'." osservò, spostandosi i capelli in modo da infilarli dietro all'orecchio. "Questo vuol dire che comincerai a frequentare gente più comune?"
Risi della sua provocazione poco convinta, superando con un saltello lo scatolone che ci separava e raggiungendola.
Mi avvicinai a lei e le posai le mani sui fianchi, inclinando la testa di lato.
"Ci sarà sempre un angolo di anormalità riservato a te, nella mia vita." replicai, facendole comparire un sorriso sincero sul viso.
"Non vedo l'ora di andare da Starbucks e vederti lavorare con quella divisa carinissima." mi prese in giro, posando le mani sulle mie. "Chissà quante belle foto ricordo potrei procurarmi."
Buttai la testa all'indietro, emettendo un lamento sconfortato.
Avevo cominciato a lavorare da Starbucks solo una settimana prima e già non ne potevo piú di vestirmi come se dovessi andare a un funerale tutti i giorni. Raven sosteneva che stessi molto bene vestito di nero, ma personalmente avrei preferito un qualsiasi colore. Anche il rosa a questo punto.
"Domani ho il turno di mattina." borbottai, facendo una smorfia. "La volta scorsa è stata una tortura trovare qualcosa che andasse bene alla signora Maeve e mi hanno detto che è una cliente abituale."
Raven ridacchiò e si spinse in avanti, posando le labbra sulla mia guancia.
"Io e Cy verremo a prenderti una volta finito il turno, okay?" mi chiese, accarezzandomi il viso con la mano morbida. "Devi farmi fuggire dalla furia organizzatrice di Robin."
Nonostante il leader non fosse a Jump City quel giorno, la ragazza dai capelli viola e il mio migliore amico erano stati oppressi dai minuziosi preparativi per il matrimonio che si sarebbe tenuto alla fine dell'estate, matrimonio che sembrava questa gran cerimonia ma che Stella aveva insistito per rendere intima.
Purtroppo il giovane Grayson aveva questo problemino con il controllo e, poiché ne era ossessionato, cominciare a prepararsi psicologicamente a fine maggio era l'unico modo in cui poteva non perdere la testa.
Scostai una ciocca di capelli color ametista dagli occhi della mia ragazza e gliela passai dietro l'orecchio, lasciandole un bacio sulla fronte.
"Prova a mandarlo a prendere un caffè da me." le suggerii. "Mentre nessuno guarda posso infilargli del sonnifero per cavalli nella tazza."
I suoi occhi si illuminarono e mi rivolse un altro sorriso.
"È un'idea fantastica." osservò, con una certa malvagità nella voce. "Da quando hai deciso di voler essere indipendente il tuo cervello funziona alla grande."
Misi il broncio e sollevai un paio di dita, per darle una schicchera sulla punta del naso.
"La mia ragazza fa la bulla con me." mi lagnai. "Questa relazione non è sana."
Raven appoggiò i suoi piedi scalzi sulla punta delle mie scarpe e mi avvolse le spalle con le braccia, avvicinando di nuovo il suo viso al mio.
"Nessuno ha mai detto che lo fosse." mormorò.
Posandole una mano dietro alla nuca mi spinsi in avanti facendo scontrare le nostre labbra, le sue che erano stranamente fresche nonostante la temperatura e sapevano del gelato al caffé che avevamo mangiato poco prima.
Per rispondere al mio gesto si aggrappò a me più saldamente, piegando appena un po' la testa perché ci completassimo alla perfezione e strofinando il naso contro la mia pelle.
Fu un bacio a più riprese, dal quale mi staccai più volte solo per poterlo rifare, per poterla incontrare ancora e per sentirmi di nuovo così profondamente unito a lei.
Ti amo, pensai, senza accennare a volerglielo dire.
Era ovvio che lo sapesse, tendevo a ripeterlo fino allo sfinimento quasi ogni giorno, ma la verità era che non c'era bisogno di precisarlo anche in quel momento.
I nostri gesti erano decisamente più eloquenti delle parole.
"Garfield domani- Oh mio Dio, ragazzi!" esclamò una familiare voce femminile.
Quasi istantaneamente ci separammo e vedemmo la figura indignata di mia sorella sulla porta della stanza, mentre indossava un paio di pantaloncini e una t-shirt troppo larga per essere sua.
Aggrottai le sopracciglia prima di indicarla con un cenno del mento.
"Quella è la mia maglietta?" chiesi.
Lucky mi zittì con un gesto della mano, anche se era evidente che non fosse suo quel capo dal colore verde acceso.
"Sono venuta solo per dirti che domani è il mio primo giorno da specializzanda sul campo, perciò non sarò a casa." specificò in fretta, inarcando un sopracciglio subito dopo. "E la prossima volta che decidete di pomiciare con la porta aperta ditemelo, così porto una macchina fotografica."
Raven avvampò un istante prima di distogliere lo sguardo e ciò non poté che intenerirmi, se non fosse per il fatto che la ragazza dai capelli tinti di castano aveva un terribile tempismo la scena sarebbe stata adorabile.
"Niente foto, Harriet, io stavo per andare." disse, riferendosi alla lezione di magia tramite webcam che aveva con Niall ogni sera. "Vi lascio alla serata tra fratelli, so che dovete guardare Ritorno al Futuro e io non ho alcun interesse a partecipare."
Mi spostai appena perché lei fosse effettivamente libera di muoversi, così con uno schiocco delle dita fece indossare le sue scarpe ai suoi piedi, facendomi chiedere per quale motivo quello pigro della coppia ero sempre considerato io.
Lucky trasalì teatralmente, portandosi una mano al cuore.
"Ritorno al Futuro è un classico cinematografico, non puoi sminuire in questo modo la sua importanza." le disse, ricevendo in risposta una risatina di superiorità.
"Credi che sia perché non mi piace che non voglio rimanere? Aspetta di sentire tuo fratello che dice a memoria ogni battuta, parlando sopra al film." la stuzzicò, prima di rivolgermi di nuovo tutta la sua attenzione. "Ci vediamo domani."
Mi prese con uno scatto veloce il volto tra le mani, prima di spingersi nella mia direzione e lasciando un bacio sulle labbra, un bacio che durò giusto un istante prima che lei sparisse.
Quando si fu volatilizzata persi l'equilibrio e inciampai sui miei stessi piedi, dovendomi aggrappare alla parete per non cadere a terra con la faccia.
Quella ragazza sarebbe stata la mia fine, poco ma sicuro, però di certo me l'avrebbe pagata prima di allora.
Ebbene
Figlioli
Il prossimo è l'ultimo capitolo prima dell'Epilogo
AAAAAAAAAAAA NON SONO PRONTA A LASCIARLI ANDARE
Approfitto di questo angolo per avvisarvi che aprirò una sorta di "libro" sul mio profilo, 'Against our Demons' and stuff, dove raccoglierò ogni genere di materie dedicato a questa trilogia, come fanart, aesthetics, playlist personalizzate...
E ovviamente ci saranno anche Spin-off sui personaggi e delle One Shot sulle ship che abbiamo tutti un po' shippato durante questi libri, ma che nessuno ha mai ammesso di avere.
Ovviamente posso fare tutte queste cose elencate su vostra richiesta e anche voi potete farlo di vostra iniziativa!
Se volete creare una storia breve a tema 'Against our Demons' basta pubblicarla sul vostro profilo e taggarmi, io vi farò pubblicità nella raccolta.
Mentre per quanto riguarda alle playlist, gli aesthetics e le fan art potete mandarmi tutto sul mio profilo Instagram (che ovviamente spaccerò solo a chi deve inviarmi del materiale :])
~GIOCHINO SPASTICO~
1) Kayla o Rose?
2) Red X o Robin?
3) Soraya o Niall?
4) Raven o Beast Boy?
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Questa sarà la raccolta di cui parlavo
MaNdAtEmI tAnTa RoBa BiMbEtTi
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