Capitolo 34

RAVEN

La prima cosa che mi venne spontaneo fare fu un movimento fluido e rapido della mano in modo da ergere una barriera tra noi ed il tutt'altro che ben intenzionato sconosciuto, tuttavia i miei poteri non accennarono a manifestarsi.
I miei capelli si mossero tra il fumo candido non appena io abbassai sconvolta la testa verso le mie dita distese, dalle quali non mi sarei mai aspettata un simile tradimento, e rimasi forse un secondo intero con la bocca aperta mentre cercavo di capire cosa potesse essere successo.
Lo sconosciuto notò l'accaduto e sembrò distendersi verso l'alto, come se fino a poco prima di fosse tenuto gobbo nascondendo la sua ancor più imponente altezza e si appoggiò all'oggetto che teneva in mano puntellandolo a terra a mo' di bastone.

"Credevi di poter aiutare qualcuno con la magia qui, Rachel?" mi chiese, con una fastidiosa punta di scherno nella voce che mi irritò profondamente. "Siete troppo vicino a Trigon ormai perché possa essere sotto il tuo controllo."

"Senti un po' Smoky Face, o qualsiasi altro sia il tuo nome, tu non farai del male proprio a nessuno." si intromise Beast Boy. "E se fossi in te me la darei a gambe prima che io e queste tre ragazze che sembrano adorabili ma potrebbero ucciderti decidiamo che sei una seccatura troppo grande per essere ignorata."

Stavo per fulminarlo con lo sguardo per quel adorabili, quando un lieve tremore del terreno sotto ai nostri piedi attirò la nostra attenzione.
Subito i nostri sguardi si rivolsero alla ragazza dai capelli biondi, la quale prontamente fece scattare le mani verso l'alto per dimostrare la sua innocenza ed alla roca risata del nostro nuovo avversario si accompagnarono tonfi pesanti che ricordavano quasi il rumore di potenti esplosioni.

"Io ho detto che mi sarei assicurato che voi non lasciate vivi questo posto, non che avrei fatto io il lavoro sporco." specificò, facendo roteare l'oggetto che teneva in mano, il quale fendette l'aria con un suono tale da farmi immaginare che si trattasse di una spada.

Perché incontravamo degli spietati spadaccini proprio quando i nostri spadaccini erano da tutt'altra parte? Perché l'universo altrimenti non avrebbe di che divertirsi, se non delle nostre sfortune.
Un'ombra gigantesca si stagliò al limite del visibile per i nostri occhi e di qualsiasi cosa si trattasse non accennò a fermarsi, anzi, si diresse verso di noi con ferma decisione.

"Mamma?" domandò incredulo Beast Boy sottovoce, subito dopo aver annusato l'aria circostante.

Confusa cercai di capire quale potesse essere il ruolo della defunta Mary Logan in tutti questi, per poi intuire che il mio ragazzo si fosse semplicemente sbagliato a parlare utilizzando quell'appellativo per abitudine. Elasti-Girl, membro della Doom Patrol che era stata la squadra di BB prima di noi, si ergeva in tutta la sua mastodontica altezza proprio a un paio di decine di metri da noi, perfettamente visibile ora che il suo ultimo passo aveva disperso gran parte del fumo.
Feci per dire qualcosa in modo da poter essere in qualche modo d'aiuto al ragazzo verde, quando un potente fulmine colpì il terreno a circa venti metri alla nostra destra, portandosi dietro di sé una sagoma familiare e totalmente fuori posto.

"Sono io." osservò Soraya stupita, alzando senza accorgersene il braccio verso l'alto a schermarsi il viso, forse per darsi un senso di protezione.

La comparsa di quella ragazza in tutto e per tutto identica alla ragazzina aveva colto di sorpresa anche me, che non riuscivo a capire a che razza di gioco stesse giocando quella dimensione.
Coloro che sembravano tanto minacciose nei nostri confronti lo erano veramente? Ma soprattutto, erano reali?
Non potevo supporre che si trattasse di proiezioni del nostro inconscio, non dopo che la donna gigante per raggiungerci aveva letteralmente spezzato in due una montagna.
Una profonda crepa spaccò il terreno alla nostra sinistra e da lì emerse niente meno che Slade, ricoperto di polvere, sangue e con degli schizzi di lava solidificata sulla maschera nera e arancione.
Tara sussultò ed afferrò il braccio di Beast Boy per trarne sostegno, cosa che infastidì non solo me, ma anche la ragazza dai capelli blu, nonostante tutto quello che era successo fino a quel momento.

"Era così..." balbettò, gli occhi azzurri sgranati per la paura. "Era così quando mi ha svegliata."

Mi voltai di nuovo verso colui che ci aveva minacciati e stringendo i denti feci un passo in avanti, nonostante senza la mia magia mi sentissi impotente.

"Chi diavolo sei?" ringhiai, percependo la gemma sulla mia fronte farsi improvvisamente calda. "Possiamo benissimo batterti anche senza che io usi il potere di mio padre."

Il fumo si era diradato abbastanza perché potessi scorgere vagamente parte del suo volto, la quale era incredibilmente scura e ricoperta di cicatrici.

"Vorrai dire che tu proverai a battermi." mi corresse, piegando la bocca di un ghigno mostruoso. "Perché i tuoi amici sembrano concentrati a occuparsi dei fantasmi del loro passato."

Lanciai un'occhiata alle mie spalle per capire cosa intendesse e notai con orrore che tutti e tre i ragazzi erano schizzati ognuno nella direzione della persona la cui comparsa li aveva sconvolti di più, quindi senza che nemmeno l'avessi potuto impedire la mia mano si schiantò contro la mia fronte in gesto di rassegnazione.
Avrei fatto una chiacchierata con loro più tardi, di sicuro dopo essermi occupata del pazzoide con la spada.
Portai le dita tremanti alla fibbia del mio mantello disegnandomi sul volto un sorriso che ostentava molta più sicurezza di quanta non ne provassi in realtà e lo slacciai, lasciando cadere la morbida stoffa violacea al suolo.
Sollevai le mani chiuse a pugno davanti a me piegando poi la testa di lato inspirando profondamente prima di parlare, per essere sicura che non mi tremasse la voce.

"Vediamo quanto sono migliorata nel corpo a corpo, allora." dissi, prima di lanciarmi verso di lui ignorando l'improvviso calore che emanava la gemma sulla mia fronte.

CYBORG

Essere un eroe non è divertente.
Qualcuno ha ancora qualche dubbio a riguardo? Che se lo tolga.
Mentre decidevo che nella prossima vita avrei fatto il postino, mi massaggiai la testa dopo averla sbattuta contro quella che pareva essere la roccia più dura incontrata nelle ultime tre realtà che avevo visitato, la quale era solo il primo aspetto ostile che avrei incontrato in quel futuro.
Mi alzai in piedi squadrando l'ambiente attorno a me con fare indagatorio, deciso a non commettere lo stesso errore della prima volta e di osservare a occhio nudo dove mi trovavo prima di utilizzare lo scanner, un modo da non cadere in un precipizio schermato da un incantesimo. Il paesaggio aveva un che di diverso dalla solita arida desolazione di Tamaran, dato che il pianeta era composto perlopiù da deserti di polvere e pietre rossastre, poiché più che ostile sembrava che quel luogo fosse letteralmente morto.
Mi chinai avvicinando il braccio scanner al terreno tanto scuro da sembrare bruciato, il quale appunto non dimostrò di aver in sé alcuna proprietà, come se non fosse terra ma piuttosto cenere sedimentata.
<<Non per criticare il suo gusto nello scegliere dove vivere, ma che diavolo ci fa Beast Boy qui?>> mi chiesi, lasciando che il mio sguardo si perdesse lungo i chilometri e chilometri di deserto assoluto, il quale pareva fare contrasto con le nuvole scarlatte nel cielo grigio.
Quando Neve ci aveva parlato della nostra missione secondaria aveva cercato di essere il più precisa possibile, tuttavia capivamo perfettamente che persino lei non fosse molto sicura sul da farsi: a quanto pare, secondo i residui dei suoi poteri da Banshee che non sembravano intenzionati a svanire più in fretta, io e Iella eravamo gli unici candidati reali per contrastare ogni possibile ritorno di una forza oscura della potenza del padre di Raven.
Il nostro compito era, grazie alla magia della ragazzina, quello di viaggiare nei diversi futuri possibili per poter alla fine scegliere uno di quelli e tagliare definitivamente la strada di Trigon per il suo regno del terrore. La riuscita della nostra missione era fondamentale, ma se anche solo un particolare nel presente fosse andato storto l'universo sarebbe precipitato nel caos totale, provocando la realizzazione di uno scenario persino peggiore di quello che stavo guardando in quel momento, dove tutto pareva essere senza vita. Nessuna pressione, proprio no.

"Non mi sembra il genere di posto dove BB avrebbe desiderato costruire la casa dei sogni." commentai tra me e me, apprestandomi ad espandere l'area di ricerca del radar per poter analizzare meglio la situazione.

Avevo parlato ad alta voce perché mi sentivo parecchio solo in quel momento e detestavo con tutto me stesso la solitudine, anche se fortunatamente in tutte le realtà che avevo visitato avevo potuto godere della compagnia del mio migliore amico, almeno per un po'. L'incantesimo che Neve ci aveva fatto ci permetteva di teletrasportarci dove si trovava la persona a cui avevamo scelto di legarci, in modo che parlando con lui avremmo potuto capire in che modo il futuro si fosse sviluppato, ed ovviamente io avevo scelto di seguire il ragazzo verde.
Stavo veramente sperando di non trovarmi una sua versione con i colpi di sole come era accaduto nell'ultima realtà, quando il mio scanner individuò una fonte di calore in lontananza, cosa che attirò la mia attenzione. Feci per capire dove si trovasse al di fuori dello schermo quando notai che il pallino rosso con cui era identificato si era spostato verso sud, e poi verso sud ancora, e poi verso sud ancora.
<<Va troppo veloce>> pensai, stringendo i denti ed estraendo la mia mano-blaster. <<Finirà con il...>>
Stavo per dire finirmi addosso quando una palla di pelo e muscoli tesi mi piombò addosso in velocità, buttandomi a terra e torreggiando su di me con le zanne scoperte e pronte a strapparmi la faccia.

"Fratello, sono io!" esclamai all'animale verde, schermandomi il volto con la mano metallica sperando che non fossi la prima cosa commestibile che vedeva da mesi. "Che diavolo, hai intenzione di ammaccarmi l'intelaiatura?"

Il ghepardo emise uno sbuffo sorpreso e nascose le zanne, scrutandomi a orecchie tese come se stesse soppesando la veridicità delle mie parole. Allungò il muso verso di me e prese ad annusarmi sospettoso, facendomi il solletico con il suo naso umido come ogni volta che lo faceva anche nel presente, costringendomi a scoppiare a ridere sconvolgendolo.

"Cyborg." scandì con voce arrocata, come se non parlasse da tanto tempo. "Sei... Sei veramente tu?"

"Sì, sono io, e sarebbe fantastico poter parlare con il mio migliore amico e non con un felino aggressivo pronto a sbranarmi." risposi, facendo tornare entrambe le mie mani normali ed usandole per appoggiarmi al terreno.

Il ragazzo dopo qualche secondo di esitazione si ritrasformò e mi rivolse uno sguardo talmente diverso da quello che aveva di solito che il mio cuore parve spezzarsi sotto il suo peso, sotto il peso di tutta l'incredulità, il sollievo ed il dolore che provava tutti insieme.
Si passò una mano tra i capelli scompigliati come per essere sicuro di essere sveglio e gli angoli delle sue labbra si piegarono improvvisamente all'ingiù, come tutte le volte in cui stava per mettersi a piangere, occasioni che erano più uniche che rare.

"Non ci posso credere, dopo tutto questo tempo tu..." cercò di dire, sopraffatto dal groviglio di emozioni. "Come mai sei così giovane?"

Capii cosa intendeva, dato che io mi stavo trattenendo dal chiedergli chi fosse il suo pessimo barbiere. Sul viso decisamente più maturo seppur emaciato era cresciuta una barba ispida del colore dei suoi capelli, abbastanza fitta per essere notata ma non abbastanza lunga perché potessi veramente criticarla, una cicatrice rosata gli percorreva il viso dalla tempia sinistra al labbro superiore ed il fisico seppur asciutto era decisamente più muscoloso di quanto lo fosse nel presente.
Inoltre avevo anche la sensazione che fosse più alto.

"Sono in missione, Neve ha spedito me e Iella in un viaggio nel tempo." risposi, cercando di essere breve ed incisivo per non ripetere l'errore compiuto nella prima realtà che avevo visitato.

Feci una smorfia ricordando il frullato alla pesca che Beast Boy mi aveva sputato in faccia quella volta.

"Quindi è per questo che siete spariti." osservò più a se stesso che a me, con gli occhi pieni di lacrime che non sapevo fossero di gioia o se fossero semplicemente quelle che aveva trattenuto per anni. "Noi, anzi, io ero così preoccupato. Mi ero convinto che..."

Scossea testa con forza prima di concludere la frase e mi gettò le braccia al collo, affondando il viso sotto la mia testa ed allacciandosi con le gambe al mio torace, gesto che mi diede l'opportunità di constatare che era decisamente più alto del presente.
Appoggiandogli la testa sui capelli lo avvolsi in un abbraccio che gli fece scappare un signiozzo, probabilmente perché non ne riceveva uno da troppo tempo.

"Ehi, di solito non sei così affettuoso con me." lo presi in giro sorridendo, per poter alleggerire l'atmosfera e rendere il suo dolore meno difficile da gestire. "Mi sa che devo stare lontano da te più spesso."

"Oh, sta' zitto Cy." ribattè, sfregando la fronte contro la mia guancia, come se fosse convinto di aver cambiato forma ed essersi trasformato in un gatto. "Non penso di essere mai stato più felice di vedere qualcuno. Quindi anche Lucky è qui con te?"

Mi si strinse il cuore a vedere con quanta speranza mi aveva posto la domanda, staccandosi dall'abbraccio per potermi guardare.
Il mio sorriso scomparve e cercai di essere il più delicato possibile, ma non c'erano molti modi per dirlo.

"No, tua sorella e io abbiamo dovuto dividerci, per poter esplorare più realtà in meno tempo." gli rivelai. "Mi dispiace."

La delusione sul suo volto piombò in modo così netto ed improvviso che pensai che non potesse sopportarlo, date le condizioni psicologiche in cui sembrava versare.
Se non parlava da così tanto tempo come mi aveva fatto intuire la voce arrocata, allora quand'è che aveva incontrato qualcuno l'ultima volta?
Era solo?

"Capisco, dopotutto Neve ha sempre cercato di sfruttarci al meglio." borbottò, nella sua voce una tagliente nota d'accusa che venne spazzata via qualche secondo dopo, impedendomi di capire cosa intendesse. "Che ne dici di spiegarmi i dettagli della missione mentre raggiungiamo il mio rifugio?"

Si alzò da me e mi porse la mano, sorridendo in maniera così spontanea che mi parve di rivedere semplicemente lo stesso ragazzo che mi ero lasciato indietro da qualche ora.
Gli afferrai la mano e mi tirai in piedi, così presi a seguirlo attraverso il deserto raccontandogli anche i più minimi dettagli di ciò che avrei dovuto affrontare e che avevo già affrontato, mentre lui genuinamente interessato annuiva e commentava con enfasi.
Mentre camminavamo mi permisi di lanciargli uno sguardo preoccupato, osservando anche il suo insolito abbigliamento: portava una tuta molto simile a quella del presente, tuttavia le differenze erano notevoli, come se fosse una versione migliorata e più tecnologica di quella vecchia, accompagnata da un mantello scuro sulle sue spalle che immaginavo avesse l'ultilità di proteggerlo sia dall'escursione termica tipica del deserto. In quella realtà, dove stavo per scoprire la sua vita era stata letteralmente un inferno, sembrava adulto in una maniera letteralmente diversa dagli altri futuri, come se fosse stato temprato dalle più peggiori sofferenze.
Arrivammo davanti a un cumulo di rocce addossate alla parete di una montagna e Beast Boy mi fece notare che servivano a nascondere un'entrata sul fianco, abbastanza spaziosa perché io ci potessi entrare senza rimanere incastrato.
Una volta all'interno della grotta, scoprii che il suo rifugio era veramente molto familiare, ma non riuscivo a capire perché.

"Benvenuto a chez moi." mi disse, facendo un profondo inchino. "È spagnolo e non significa scemo."

Gli rivolsi un ghigno e piegai la testa di lato, incredulo.

"È un riferimento a Big Hero 6?" domandai, intenerito.

Lui sorrise sotto i baffi e si inchinò vicino al fornello da campeggio circondato da pietre che non avevano assolutamente nessuna funzione logica, per poi accenderlo ed allungarsi a prendere un pentolino dal coperchio ammaccato.

"Siediti pure al tavolo, vedo di farti avere almeno un bicchiere d'acqua decente." mi disse, mettendo il pentolino sul fuoco e facendomi intuire che al suo interno si trovasse dell'acqua piovana o di un fiume lì vicino.

Ascoltai il suo consiglio e mi sedetti sullo sgabello di legno, sorprendentemente ben tenuto come il resto della grotta, che seppur spoglia era piuttosto ordinata.

"Allora..." cominciai, soppesando le parole. "Che è successo dopo che io e Iella siamo spariti? Sai, mi serve saperlo per prendere la decisione di cui ti ho parlato."

"Oh, decisamente ti proibisco di scegliere questo futuro. Qui Trigon si è liberato." mi rispose, con una profonda amarezza nella voce. "Metà della galassia è stata distrutta solo dal potere che ha liberato al suo risveglio, mentre ciò che è rimasto ora è sotto schiavitù e devastato per sempre. Hai visto com'è ridotto Tamaran, ormai non c'è più quasi nulla di vivo."

L'espressione che feci doveva essere proprio sconvolta, perché il ragazzo rise, sistemandosi meglio davanti al fornello e squadrandomi malinconico.

"Già, fa schifo. Degli altri non so molto, sono forse sette anni che non li vedo. Magari otto." aggiunse, perdendosi qualche secondo a riflettere per decidere da quanto tempo effettivamente non avesse visto i nostri amici. "In ogni caso non ha importanza, non ti piacerebbe come sono diventati."

"BB, ti prego, dimmi cosa è successo." lo spronai, ormai profondamente preoccupato.

Lui si grattò dietro alla nuca storcendo le labbra, come se solo il pensiero di doverlo fare gli facesse male.

"Robin, una volta che Trigon non ha più avuto bisogno del corpo di Bruce, si è riavvicinato a quello che rimaneva di lui, sebbene di buono non ne fosse rimasto niente. Ha fatto tutto pur di rimanergli accanto dopo che Rose... Ci ha lasciati. Sembrava che solo Wayne significasse ancora qualcosa per lui." raccontò. "Adesso sono a capo di una flotta di navi spaziali fuorilegge, che occasionalmente oltre a depredare pianeti fanno qualche commissionuccia per Trigon."

Sbattei le palpebre scosso e BB prese un respiro prima di continuare.

"Stella ha sposato il re dei Citadel, te lo saresti immaginato? Insieme hanno spodestato Amalia dal trono di Tamaran mentre la guerra era ancora in corso, dato che nonostante il risveglio del Signore Oscuro nessuno aveva ancora proclamato una tregua, ed hanno venduto sia i loro pianeti che la popolazione per negoziare la propria libertà." continuò, con il volto piegato in una smorfia di disgusto profondo. "E semplicemente sono scappati il più lontano possibile."

"Non è vero." mi opposi, incredulo. "Stella non l'avrebbe mai fatto."

Beast Boy piegò la testa di lato rivolgendomi un sorriso comprensivo, come a volermi assicurare che non ero l'unico ad essere stato reticente nel credere che ciò fosse possibile.

"In quanto a Raven." disse poi, lasciando che il suo sguardo si incupisse ed abbassando il tono di voce. "Il potere di Trigon su di lei era troppo forte. Non... Non è riuscita a resistere al suo lato demoniaco ed ora è solo un burattino nelle sue mani."

Boccheggiai in cerca di parole giuste da rivolgergli ma mi accorsi che non ce n'erano, perché nulla che io potessi dire poteva togliere dalla sua mente gli orrori ai quali aveva assistito. Era stato a guardare mentre i suoi migliori amici lo abbandonavano e mentre la ragazza che amava si trasformava nel nostro che aveva sempre temuto di essere, ed io non ero stato lì per lui, facendogli credere persino che fossi morto e che avessi trascinato sua sorella con me.

"E tu invece?" chiesi piano, ottenendo di nuovo la sua attenzione.

Scrollò le spalle e tolse il pentolino dal fuoco quando l'acqua che bolliva fece tremare il coperchio.
Si alzò da terra e raccolse un paio di bicchieri di ferro, dirigendosi verso di me e lasciandosi poi cadere sullo sgabello.

"Io invece sto ancora cercando un modo per andarmene da qui, anche se non ho fatto altro per gli ultimi sette anni." ammise, prendendo dalla tasca una manciata di piccole erbe tritate e dividendola tra i due bicchieri. "Non è semplice superare i controlli delle guardie che sorvegliano gli schiavi nelle miniere e quelle sono le uniche a possedere una navicella che mi consentirebbe di uscire dall'atmosfera senza esplodere."

Versò l'acqua calda nei due bicchieri e posò il pentolino a coperchio chiuso sul tavolo, come se avesse paura che quella poca acqua potesse fuggire via e lasciarlo senza.
Si portò il bicchiere alla bocca e prese a soffiare sulla superficie riflettente della sottospecie di tisana, subito imitato da me.

"Prima che ci perdessimo di vista Soraya aveva incantato uno zaino per me rendendolo senza fondo, cosa che mi torna piuttosto utile visto che continuo a spostarmi per seguire il Fiume, uno dei pochi rimasti a Tamaran." aggiunse, stringendo le dita attorno al bicchiere. "Presto anche gli ultimi animali e arbusti rimasti moriranno e anche il fiume evaporerà: se non riuscirò ad andarmene prima di allora, sarà proprio poco divertente."

"E cosa c'è di meglio che combattere la depressione con tisane di piante non bene identificate?" commentai sarcastico.

Riuscii a strappargli un sorriso e sospirò, facendomi capire che anche solo con la mia presenza lo stavo aiutando almeno un po'.

"Senti, Cy." mormorò, senza il coraggio di alzare lo sguardo dal tavolo. "Io... Lo so che non ti serve stare qui, dato che non sceglierai mai questo futuro -e sia ringraziato il cielo per questo- ma mi stavo chiedendo... Sì, insomma, hai detto che avete un limite di tempo da passare in ogni realtà. Non è che ti andrebbe di rimanere a tenermi compagnia fino a quel momento?"

Avrei tanto voluto abbracciarlo forte, ma per farlo avrei dovuto lanciare via il tavolo rischiando di rovinarlo, e non mi pareva che il ragazzo se ne potesse permettere uno nuovo.
Ridacchiai e soffiai di nuovo sulla bevanda bollente.

"Certo che mi va." risposi. "Devo ancora assaggiare questo fantastico infuso di arbusti."

Lui allungò una mano verso di me e rise, spingendomi una spalla con due dita.

"Non prendere in giro il mio pranzo." si difese, prendendo per sfida un lungo sorso della tisana e reprimendo a fatica una smorfia disgustata.

RAVEN

Non mentirò, non è che fossi migliorata così tanto nel corpo a corpo. 
Ma ehi, per una che non era abituata a combattere se non con i suoi poteri non me la stavo cavando affatto male, anzi, era un miracolo che con i colpi della sua spada mi avesse inferto solo ferite superficiali.
Sospettavo che non stesse facendo del suo meglio da come sogghignava ogni volta che riuscivo a evitare uno dei suoi fendenti, tuttavia non era quella la mia preoccupazione principale, quanto più il bruciore non solo dei tagli sulla mia pelle ma anche quello della gemma sulla mia fronte. Cosa cercava di fare, comunicarmi la vicinanza con Trigon? 
Come se non sapessi quanta poca era la distanza tra di noi, come se non mi sembrasse di sentire il suo fiato bollente sul collo mentre aspettava di vedermi fallire e concedergli la libertà.
Mi piegai su me stessa respirando a fatica e stringendomi una mano sul fianco, la gola arida e gli occhi arrossati a causa della fatica  e del fumo.
Quanto avrei resistito così, anche grazie agli anni di addestramento che avevo alle spalle? 
Il sangue disegnava delle strisce sottili sulla mia pelle pallida prima di cadere sul terreno duro, sul quale ero caduta ed avevo sbattuto la testa un paio di volte.

"Devo ammetterlo, non sei male come mi aspettavo. A quanto pare qualcosa potresti saperlo fare." commentò la figura alta più di due metri, dondolandosi sulle lunghe gambe e pulendo distrattamente la lama della spada sulla manica. "Ma anche se avessi un valore anche senza tuo padre non potremo mai scoprirlo, dato che non lascerai mai questo posto."

"E' quello che ripeti da dieci minuti, eppure mi sembra di stare alla grande." lo sfidai, prima di potermi mordere la lingua.

Era una bugia, era forse la più grande bugia che potessi raccontare a me stessa in quel momento, mentre all'interno della mia testa sembrava che stessero scoppiando fuochi d'artificio.
Presi dei respiri profondi riprendendo una posizione dignitosa e mi pulii il labbro superiore dal sangue con il dorso della mano, senza distogliere gli occhi dal volto sfregiato del mio avversario.
Dovevo solo concentrarmi, dovevo solo...

Rachel.

Un dolore lancinante alle tempie mi destabilizzò, facendomi barcollare ed arretrare di un passo, spaventata e disgustata dalla voce familiare che avevo udito.
La figura davanti a me, ancora nascosta dal poco fumo che rimaneva, non si mosse né diede segni di confusione, ma udii la sua risatina roca schernirmi nonostante le mie orecchie fischiassero.

"L'hai sentito, vero?" mi domandò, sollevando la spada e poggiando il piatto sulla spalla. "Di solito la sua voce è più forte, come un urlo, ma immagino si sia smorzata dato che deve farsi sentire da due persone."

Mi portai una mano alla fronte e quando sfiorai la gemma scoprii che era bollente.

Rachel, non posso risparmiarti, non se non abbandoni il tuo lato umano.

Una nuova fitta di dolore mi colse improvvisamente togliendomi il respiro e costringendomi a stringere i denti per non emettere nemmeno un lamento. Non gli avrei dato la soddisfazione.

"Chi diavolo sei?" chiesi con enorme fatica, ignorando la voce del demone.

Perché mi illudevo che se non gli avessi dato importanza allora forse non ne avrebbe avuta, allora il dolore fisico che sentivo non sarebbe stato tanto forte.
La figura scura piegò la testa di lato.

"Vuoi sapere il nome di chi ti ucciderà, mezzosangue?" mi schernì in risposta.

"No, voglio sapere chi è stato tediato dalla fastidiosa voce di Trigon per tanto tempo." replicai, approfittando della sua distrazione per lanciare un'occhiata di lato ai miei amici. "In più, mezzosangue? Erano secoli che qualcuno non mi chiamava così."

Tutti e tre erano troppo occupati a combattere con i loro rispettivi avversari per venire in mio soccorso e decisamente non erano nelle condizioni di poterli ignorare come invece stavo facendo io, dato che non mi sembrava che la gigantessa che cercava di schiacciare il mio ragazzo fosse incline a farsi distrarre con delle chiacchiere.
Vedevo Beast Boy continuare a cambiare forma nel tentativo di evitare i colpi di lei, ma l'unica cosa che capivo di quello che stava succedendo era che lui cercava disperatamente di farla rinsavire, in quanto non avrebbe mai potuto farle veramente del male. In quanto a Tara, lei e la versione ormai antica di Slade lottavano incredibilmente vicini alla spaccatura del terreno, che si era allargata di diversi metri e dalla quale cominciava a sgorgare lava incandescente.

"Non ho ricordo di quale sia il mio nome, se proprio vuoi saperlo, non ho ricordo della mia vita prima di trovarmi qui." mi rispose, con una certa bramosia e rabbia nella voce. "Tuo padre però ha promesso che se stringerò la tua gemma tra le mani e la spezzerò con la spada allora mi restituirà la libertà."

"Wow, ti ha incaricato di uccidermi?" domandai, storcendo le labbra in quanto non ero in grado di vedere Soraya o il suo alter-ego da nessuna parte. "E poi si chiede come mai non gli abbia mai fatto un regalo per la festa del papà."

"Non credo che tra qualche secondo sarai ancora in grado di preoccuparti di qualcosa." osservò, puntandomi contro la spada e piegando le ginocchia.

Quando partì per caricarmi, improvvisamente più determinato a finirmi velocemente, io sapevo già cosa fare. Dopotutto sono letteralmente un genio ed ho sopportato gli allenamenti di un leader pressante e maniaco del controllo, gestire una situazione simile era una cosa da nulla.
Non appena fu abbastanza vicino cercai di ricordare rapidamente quello che avevo osservato, ovvero che cercava sempre di trafiggermi direttamente puntando la spada in avanti e non calandola dall'alto come facevano Rose e Thornton, quindi mi piegai di lato e mi lasciai cadere per terra. Mi aggrappai alle sue gambe troppo sottili rispetto al corpo con le mie e mi girai di scatto, facendolo finire a terra ed avendo l'occasione non di rubargli l'arma ma almeno di alzarmi di nuovo ed approfittarmi del vantaggio per scrutare l'ambienta attorno a me alla ricerca della principessa di Kurtham.
Vidi quindi la ragazzina dai capelli blu e la sua gemella mettere tutta l'anima nel lanciare un incantesimo sufficientemente potente per distruggere l'altra, ma che avevano il solo effetto di respingersi all'infinito.

Obbedirai al mio volere, che tu decida di collaborare oppure no.

Dalla mia gemma si sprigionarono lampi scarlatti e fui colpita da una scossa tremenda e prolungata, che mi costrinse a cadere in ginocchio sotto lo sguardo carico d'odio del mio avversario, il quale ormai non era più protetto dalla cortina di fumo completamente dissolto.
Il suo volto era una maschera di cicatrici pallide sulla pelle annerita e grinzosa, il corpo era sproporzionatamente grande nelle spalle rispetto al resto e gli arti sottili erano coperti da quello che pareva un sottile strato di cotone grigio, lo stesso colore dei suoi occhi furenti.
Mi lasciai scappare un grido poco prima che la scarica elettrica smettesse di attraversarmi e stordita mi piegai su me stessa prima di poter scegliere di reagire in qualche modo. Se solo avessi utilizzato i miei poteri...
Un rumore assordante poco lontano attirò la mia attenzione ma riuscii a vedere soltanto una nuvola di polvere levarsi dal terreno che sembrava essere il punto d'impatto di un'esplosione. Dov'erano Frida e Beast Boy? Lui stava bene?
E se fosse stato lui a essersi schiantato al suolo?
In quella frazione di secondo il mio avversario mi colse alla sprovvista e mi placcò a terra, premendo sulle mie gambe con le ginocchia spigolose e torreggiando su di me.

"Non dovresti lasciarti distrarre così facilmente." osservò, prima di roteare la spada in aria e di calarla su di me, trafiggendomi il braccio. "Ti strapperò quella gemma con le mie stesse mani, vedrai."

Lanciai un grido senza poterlo trattenere, mentre la lama passava da parte a parte il mio arto costringendomi all'immobilità.
Allungò le lunghe dita verso il mio volto imperlato di sudore e stravolto da una smorfia di dolore con un'espressione di bramosia, del tutto intenzionato a finirmi lì e subito.
Improvvisamente però con un potente ruggito un leone dal pelo verde si abbattè su di lui strappandomelo di dosso, lanciandolo diversi metri più lontano e prendendo delle sembianze familiari prima di correre in mio soccorso.

"Rae-Rae, che diavolo ti è saltato in mente?" domandò Beast Boy chinandosi su di me e spostandomi una ciocca di capelli dal viso in modo che potessi vedere bene la sua espressione preoccupata. "Ti pare sia il momento di farsi infilzare da uno psicopatico?"

"Oh certo, l'ho fatto proprio apposta." replicai, tra i denti serrati per il dolore che mi appannava persino la vista. "Era il sogno della mia vita."

Il ragazzo verde scosse la testa rapidamente indugiando con lo sguardo sulla lama infilata nel mio braccio, come se fosse indeciso se lasciarmi lì oppure no.

"Smettila di essere sarcastica anche in queste situazioni, l'ultima volta hai finito con il precipitare da un burrone." sibilò, piegando la testa e concentrandosi veramente sul mio stato attuale. "E adesso come tiro fuori questa spada dal tuo braccio?"

Avendo la vista leggermente appannata dal dolore dovetti stringere gli occhi per qualche secondo, tentando di far diminuire il fastidio e pensando lucidamente.

"Quando tu sei in punto di morte ti comporti ancora più da idiota rispetto al solito, come quella volta che abbiamo affrontato le creature fatte di sale, perciò io posso essere sarcastica quanto mi pare." replicai, non provando nemmeno a girarmi su un fianco per non rendere più grave la situazione. "In ogni caso se avessi i miei poteri potrei farlo da sola, ma.."

Smisi di parlare e lo spinsi via da me non appena vidi la figura del mio avversario piombare su di noi, in modo che la lama con cui voleva colpirlo fendesse solo l'aria e non il corpo del mio ragazzo rotolato malamente sul terreno.
Mentre colui che sembrava avere solo le sembianze di un umano imprecava a denti stretti Beast Boy si rimise in piedi, estraendo artigli molto simili a quelli di Rose, ragazza della quale compagnia non mi sarei lamentata in un momento simile.

Moriranno tutti, ti avevo avvertito. E ti avevo anche anticipato che sarebbero morti per causa tua.

Il dolore alla testa non era nemmeno lontanamente paragonabile a quello che provavo nel non poter fare nulla per aiutare il ragazzo verde nel suo combattimento contro quello che era stato il mio avversario, così continuai a cercare di farmi venire in mente qualcosa osservandolo nel cambiare forma e mutare nella Bestia che mi aveva salvato tanto tempo prima.

"Raven, datti una mossa." ringhiò, colpendo il nemico con una zampata. "Usa un incantesimo, una parola strana che non capisce nessuno."

"Non posso, l'influenza di Trigon è troppo forte" ribadii, come se dirlo una volta in più sarebbe servito a qualcosa.

"E' vero, la tua gemma percepisce la potenza di tuo padre, per questo ti sta impedendo di utilizzare i tuoi poteri." decise di infierire lo spadaccino, avvicinandosi velocemente a Beast Boy e ferendolo su un fianco. "Ti stai trattenendo senza saperlo e per questo i tuoi amici moriranno con te."

Per sottolineare il concetto colpì Beast Boy alla schiena con la sua arma, facendolo cadere a terra in ginocchio con un guaito, costringendolo a prendere la sua forma originale.

"Tu non sei un demone, okay? Tu sei una maga, quella magia è tua" mi urlò il mio compagno di squadra. "Non trattenere il tuo potere, lui non può nulla contro di te."

Il suo avversario allungò un braccio di lato e fece per calare la spada sul suo collo, quindi io chiusi gli occhi cercando di credere alle sue parole.
<<Sunny>> pensai, liberando la mente. <<Ho bisogno di aiuto>>.

NIALL

Le esplosioni in lontananza erano decisamente troppe per i miei gusti ed a dirla tutta anche Nate sembrava dello stesso avviso.
Ad ogni rombo sordo stringeva gli occhi e si portava una mano alle orecchie, le quali immaginavo gli dolessero molto più che a me.

"Ehi, stai andando alla grande." gli dissi, sbirciando da dietro le macerie il luogo di caduta dell'ultima granata. "Se resistiamo e neutralizziamo l'ultimo sensore riusciremo a liberare l'intera zona."

Il ragazzo mi lanciò un'occhiataccia e mostrò appena le zanne.

"Facile per te, sembravi la Morte fatta persona." ringhiò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. "Non ho mai visto niente del genere, ti muovevi come se..."

Gli rivolsi un ghigno e poggiai il mento sull'elsa della spada, godendomi l'astio che espresse qualche secondo dopo aver realizzato quanto mi piacesse ricevere complimenti. Pensavo che fosse solo Rose a essere irritata dal mio compiacimento, invece a quanto pare era una caratteristica del branco.

"Sono lusingato, davvero." risposi. "Ma non è il momento di dare soddisfazione al mio ego, no? La tua Alpha a quanto pare è diventata più lenta nel liberarsi dei suoi nemici."

Un brontolio basso mi informò della presenza della ragazza ancora prima che la vedessi, mentre correva verso di noi seguita a ruota dal padre.
Entrambi erano ricoperti di polvere e materiali di dubbia provenienza, ma non sembravano particolarmente felici di vedermi come al solito, per cui immaginai che fosse tutto nella norma.

"L'Alpha ti ha sentito, Vostra Maestà." disse, accovacciandosi accanto a me e rivolgendo tutta la sua attenzione al suo Beta. "Thomas e Kim sono già al punto di raccolta, vai a raggiungerli. Qui finiamo noi."

"Ma Rose..." cercò di opporsi il ragazzo.

Gli occhi di lei brillarono di una luce scarlatta e non sembrò propensa a cambiare idea, tanto quanto non fosse intenzionata a cambiare espressione facciale e sembrare leggermente meno arrabbiata.

"Ho detto vai a raggiungerli." ripeté, facendo brillare di giallo gli occhi di lui. "Sei stato molto bravo e sono orgogliosa di te, Nate, ma ora vai al sicuro."

Nate alzò gli occhi al cielo e si mise in piedi, sbuffando ed avviandosi come se nulla fosse attraverso la città quasi totalmente rasa al suolo, con la stessa facilità con cui un adolescente esce da una stanza dopo aver litigato con la sorella maggiore.
Rose scosse la testa piegando leggermente l'angolo delle labbra verso l'alto e poi si rivolse all'uomo dai capelli brizzolati rimasto lì, mentre quello caricava l'arma distrattamente.

"Anche tu dovresti andare, papà." gli disse, più dolcemente. "Qui possiamo cavarcela da soli."

Slade la guardò con un sopracciglio alzato e poi esaminò silenziosamente anche me.

"Oh certo, dato che ora sei a capo di un branco di esseri soprannaturali e che il tuo ragazzo è il re di un pianeta credi di essere in grado di distruggere un sensore mortale meglio di me." osservò, dopo aver emesso un grugnito. "Ma indovina, faccio cose di questo genere da prima che tu nascessi."

"Io non sono il suo..." cercai di dire.

L'uomo mi lanciò uno sguardo di fuoco e mi morsi la lingua, cosa che non mi era mai successa.

"Hai veramente intenzione di contraddirmi, Blaken?" mi domandò, sollevando impercettibilmente l'arma.

"Certo che no, ti pare." ritrattai. "Quello che volevo semplicemente far notare è che mi basta che riveliate la posizione del sensore e con un incantesimo me ne libererò in pochi istanti."

Si alzò in piedi e rivolse lo sguardo in lontananza, dove per l'ultima volta il sensore aveva fatto esplodere la granata.

"Allora guarda come si fa, ragazzino." disse, prima di oltrepassare con un balzo il cumulo di macerie e lanciarsi di corsa in pieno campo visivo dell'apparecchio che aveva portato devastazione nel nostro esercito.

"Papà!" lo chiamò la ragazza alzandosi in piedi di scatto.

"Mi ha dato del ragazzino?" borbottai tra me e me, senza perderlo di vista un istante.

Sollevai una mano aperta e mi concentrai sull'osservare da dove partivano i laser luminosi che prendevano la mira su di lui, ma non potei fare a meno di notare la precisione con cui evitava le bombe che avrebbero colto di sorpresa chiunque altro.
Con un soffio spostai una ciocca di capelli da davanti agli occhi e feci un rapido gesto delle dita, facendo esplodere il sensore nascosto dietro a una torretta.
Slade si voltò verso di noi piegando la testa di lato e sfoderando un ghigno che suscitò in Rose una risatina a sbuffo, che l'aiutò a lasciare andare la tensione delle ultime ore.
E se solo avessi saputo che cosa stava per succedere allora probabilmente non le avrei preso la mano, perché se l'avessi lasciata dov'era non si sarebbe distratta ed avrebbe notato la granata rotolare sul terreno.
Stava ancora osservando con il sorriso sul volto le nostre mani unite dietro i resti quando drizzò le orecchie e si voltò di nuovo allarmata verso suo padre.

"No." disse, senza nemmeno avere il tempo di urlare.

La granata carica sfiorò il piede dell'uomo e lui rivolse un ultimo sguardo alla figlia, prima che la luce accecante lo avvolgesse ed il rumore più forte che avessi mai sentito ci stordisse. L'onda d'urto dell'esplosione ci investì nonostante la barriera davanti a noi e finimmo entrambi per terra, io battendo la testa contro il cemento duro e vedendo sfocato per qualche secondo; con le orecchie che fischiavano cercai di capire cosa stesse accadendo attorno a me con la vaga sensazione che Rose non fosse più accanto a me.
Udii le sue grida come se fosse molto distante, quindi immaginai che avesse già provveduto a raggiungere il luogo dove si trovava Slade e barcollando cercai di rimettermi in piedi senza nemmeno cercare di scoprire dove fosse la mia spada. Mi importava solo di loro e delle loro condizioni, anche se non serviva che vedessi di persona la scena perché capissi che dell'uomo con la benda sull'occhio non rimaneva nulla.
La ragazza mosse gli ultimi passi che la separavano dal luogo dove avevamo visto suo padre per l'ultima volta e poi le sue ginocchia cedettero, costringendola a cadere nel silenzio irreale della città devastata.
Improvvisamente si lasciò andare in un grido disperato, stringendo i pugni e cominciando a colpire furiosamente il terreno lasciando trasparire un odio che non credevo fosse possibile provare. Mentre il verso da lei emesso si trasformava in un ululato potente i suoi capelli cominciarono gradualmente a schiarirsi, dalla loro attaccatura fino alle punte, come se il colore candido che stavano prendendo fosse dovuto all'eccessivo dolore che non sapeva come affrontare e non riusciva più a contenere.
Rimase piegata sul terreno per quasi trenta secondi, prima che io aggirassi la barriera di macerie ed attirassi la sua attenzione, facendola scattare in piedi e voltare verso di me in preda alla rabbia cieca.

"Tu, tu sei la cosa peggiore che potesse capitarmi!" gridò indicandomi con la spada mentre l'altra ancora rimaneva appesa alla sua schiena.

Le sue iridi erano color del fuoco più vivo ed i capelli ormai bianchi le ricadevano disordinati sulle spalle, intonati al viso ricoperto di sporcizia.
Strinsi le labbra nello stesso modo in cui la sua voce faceva stringere quel nodo alla bocca del mio stomaco, mentre quello che evidentemente corrispondeva al mio cuore si appesantiva sempre di più.
Avrei potuto fuggire o scagliarle un incantesimo, ma sarebbe servito a poco contro l'effetto che la sua rabbia aveva su di me. Preferivo che mi uccidesse lei stessa, pur di non continuare a provocare il suo dolore.

"Ho perso me stessa." ringhiò, e le lacrime che le solcavano le guance sembravano non scalfire nemmeno di poco la sua furia. "Ho perso i miei amici, ho perso mio padre, ho perso la mia famiglia. E tutto questo a causa tua!"

Abbassai le mani e lasciai lentamente ricadere le braccia lungo i miei fianchi, con le sue parole che sembrava volessero essere scolpite col fuoco sul mio petto.
Sapevo di meritare il suo odio di sicuro molto più di quanto lei meritasse provarlo.
Fece altri passi verso di me, in modo che la punta della sua katana bucasse la mia camicia, pungendomi la pelle.

"Perché mi hai costretta a tornare a Kurtham, una volta avermi fatto ricreare una vita sulla Terra?" mi chiese, facendo poca più pressione sull'arma. "Perché hai detto a mio padre di tornare a combattere, quando a Jump City sarebbe stato al sicuro?"

Deglutii forzatamente inducendola a pensare che la mia gola sarebbe stata decisamente un bersaglio migliore, così alzò le spada ne fece aderire la lama al mio collo.
Avrei tanto voluto passarle un dito sullo zigomo sporco di fuliggine, tuttavia dubitavo potesse essere una scelta intelligente. Sentivo un rivolo di sangue scendere lento lungo il mio torace, ma lo ignorai, troppo concentrato a tenere sotto controllo i miei occhi.
Vedevo appannato e ciò significava che avevo le lacrime che lottavano per uscire.

"Ti ho richiamato al castello perché ho dovuto essere egoista, Rose, perché per non lasciare che Lord Voldemort prendesse potere troppo velocemente avevo bisogno di te." risposi, con la gola secca, cercando di inumidirmi le labbra prima che si rompessero di nuovo. "Ma riguardo a tuo padre... Io sapevo che avevi bisogno di lui, avevi bisogno della sua presenza..."

"Non ho mai avuto bisogno di aiuto!" gridò, avanzando di un passo e facendomi indietreggiare. "Non ho mai avuto bisogno di te!"

E fu in quel momento che persi evidentemente ogni controllo sul mio corpo, perché una lacrima salata mi scivolò sulla pelle bagnandomi il labbro superiore.
Alzai un braccio e con due dita spostai la lama che era così tanto vicina al togliermi la vita, consapevole che non era quella la cosa che mi avrebbe fatto più male quel giorno.

"Lo so." dissi, con voce debole. "Lo so, Rosie."

Quando avanzai verso di lei, colta alla sprovvista fece un passo indietro scuotendo la testa e guardando in basso accigliata, come se fosse stordita.
Cercai di allungare una mano verso di lei risvegliandola dal suo momento di confusione, inducendola a puntarmi di nuovo la spada contro.

"Non ti meritavi tutto questo dolore, Rose, e di sicuro meritavi molto di più che incontrare me." mormorai, senza il coraggio di pronunciare quelle parole a voce più alta. "A volte ho pensato di scappare per poterti liberare da me... Ma sarebbe stato come togliere un'altra persona dalla tua vita, per quanto poco importante potessi essere. E non avrei mai potuto farti questo, Deathy."

"Quello era un nomignolo veramente orribile." borbottò, mentre il ricordo del soprannome affibbiatole dal padre indeboliva la sua furia.

Uno dei diversi nomi di Slade Wilson era stato Deathstroke per molto tempo e quando mi aveva chiesto di chiamarla così era perché potesse vedere qualcosa di sé in sua figlia.
La guardai dritta negli occhi, che saettavano da me al punto del mio collo contro il quale era diretta la sua arma.

"Ora ti stringerò tra le mie braccia, perché è la sola cosa che posso fare per te." l'avvisai, senza asciugarmi quella nuova lacrima che aveva solcato le mie gote. "Sarai tu a decidere se morirò nell'atto oppure no."

Ci fu una lunga pausa di silenzio e lei scrutò con indecisione prima me, poi la sua fedele spada, che a causa della pressione con cui la premeva contro la mia pelle aveva inciso un taglio scarlatto sulla mia gola, nulla di cui preoccuparsi fino a quando non avrebbe deciso di uccidermi davvero.
Non la supplicai nemmeno con lo sguardo perché non facevo altro che chiedere e chiedere e chiedere sempre, mentre invece volevo solo darle la possibilità di fare la sua scelta senza dover tenere conto della mia volontà.
Con un lungo sospiro tremante lasciò cadere la spada a terra ed il clangore emesso dal contatto della pietra con essa mi diede il segnale che tanto aspettavo.
Mi fiondai verso di lei a braccia aperte, avvolgendogliele poi attorno alla schiena mentre lei si scioglieva in un pozzo di lacrime contro il mio petto aggrappandosi alla stoffa della mia camicia.
Appoggiai grato la testa sui suoi capelli cercando di placare il suo tremore, fallendo a causa dell'eccessivo dolore che espelleva attraverso esso.
Eravamo tra le macerie di una città esplosa ed ero più che sicuro che nessuno di coloro che aveva vissuto lì poteva dire di aver sofferto più della lupa mannara che stavo abbracciando, la quale non riusciva a smettere di singhiozzare, probabilmente approfittando per la prima volta della possibilità di farlo.
Rimanemmo vicini a lungo, il silenzio spezzato solo dai suoi singulti e la sola presenza vitale di noi due, che di vitale ormai avevamo ben poco.
Ad un certo punto allontanò il viso dal mio petto e tirò su con il naso, confusa.

"Cos'è questo?" domandò, annusando l'aria. "Ti prego dimmi che non sono io."

"Se stai insinuando che puzzo di bruciato potrei quasi finire per darti ragione." risposi, staccando la testa dai suoi capelli fuligginosi.

Sapevo che quello era solo il suo modo di evitare di concentrarsi sulla tragedia appena avvenuta pertanto l'unica cosa che potessi fare era assecondarla ed aiutarla a sopportare il dolore, almeno un po'.
Lei scosse la testa annusando di nuovo l'aria come un segugio.

"No, in realtà è un emozione." fece stringendo gli occhi. "Dimmi che sei tu e che non sono io."

"Sai, potrebbe essere un misto di ansia e paura, dato che una lupa mannara stava per uccidermi." le feci notare, con tono casuale.

Aggrottò le sopracciglia come per riprendermi.

"Non è paura o ansia." replicò. "E comunque non ti avrei ucciso."

"Avevi una fottuta spada." le ricordai, mimando l'oggetto tagliente nell'atto di decapitarmi con la mano che avevo tolto dalla sua schiena. "Puntata contro il mio bellissimo collo."

Lasciandosi sfuggire un ghigno tra le lacrime mi diede uno spintone, lasciandomi perplesso a chiedermi cosa trovasse di divertente nel pensare che avrebbe potuto tagliarmi la gola.
Non mi disturbai a pormi a lungo una domanda alla quale non avrei mai trovato risposta, così misi le mani dietro la schiena e mi chinai verso di lei, sorridendole a pochi millimetri dalle labbra e rivolgendole una lunga occhiata.

"Quindi mi merito un premio per il coraggio, no?" le soffiai sulle labbra, che si curvarono impercettibilmente all'insù.

Lei diventò completamente paonazza e fissò sconvolta e infastidita la mia bocca così poco distante dalla sua, prima di riprendere il controllo di se stessa.

"Ed io che credevo che fossi uno di quelli che si accontentano degli abbracci." mi schernì, ricambiando il mio sguardo di sfida.

"Non sono molto bravo ad accontentarmi." ammisi, toccando il suo naso con il mio. "Soprattutto quando ho te davanti."

Emise un sospiro tremante e si lasciò sfuggire nuovamente un singhiozzo stringendo gli occhi e scuotendo la testa, quindi le posai un bacio sulla fronte permettendole di nuovo di nascondersi contro il mio petto pur di non guardare il cratere che aveva lasciato l'esplosione.
Ricordo che solo qualche ora dopo, al mio ripetere la medesima domanda, assottigliò gli occhi meditando se tagliarmi la lingua o farci qualcos'altro, quindi si apprestò ad annullare la distanza tra le nostre labbra facendomi intuire che non era intenta a privarmi permanentemente di parti del mio corpo che ancora potevano tornarle utili.
Io quindi affondai le mani tra i suoi capelli e lei si aggrappò con le dita alla mia nuca, alzandosi in punta di piedi per potermi raggiungere.
Il termine 'esplorare' può essere utilizzato in centinaia di modi diversi, ma in quel momento solo la mia bocca cercava disperatamente di esplorare la sua, nonostante ormai la conoscessi abbastanza bene da non dovermi sorprendere più di nulla.
Invece baciarla mi sconvolgeva ogni volta, come se fossi in cielo e fossi troppo vicino all'esplosione di un fuoco d'artificio.
E non avevo ancora la certezza che quello sarebbe successo, non mentre l'unica cosa che avevo davanti a me era la consapevolezza di essere stato la causa della morte di suo padre, ma mi tenni comunque per me il desiderio di baciarla veramente, permettendole di eliminare anche solo un po' del dolore che aveva tenuto dentro.
Mi scostai da lei qualche secondo dopo e la presi per mano raccogliendo la spada per poi porgergliela, quindi mi voltai e mi diressi verso il punto dove anche Nate era sparito per raggiungere il punto di raccolta. Ebbi la consapevolezza che si era girata a guardarsi indietro un'unica volta, con ancora un nodo percepibile in gola.

"Sarei dovuta morire io al suo posto." mormorò soltanto.

Ed io rimasi in silenzio non sapendo come convincerla del contrario, stringendo la sua mano un po' più forte senza ricevere alcun segnale che mi facesse capire che mi aveva sentito.
Dubitavo che ormai potesse sentirmi.

RAVEN

Non puoi semplicemente escludermi dalla tua vita.

Fu come essere esterna al mio corpo, potevo vedermi dall'alto e osservare la luce bianca che lentamente veniva emessa da me e che sfociava dai miei occhi aperti.
<<Non posso escluderti dalla mia vita se non ne hai mai fatto parte>> pensai, lanciando un'occhiata alla spada nel mio braccio che mossa da un potere sconosciuto si stava sfilando da esso, senza nemmeno farmi provare dolore. <<Tutto ciò che hai fatto per me è stato usarmi per i tuoi scopi, mentre io speravo che a un certo punto ti saresti finalmente arreso e ci avresti dato un taglio. Ma ora mi sono stancata, sai?>>
Una volta che con la mia magia (era proprio la mia magia, la sentivo scorrere nelle mie vene) ebbi finalmente estratto la lama del mio nemico mi alzai in piedi fluttuando, ritornando a vedere ciò che mi stava attorno dall'interno del mio corpo, che mi pareva essere percorso da scariche elettriche bollenti. Però non sentivo più il dolore, sentivo solo il calore ed il potere.
La ferita nel mio braccio si rimarginò con un lampo di luce e lo stesso accadde anche a quelle più superficiali sul resto del mio corpo, sotto lo sguardo incredulo e meravigliato dei due vicino a me.
<<Mi sono stancata, credevo che smettere di chiamarti Padre ti avrebbe reso qualcosa di diverso da quello, ma mi sbagliavo. E' vero, tu mi hai generata, dentro di me non risiede un'anima come le altre perché sono tua figlia>> gli dissi. <<Però adesso basta. Non ti permetterò di far parte della mia vita, mai più>>.

No!

Sotto lo stupore degli altri due, immobili come se si fossero dimenticati che stavamo combattendo fino a pochi istanti prima, mi portai una mano alla gemma e schiusi le labbra prendendo un respiro profondo

"Azarath, metrion, zinthos." scandii.

Dalle mie dita si sprigionò una potente luce bianca e fu come se qualcuno avesse deciso di lanciarmi una secchiata di acqua gelida, perché mi sembrò di rinascere e smettere per la prima volta di sentire il suo spaventoso fiato bollente addosso. Non tolsi le dita da me finché non percepii di essermi finalmente liberata della sua presenza, finché non sentii che l'unica voce nella mia testa era la mia.
Smisi di fluttuare e rivolsi gli occhi al nostro nemico, il quale si era appena gettato a terra in ginocchio con la testa tra le mani, il volto deformato in una smorfia di dolore.

"Che gli sta succedendo?" mi domandò Beast Boy, avvicinandosi. "Che è successo a te?"

"Mi sono liberata della presenza di Trigon, veramente questa volta. C'è ancora qualcosa che non mi torna, però..." mi interruppi per non preoccuparlo con i miei sospetti, i quali si sarebbero rivelati esatti non appena ne avessi parlato con Tris e Niall. "Comunque, sta per impazzire. Ora che quel demone odioso non può parlare con me lui sente tutto amplificato di chissà quante volte."

Lacrime scarlatte di dolore rigarono il volto del nostro avversario, il quale non riusciva nemmeno a sbattere gli occhi dal male che facevano gli urli di Trigon nella sua testa.
Chissà chi era quella persona, se si poteva definire tale, chissà che cosa sarebbe rimasto di lui se avesse compiuto la sua missione e mi avesse uccisa.
Beast Boy mi prese la mano ed attirò la mia attenzione, così mi voltai verso di lui e vidi che sul suo viso era disegnata un'espressione supplichevole.

"Puoi salvarlo?" mi chiese.

Piegai la testa pensosa, per nulla certa che il modo con cui lo avevo sconfitto dentro di me potesse ripetersi anche in qualcun altro.

"Non so nemmeno se funzionerebbe." risposi, pentendomi delle mie parole semplicemente guardandolo in quei maledetti occhi verdi.

"Puoi salvarlo?" ripeté, stringendomi più forte la mano. "Per favore?"

Non riuscivo a credere che una persona potesse essere così devota agli altri come lo era Beast Boy, che avrebbe dato qualsiasi cosa per salvare anche il più spregevole degli esseri viventi.
Sospirai e gli lasciai la mano, facendo un paio di passi in avanti e raggiungendo colui che Dio solo sa per quanto era stato torturato dalla presenza.
Gli posai i polpastrelli sulla fronte suscitando improvvisamente il suo interesse, ma non sembrava che volesse scappare, anche se non era a conoscenza delle mie intenzioni. Probabilmente, anche se pensava che volessi ucciderlo, credeva che qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di quella vita.

"Azarath, metrion, zinthos." mormorai, facendo scaturire dalle mie dita una potente luce simile a quella di poco prima.

Quello emise un verso strozzato e dalla sua bocca uscì un raggio di luce scarlatta, l'influenza di Trigon che per quasi trenta secondi venne espulsa dal suo corpo senza essere sostituita dalla mia. Volevo assolutamente essere diversa da mio padre e liberare qualcuno da lui senza prenderne il posto era forse la cosa migliore che potessi fare, così mi limitai a osservare il nostro avversario mentre rimpiccioliva e prendeva delle sembianze molto più umane. Quando tolsi le dita da lui avevo davanti un uomo dalla pelle color carbone egli occhi di un rosa vivido, il quale mi risultò incredibilmente familiare.
Sollevò lo sguardo su di me, stremato, ma ebbe la forza di sorridermi con gratitudine.

"Grazie." mi sussurrò.

Poi svanì in un soffio di vento, cancellando la sua presenza da quel luogo.
All'improvviso mi colse un violento capogiro e feci un passo indietro, traballante, portandomi una mano alle tempie e cercando di evitare di vedere il paesaggio vorticare su se stesso.
Percepii le mani di BB su di me, mentre mi passava un braccio sulle sue spalle e mi cingeva la vita con l'altro, posando la testa contro la mia.

"Che gli è successo?" domandò, sussurrando. "E tu come stai?"

"Immagino che non ci fosse più nulla a trattenerlo qui. In quanto a me, sono stanca perché non ho attinto energia dalla mia parte demoniaca, poiché quello era il mio potere." risposi, per poi voltarmi verso di lui e sorridere senza riuscire a controllarmi. "Il mio potere, capisci?"

Anche lui sorrise ed avvicinò il suo volto al mio, lasciandomi un delicato bacio sulle labbra.

"Sono così orgoglioso di te, Rae-Rae." mi disse.

E fu specchiandomi nei suoi occhi che capii che, finalmente, anch'io ero fiera di me.
Ad un tratto uno strano fischio ci indusse e sollevare lo sguardo al cielo, dal quale stava precipitando una figura indefinita ad incredibile velocità, inseguita da una figura a essa identica eccezion fatta per la luce argentea che la accompagnava.
Strinsi gli occhi incredula.

"Quella è Soraya." constatai.

Anche il ragazzo accanto a me parve sorpreso da questo fatto. 

"Credo proprio di sì." rispose quindi.

"Sta venendo dritta verso di noi." aggiunsi.

"A quanto pare." concordò.

Rimanemmo ancora qualche istante a studiare le due ragazze uguali precipitare in picchiata su di noi.

"Forse dovremmo spostarci." suggerì.

"Sono d'accordo." dissi.

ELENA

Stavo cercando di mantenere l'ordine, come sempre, ma evidentemente i miei due commentatori  preferiti ci tenevano a farmi fare una pessima figura davanti ai miei autori preferiti.
Peter continuava a sparare ragnatele nel vuoto per vedere quanto era precisa la sua mira mentre Lettore continuava a criticare gli scrittori perché i suoi personaggi preferiti continuavano a soffrire, lanciandomi un'occhiatina ogni tanto per farmi capire che anche io avrei dovuto piantarla di far soffrire i suoi personaggi preferiti.
Come potevo spiegarglielo che era per la trama?

"Va bene, cerchiamo di concludere alla svelta questo processo." disse a un certo punto J.K. Rowling, massaggiandosi la fronte dopo l'ennesimo 'E vogliamo parlare di Fred?' di Lettore. "Siamo qui da ore ed io ho uno screenplay da scrivere."

Gli altri due, seduti alla sua destra e alla sua sinistra, si sistemarono meglio sulle bancate e ci guardarono dall'alto dei loro diciassette metri.
L'aula del tribunale era oltremodo insolita, non c'è che dire: non si scorgevano pareti e sembrava che fossimo posizionati su una lastra di vetro in mezzo allo spazio infinito. Oltretutto, mentre noi sedevamo al tavolo degli imputati a grandezza normale le tre divinità della scrittura erano alti quasi venti metri e ci scrutavano con superiorità e scetticismo.

"Certo, certo." risposi, prima di abbassare la voce per parlare ai miei amici. "Smettetela di mettermi in imbarazzo."

"Stai zitta, tu hai i piedi sul tavolo." replicò Lettore.

Lanciai uno sguardo alle mie gambe, comodamente appoggiate al tavolo di legno.

"Mio il libro, mie le regole." replicai, facendogli una linguaccia.

"E' per questo tuo modo di pensare che siamo finiti qui!" mi ringhiò, battendo una mano sul mio appoggia piedi.

"Potreste evitare di litigare per cinque secondi?" domandò esasperato Peter.

"No!" rispondemmo tutti e due all'unisono, prima di guardarci negli occhi e lanciarci uno sguardo di fuoco.

Un potente schiarimento di voce ci indusse a zittirci, mentre George R.R. Martin ci scrutava con severità, controllando distrattamente ciò che era scritto sul foglio davanti a lui.

"Bene, abbiamo parlato di tutti i punti più o meno importanti e devo ammettere che siete riusciti a difendervi bene, anche se i baci Roberra sono ancora indigesti per me." dichiarò, facendo una smorfia disgustata. "Perciò ora discuteremo del vero motivo per cui siete qui: c'è stata una 'resurrezione' di troppo e questo potrebbe compromettere l'equilibrio dell'universo."

L'uomo lanciò un'occhiata a Rick Riordan, che annuendo proseguì.

"La tua idea di scambiare i tre ritornati in vita con il triplo dei personaggi definitivamente morti poteva essere accettato. Ma come sai ci sono dei limiti e tu li hai superati." aggiunse. "Robin avrebbe dovuto rimanere morto, poiché quattro personaggi ritornati in vita sono troppo da sopportare per una saga." 

Alzai una mano, con le sopracciglia aggrottate.

"Scusatemi, posso sapere dove sono nascoste le sacre regole della scrittura? Perché io non ne sono mai stata messa al corrente." ribattei.

"Smettila di fare l'idiota." mi sibilò Lettore al mio fianco. 

"E tu smettila di intrometterti mentre io parlo." gli ringhiai di rimando.

"Oh santi dei, ma passerò la mia vita con questi due in eterno?" si lamentò Peter.

Il rumore di un fulmine che colpiva il terreno ci fece zittire, sotto gli occhi adirati di J.K. Rowling.

"Silenzio!" esclamò, ottenendo istantaneamente ciò che aveva richiesto. "Suggeriscici un modo per sistemare le cose e ti lasceremo proseguire la tua storia, altrimenti saremo costretti a portare via tutto."

"Inclusi loro due." precisò George, indicando i miei amici con un cenno del capo. 

Mi irrigidii e sbiancai, mentre i ragazzi accanto a me avevano la stessa reazione.
Un'ondata di terrore si impadronì di me e cominciai a scuotere la testa, rifiutandomi di accettare che potessero farlo.
Senza chiedere il permesso afferrai una mano di entrambi e me le portai al petto, stringendole per paura che li facessero scomparire.

"No, no vi prego." li supplicai. "Non potete portarmeli via."

Lettore e Peter si scambiarono uno sguardo pregno di diversi significati, tra i quali spiccava la preoccupazione e la malizia scatenata dal mio commento. Come se non avessero saputo che se fosse stato per me non li avrei mai lasciati andare.
Riordan sospirò, piegando la testa di lato ed allungando una mano in avanti.

"Vedi, non vorremmo farlo, ma c'è un certo ordine da rispettare. Se sai come risolvere la situazione prima che le realtà dei diversi fandom collassino su loro stesse ti lasceremo concludere la tua storia. Altrimenti..." disse, chiudendo la mano a pugno e lasciandola cadere senza terminare la frase.

Deglutii pesantemente, mordendomi il labbro inferiore nel disperato tentativo di impedire a me stessa di dirlo ad alta voce, poiché ricordavo bene di essere dentro una storia e che chiunque stesse leggendo potesse sentirmi. O vedermi. Oh santissimi dei, era inquietante.

"Ho- Ho un'idea." balbettai, maledicendomi interiormente perché io non balbettavo mai. "Ma non posso rischiare che i lettori lo scoprano. Questi piccoli adorabili curiosoni farebbero di tutto per degli spoiler."

J.K. Rowling inarcò un sopracciglio e scambiò un'occhiata con i suoi due colleghi, mentre entrambi annuivano in risposta a una domanda muta. 

"Va bene, scrivilo sul foglio e faccelo leggere." disse la donna, facendo comparire davanti a me un foglio di carta immacolato.

Subito dopo apparve al suo fianco una penna blu e con le mani tremanti l'afferrai prima di cambiare idea, prendendo un respiro profondo e guardando da un'altra parte mentre scrivevo per non rischiare di leggere quelle parole per sbaglio.

(Samuele: Oh, andiamo! Io voglio capire che cosa succede

Subconscio: Io sono tre libri che voglio capire cosa succede, eppure siamo qui)

Erano solo due parole, due parole che facevano anche piuttosto male. Un nome e un verbo.
Quando posai la penna vidi che Peter e Lettore sbirciavano ciò che avevo scritto e guardavo davanti a loro inorriditi, pochi istanti prima che il foglio sparisse e ricomparisse molto più grande davanti ai tre giudici. Quelli lessero con una certa sorpresa e rimasero in silenzio per qualche secondo.

"Come morirà?" domandò J.K. Rowling.

Mi strinsi nelle spalle, per nulla desiderosa di proseguire con quell'argomento.

"Una maledizione, una sorta di veleno magico." risposi, continuando a mordermi il labbro inferiore. "Non che abbia passato le ultime notti a cercare di decidermi."

"Beh, suppongo che l'ordine possa essere ristabilito in questo modo." osservò Martin, accarezzandosi la barba e rivolgendomi un sorriso comprensivo. "A volte bisogna fare sacrifici."

"Per quanto mi riguarda può continuare la storia, a patto che rispetti l'accordo e faccia quello che ha detto." si aggiunse anche Riordan, sogghignando. "Voglio proprio vedere come finirà con la RobStar."

Tutti rivolsero poi lo sguardo alla donna seduta al centro, la quale era rimasta completamente in silenzio tamburellando le dita sul labbro superiore.

"Bene, ma che non succeda mai più." acconsentì. "E ora fatemi tornare al mio lavoro, per l'amor di Merlino."

AMALIA

Sbattei a fatica le palpebre e mi accorsi di essere distesa sulla stessa branda dove mi avevano coricata per togliermi la scheggia, il che suppongo fosse un buon segno.
Guardandomi intorno notai che accanto a me c'era Stella, seduta su una sedia e persa a contemplare il vuoto, come se fosse troppo stanca anche per dormire, mentre il nostro fratellino viaggiava beatamente nel mondo dei sogni con la testa appoggiata sulle gambe di lei.

"Kory..." la chiamai, con la voce impastata di sonno. "Qualcosa non va?"

Lei si illuminò nel sentire la mia voce e mi rivolse un sorriso che non era proprio forzato, ma quasi.

"Amalia, sei sveglia." constatò. "Gizmo è venuto a prendere il visore di See-More per aggiustarlo e sono tornati tutti sul campo." 

Mi strofinai le palpebre con il palmo della mano, la testa stranamente leggera.

"Per quanto ho dormito?" chiesi, scostando il lenzuolo sopra di me per osservare la cicatrice lasciata sul mio polpaccio dalla scheggia.

"Mi hanno detto che sei rimasta qui per otto ore e che erano stati dati ordini precisi perché ti lasciassero dormire." rispose, stringendosi la coda di cavallo dietro la testa.

Strinsi il pugno e scossi la testa, irritata.

"Thornton me la pagherà per questo, non mi serve un babysitter." mugugnai, prima di concentrarmi di nuovo sul suo volto preoccupato. "Kory, dimmi cosa c'è che non va."

Lei trasse un respiro profondo e mi guardò negli occhi, colpevole.

"Poco fa, mentre stavamo combattendo, Robin... mi ha chiesto di sposarlo, Am." ammise, con la voce rotta. "E io gli ho risposto di sì."

Per un momento rimasi a bocca aperta senza sapere cosa dirle per poter essere d'aiuto, poi mi accorsi che non c'era nulla che potessi dire per farla stare meglio. Mi sporsi verso di lei allargando le braccia e lei vi ci si fiondò in mezzo senza svegliare nostro fratello, mentre io le accarezzavo la schiena cercando di farle capire che io ero lì per lei.
<<Oh sorellina>> pensai. <<Stai facendo proprio un casino>>.




















Subconscio: Buona Vigilia di Natale, piccoli Nerd!

Ora che siamo in vacanza Elena scriverà fino alla morte ed avrete praticamente tre capitoli in una settimana

VI AMIAMO

Samuele: FELICE COMPLEANNO DI GESÙ

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