Capitolo 36 (l'ultima battaglia)
Lettore: *lanciandosi sul letto avvolto nella coperta di Hello Kitty* Presto Peter, prendi i biscotti!
*Peter entra nella stanza utilizzando come mantello una vestaglia bordeaux*
Peter: Ho i biscotti!
*Subconscio alza il riscaldamento per creare un ambiente confortevole*
Subconscio: *rivolgendosi a Peter* Hai preso le Gocciole o i Pan di Stelle?
Peter: *alzando con aria furbesca le sopracciglia* Nessuno dei due. Sono biscotti al cioccolato fatti in casa.
*Samuele si lancia all'interno della stanza con la bava alla bocca*
Samuele: Ho sentito dire biscotti al cioccolato fatti in casa?
Lettore: Oh, insomma, venite a prendere posto e datemi quei dannati biscotti!
*Peter con una capriola in aria raggiunge il ragazzo*
*Samuele si arrampica sul letto asciugandosi il mento bagnato di saliva*
*Subconscio invece, che è relativamente una persona normale, fa il giro del letto e ci sale sopra con calma*
*tutti accoccolati sotto la coperta di Hello Kitty estraggono il Cellulare Satana*
Subconscio: Prima di iniziare, volevo solo avvertirvi che se succederà qualcosa di brutto mi metterò a piangere. O anche qualcosa di bello. Insomma, siamo alla fine di un percorso durato quasi tre anni, sono leggermente scombussolato.
Lettore: Ti capisco, noi siamo qui da molto tempo prima che quest'insetto si impicciasse nella nostra vita, perciò abbiamo un legame profondo con la storia.
Peter: *indignato* EHI.
Lettore: *rivolgendogli un sorriso di lato e dandogli un colpetto affettuoso con la spalla* Non ho detto che questo tuo impicciarti mi abbia reso infelice.
*Peter.exe smette di funzionare, ma ovviamente Lettore non se ne accorge*
Samuele: *richiamandoli con degli schiocchi di dita* Sì, sì, tutto molto carino, però io voglio leggere.
*si appropria del telefono e tutti fissano lo schermo, pronti a leggere avidamente*
*il blocco schermo è questo*
Subconscio: ...
Subconscio: *scoppia a piangere* Io vi avevo avvertito!
Lettore: *portandosi dolorosamente una mano sul cuore* Slade, ci mancherai.
Peter: *facendo il saluto militare con le lacrime agli occhi* Sei stato il miglior padre di questa Fanfiction.
*Samuele prende il telefono sbuffando, ignorando tutti quegli adolescenti sentimentali*
Samuele: Piantatela di frignare, devo leggere.
BEASTBOY
Pensavo che il mio migliore amico non mi avrebbe mai più lasciato andare e che avrei dovuto passare il resto nella mia vita intrappolato tra le sue braccia.
Non che mi dispiacesse la prospettiva, tuttavia non sarebbe durata molto a lungo la suddetta vita se non mi avesse permesso di partire per la missione.
Eravamo pronti ormai per ritornare a combattere per l'universo, in quanto la tregua era già terminata ed anche Iella e Cyborg avevano potuto avere un po' di riposo.
"Amico, giuro che non permetterò mai che ti succeda una cosa simile." ripeté per l'ennesima volta, riferendosi a uno dei possibili futuri in cui mi aveva incontrato, dove mi aveva raccontato la mia vita fosse veramente poco invidiabile.
"Fratello, mi stai stritolando." cercai di esalare, mentre il mio sguardo inevitabilmente cadeva improvvisamente sul suo volto.
Eravamo leggermente in disparte dal resto di noi, ovvero tutti coloro che erano venuti dalla Terra: la tregua era stata bruscamente interrotta a causa anche di disordini interni all'alleanza nemica, dato che molti regnanti erano ancora fedeli al trono dei Blaken, così mentre l'esercito si radunava al limite dell'accampamento noi ci dicevamo un ultimo addio.
Era incredibile come gli HIVE stessero esprimendo quello che pareva lontanamente affetto ai Titans East, nello stesso momento in cui Red X e Kid Flash interagivano con complicità insieme al branco di Rose.
Niall stava visibilmente facendo del suo meglio nel trovarsi a suo agio nell'abbraccio in cui l'aveva intrappolato Soraya e la scrutava con un sorriso intenerito.
"Sono così felice di essere tuo fratello, Aya." le disse, abbastanza vicino a noi perché potessi sentire. "Stai attenta."
"E tu non provare a morire, per favore." replicò lei. "Non posso perderti di nuovo."
Ronin, Stella e Raven stavano osservando la scena con uno sguardo esausto e vagamente soddisfatto, nonostante il tutto fosse nascosto dalla evidente preoccupazione.
Però nulla aveva più importanza ormai, perché sulla guancia del mio migliore amico stava rotolando una lacrima, la prima da che ne avessi memoria.
Mi lasciò andare non appena intuì dalla mia espressione che l'avevo notata e la asciugò avvampando improvvisamente.
"Cy..." provai a dire.
Lui rise, strofinandosi la guancia con la mano e scuotendo la testa.
"Immagino che adesso dovremo proprio andare, eh? Chissà che con l'aiuto dei sovrani che si sono ribellati a Bruce questa guerra non possa concludersi a nostro favore." mi disse, sorridendo. "Finalmente potremo chiudere questo capitolo della nostra carriera da eroi."
Gli posai una mano sul braccio, scrutandolo con serietà e preoccupazione.
Dopo il crimine orribile di cui mi ero macchiato (e non solo quel giorno) mi ero permesso di sfogarmi e lasciare che le lacrime copiose scorressero sul mio viso, perché non sarei riuscito a continuare senza aver alleggerito il peso sul mio petto. Stella aveva dovuto fare i conti con la sua tormentata e dolorosa infanzia, Robin era stato tradito e abbandonato dall'unica figura paterna che gli era rimasta e Raven doveva letteralmente difendere l'universo dai suoi demoni.
Ma Cyborg non si era mai permesso il lusso di piangere davanti a noi, anche se dubitavo l'avesse fatto almeno in privato.
"Cy." lo chiamai, nonostante si fosse interrotto al mio contatto. "Che cosa c'è che non va?"
Lui sembrò improvvisamente a disagio e mi resi conto che non era così che funzionava, di solito, non eravamo mai noi quattro a preoccuparci per lui.
Mi sentii malissimo, consapevole che non dimostravamo mai quanto lui valesse per noi.
"Non è solo per le cose orribili che ho visto e che ho vissuto, o per il fatto che Neve non tornerà più una volta sparita in quel portale, o per tutte le persone importanti che abbiamo perso." ammise, grattandosi distrattamente dietro alla testa. "È che sono così... Stanco."
Non era difficile intuire che con quello stanco non si riferisse solo a un affaticamento fisico, ma non avrei saputo come suggerirgli di ignorare quella terribile sensazione.
Capendo che non avrebbe proseguito il discorso gli diedi un paio di pacche sulla spalla in modo da toglierlo dall'imbarazzo e gli rivolsi un largo sorriso.
"Non appena avremo schiacciato la faccia di Trigon sotto un sasso torneremo qui, voi avrete vinto la battaglia e potremo farci una dormita di trentasei ore." gli promisi.
L'idea sembrò rasserenarlo non poco, serenità che venne bruscamente turbata dall'entrata di Amalia in armatura all'interno della tenda dove sarebbe stato aperto il portale.
Si guardò attorno trafelata e sembrava reduce da una lunga corsa.
"Sono ancora qui, vero? Non è troppo tardi?" domandò a un interlocutore imprecisato, prima che i suoi occhi si posassero su una particolare chioma bionda.
Tara se ne stava a braccia incrociate attendendo che giungesse il momento di partire per l'ultima dimensione, quando le sue iridi celesti vennero percorse da un luccichio improvviso.
Le sue mani mollarono la presa sui suoi gomiti ed Amalia prese un respiro profondo, per poi correre nella direzione della ragazza e lanciarsi tra le sue braccia.
Mi passai una mano tra i capelli mentre un sorriso si dipingeva sul mio volto nonostante lo stress.
A volte trovavo ancora incredibile il legame che si era creato tra le due, come trovavo incredibile quanto già profondamente si conoscessero e tenessero l'una all'altra.
La Regina premette la fronte nell'incavo del collo della sua migliore amica per diversi istanti, prima di trovare la forza di staccarsi e rivolgersi a tutti noi.
"È il momento di agire, ora che la confusione regna tra i ranghi nemici. Niall combatterà in prima linea appunto per mostrare la sua presenza e consentirci di ottenere alleati imprevisti, mentre tutti voi sarete subito dietro a coprirci le spalle." disse frettolosamente, più per accertarsi che fossimo coscienti dei nostri ruoli che perché ancora non ce lo avesse ripetuto diverse volte. "E Tara, Raven, Soraya, Tempesta e Beast Boy faranno il culo a Trigon, quindi se la galassia non esploderà nel giro di un'ora sapremo che forse non sta andando tutto a rotoli. Come sapete tutti, però, la nostra poppante non farà più ritorno e rimarrà nella dimensione a cui appartiene."
Gli sguardi di tutti si fecero malinconici e si posarono su Neve, la quale era aggrappata a una Iella con le lacrime agli occhi, incapace di lasciarla andare in questo modo. Cyborg dovette interrompere il contatto visivo con le due perché altrimenti non avrebbe retto, ma comunque la ragazzina drizzò le spalle e si scostò da mia sorella.
ELENA
Separarmi dall'abbraccio di Iella provocò un profondo dolore nel mio cuore ed un singhiozzo soffocato da parte sua, che quasi mi fece domandare se ne fosse valsa la pena.
Era valsa la pena di far faticare loro così tanto, tutti quei ragazzi che una volta per me non erano che personaggi, ma che ormai erano diventati parte di me?
Mi sentivo in colpa per quello che avevo fatto, ma che potevo dire? E poi non ero nemmeno sicura che fosse tutta colpa mia. Beh, gran parte di quel casino sicuramente lo era, però non avevo mica fatto apposta.
Guardai i ragazzi, coloro che avevo fatto soffrire, coloro che avevano quasi perso tutto a causa mia.
Non mi sentii in colpa.
Grazie a me avevano riso, pianto, lottato, corso, sorriso, amato.
Grazie a me avevano vissuto.
"Se dobbiamo finirla," dissi. "facciamola finire bene."
"Wow, questo sì che è dannatamente ispirante." osservò Red X con una punta di sarcasmo, anche se il suo tono di voce era leggermente più dolce del solito.
Kid Flash ridacchiò al suo fianco e gli diede una leggera gomitata, come se non stessero per lottare insieme per l'ennesima volta e come se fosse la mia partenza l'unica cosa negativa della giornata.
Amalia mi passò accanto e mi guardò piena di gratitudine negli occhi, stringendomi la spalla con una mano.
"Forza schiappe, abbiamo una guerra da portare a termine." esordì la Regina, scacciandoli via con dei gesti. "Muovete il culo e preparatevi ai posti di combattimento."
I ragazzi cominciarono a dirigersi all'esterno della tenda, salutandomi debolmente con la mano mentre la tamariana li precedeva.
Rose e il suo branco, prima di andarsene, mi rivolse un ultimo sorriso, forse il più affettuoso che quei quattro mi avessero mai rivolto.
"Buona fortuna, Lemonade." mi disse, sfidandomi con un ghigno a lamentarmi per quel vecchio soprannome che all'inizio avevo odiato.
"Anche a voi." risposi, mordendomi un labbro per non proseguire. "Ditegli che gli voglio bene e che mi dispiace."
"Lo faremo." mi promisero, prima di scostare il tessuto della tenda ed uscire all'aperto.
Non l'avevamo detto ad alta voce, ma era ovvio che parlavamo di Luke. Non avrei mai capito come sdebitarmi per la fiducia che aveva riposto in me, seppur alla fine fosse stata tanto mal ripagata, quindi speravo solo che il suo branco capisse qual'era il modo per fargli percepire almeno un briciolo del mio affetto.
Un paio di familiari mani metalliche mi presero per le spalle e mi fecero girare, mostrandomi la visione di un cyborg dall'occhio lucido e di una metaumana sopraffatta dalle emozioni.
"Io..." provai a dire, anche se le parole decisero di morirmi in gola. "Grazie, per avermi sostenuto."
Iella si strofinò gli occhi con i palmi delle mani e tirò rumorosamente su con il naso, per poi scrollare le spalle.
"Era il minimo che potessimo fare per te, lo sai." replicò. "Ci mancherai."
Cyborg mi accarezzò con dolcezza i capelli e sospirò, facendomi mancare il respiro.
Ero così felice che fossero stati loro a prendersi cura di me.
"Siamo fieri di te." disse, costretto poi dal suo leader ad uscire dalla tenda insieme alla sua ragazza, naturalmente dopo avermi guardato entrambi un'ultima volta.
Notai che Raven e Soraya, affiancati dai loro partner, si apprestavano ad aprire il portale con un incantesimo, eppure mi sembrava di percepire una presenza vicino a me.
"Buh." mi soffiò nell'orecchio una voce familiare.
Girai la testa di scatto e colpii per sbaglio il naso di Niall, che se lo tenne dopo essersi lasciato sfuggire un'imprecazione dal dolore.
Mi coprii la bocca con le mani mortificata e divertita allo stesso tempo, consapevole che anche lui sarebbe stata una delle persone che mi sarebbero mancate più di tutte.
"Oh santi dei, il mio naso perfetto." si lamentò, massaggiandosi il punto leso. "Prima mi dispiaceva che tu te ne andassi prima che potessi affibbiarti nuovi soprannomi, ma dopo questo tuo tradimento non penso proprio."
Lo avvolsi in un abbraccio prima che potesse opporsi e gli risi nella maglia dell'armatura, ringraziando me stessa per aver creato una persona simile.
Non appena sentii la sua mano sulla mia testa mi lasciai andare in un sospiro tremante.
"Ti ringrazio per avermi capita, Niall." gli sussurrai.
E non mi riferivo solo al nostro carattere simile ed alle nostre passioni in comune, parlavo soprattutto di come avesse sempre fatto di tutto per comprendere le mie scelte ed i miei comportamenti. Ma soprattutto di come avesse accettato e cercato di comprendere la mia vera identità, che gli avevo svelato poche ore prima.
"Tu hai capito me, Yellow Girl." mi disse, evidentemente intenzionato a darmi almeno un nuovo soprannome prima di lasciarmi andare via per sempre. "È stato bello conoscerti."
Ed avrei veramente voluto rimanere per sempre lì e non tornare a casa, tuttavia la sua vicinanza mi ricordò troppo della mia famiglia e dei miei amici, persone comuni rispetto a lui ma che contavano veramente molto per me.
"Muoviti Elena, dobbiamo andare." mi chiamò Tara, costringendomi a separarmi da lui.
Così il re di Kurtham rimase a guardare noi cinque davanti al portale magico, mentre insieme saltavamo al suo interno pronti a combattere la nostra ultima battaglia.
RAVEN
Qualcosa di diverso mi pervase una volta che tutti e cinque fummo usciti dal portale, una sensazione alla quale se non avessi imparato a resistere avrei ceduto immediatamente.
Era la sensazione dell'onnipotenza, del desiderio di nutrirmi di ogni traccia di energia presente tutta attorno che bruciava come una fiamma ardente dentro di me.
La prima cosa che notai infatti fu il calore e la familiare luce del fuoco, infatti tutto attorno a noi era stato inglobato in un incendio di fiamme scarlatte, di certo non naturali.
La seconda cosa che balzò all'occhio era la singolarità del luogo in cui ci trovavamo, singolarità che mi fece sbiancare improvvisamente.
La luce dell'energia demoniaca ardente si rifletteva su altissime pareti oblique, che si chiudevano sopra di noi come se si trattasse di un prisma gigantesco. Ma io sapevo che non si trattava di un prisma qualsiasi.
"Attenti!" ci chiamò Tara, afferrando Tris per un polso e facendola spostare.
Subito dopo questo suo gesto il terreno sotto di noi venne attraversato da una crepa profonda, crepa che si allargò fino a raggiungere il punto dove si concentrava il massimo potere, punto in cui non volevo guardare per paura di cosa avrei potuto vederci.
Un vortice di fiamme color del sangue e magia nera occupava una zona circolare grandissima a solo una ventina di metri da noi, che era anche la stessa distanza che lo separava dalla parete del prisma più vicina.
Non chiamarlo prisma, Rachel, lo sai benissimo che cos'è.
Mi irrigidii ancora più terrorizzata, poiché l'udire la sua voce, la stessa voce che ero riuscita a contenere in una minuscola parte di me, era la prova che le mie supposizioni erano tutt'altro che sbagliate.
L'ultima dimensione era all'interno della mia gemma, ovvero l'ultima difesa dell'universo contro la sua persona.
"Dobbiamo sbrigarci ed aprire il portale subito, Aya." sentii dire Tris da dietro di me, con una notevole urgenza nella voce. "Se Trigon riuscisse a intercettarci saremmo finiti."
La ragazza dai capelli blu annuì e fece un cenno a Tara, la quale stringeva la mano attorno al sacchetto appeso alla cintura che avrebbe determinato la riuscita del piano.
"Dovresti disporre le pietre come ti abbiamo mostrato, poi saremo pronte per l'incantesimo." disse, cominciando a legarsi i capelli con un elastico, dal colore sospettosamente giallo.
Immaginavo che prima di andarsene la ragazzina alla quale avevamo imparato a voler bene (contro la nostra volontà) avesse deciso di lasciare un ricordo a quella che era stata la sua migliore amica.
La ragazza dai capelli biondi aprì il sacchetto che teneva appeso alla cintura e con un gesto delle mani fece fluttuare al di fuori di questo sette pietre colorate, per poi farle roteare in aria seguendo le istruzioni della principessa di Kurtham.
Un paio di braccia attorno alla vita ed una massa di capelli contro la mia faccia mi risvegliarono dalla trance in cui ero caduta, nel tentativo di ignorare il desiderio di scatenare ogni traccia del mio potere e distruggere tutto.
"Non pensavo che nel nostro rapporto ci fosse spazio per gli abbracci." osservai cercando di spostare una ciocca di capelli castani dalla mia bocca, prima di ricambiare la rapida stretta.
Tris si allontanò e mi rivolse un largo sorriso, in contrasto con gli occhi lucidi di lacrime che lo accompagnavano.
Non appena l'avevamo incontrata i suoi occhi così tanto neri mi avevano suscitato una certa diffidenza, mentre ora riuscivano a trasmettermi un calore familiare di cui avevo bisogno.
"Ma com'è che tu o esprimi ogni emozione in una volta sola o reprimi tutto?" le domandai, alzando un angolo della bocca.
Lei fece un suono strano con il naso, a metà tra uno sbuffo e uno starnuto, ma capii che era per esprimere un finto fastidio.
"Non criticare la mia incapacità di avere a che fare con le mie emozioni." borbottò, scuotendo piano la testa. "Ti auguro buona fortuna."
"Anche a voi." risposi. "Conoscerti non è stata la cosa peggiore che mi è capitata."
Stava per replicare qualcosa quando Soraya attirò la sua attenzione, pronta ad eseguire l'incantesimo che avrebbe aperto il portale per la sua realtà.
Non appena si fu allontanata delle dita familiari si intrecciarono attorno alle mie e Beast Boy mi affiancò, con un sorriso stranamente sereno sul volto.
"Affronteremo anche questa, okay?" mi sussurrò stringendo la presa sulla mia mano. "Non ti lascerò da sola."
Le sue parole furono quanto di più confortante potessi sentire, ma la verità era un'altra: lui non poteva rimanere lì con me.
Mi girai verso di lui e mi permisi di osservare il suo profilo, percorrendo con gli occhi ogni centimetro del suo viso rilassato soffermandomi in particolare sui suoi occhi luminosi, sul suo naso a punta e sulle sue labbra.
Chissà se avrei mai potuto sfiorare di nuovo le sue labbra.
"Beast Boy..." mormorai, cercando le parole giuste per dirlo.
"Siamo letteralmente all'interno di una gemma gigante, so che si tratta della tua. E so che sei spaventata, Rae-Rae, ma io non lo sono." mi interruppe abbassando lo sguardo sulle nostre mani e sollevandola. "Io non ho paura perciò, ti prego, non mandarmi via."
Avvolse la mia mano anche con la sua libera e percepii il mio cuore appesantirsi di botto, con il sottofondo sonoro del vortice poco distante da noi e delle parole magiche pronunciate dalle altre due ragazze.
"L'unico modo per sconfiggerlo sarebbe quello di distruggere questo posto e con esso anche... Me." gli dissi, facendolo irrigidire leggermente. "Non so quante fiamme, quanta magia e quante possibilità di vita rimarranno allora, ma quel che è certo è che morirai se resti qui."
Lui scosse la testa più volte e si portò le nostre mani vicino al volto, mentre la terra sotto i nostri piedi cominciava a tremare leggermente ed il portale di luce bianca si spalancava davanti alle altre tre ragazze.
"Mi stai chiedendo di scappare per vivere una vita senza di te?" mi chiese, il sorriso di prima scomparso dal suo viso.
Posai le dita della mia mano sinistra sulla sua guancia, ridicolmente morbida per un ragazzo della sua età. Cyborg lo aveva spesso preso in giro per il fatto che non avrebbe avuto idea di come farsi crescere una barba nemmeno se glielo avessero spiegato.
"Ti sto chiedendo di darmi un posto dove tornare." esalai, incatenando i miei occhi ai suoi. "Devi darmi qualcosa per cui valga la pena sopravvivere e salvare l'universo."
"E gli altri miliardi di persone che sperano di non morire entro oggi non valgono, vero?" non riuscì a impedirsi di dire, facendomi sbuffare piano.
"Hai capito cosa voglio dire." mugugnai, alzando gli occhi al cielo. "E poi non mi succederà niente, lo sai no? Sei tu a salvarmi, ogni volta. Nessuno oltre a te potrebbe farmi del male."
Forse fu il fatto che non stessi mentendo a convincerlo, forse solo la consapevolezza che grazie al patto con Death avrei potuto perdere la vita nell'unico caso in cui Beast Boy avesse deciso di togliermela, ma quello che è certo è che vidi una nuova determinazione nel suo sguardo.
Una nuova scossa al terreno accompagnata da un'ulteriore serie di spaccature ci allarmò, mentre una luce più intensa fuoriusciva dal vortice di magia.
"Rachel" mi chiamò una spaventosa voce profonda.
"BB, dobbiamo andare adesso." ringhiò Tara, precedendo la ragazzina dai capelli castani nel portale.
Soraya ci lanciò una rapida occhiata e prese la rincorsa, prima di buttarsi ed innescare la chiusura di questo, che cominciò a rimpicciolirsi.
Il ragazzo verde emise un brontolio bassa di frustrazione e distolse immediatamente lo sguardo dal varco di luce che lo avrebbe salvato.
In meno di un secondo infilò le dita tra i miei capelli e mi afferrò le labbra con le sue, morbide e tiepide, stringendomi a sé in un bacio disperato.
Mi aggrappai con le mani alle sue spalle e mi avvicinai nel bisogno di approfondire il contatto, di averlo lì, di averlo per sempre e non doverlo mai lasciare andare.
Assaporai la sua bocca al gusto di cioccolato (rubato probabilmente dalle ultime scorte del suo migliore amico) più a lungo possibile, fino a quando da noi non si springionò un'ondata di magia bianca che ci fece separare.
Respirando a fatica lasciai che mi accarezzasse le gote un'ultima volta, percependo i suoi occhi verdi tentare di dirmi ogni cosa che sentiva di provare in quel momento.
"Ti amo." disse infine, allontanandosi da me.
"Anche io." risposi, sentendomi improvvisamente piena di una nuova energia.
Perché era quello che succedeva tra di noi, quando eravamo sopraffatti dalla moltitudine di cose che avremmo voluto dirci: ricordarci che ci amavamo, anche se sembrava stupido, spesso era l'unica cosa che riuscivamo a fare.
Ed ogni volta che capitava riuscivamo a capire anche quali fossero gli altri messaggi nascosti dietro a quelle parole.
Lo osservai correre verso il portale bianco e scomparire nel nulla, rimanendo attonita per qualche momento, la sensazione di avere le sue labbra ancora sulle mie.
Un boato alle mie spalle mi fece voltare e vidi una gigantesca mano scarlatta emergere dal vortice ed aggrapparsi al terreno con gli artigli, nel tentativo di aiutarsi ad uscire completamente da lì.
Le fiamme attorno a me aumentavano man mano le loro dimensioni allo stesso ritmo in cui il corpo del demone più potente dell'universo faceva la sua apparizione davanti a me, fino ad arrivare alla sua altezza di trenta metri.
La pelle color del sangue e gli occhi neri mi parvero più spaventosi che mai, ma quando udii la sua risata fu come se il mio cuore cadesse in una fossa.
"Rachel, te l'avevo detto che la tua gemma sarebbe stata la chiave del mio ritorno." sghignazzò, la sua voce roca che mi penetrava nelle ossa. "E dopo aver eliminato te, figlia, distruggerò ogni singola forma di vita che ostacoli il mio cammino."
Trassi un respiro profondo, inalando l'aria bollente e lasciando cadere a terra il mio mantello.
Beast Boy non aveva paura. E se lui non aveva paura, allora nemmeno io sarei stata spaventata.
Presi a fluttuare sempre più in alto, fino ad arrivare di fronte ai suoi occhi privi di pietà.
Allargai le braccia e raccolsi ogni mia energia al centro del mio petto, stringendo gli occhi nella concentrazione.
"Credi che non abbia imparato niente, Trigon? Il potere di un demone sta nel consumare ciò che gli sta intorno per trarne forza. Ma indovina da cosa siamo circondati?" dissi. "Da me. E se tu mi uccidi ora, questo posto collasserà trascinandoti con sé, per questo non lo farai."
Aprii gli occhi, trattenendo a fatica la quantità di potere concentrata nel mio corpo prima di scoccare un'ultimo sguardo impietosito a mio padre, o almeno a quello che avrebbe dovuto essere quella sottospecie di mostro.
"Ma mi pare entrambi sappiamo che il mio istinto di conservazione è pari a zero, quindi sarò io a farlo per te." conclusi, rivolgendogli le mie parole di addio.
Aprii le mani di scatto e tutta la magia che avevo si sprigionò attorno a me, colpendo in pieno il demone e consrtingendolo persino a fare un passo indietro mentre la luce accecante raggiungeva le pareti della gemma.
Poi abbandonai la mia aspirazione di essere solo una maga e con ogni briciola di forza che avevo in corpo invertii il processo, lasciai che i miei quattro occhi rossi si manifestassero e mi presi tutto.
ROBIN
Dire che non mi ricordo il momento preciso in cui la battaglia ha avuto inizio sarebbe una bugia bella e buona.
Perché non è come se tu potessi veramente dimenticarti il passaggio da un ordine silenzioso al caos più totale, soprattutto non quando sei stato tu a dare l'ordine di dare il via al massacro.
In un universo giusto sarebbe stata Amalia a doverlo fare oppure, in sua vece, un qualsiasi essere vivente di sangue nobile, tuttavia in quello in cui ci ritroviamo nessuno sembrava pronto a concludere quella guerra. La Regina di Tamaran non aveva più potere del sovrano dei Citadel, o di Huma'na, o di Psion, ma era lei che ci aveva messo dentro l'interità delle sue risorse e non sapeva bene cosa sarebbe successo una volta terminati tutti i combattimenti. Di certo non era una abituata a vincere le guerre.
Io e gli altri eroi eravamo in seconda fila, subito dietro ai reali e davanti al resto dell'esercito, così percepii la tensione di Amalia come se fosse sulla mia stessa pelle.
"Devi dare tu il segnale." gli sussurrò Thornton, esattamente davanti a me.
La maggior parte dei nobili e del resto dei soldati era su una cavalcatura, ma dato che questa non era usanza di Tamaran la ragazza dai capelli scuri era in piedi a capo dell'intera armata, come se fosse paralizzata.
La sentii boccheggiare un paio di volte, come se stesse cercando di convincersi a dire qualcosa ma non ci riuscisse.
"Fammi volare." bisbigliai, prima ancora che riuscissi a fermarmi.
Stella aggrottò le sopracciglia e mi guardò di sbieco.
"Come scusa?" domandò incerta.
"Non c'è tempo, tu sollevami." ripetei allargando le braccia.
Lei non smise per un secondo di osservarmi con rassegnazione e mi allacciò un braccio attorno alla vita, librandosi in volo.
Ricordo vagamente che gridai delle cose, frasi incoraggianti o anche solo vagamente destinate a provocarli, ed un potente boato si levò dall'esercito pronto a seguire me, solo perché avevo avuto la forza di parlare e perché un angelo dall'armatura scintillante mi sorreggeva nel cielo.
Inutile dire che Amalia ed il resto dei regnanti si riappropriò del comando quasi immediatamente, ma ormai il caos era cominciato e dove c'era silenzio fino a pochi istanti prima ora c'era solo rumore.
Dire che mi ricordo ogni singolo momento della battaglia, invece, sarebbe una bugia ancora più grande.
Le battaglie di quelle dimensioni, battaglie combattute da migliaia di persone fino alla morte, non sono organizzate, schematiche o vagamente logiche come vorrebbero far credere gli strateghi che le progettano: sai solo che ti trovi in mezzo al rumore di grida e metallo, o che non sai nemmeno più chi ti sia amico e chi no, o spesso non sai nulla e cerchi di rimanere vivo.
Dopo quella che era sembrata un'ora o forse di meno riuscii finalmente a riprendere il controllo di me stesso.
Perché ci sono momenti di vuoto nella vita di un soldato, momenti in cui l'adrenalina è l'unica cosa che muove il tuo corpo e ti impedisce di accorgerti del resto, come di una ferita mortale o del caldo atroce.
Perciò non avevo idea del tempo trascorso dall'inizio del combattimento quando un laser sparato dalle nostre navi alleate ne abbattè una nemica, facendola precipitare a poche decine di metri da me. Venni investito da una nube di polvere e feci in tempo a vedere la lama di una spada puntare verso di me prima di disarmare un soldato nemico, colpendolo con il bastone dietro alla nuca e facendolo cadere a terra.
Thornton me l'aveva ripetuto più e più volte, la guerra non è come una rapina: il lavoro di un soldato è quello di uccidere i propri avversari e fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta.
Ma io non ero un soldato, ero un eroe prima di qualsiasi altra cosa, e un eroe non sceglie chi salvare: salva tutti.
"Attento!" esclamò una voce familiare, prima che una freccia volasse contro un soldato che voleva aggredirmi mentre mi occupavo del suo compagno.
Riconobbi una nota capigliatura rossa, felice di vedere Speedy intromettersi in uno dei miei combattimenti forse per la prima volta.
Quello incoccò una seconda freccia esplosiva (avevo imparato a riconoscerle dai colori) e da dietro di lui arrivò in volo Bee, sparando laser con le sue armi fidate senza sbagliare un colpo.
"Largo a sua maestà, idioti." esordì il ragazzo facendo esplodere un gruppo di nemici a poca distanza da noi per poi bloccarsi. "Aspetta, ma se tu sei l'Ape Regina allora io sono il re."
La ragazza disarmò un paio di soldati e li stese, sbuffando sia per la frustrazione che per l'affaticamento.
"Ti pare il momento di fare-" provò a dire.
"Fate passare il vostro sovrano, plebaglia!" gridò il rosso, avanzando e scagliando frecce letali a destra e a manca.
Giurai di aver visto comparire sul viso di Bee un sorriso affettuoso, prima che fossi completamente impegnato in un nuovo duello con un alieno particolarmente raccapricciante.
Lo colpii ripetutamente in ognuna delle sue tre facce, rischiando di perdere la mia arma fidata a causa delle tenaglie di una di queste, e lo feci cadere a terra privo di sensi. Da quel momento ebbi un altro periodo di vuoto assoluto, riempito solo dalla vaga sensazione di calore troppo intenso e delle mie mani che facevano roteare l'arma, scontrandosi contro chiunque si mettesse in mezzo.
Non sapevo quanto tempo era passato da quando era cominciata la battaglia nel momento in cui ebbi la consapevolezza di averlo trovato, tuttavia non mi importò più di nulla. Un'ondata di magia scarlatta creò una voragine tra i soldati e non mi risultò difficile capire che si trattava di Bruce.
Corsi nella direzione dell'esplosione e percepii chiaramente i miei pensieri farsi più lucidi, con l'unica certezza che quello sarebbe stato il momento.
Il momento in cui, finalmente, avrei restituito all'uomo che mi aveva cresciuto un minimo di pace, eliminando la sua brutta copia dall'universo.
Quando fui abbastanza vicino per poterlo vedere non c'era più nessuno che osasse avvicinarsi a lui, mentre nell'aria si sentiva solamente odore di cenere.
Forse prima di sprigionare tutto quel potere indossava un'armatura, ma quello che ricopriva il suo corpo pareva essere metallo fuso e delle crepe incandescenti solcavano la sua pelle, non più umana.
La parte peggiore però, ovviamente, erano i suoi occhi, che di simile a quelli di Jason ormai non avevano più niente: le iridi erano di un colore scarlatto intenso, uguali a quelli di Voldemort e di Trigon, mentre tutto il resto era nero come l'inchiostro più scuro.
Eravamo a diversi metri di distanza quando mi vide ed abbassò le braccia tremanti per lo sforzo, raddrizzando le spalle mentre il petto gli si alzava ed abbassava in modo irregolare.
"Credevo di averti ucciso, Dickie." disse, senza nemmeno sforzarsi per sovrastare il frastuono circostante.
La sua voce risuonò pericolosamente vicina a me, non proprio come mi sarei aspettato di sentirla. Immaginavo che sarebbe stata ruvida e profonda come quella di Trigon, invece era la stessa del mio tutore.
Strinsi le mani attorno al bastone e presi per la prima volta coscienza delle condizioni del mio corpo.
Un taglio poco profondo andava dalla mia spalla sinistra ad appena sopra al mio ombelico, mentre una botta ricevuta poco prima mi faceva sanguinare il naso.
Respirai a fatica puntando gli occhi su di lui ma tenendomi comunque all'erta, nel caso qualcun'altro avesse deciso di attaccarmi.
"Metà dei tuoi alleati sono passati dalla nostra parte per seguire Niall ed i miei amici stanno affrontando Trigon nelle altre dimensioni." gli feci notare, non molto sicuro delle sue capacità di potermi udire. "È finita."
Un sorriso obliquo gli si dipinge sul volto ed improvvisamente mi sento un... Com'è che si dice? Un cliché, ecco, mi sento un cliché cinematografico. In tutti i film che si rispettino c'è il protagonista di turno che dice È finita all'avversario e quello reagisce da vero psicopatico, facendo capire al personaggio principale che non è affatto finita.
"Basta tenervi occupati abbastanza, Richard, giusto il tempo che Trigon schiacci definitivamente i tuoi amici." replica, mettendo mano alla lancia che aveva sulla schiena. "Una volta liberato lui, il mio pieno potere si sprigionerà e distruggerò le vostre inutili armate. Non mi pare che qualcun altro oltre a te voglia affrontarmi, perciò sei solo, figliolo. Come sempre.''
Fece comparire cinque copie della sua lancia e con un gesto delle mani quelle si illuminarono di una luce scarlatta, subito prima di essere scagliate da una forza invisibile nella mia direzione.
Strinsi i denti e serrai la presa attorno al bastone, maledicendo i cliché.
Non ricordo esattamente se mi fossi ricordato di respirare oppure no, ma ciò di cui sono sicuro è che non staccai nemmeno per un momento gli occhi da lui e dalle armi che mi venivano lanciate contro.
Misi un piede davanti all'altro chinandomi per evitare le lance o spostandomi di lato, cominciando a correre nella sua direzione pronto a premere il pulsante sul fianco del mio bastone.
La prima lancia mi sfiorò il lobo dell'orecchio, senza scalfirmi, e presi il primo respiro profondo della corsa.
Non avevo ancora ucciso nessuno di mia volontà e la sensazione che mi avvolgeva nella consapevolezza di ciò che stavo per fare... mi spaventava. Mi terrorizzava la fermezza delle mie dita mentre non perdevano la presa nemmeno per sbaglio su ciò che avrebbe messo fine alla vita del nostro nemico.
Evitai la seconda lancia con uno scatto in avanti, senza curarmi di chi avrebbe colpito se non si fosse trattato di me.
Non avevo tempo per nient'altro, quella era la mia missione e non potevo trattenermi dal portarla a termine.
La terza asta invece mi costrinse a rotolare nella polvere bollente del terreno perché potesse mancarmi, ricoprendomi di sporcizia rossiccia che mi fece bruciare le ferite.
Dovevo farlo per tutto l'universo, perché finalmente fosse salvo.
Dovevo farlo per Bruce, quello vero, perché era stata la sua ultima volontà prima di morire. E dopo tutto quello che aveva fatto per me, dopo gli anni di complicità e contrasti, dopo la figura paterna che era diventato... Era il minimo che gli dovessi.
Dovevo farlo anche per Jason, perché meritava di non dover vivere con il fantasma di suo padre a tormentare la sua coscienza, quando entrambi sapevamo che non era colpa sua.
Venne scagliata la quarta lancia, che passò accanto al mio addome.
Dovevo farlo per me.
Ignorai la fitta al piede sinistro mentre mi avvicinavo sempre di più a lui e premetti il pulsante sul bastone, facendo spuntare la lama sulla punta di questo.
Dovevo farlo per me perché era il mio drago da sconfiggere, il mio mostro sotto al letto e l'incubo che mi teneva sveglio la notte. Non sapevo cosa avrei risolto per me stesso nel momento in cui avrei posto fine alla sua vita, ma sapevo che liberarmi di quella parte oscura di me mi avrebbe permesso di andare avanti. E tanto mi bastava.
La quinta lancia venne deviata dal mio bastone e sarebbe stata la mia occasione per balzargli addosso e distruggerlo, ma con un gesto delle mani scatenò una debole onda d'urto, abbastanza potente da farmi perdere l'equilibrio e rovinare a terra.
"Credi che sarai tu a uccidermi? Sei una delusione, Richard, è quasi penoso tutto questo. Non sei abbastanza forte." scandì, deridendomi ed estraendo la spada.
Ignorai le sue parole, concentrandomi su un altro dettaglio: i suoi occhi e le sue ferite non rilucevano più di luce lavica ed il suo incantesimo era parecchio debole rispetto all'esplosione di prima.
Sapevo che attingeva i suoi poteri da Trigon, questo significava che Raven e suo padre stavano lottando per distruggersi a vicenda proprio in quel momento, perciò dovevo sfruttarlo al massimo.
Mi alzai a fatica da terra rivolgendogli tutta la rabbia che avevo in corpo.
"Anche se non ti ucciderò io, sarà il tuo padrone a farlo. Non capisci?" gridai, puntandogli contro la lama del bastone.
(Peter: ESATTO! Perché i cattivi non riflettono mai? P e r c h é?)
Lo sguardo folle sul suo volto era qualcosa che ancora non ero pronto ad affrontare, infatti vacillai sotto il suo peso.
"E che sia! Perché per allora, io avrò già distrutto questo pianeta." esclamò, stringendo le mani attorno l'elsa della spada. "Tutte queste persone sapranno quanto sono potente un secondo prima di morire e mi assicurerò che anche i tuoi amichetti ricevano lo stesso trattamento."
I volti di Stella, Raven, Cyborg e Beast Boy si proiettarono all'interno della mia mente per qualche secondo, infondendomi una nuova forza. Le ferite ardevano come se ci avessero versato del fuoco, ma non mi importava. Non avrei permesso che facesse loro del male.
"Fai del male alla mia famiglia e io ti distruggerò. È semplice." gli urlai, piegandomi leggermente in avanti. "E credo che tu abbia fatto loro già abbastanza male."
(Lettore: SÌ. DIFENDI LA TUA FAMIGLIA E DISTRUGGILO.)
Corsi velocemente verso Bruce e quando cercai di abbattere la mia arma su di lui quello riuscì a pararla con la spada, spingendomi all'indietro.
Non saprei dire quanto è durato il duello, so solo che per ogni colpo che sferravo lui riusciva a rispondere con uno più forte, ma meno veloce, meno preciso.
Riuscii a studiare il suo schema a rilento, avvantaggiato dall'affaticamento che gli stava portando l'assenza di magia e proprio quando la sua lama stava per tagliarmi vicino alla gola lo colpii allo stomaco con un calcio, seguito da un altro paio di colpi di bastone ed un pugno sotto al mento.
Con un gesto rapido riuscii a disarmarlo e gli puntai contro il volto la punta affilata della mia arma, a denti stretti per sopportare la fatica.
Prima ancora che potessi decidere come porre fine alla sua vita lui mi prese per la gola, sollevandomi da terra con le mani che stringevano abbastanza la presa da farmi capire che ancora un po' di magia gli era rimasta.
Fui costretto a mollare il bastone per riuscire ad aggrapparmi al suo polso, trattenendomi dal gridare a causa del dolore che sentivo sulla pelle: le sue mani erano diventate incandescenti.
"Lo capisci, Dickie? È questa la fine che faranno tutti quelli che si opporranno al Signore Oscuro!" disse con uno sguardo folle negli occhi, avvicinandomi al suo volto. "Peccato che non sarai qui per vederlo."
(Samuele: Ehi, no, basta uccidere questo povero uccellino. Che vi ha fatto di male?)
Improvvisamente allargò le spalle e buttò la testa all'indietro, mentre il suo petto si illuminava di una potente luce scarlatta.
Chiusi gli occhi tra le lacrime di dolore e riconobbi i segni del risveglio di Trigon, che gli stava fornendo nuovamente pieni poteri.
(*i quattro cominciano a urlare*
Samuele: Ehi- no- iO STAVO SCHERZANDO
Lettore: ELENA SMETTI DI FARCI DEL MALE
Subconscio: *abbracciandosi le ginocchia e dondolando piano* Non sta accadendo, non sta accadendo, non sta accadendo...
Peter: *premendo il pulsante di un registratore* Giorno uno della mia depressione eterna: Elena Siliprandi ha distrutto irreversibilmente la mia stabilità mentale e sto considerando l'opzione del suicidio.)
Quando però il collo smise di bruciare schiusi le palpebre e vidi una punta luccicante fuoriuscire dal suo petto.
Con uno strattone la lama fu estratta dal suo corpo e la sua mano lasciò la presa su di me, mentre cadeva a terra inerme. Afferrai la mia maglietta e tossii forte a corto di fiato, nel disperato tentativo di riuscire a respirare un po', per poi posare lo sguardo sul mio salvatore.
"Io sono Hugo, membro della guardia scelta del castello di Kurtham. Ho servito la famiglia Blaken da quando sono entrato nell'esercito e non sono dell'opinione che dimenticare la propria lealtà sia una buona cosa." disse il soldato nell'armatura argentata, stringendo saldamente la spada. "E credo che quest'uomo infangasse più di chiunque altro il nome del luogo per cui combatto."
(Lettore: AH-HA! NESSUNO PUÒ RESISTERE AI BLAKEN.
Peter: Chi vuole concedermi un minuto per parlare del mio signore e salvatore Hugo?
Subconscio e Samuele: Hugo. Adottaci.)
Annuii confuso, più che certo che le intenzioni dell'uomo di mezza età fossero più che nobili ma ancora leggermente scosso per il trascorso combattimento.
Quello raccolse il mio bastone da terra e me lo lanciò, rivolgendo la sua attenzione alla serie di lotte che ci circondavano.
"Hai intenzione di rimanere lì a fare una dormita, ragazzino?" mi domandò, preparandosi a lanciarsi in mezzo al tumulto. "Muoviti ed aiutarmi ad abbatterne il più possibile! Prima finiamo e prima posso andare in bagno."
Così seguii lo sconosciuto che mi aveva salvato la vita, senza rivolgere nemmeno un'occhiata al corpo a terra vicino ai miei piedi.
BEASTBOY
C'è stato un istante preciso in cui il mio cervello ha cominciato a formulare un unico pensiero ripetuto.
‹‹Oh cavolo››.
(Lettore: Ma che cosa è successo al loro linguaggio? Sembra che qualcuno abbia riattivato il filtro minori.
*da uno dei quattro ragazzi sotto la coperta di Hello Kitty si sente una risata malvagia*
Subconscio: *ghignando* Non permetterò a Elena di dare il cattivo esempio a una popolazione di giovani lettori innocenti.)
E quel momento è stato quando il mio corpo è entrato brutalmente in collisione con l'erba verde sul terreno, con l'unico dettagli che il colore della mia pelle non era più simile a quello dei soffici steli.
Osservai le mie mani attentamente per essere sicuro che l'effetto non fosse dovuto a una commozione cerebrale, ma non ci fu nulla a farmi ricredere riguardo alla loro colorazione.
"Ma perché Neve vuole uccidermi?" chiesi piano, in modo che nessun altro mi sentisse.
Essendo tornato normale avevo sempre la stessa paura di quando mi trovavo nelle dimensioni dello sforzo fisico, ovvero che la Sakuzia contaminasse di nuovo il mio sangue facendomi ammalare di nuovo.
Tuttavia stranamente quella paura durò veramente poco, dato che la mia mente si concentrò su problemi più attuali come la gigantesca spaccatura che comparve mezzo al circolo di megaliti.
Balzai in piedi poco prima che si estendesse fino al punto in cui mi trovavo io e corsi fuori dal cromlech mettendomi al sicuro.
Avevo sempre desiderato visitare Stonehenge dato che sin da ragazzino mi era sempre sembrato un posto magico (e infatti), ma di sicuro avrei preferito farlo in circostanze diverse.
Sentii un peso gravarmi sulla spalla sinistra e vidi Tara aggrappata ad essa, mentre guardava sconvolta la crepa nel terreno che veniva contenuta all'interno del circolo di pietre.
"Sei biondo." osservò, aggrottando le sopracciglia. "Perché sei biondo?"
"Perché nella dimensione di Neve le persone sono tutte tristemente banali." risposi, cercando con lo sguardo la ragazzina di cui parlavo. "Eppure a quanto pare c'è della magia anche qui."
Elena e Soraya ci raggiunsero, la più bassa tenendosi la testa dolorante ricoperta da una massa di capelli neri.
"Mi è sempre piaciuto pensare che ci fosse qualcosa di magico un po' ovunque, sì." disse fermandosi al mio fianco senza nascondere l'orrore che provava nel vedere la crepa nella terra illuminarsi di scarlatto.
Rimanemmo in silenzio inorriditi per qualche secondo, troppo sconvolti dal potere che veniva emanato dalla spaccatura per poterci concentrare su altro. La principessa di Kurtham continuava a tenersi la fronte in preda a spaventose vertigini e la voce con cui parlò parve essere quella di qualcuno sul punto di svenire.
"Come facciamo a fermarlo? Non percepisco i miei poteri e dubito che altri di voi li abbiano." chiese timorosa, deglutendo pesantemente.
"Potremmo sempre tirargli dei sassi in testa finché non se ne va." propose Tara inarcando un sopracciglio.
"È esattamente per questo motivo che non stiamo insieme." le dissi. "C'è posto solo per una sola persona che faccia osservazioni stupide, e quella dovevo essere io."
Lei si girò verso di me con gli occhi chiusi a fessura.
"E chi ti avrebbe dato questo diritto, scusami?" domandò.
Un forte fragore accompagnò la caduta di un fulmine, il quale colpì la spaccatura aumentandone l'energia e venendo seguita dalla fuoriuscita di una gigantesca mano scarlatta.
Neve mi tirò un pugno sul braccio e Soraya si mise in posizione eretta, pronta a scattare da qualsiasi parte fosse necessaria per aiutare.
"Nessuno qui farà osservazioni stupide fino a quando quell'infame non sarà stato ricacciato nell'aldilà." dichiarò, utilizzando un elastico per legarsi i capelli ed avere la visuale libera. "Forse posso farvi temporaneamente riavere i vostri poteri, ma non so quanta energia mi costerà."
La spaccatura si allargò e la terra tremò sotto i nostri piedi, aumentando il senso di urgenza del momento.
"Va bene, non so come hai intenzione di fare ma ho imparato a fidarmi di te." dissi rapidamente, scrocchiandomi le dita. "Il cromlech è l'unica cosa che ci protegge da Trigon e non so per quanto ancora reggerà."
"Il crom-cosa?" domandò Neve, facendomi capire che a dispetto della sua improvvisa presa d'iniziativa ero comunque il più esperto sull'argomento.
Probabilmente non era il momento migliore per gioirne, ma ehi, capita di rado che io sia il più informato su qualcosa di importante.
"Il cromlech è il circolo di megaliti che sta contenendo la spaccatura." spiegò brevemente Soraya, prima di osservare preoccupata la sua amica. "Elena, lo sforzo che intendi fare potrebbe distruggerti."
La castana le sorrise appena, con gli occhi che improvvisamente parlavano molto più di quanto lei avesse mai fatto.
"Lo so che non ci siamo sempre dette tutto, Aya, ma ti chiedo di fidarti di me. E so anche che sei preoccupata, però..." provò a convincerla, sospirando. "È lo stesso sforzo che avrei fatto se fossi riuscita a salvare Bruce, per espellere la presenza di Trigon dal suo corpo. Non possiamo pensare a me, devo riuscire a salvarvi tutti."
Non attese la risposta della sua amica e si mise davanti a noi chiudendo gli occhi, prese un respiro profondo e poi aprì le braccia.
Fu come se non fossero così lontani da casa loro, fu come se ciò che li rendeva speciali nella loro realtà lo facesse anche in questa. A un gesto delle mani della ragazzina i tre riacquistarono i loro pieni poteri, che li avrebbero portati a sconfiggere il loro nemico.
Non aveva parlato, anzi, le sue labbra arrossate erano rimaste sigillate per tutto il tempo. Ma la voce che sentii era decisamente la sua.
Fece un rapido gesto con le mani e mentre lei crollava a terra priva di forze dentro di me ardeva un potere familiare ma decisamente più forte.
Soraya fece per correre in suo aiuto quando Neve le fece cenno di non badare a lei, costringendo Tara a prendere il controllo della situazione.
"Okay, qui si va nel campo della magia ed io e Beast Boy non siamo esattamente i più esperti a riguardo." cercò di attirare la sua attenzione, muovendo le spalle e facendole scrocchiare. "Come possiamo sconfiggere Trigon, Aya?"
La ragazza dai capelli neri si riscosse e mosse rapidamente le dita nell'aria con le sopracciglia aggrottate per la concentrazione, disegnando nel vuoto una figura di magia dorata.
Il colore non era esattamente quello tipico della sua magia, ma immaginavo c'entrasse l'influenza di Neve.
"Beast Boy, dovrai sollevare Tara in modo da portarla proprio sopra il cromlech, esattamente nel punto centrale del cerchio." ci disse, puntando uno sguardo indagatorio sulla crepa dalla quale ormai stava emergendo un'ombra oscura. "Lì dovrà utilizzare i suoi poteri per sollevare i megaliti e formare la figura che vi ho mostrato, in modo che siano sospesi sopra la spaccatura."
Annuii, pronto a trasformarmi e a fare ciò che mi era stato suggerito.
"E tu che farai?" domandai.
"Entrerò nel sito e mi avvicinerò quanto più possibile alla spaccatura." rispose quasi immediatamente.
Fece per fare quanto aveva detto, ma la mano della ragazza bionda si strinse attorno al suo polso impedendole di allontanarsi.
"Aya, non puoi esporti così al pericolo, non..." provò a dissuaderla, anche se non avremmo saputo come fare in caso lei non si fosse decisa ad agire. "Non posso lasciarti morire."
Soraya era sempre stata una ragazza timida e introversa, troppo buona per questo universo e decisamente troppo per qualsiasi persona avesse avuto a che fare con lei. Nessuno pensava di meritare tale perfezione nella sua vita, eppure in lei era finalmente comparso qualcosa di più umano e mono divino, qualcosa che sembrava renderla più vicina a noi comuni mortali.
Ed avrei potuto giurare davanti a chiunque che fosse stata Tara a far emergere quel qualcosa.
La mora si lanciò verso l'altra ragazza e le gettò le braccia al collo, stringendola in un abbraccio di breve durata ma dal quale si staccò lasciando la bionda in lacrime.
"Ci vediamo a casa." le sussurrò la più piccola, accarezzandole una guancia con il pollice.
"Ci vediamo a casa." ripeté con voce spezzata l'altra.
Senza aggiungere altro Soraya si voltò verso il cromlech e vi corse dentro, costringendoci a scattare ai nostri posti e prepararci a salvare l'universo.
In meno di un secondo mi trasformai in un possente grifone, animale che non credevo di essere in grado di imitare, e con un cenno della testa feci segno a Tara di salutarmi in groppa.
Una volta che ebbe eseguito le mie indicazioni spiccai il volo e mi librai nell'aria sopra al circolo di megaliti, pietre che prima di sollevarsi si colorarono d'oro, grazie alla magia infusa nella ragazza da Neve.
Gettai un'occhiata alla ragazzina seduta a gambe incrociate a pochi metri dalla che tratteneva Trigon nel cerchio, la quale sembrava stesse cercando di riprendersi poco a poco.
Mentre la ragazza sopra di me faceva sì che le pietre formassero la forma descritta da Soraya, io notai che il colore del mio piumaggio non era verde, bensì dorato.
Mi chiedevo quante energie avesse impiegato Neve per conferirci tutto quel potere, ma a giudicare dalle sue condizioni non volevo veramente conoscere la risposta.
"Stupidi mortali, è troppo tardi." tuonò una voce spaventosamente familiare.
La voce di Trigon era qualcosa di profondo e roco, simile al ruggito del vento in una caverna o al ribollire del magma nella bocca di un vulcano. Era qualcosa di antico ed oscuro, qualcosa che ti penetrava nelle ossa e ci restava dentro fino a quando la paura e l'impotenza non lasciavano il posto ad altro.
Soraya aveva raggiunto la spaccatura, la quale si era notevolmente allargata, e pareva volesse sfiorare quella massa di magia nera che ne fuoriusciva e dalla quale proveniva la voce.
Vidi che chiuse gli occhi ed imitò il disegno della figura sospesa sopra di lei con le dita, senza proferire una parola.
La principessa di Kurtham era sempre stata una più propensa ad agire riguardo ai cattivi, piuttosto che rispondere verbalmente alle loro provocazioni.
"Nnidna illi, isòjl ì rankkurd*" furono le parole che scandì una volta che i suoi occhi si illuminarono di luce dorata.
Con un gesto secco delle mani fece sprigionare dalle rocce sospese sopra di lei una enorme quantità di energia, una magia di luce simile a quella del Sole che colpì ogni cosa all'interno del circolo definito da alcuni megaliti rimasti.
"Credi di essere forte, principessa di Kurtham, ma la verità è che sei spaventata da quanto tu possa rivelarti pericolosa." le disse il demone, anche se la voce era attutita in qualche modo dall'incantesimo della ragazza. "Io so che cosa hai affrontato nell'ultima dimensione in cui hai lottato, lo so perfettamente. Hai affrontato il fantasma di te stessa che ti ha solo confermato quanto sapevi già."
"Beast Boy, abbatti i megaliti rimanenti!" esclamò Aya, non prestando attenzione alle parole che le venivano rivolte.
Senza che glielo chiedessi Tara balzò giù dalla mia schiena, atterrando su una roccia sospesa dai suoi stessi poteri per permettermi di eseguire gli ordini della nostra amica.
Non mi chiesi il motivo per cui non avesse chiesto alla bionda di abbattere le pietre, poiché avevo visto il sudore che imperlava la fronte di questa per lo sforzo, in quanto il colore dorato della magia con cui sosteneva le rocce era diventato sempre più simile al giallo limone.
Mi lanciai in picchiata sui megaliti notando che anche il mio piumaggio cominciava a tendere di più al verdastro, così decisi di sbrigarmi prima che l'incantesimo di Neve terminasse.
Volando in cerchio abbattei con le zampe e con potenti spallate ogni megalite rimasto in piedi, sempre lanciando con la coda dell'occhio degli sguardi a Soraya.
"Il tuo tocco è letale, ragazzina." disse Trigon, con chiarezza nonostante la forza con cui la magia utilizzata dalla principessa si abbattesse su di lui. "Come credi di poter salvare l'universo essendo un simile pericolo?"
Una volta che l'ultimo megalite cadde sotto il mio peso, riuscii a scorgere Tara vacillare, accorgendomi del colore delle mie piume che era interamente verde. Ormai ogni nostra capacità dipendeva solo da noi e la ragazza stava per collassare dalla stanchezza, così quanto più velocemente avessi mai volato riuscii a raggiungerla.
Non appena mi vide chiuse gli occhi e cadde, aggrappandosi alla mia schiena giusto in tempo.
"Il mio tocco non è letale." disse Soraya, nonostante la sua voce fosse talmente amplificata da far pensare che stesse gridando. "Il mio tocco è potere."
Dopo che ebbe pronunciato queste ultime parole qualcosa esplose come una bomba di luce argentata, scagliando via me e la ragazza che sostenevo, insieme a tutte le pietre sospese grazie ai poteri della bionda.
Atterrammo sull'erba tutt'altro che morbida e cercai di attutire la sua caduta, gesto che lei ripagò facendo da scudo con le sue abilità alle rocce che si abbatterono dove ci trovavamo noi.
Ma ormai la mia attenzione era attirata dalla fortissima luce argentea che emanava il centro di quello che era stato il cromlech, la quale formava una gigantesca sfera di magia dalle dimensioni impressionanti.
Riuscii a distinguere al suo interno le sagome di Soraya e Trigon, così quando quella più piccola chiuse le braccia davanti a sé la sfera implose, scatenando raggi di luce accecanti e facendo tremare la terra sotto di noi.
Percepii l'essenza di Trigon soccombere con un verso disumano e quando la luce svanì all'improvviso, la sua imponente presenza non c'era più.
Soraya si lasciò cadere in ginocchio, i capelli nuovamente blu come in origine, e mi accorsi di quanto fossi stanco e provato. Utilizzare i nostri poteri in una dimensione dove non avremmo dovuto averli ci aveva distrutto non poco.
"Dobbiamo raggiungerla." disse Tara, affaticata anche solo nel parlare. "Elena?"
Mi alzai in piedi e le permisi di passare un braccio attorno alle mie spalle, mentre ogni singola fibra del mio corpo urlava di dolore e sfinimento.
Indicai la figura della ragazzina che si avvicinava a passo incerto a Soraya, china davanti alla spaccatura che ora emanava luce argentata.
"Sta bene." risposi, con la bocca terribilmente asciutta.
Barcollando ci dirigemmo verso le nostre compagne, il mio sguardo che vagava sull'erba sottile sulla quale si stava depositando una pioggerella d'argento, residuo della grande magia a cui avevamo assistito.
Ci lasciammo cadere accanto alle due già sedute e sospirammo di sollievo, improvvisamente rasserenati.
"Rae-Rae ce l'ha fatta, eh? Altrimenti il potere di Trigon avrebbe potuto contrastare il tuo." osservai, dando un colpetto alla spalla della principessa di Kurtham. "Sei stata incredibile."
La ragazza cominciò a ridere sommessamente, sfogando tutta la tensione accumulata fino a quel momento, al che la seguimmo tutti e tre a ruota.
Non c'era nulla di divertente, ma il sollievo era tanto grande da farci venire le vertigini.
"Era quello che dovevo fare. Mi sento..." disse, guardando davanti a sé con il sorriso sul volto. "...Al mio posto. Mi sento bene."
Tara rise e si sbilanciò in avanti, gettandole le braccia al collo.
Prese a baciare ogni singolo angolo della sua faccia, facendo riprendere a ridere anche la più piccola, godendosi quel momento di meritata felicità.
Un sorriso intenerito si dipinse sul mio viso e quando mi girai verso Neve notai che mi stava osservando leggermente malinconica.
"Mi dispiace per..." fece, senza terminare la frase.
"Non dirlo." ribattei, piegando la testa di lato. "L'hai fatta finire bene, no? Sei una brava autrice, Neve."
Lei si lasciò andare in un sospiro tremante e si coricò sull'erba soffice, ridendo istericamente.
"Ho un paio di amici che non vedo l'ora leggano le tue parole." disse, chiudendo gli occhi.
(Subconscio: È incredibile come sia ovvio che sta parlando di Peter e Lettore.
Lettore: Scusatemi, dove sono le prove?
Peter: Non capisco come potete pensarlo.
Samuele: *assottigliando gli occhi* Non mi pagano abbastanza per questo.)
ROSE
Gunilla è il peggior essere vivente che io abbia mai incontrato.
Okay, magari il secondo, dopo Bruce.
Okay, magari il terzo, dopo Voldemort, ma non è questo il punto.
Il punto è che nel momento stesso in cui fui abbastanza vicina alla sua tenda percepii l'odore familiare di Luke, così come lo fecero i tre alle mie spalle: avevamo il permesso della Regina, ovviamente ufficiosamente, di irrompere nelle tende di quella poco di buono e recuperare il giovane beta per il quale eravamo preoccupati terribilmente.
Con uno scatto della testa feci scrocchiare il collo ed estrassi dalle fodere le due spade, prima di lanciare un'occhiata significativa al resto del mio branco. Non avremmo permesso che Luke ci venisse portato via, non dopo Cameron, Estelle e Kayla. Per Kim era come in figlio e per me, Thomas e Nate era un fratellino da proteggere. Se Thomas era la voce della nostra coscienza, Kim era la nostra forza, Nate era la nostra lealtà ed io ero la nostra determinazione, allora il ragazzino era la nostra ancora: non c'era nulla che non avremmo fatto per lui.
Feci un gesto con le dita ed i tre scattarono.
Il primo ad entrare fu Kim, seguito immediatamente da me a spade sguainate, che mi bloccai davanti alla scena a cui stavo assistendo diventando un ostacolo per i due ragazzi che mi comparvero alle spalle.
Luke era steso su un divanetto di stoffa rossa, il corpo magro coperto solo da un lenzuolo sotto il quale speravo veramente ci fosse almeno la sua biancheria e con una flebo contenente uno strano liquido verde acceso attaccata al suo braccio.
Faticavo a sentire il suono del suo debole respiro, mentre aggrottava nel sonno le sopracciglia scure, come se avesse il presentimento che fossimo finalmente arrivati.
Tuttavia non erano solo le condizioni del ragazzino a preoccuparmi, quanto piuttosto la donna in armatura seduta lì accanto, con un altro prigioniero ben conosciuto.
"La mia regina aveva detto che sareste venuti, ma non avrei mai pensato che non avreste portato rinforzi." esordì con un accento dolce e le consonanti arrotondate.
Aveva la stessa bellezza alienante di Gunilla e la medesima pelle verde, tuttavia gli occhi non erano di un nocciola dorato come quelli della sua regina, ma erano di un castano più caldo e scuro, che metteva quasi in soggezione.
Tornai a guardare l'ostaggio che invece era legato a una sedia molto vicina a lei, nonostante fosse anche privo di sensi.
"Lasciali andare." ringhiai, stringendo la presa attorno all'elsa della spada che usavo per sfiorare il terreno. "Che cosa vuole Gunilla da un bambino e dal principe di Tamaran?"
Perché il secondo ostaggio era proprio il fratello di Amalia e Stella, privato del suo travestimento e con la cicatrice dell'ustione a marchiarlo sul volto assopito.
Nessuno avrebbe dovuto essere a conoscenza della sua presenza a Tamaran, ma ovviamente la regina di Huma'na ne era al corrente, dato che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice diversi anni prima.
E chiamarla protettrice anche solo nella mia testa mi faceva venire da vomitare.
"Proprio nulla, in realtà. Il principe di Tamaran è già suo, in quanto il nuovo patto stretto con la Regina di Tamaran le ha garantito il matrimonio con lui quando avrà raggiunto la maggiore età." disse, sollevandogli la testa con disprezzo tenendolo per i capelli.
Le sue parole furono come un pugno nello stomaco e non solo per me. Come era possibile che Amalia, la stessa Amalia che avrebbe fatto di tutto per i suoi fratelli, potesse consegnare a una donna senza scrupoli il membro più giovane della sua famiglia?
"Amalia non lo farebbe mai." disse infatti Nate, alle mie spalle, estraendo gli artigli in preda all'irritazione.
La donna mise mano alla spada, di un tipo pesante e ben lavorato a giudicare dall'elsa, per poi guardarci con indifferenza.
"Komand'r è una buona sovrana da quello che ho potuto constatare, e come tale sa quando è necessario sacrificare qualcosa per il suo regno." replicò, con semplicità. "Anche se si tratta di qualcosa che le sta a cuore."
Ripensai a come aveva lasciato il castello, ovvero la sua casa, solo per estendere la barriera protettiva a tutta la zona che ne necessitava, per proteggere il suo popolo. Anche se l'idea mi disgustava, ormai non faticavo a credere che fosse capace anche di quello.
Mi scostai con un dito una ciocca di capelli bianchi dal volto, per poi puntarle contro una delle due spade.
"Te lo ripeto un'ultima volta prima di tagliarti in due." scandii, analizzando con la coda dell'occhio l'interno della tenda. "Liberali subito."
"Effettivamente potrei farlo, dopotutto il lupetto serviva solo a fare esperimenti sul qwertuyio. Avete notato come non abbiate potuto rintracciarlo nemmeno con i vostri poteri sovrannaturali? È incredibile." rispose, accompagnando le sue parole con un sorriso leggermente troppo entusiasta. "Tuttavia mi è stato ordinato di uccidervi prima che poteste andare in giro a spifferare tutto a qualcuno, perciò..."
Prima ancora che lei potesse fare un passo Kim e Thomas avevano estratto anche loro gli artigli, mentre Nate le ringhia a contro pronto a saltarle addosso.
Feci brillare i miei occhi per un secondo, giusto come avvertimento.
"Noi siamo in quattro, mentre tu sei da sola. Fai un favore a te stessa ed arrenditi, così non dovremo ucciderti." le suggerii, nonostante non fossi convinta delle mie parole.
Se Gunilla sapeva che saremmo arrivati, perché lasciare una sola guardia?
La donna sguainò la spada con un gesto fulmineo ed allargò il suo sorriso entusiasta, inquietandomi non poco. Era una particolarità di Huma'na che tutti i suoi abitanti fossero degli psicopatici?
"Per favore ragazzina, potrei tagliarvi la gola senza nemmeno che ve ne accorgiate." ridacchiò, flettendo impercettibilmente le gambe. "Sono stata addestrata tutta la vita a uccidere e da quando sono diventata una dei sicari scelti della regina nessuno mi ha mai battuta."
Thomas scoppiò in una risatina di scherno, probabilmente scuotendo piano quei capelli biondi che ormai gli arrivavano alla linea del mento.
"Addestrata a uccidere, eh?" domandò. "Noi abbiamo vissuto insieme a Cameron, un paranoico e maniaco del controllo che ci faceva correre chilometri sotto la pioggia solo per vedere quanto resistevamo. Dovrai impegnarti un bel po'."
Dopo meno di un secondo scattai in avanti e gli altri mi seguirono, tuffandosi contro la donna armata.
Il primo rumore che si udì fu il cozzare delle nostre lame, talmente fragoroso da far credere che si fossero spezzate. Nonostante stessi usando contro di lei la mia piena forza riuscì a sbalzarmi all'indietro, prima di piegarsi in avanti ed evitare un'artigliata di Kim. Roteò su se stessa e colpì con il tallone l'uomo nello stomaco, ferendolo con la spada solo in una gamba, poiché si era spostato abbastanza in fretta.
Schivò con abilità ogni colpo di Thomas e Nate, che avevano scelto di combattere in contemporanea, per poi trarre in inganno il corvino e fargli affondare gli artigli nelle braccia dell'altro. Con un calcio poderoso li fece finire a terra, saltando sul baule alle sue spalle non appena cercai di coglierla di sorpresa.
"Ti senti debole, giovane lupa? I tuoi compagni sono già destabilizzati dal qwertuyio, ma tu sei l'Alpha, no? Tu dovresti essere più resistente." mi fece, parando una delle mie spade ed evitando con agilità l'altra. "Sarà molto divertente."
Con un solo gesto fluido del polso riuscì a disarmarmi della lama nella mano sinistra, per poi trafiggere con la sua arma il mio fianco, facendomi gemere di dolore.
Sentivo la testa girare come se qualcosa di cento volte più forte dell'aconito mi fosse stato iniettato direttamente nelle vene, per cui non mi stupii se i miei beta non riuscivano a raggiungermi. Il mio potere supplementare mi permetteva di resistere a questo misterioso qwertuyio, ma non sarebbe durata a lungo la mia resistenza dopo quel colpo.
Con uno strattone mi liberai dalla sua presa facendo sì che la lama si sfilasse dalla mia carne, in modo incredibilmente doloroso ma necessario.
Non avrei permesso che qualcuno facesse del male alla mia famiglia ancora una volta.
"Sei stanca, lupetta?" mi schernì, tornando ad attaccarmi.
Rapidamente feci passare la spada alla mano sinistra e bloccai il suo fendente, tenendo con le dita il punto dove mi aveva ferita pochi istanti prima.
Non potevo mollare, non potevo mollare ora che i suoi spietati occhi scuri erano a così scarsa distanza da me.
Non potevo mollare ora che potevo salvarli tutti.
Così dal profondo della mia anima sentii una specie di calore farsi sempre più intenso, mentre i miei muscoli si tendevano ed i miei occhi brillavano sempre di più.
Pensai a qualcosa da dire, qualcosa che l'avrebbe fatta esitare solo per poter recuperare un certo vantaggio, ma il potere dentro di me mi permise di fare di più.
Mi lasciai andare in un forte ruggito, profondo e sconcertante, abbastanza da scatenare tutte le forze che mi erano rimaste e spingerla all'indietro, quando la tenda tremava a causa del suono da me emesso.
Per qualche istante parve che stessi avendo la meglio, tuttavia presto le mie energie si estinsero quasi completamente, facendomi vacillare.
La donna fece un passo nella mia direzione pronta a sferrare il colpo finale, quando una figura minuta si interpose tra noi due.
Fu un secondo, uno squarcio nel tempo, e la mia avversaria fece cadere l'arma.
Si portò le mani alla gola dove gli artigli di Luke erano affondati ed emise un respiro strozzato, prima di cadere a terra.
"Così la prossima volta eviti di lasciarmi in mutande, tesoro." le disse il ragazzino, respirando affannosamente per lo sforzo.
Si voltò verso di me senza più degnarla di uno sguardo ed incontrare i suoi occhi mi fece gettare l'arma, sopraffatta dall'emozione. "Ti sei tinta i capelli, Rosie?"
Le sue iridi castane si illuminarono e mi rivolse un sorriso morbido dei suoi, che mi fece spalancare le braccia per afferrarlo prima che cadesse.
Mi inginocchiai per permettergli di fare lo stesso e sostenersi, ovviamente senza smettere di abbracciarlo per assicurarmi che non andasse via.
"Siete venuti." sussurrò a fatica, nascondendo la faccia nell'incavo del mio collo.
"Non ti avrei mai lasciato." risposi, premendo le labbra contro i suoi capelli arruffati. "Mai, mai, mai, mai."
Stava per aggiungere qualcosa, quando la figura ostile della donna coperta di sangue si erse alle sue spalle, pronta a portarci con sé nella tomba grazie alla spada che avevo lasciato cadere, e che ora stava per calare su di noi.
Non feci in tempo a dire nulla che udimmo uno sparo ed un secondo dopo la sua testa era sparita.
Ci voltammo verso l'entrata e vedemmo due ragazze dalla pelle color onice e gli occhi rosati, delle quali una stringeva in mano una pistola laser fumante.
Quella disarmata, che aveva gli occhi di un colore più acceso, cominciò a scuoterla per una spalla, eccitata.
"Ce l'hai fatta, l'hai fatta esplodere!" esclamò.
Ragione piuttosto macabra per essere esaltati, ma chi sono io per giudicare.
"Chi siete voi due?" domandò Thomas con voce rauca, mentre a fatica tentava di alzarsi.
Occhi Spenti si precipitò ad aiutare Kim e Nate, mentre la ragazza disarmata si premurò di spiegarsi.
"Siamo le figlie del re di Tyyk, eravamo le damigelle al favoloso matrimonio di Niall Blaken e Rachel Roth." disse, con un certo orgoglio. "Dopo che nostro padre ha scelto di abbandonare l'alleanza con Kurtham per stare dalla parte di Lord Blaken ci è stato spiegato che era stato tutto a causa di un inganno, ma era troppo tardi per convincere anche gli altri regnanti. Così Niall ci ha mandate qui, dicendoci di vedere se potevamo aiutare la sua ragazza a tornare a casa sana e salva."
Alzai gli occhi al cielo, fingendomi infastidita.
Era tipico di Niall impicciarti in affari che non lo riguardavano e far perdere la testa a giovani fanciulle ingenue disposte a tutto per lui, e nonostante il fatto che se lui non fosse così probabilmente saremmo morti...
Aspetta.
"Vi ha detto di aiutare la sua c o s a?!"
STELLA
Troppe cose.
Stavano succedendo troppe cose in così pochi istanti.
C'era troppo rumore, troppi feriti, troppi morti.
Gli HIVE si erano lanciati in battaglia gridando Per Mammoth, mentre ora non riuscivo a vedere nessuno di loro, a parte Iella.
La ragazza era china su un soldato alleato e stava praticando rapidamente e con sicurezza un'incisione al suo torace, facendolo ricominciare a respirare.
"Dove hai imparato a farlo?" le domandò Red X, mentre le copriva le spalle.
"Studio medicina, idiota." gli gridò, bloccando poi l'emorragia con un pezzo di stoffa dei vestiti di qualcuno che non poteva più utilizzarli. "Non passo tutte le mie giornate a rapinare banche."
Avrei voluto che fosse stata vicino a me qualche minuto prima, o forse qualche ora prima?
Quanto tempo era passato dall'inizio di quell'inferno?
Quanto tempo era passato dal momento in cui, per salvare suo figlio, Jopre si era lanciato tra lui e un colpo di fucile a laser?
Thornton non l'aveva mai chiamato papà, mai prima di quel momento, perché era sempre stato Sigurd la vera figura paterna. Invece, in quel momento, il grido di quell'appellativo aveva accompagnato la caduta del corpo di uno dei miei mentori, uomo che ormai per il Generale non era solo una vaga figura di genitore biologico.
Jopre c'era sempre stato, a modo suo.
Troppe cose.
Troppo rumore.
Troppi feriti.
Troppi morti.
Dovevo andarmene, lo sapevo, non era quello il mio posto. La guerra non è mai stata il mio posto.
Qualcuno mi afferrò per un polso e mi trascinò via prima che una forte esplosione travolgesse anche il punto dove mi trovavo io, oltre che agli altri soldati e a un mare di polvere.
"Non ti azzardare a morire così, ricordati che sei ancora vincolata a mia sorella!" esclamò una voce familiare, che mi spinse a girarmi verso di lui.
Il volto affaticato di Niall era molto vicino al mio, vicinanza che credevo avremmo raggiunto quando uno dei due avrebbe deciso veramente di uccidere l'altro.
Con uno strattone mi liberai dalla presa e scagliai una sfera di energia dopo l'altra al piccolo gruppetto di soldati che aveva cercato di attaccarci.
Una volta momentaneamente al sicuro gli rivolsi un'occhiataccia.
"Lo sai benissimo che siamo riuscite a interromperlo prima che partisse per la missione, anche se non permanentemente." gli ricordai storcendo il naso.
Lui alzò gli occhi al cielo, ma più come se fosse imbarazzato che per altro.
"Può darsi, e specifico può darsi, che non voglia che tu muoia." ammise, stringendo la lunga spada affilata. "Ti va di coprirci le spalle a vicenda?"
Gli rivolsi un sorriso e gli mollai un pugno sul braccio, accettando di buon grado quella nuova tregua.
Una forte esplosione scarlatta a diversi metri da noi attirò la nostra attenzione, facendoci immaginare che lì si trovasse il nostro nemico principale: il demone che si era impossessato del corpo di Bruce.
E non faticavo a immaginare che dove si trovasse lui, poteva trovarsi anche Robin.
Non avrei permesso a quell'idiota del mio ragazzo di farsi uccidere dal padre disadattato della mia migliore amica.
Feci cenno a Niall di seguirmi, subito prima di librarmi in volo.
"Dobbiamo andare ad aiutare Robin!" gli dissi, dirigendomi poi verso il punto stabilito.
Non sapevo cosa fosse successo a Raven, cosa fosse successo a BB, Soraya e Tara, o come se la stessero cavando gli altri sul campo di battaglia, ma potevo aiutare il nostro leader e non mi sarei tirata indietro.
Non ricordavo quanto fosse passato da quando avevo visto la vita scivolare via dagli occhi di Jopre, ma promisi a me stessa che non avrei permesso che accadesse anche al ragazzo dagli occhi blu.
Finalmente lo individuai ed atterrai per colpire a distanza un soldato che lo avrebbe attaccato da dietro, mentre lui non riusciva ad accorgersi di nulla.
Non vedeva quegli uomini che cercavano di aggredirlo mentre era distratto?
Il ragazzo dai capelli blu mi raggiunse con l'arma puntata in direzione del nostro avversario.
"Io prendo quelli a destra e tu quelli a sinistra?" chiesi, già percependo il calore del mio potere sulle dita.
Il re di Kurtham si dipinse un ghigno sulla faccia.
"Vediamo se sei più brava di me, principessa." mi sfidò, scattando in avanti.
Per ogni passo in simultanea che compievamo, un colpo partiva dalle nostre mani, che fosse una sfera di energia o un colpo di spada alimentato dalla magia.
Non avevo mai visto Niall in azione prima e, morbok, sembrava di vederlo volare.
Si destreggiava tra un avversario e l'altro con agilità e destrezza, senza esitare e con micidiale precisione.
Credevo che fossero Thornton e Rose i migliori spadaccini che conoscessi, ma in quel momento fui consapevole che il ragazzo dai capelli blu avrebbe potuto metterli in ginocchio se avesse voluto.
Una volta liberata parzialmente la visuale dai nemici, tornammo a concentrarci su Bruce e Robin.
L'uomo teneva sospese attorno a lui cinque lance dall'aura scarlatta, pronte a scagliarle verso il mio ragazzo.
Feci per raggiungerlo quando un uomo saltò addosso a Niall, colpendolo a un fianco con la propria arma e facendolo vacillare, al che lo afferrai per un braccio sostenendolo e colpii il soldato con una scarica di energia.
"Stai bene?" chiesi, osservando il taglio che per fortuna era poco profondo.
Quello represse una smorfia di dolore ed annuì affermativamente.
"Sono stato meglio, ma tanto la corazza era andata." si lamentò, riferendosi all'armatura sul suo torace ormai praticamente a pezzi.
Sembrava stesse per aggiungere qualcosa quando i suoi occhi si spalancarono nel guardare qualcosa diverso da me.
Prima che potessi capire cosa stesse guardando mi spinse via con una spallata, facendomi cadere a terra malamente.
Sputacchiando polvere mi tirai in piedi pronta ad insultarlo, quando vidi la lancia che gli attraversava il ventre, ancora impregnata di magia scarlatta.
Gridai il suo nome e mi lanciai in avanti, afferrandolo prima che cadesse a terra ed urtasse il corpo esterno andando in contro a morte certa.
"Niall, no, no, no!" urlai, prendendogli il volto tra le mani e cercando di non fargli chiudere gli occhi. "Non farlo, ti prego."
Dovevo pensare.
Dovevo riuscire a-
Dovevo aiutare Robin, dovevo farlo. Lui era solo, senza poteri e pieno di una rabbia accecante che lo avrebbe fatto uccidere.
Sapevo che dovevo aiutare Robin, anche se questo significava abbandonare Niall.
Dopotutto quello era il ragazzo che mi aveva odiato, che mi aveva fatto sentire in colpa per ogni mio singolo errore.
<<Devo aiutare Robin>> mi dissi.
E invece sollevai il corpo del ragazzo ferito e volai verso l'infermeria senza guardarmi indietro.
(Samuele: No
Subconscio: No.
Peter: NO.
Lettore: NO!
Samuele: *in lacrime tra le braccia di Subconscio* AVEVA PROMESSO CHE NON L'AVREBBE UCCISO. AVEVA DETTO CHE AVEVA CAMBIATO IDEA.
Peter: Ma lei ormai è nella nostra dimensione, fino a quando non raggiungerà il cellulare non avrà alcun potere...
*si voltano verso Lettore che sta urlando come una ragazzina*
Lettore: CE L'AVEVO IN MANO FINO A CINQUE SECONDI FA, LO GIURO
Subconscio: Cosa?
Lettore: IL CELLULARE. È SPARITO!
*i quattro si guardano*
*si lasciano andare in un terrorizzato urlo a ultrasuoni*)
ELENA
Quando mi svegliai seppi di essere sola.
La piacevole sensazione dell'erba morbida e fresca sotto di me mi rassicurava, così come la luce del Sole che filtrava attraverso le mie palpebre e mi faceva dimenticare il vento leggermente fastidioso che mi sfiorava la pelle, facendomi rabbrividire.
Sembrava che fosse la fine di marzo, per cui mi chiesi quanto tempo fossi stata rinchiusa in quella storia. Erano stati davvero pochi mesi? O nella mia dimensione era trascorso più tempo?
Aprii gli occhi e mi tirai su a sedere, guardandomi attorno: la profonda crepa nel terreno era scomparsa non appena i miei tre amici si erano lanciati al suo interno utilizzandola come portale, ma tutti i megaliti erano spezzati o ridotti in polvere.
Cominciai a tremare, non sapevo se per il freddo o altro, e mi misi a ridere di cuore, lasciandomi cadere di nuovo sull'erba umida.
"Oh porca puttana." risi, grata per l'assenza di un filtro minori in quella dimensione. "Ho distrutto Stonehenge."
Continuai a ridere sommessamente, fino a quando qualcosa sotto di me cominciò a vibrare, più precisamente sotto la mia dolorante chiappa sinistra.
La mia mano cercò di raggiungere la tasca dei pantaloni e toccai qualcosa che non sapevo se odiare o amare ma che strinsi con forza nelle dita.
Il mio cellulare, comparso misteriosamente, segnava sullo schermo il numero del telefono di casa.
Tremando accettai la chiamata e mi portai l'oggetto all'orecchio.
"Sì?" risposi.
"Elly!" fu l'esclamazione che mi accolse.
La voce di mio fratello fece comparire non solo delle lacrime calde e pesanti sul bordo delle mie palpebre, ma anche un sorriso di assurda felicità sul mio viso.
"Ciao Sam, sono tornata." lo salutai, facendomi scappare un singhiozzo.
Udii la lotta degli altri tre ragazzi per prendere possesso del telefono e mi si scaldò il cuore.
"Elena, ti prego, dimmi che stai bene." mi travolse la voce preoccupata di Lettore.
Una lacrima mi rotolò sulla guancia.
Era così bello sentire la sua voce, era così bello essere nella sua stessa dimensione.
"Sto bene." risposi, piano. "Però... Potreste venirmi a prendere?"
"Peter ha già contattato il suo capo -sì che è il tuo capo, non rompere- e sta già arrivando con l'elicottero dello SHIELD." mormorò, con quanta più dolcezza avesse mai fatto. "Non ti lascerò andare più da nessuna parte senza di me."
Istintivamente sorrisi, perché era tutto quello che volevo sentire.
ALLORA
LA VERITÀ È CHE, OLTRE AL MOTIVO SPIEGATO QUA SOTTO, NON HO AGGIORNATO PERCHÉ NON POTEVO
NON POTEVO LASCIARLI ANDARE
E NON SO SE VI IMPORTA ANCORA DI QUESTA TRILOGIA OPPURE NO, MA SONO TORNATA E SONO PRONTA A FINIRE QUESTO CAZZO DI LIBRO
SEH
VIVA LA VOLGARITÀ
I'M BACK STRONGER THAN EVER
[angolo stupido che non c'entra nulla con la storia, ma mi sembra doveroso spiegarvi il motivo di questo mio prolungato periodo di assenza quindi beccatevi questo]
*è un giorno come tanti a PaeseDiElly City e la nostra autrice è pronta ad affrontare la vita con energia*
*non fosse per il particolare che la sveglia è suonata alle cinque del mattino, che non ha chiuso occhio per tutta la notte come nei giorni precedenti a causa dell'ansia, ansia derivata dal fatto che non ha finito le settanta pagine di matematica assegnate il giorno prima*
E qui devo fare una precisazione, perché altrimenti non rende.
Il numero 70 non è iperbolico.
Il numero 70 corrisponde esattamente al quantitativo di pagine di esercizi e teoria da studiare che mediamente la nostra prof di Matematica ci assegna.
Ma andiamo avanti con la nostra giornata.
*Elena si mette al suo tavolo di studio per cercare di finire di studiare (spoiler: fallendo) e dopo cinque secondi passati a fissare il vuoto in preda alla morte interiore dà un'occhiata all'orologio*
Orologio: 5.06
*abbassa lo sguardo sul quaderno per scrivere il numero dell'esercizio*
*rialza distrattamente lo sguardo sull'orologio*
Orologio: 7.01
Io: MA QUANDO È SUCCESSO.
*frettolosamente cerca di trovare tutto il necessario per affrontare la mattina scolastica e ficca il materiale nello zaino*
Orologio: 7.15
*si lancia al piano di sopra afferrando la bottiglia d'acqua ed i diciassette medicinali diversi che devo trangugiare per non svenire durante il giorno*
Orologio: 7.22
*entra in bagno e dà una rinfrescata alla sua persona il più velocemente possibile*
Orologio: 7.27
*rimane a fissare l'armadio nella disperata speranza (ossimoro che descrive la mia vita) che trovi qualcosa di decente da mettersi, fallendo*
Orologio: 7.36
*corre in bagno sperando di avere il tempo di truccarsi o sistemarsi i capelli, ma i capelli sono deformati a causa dello chignon in cui li tiene legati tutto il giorno, ed il tempo di truccarsi non c'è*
*esce di casa alle 7.45 con i calzini spaiati, vestita da barbona, i capelli orribili, le occhiaie che arrivano fino alle guance e la costante sensazione di morte imminente dovuta al senso di colpa di non aver finito di studiare*
*inutile dire, è in ritardo sulla tabella di marcia ed arriverà in ritardo anche a scuola*
Come avete potuto constatare, il mio risveglio fa schifo.
Ma dopo essermi uccisa di studio almeno durante le ore di lezione dovrei riuscire a prendere un momento di respiro, no?
AHAHAHAH. MA CERTO CHE NO.
*prima ora*
Io: Raga voi avete finito gli esercizi ieri?
Manveer (compagna di banco): No, ero occupata a finire chimica e poesia.
Io: C'ERANO COMPITI DI CHIMICA E POESIA? *piange* Ti prego me li fai copiare.
Manveer: Ma io non li ho finiti.
Io: mI sPiEgHi A cOsA dOvReStI sErViRmI tU?
*seconda ora*
*cado in uno stato di trance in quanto le notti insonni dei giorni precedenti ricadono tutte prepotentemente su di me*
Prof: Elena, sei attenta? Non distrarti che poi non riesci a recuperare.
Io: *cercando di mettere a fuoco la sua faccia* No no, prof, ero attenta.
Prof: Puoi ripetere quello che stavo dicendo?
Io: Il gerundivo è il corrispondente latino del nostro aggettivo verbale...
Prof: Questa è la lezione di fisica.
Io:
Io: Ah.
*terza ora*
*entrano quarantacinque persone diverse a chiedere cose come documenti, raccolte fondi e certificazioni che dovrei avere io perché sono rappresentante di classe*
Io: Prof posso uscire per...
Prof: No.
Io: Ma devo consegnare entro oggi...
Prof: NON INTERROMPEREAI ANCORA LA MIA LEZIONE, ORA RITIRA LE VERIFICHE DELL'ALTRO GIORNO.
Io: *realizza che nella fretta della mattina ha lasciato la verifica sul tavolo* Prof ho dimenticato la verifica.
Prof: Allora visto che non ti importa di essere responsabile non ti importerà nemmeno se ti tolgo un punto dal voto.
Io: È stato un incidente-
Prof: Rispondi? Allora tolgo due punti.
Io: *urlo interiore*
*ricreazione*
*passata a copiare brutalmente e male ogni singolo compito con lo stomaco brontolante e le vertigini, perché ovviamente la mattina non ha mangiato assolutamente nulla*
*quarta ora*
*spesso è matematica*
Prof: Avete fatto i compiti che vi ho assegnato?
Io: Sì, ma potremmo correggere...
Prof: Allora, mi rispondete? Nessuna domanda a riguardo? Guardate che se poi arrivate due giorni prima senza saper fare le cose sono problemi vostri.
Io: In realtà c'è un esercizio...
Prof: Elena, hai finito di parlarmi sopra? Vieni alla lavagna.
Io: *si illude che si tratti dell'esercizio che non le è venuto*
Prof: Ora ti detto questo logaritmo.
Io: Prof, ma non abbiamo ancora fatto i logaritmi.
Prof: Mi stai dicendo che non sei preparata?
Io: pRoF sIaMo In SeCoNdA, n o n è n e l p r o g r a m m a.
Prof: Questa di sicuro non è una scusa, vai al posto. Quattro.
Io: Ma che ho fatto di male nella mia vita.
*quinta ora*
Prof: In breve quindi Leopardi... Elena? Elena, stai bene?
Manveer: Credo le sia venuto un ictus dieci minuti fa, più o meno.
E niente, potrei continuare e parlarvi del resto della mia giornata, ma mi sta salendo la depressione quindi no.
Tutto questo per farvi capire che avrei voluto davvero tanto aggiornare prima, ma essendo questo un capitolo leggermente complicato da scrivere ed essendo il mio cervello spremuto quotidianamente dalla morte... Beh. Ci siamo capiti.
[fine angolo inutile]
~GIOCHINO SPASTICO~
1) Estelle o Kayla?
2) Slade o Raven?
3) Koula o Robin?
4) Niall o Rose?
5) Soraya o Garfield?
6) Red X o See-More?
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