Capitolo 24
RAVEN
Non è che l'avessi programmato.
Francamente non mi era mai nemmeno passata per la mente quell'eventualità, il che potrebbe rendermi ingenua agli occhi di qualcuno.
In ogni caso, dubitavo che lui l'avesse programmato, il che mi fece sentire meglio.
Okay, non solo quello mi fece sentire meglio, tutto, quella notte, mi aveva fatto sentire meglio.
Ovviamente mi svegliai per prima, come se nonostante tutto la nostra routine non fosse cambiata e la mia visione della faccenda non fu subito leggera ed illuminata.
Diedi di matto.
Interiormente però, avevo paura di svegliarlo e di peggiorare la situazione.
Un'ansia terribile mi salì all'improvviso, quando sbirciai sotto le coperte e scoprii che, no, non lo avevo fatto tenendomi i vestiti addosso.
Poi i ricordi cominciarono a piombarmi davanti agli occhi come flashback in un film. Solo che quello non era un film, era la mia vita.
'Ho incasinato tutto, sono un'idiota. Che diavolo mi è saltato in mente?' pensai, allarmata e confusa.
Cercai di individuare rapidamente i miei vestiti nel casino della tenda, quando sentii come uno schiaffo dritto in faccia.
(Peter: *voce acuta da ragazza mestruata* Ma sei pazzo?
Lettore: Che c'è? Guarda che questo è il rimedio naturale di mia madre.)
Scioccata dal dolore improvviso ebbi il tempo di vedere la scena da un'altra prospettiva.
Stavo andando in contro a una guerra in cui probabilmente sarei morta (sempre se non ci avessi lasciato le penne prima, cercando invano di sconfiggere Trigon), avevo passato delle ore fantastiche con il ragazzo che amavo ed avevo almeno un'ora prima che qualcuno venisse alla tenda.
Mi sentii stupida e mi spuntò un sorrisino sulle labbra.
Approfittando di quella nuova lucidità esaminai il mio stato emotivo.
Ridacchiai. Stavo bene. Per la prima volta da mesi, forse da anni, stavo veramente bene. Non mi importava della guerra, delle dimensioni da affrontare ancora, delle sfide e delle difficoltà.
Ero stupidamente felice.
Cominciai a ridere di gusto, strabiliata dalla sensazione di leggerezza della mia testa. Mi sentivo ubriaca, ma non in senso negativo, mi sentivo ubriaca di allegria e spensieratezza.
Certo con me ci voleva poco.
Tentai di soffocare la mia risata con una mano sulla bocca, ma continuai per cinque minuti, finché non mi fece male la pancia.
Una volta finito, con ancora il sorriso sulle labbra, lanciai uno sguardo a Beast Boy, che dormiva beatamente.
'Questo non lo sveglia nemmeno una cannonata.' osservai a me stessa.
saminai di nuovo il mio corpo, tentando di vedere delle differenze.
Nulla di strano, sembrava che non fosse successo niente.
Tirai una gomitata a BB, divertita.
"Non mi serviva la firma." lo rimproverai.
Gli ci volle qualche secondo per aprire gli occhi, e qualche altro istante per riconoscere la mia faccia e capire la domanda.
"Che vuoi dire?" domandò con la voce impastata di sonno.
Povero broccolo, era così stanco. In fondo avevamo dormito sì e no tre ore.
Indicai una macchia rossastra appena prima del mio seno.
Per un momento il suo viso era perplesso, come se non capisse in quale strano sogno si trovasse.
Capii che aveva ricordato quando divenne tutto rosso e distolse rapidamente lo sguardo.
"Oh, beh, cioè, wow, emh..." mugugnò con le orecchie in fiamme.
Mi avvicinai e ne baciai delicatamente la punta di una di queste.
Lui si coprì la faccia con le mani, affondando ancora un po' con la testa nel cuscino. Ridacchiai e ciò lo sorprese.
Separò due dita e mi diede una sbirciata.
"Perché ridi?" chiese.
Scossi la testa, senza sapere bene cosa dire.
"Perché mi rendi felice, broccolo." risposi.
Si scostò le mani dalla faccia tenendole accanto alle guance, osservandomi.
Poi con uno scatto le portò sul mio viso e si tirò su, baciandomi.
Non so perché ma questa cosa mi fece ridere ancora di più, tant'è che ormai era un bacio piuttosto strano.
Qualche minuto dopo eravamo sdraiati a pancia in su a guardare il soffitto della tenda. Il letto non era molto grande, era una branda singola, quindi avevamo steso le lenzuola a terra e ci tenevamo per mano.
"Vuoi dirmi Pretty Pretty Pegasus è meglio di The Walking Dead?" domandò lui. "È pura follia."
"Pretty Pretty Pegasus è una serie tv dall'intricata trama sensazionale, parla di amicizia e valori e fa anche divertire." risposi, sulla difensiva.
"Sarà, ma io continuo a preferire qualche zombie a un esercito di mini-pony." replicò, allungando le braccia e facendo versi da non morto.
Gli diedi un pugnetto sul braccio, ma continuai a sorridere. Lui strinse la mia mano.
Sentii che girava la testa verso di me.
"Sei più simpatica stamattina Rae-Rae." commentò. "Se avessi saputo come fare avrei provveduto a questo molto tempo fa."
"Solo perché è successo tutto questo non sei autorizzato a fare il pervertito." lo ammonii, abbandonando il sorriso, ma voltandomi per guardarlo.
"E posso sapere da vossignoria che cosa è successo, di preciso?" chiese alzando le sopracciglia.
Gli chiusi quella boccaccia con la mia, cercando di non sorridere.
Ormai non era più sorpreso, mi prese saldamente per i fianchi e ricambiò il bacio.
Rimanemmo così a lungo, staccandoci di tanto in tanto per riprendere fiato.
"Ti amo." biascicò ad un certo punto, senza però fermarmi.
"Anch'io." risposi afferrandogli i capelli.
Ricordavo benissimo come mi aveva stretta, come mi aveva toccata.
Ed ero talmente su di giri che forse, dico forse, potrei avergli dato una spintarella in un posticino delicato.
"Rae-Rae!" esclamò, in difficoltà, con le orecchie di nuovo scarlatte.
Lo baciai di nuovo, ridendo.
"Vatti a fare una doccia fredda, broccolo." gli consigliai, sgusciando via dalle lenzuola.
SORAYA
Elena aveva le ginocchia appoggiate al bordo del tavolo e chiacchierava tranquillamente con Tara, con questo voglio dire che si alternavano sghignazzi a versetti indignati ed a lanci di cibo e posate al cyborg seduto di fronte a loro, che rispondeva con altrettanti cucchiai volanti.
Se avesse colpito veramente le due interessate, mio fratello non avrebbe cominciato a far fluttuare il suddetto mezzo robot a testa in giù per vendicarsi.
Anche se può sembrare che la giornata fosse cominciata in maniera piuttosto allegra, in realtà non c'era molta loquacità al tavolo della colazione.
Iella e Gizmo, seduti alla mia sinistra, non riuscivano ad alzare gli occhi dal loro piatto e Billy e Simon cercavano di ignorarsi meglio che potevano dopo la brutta litigata fatta la sera prima, in quanto a Beast Boy e Raven, beh, era evidente che era successo qualcosa che li metteva in imbarazzo.
Stella, stranamente, sembrava un fantasma e questo mi turbava ancora di più. Aveva a malapena lasciato la stanza di Robin dopo che Red X le aveva giurato e stragiurato che non l'avrebbe lasciato solo nemmeno se fosse scoppiato un incendio.
Dicevo, quattro dei miei amici facevano chiasso, ma bastò l'entrata improvvisa di un personaggio autoritario per metterli in riga: Amalia spalancò le porte della sala inseguita da Mojo e da Jopre, che non faceva che borbottare e mugugnare come al solito, ed attraversò rapidamente lo spazio che la separava da capotavola con la scritta in fronte oggi sono di pessimo umore.
Niall e Cyborg si sedettero di scatto, Tara ingoiò il succo del quale aveva le guance piene ed Elena a momenti cadde dalla sedia per tirare giù le ginocchia dal tavolo.
La Regina batté le mani sulla lunga tavolata zittendo anche il suo consigliere.
"Molto bene, spero che per voi sia una buona giornata perché per me non lo è affatto." dichiarò, passandosi frustratamente una mano nei capelli viola e facendo una smorfia. "Dato che Sua Maestà mi comporto da poco di buono ma non importa a nessuno perché sostengo il femminismo Gunilla si è lamentata dell'alta presenza di uomini all'interno del castello ha preteso di poter trascorrere il suo tempo con una rappresentante del genere femminile. Ed ovviamente ha scelto Tara."
Il sangue mi si gelò nelle vene e cercai con tutta me stessa di non voltarmi a guardare la diretta interessata, ma come sapevo che Niall aveva discretamente posato i suoi occhi indagatori su di me, sapevo anche che Elena faceva la stessa cosa rivolta alla bionda.
"Non sono sicura di capire da dove viene quell'ovviamente, Am." replicò la ragazza, corrugando le sopracciglia.
So che stava corrugando le sopracciglia perché la stavo osservando.
Ehi, avevo detto che provai a non guardarla, non che ci fossi riuscita.
Amalia alzò teatralmente gli occhi al cielo e sbuffò.
"Non ho intenzione di farti un disegnino, Testa di Roccia. Le piaci più di quanto le piaccia io, questo è sicuro." rispose.
Con una risatina la bionda le tirò una bacca che aveva nel piatto.
"Ci vuole poco, Queenie." ribatté, ricevendo con uno sguardo di sfida l'occhiataccia riservatale dalla Regina.
Amalia chiuse gli occhi e la conoscevo abbastanza bene per capire che stava meditando se fosse più o meno proficuo uccidere la sua migliore amica davanti a tutte quelle persone.
Dal canto mio, io avevo cominciato a mangiarmi furiosamente le unghie.
Perché doveva arrivare quella bellissima e carismatica regina aliena a turbare la mia serenità mentale?
'Andiamo, a Tara nemmeno piacciono le ragazze, che problemi mi faccio?' pensò la parte logica del mio cervello.
Purtroppo però persisteva quella piccola frazione di materia cerebrale che si ostinava a ricordarmi che se Gunilla avesse voluto far cambiare sponda alla bionda molto probabilmente ci sarebbe riuscita.
"Perciò ho acconsentito a patto che la ragazza da lei scelta fosse d'accordo. Mentre Tara valuta attentamente la situazione tenendo la sua dannata boccaccia chiusa, noi parleremo del nostro problema demoniaco. A causa delle recenti perdite e difficoltà incontrate," disse, e qui la sua voce si addolcì anche se non guardò i quattro che avevano alzato gli occhi su di lei. "non me la sento di mandare i Titans o gli HIVE ad affrontare la prossima dimensione; come avrete saputo, stamattina Kid Flash ed i Titans East sono partiti con le altre truppe per raggiungere le colonie che l'esercito nemico ha attaccato recentemente. Pertanto, Rose ed il suo branco si sono offerti di assumersi la responsabilità della missione."
Il branco di lupi mannari, che fino ad allora era rimasto in silenzio in fondo al tavolo, emise un brontolio di assenso, come fosse un'unica persona.
A Niall si illuminarono gli occhi come succedeva sempre più spesso e tornò a posare il suo sguardo altrove, senza degnare di ulteriori attenzioni la figlia di Slade.
"A loro servirà qualcuno che sappia destreggiarsi con la magia." mormorò mio fratello. "Andrò con io."
Trasalii in maniera poco nascosta ed a Elena sfuggì un'imprecazione.
Gli ricordò che da quando era ritornato in vita il suo potere si era indebolito, oltre che al suo fisico, e che anche se fosse stato nel pieno delle sue forze avrebbe perso comunque ogni aiuto sovrannaturale.
"Serve qualcuno che riesca a incarnare la magia, che riesca ricordare come funziona l'affluire del potere alla punta delle dita che scatena il potere che serve per dare un'ulteriore protezione al sigillo. Potrei dunque andarci io." aggiunse poi. "O Soraya."
"Sei impazzita? Aya potrebbe morire." domandarono in contemporanea Niall e Tara, con voce strozzata.
Anche se la stavo già guardando mi voltai meglio per vedere la faccia della bionda, che pareva quella di una che voleva rimangiarsi le ultime parole pronunciate. Quando mi si scaldò il cuore ricordai al mio cervello di tenerlo sotto controllo e di non farsi troppi film mentali.
"E anche tu." sussurrarono dopo una piccola pausa.
Elena roteò gli occhi ed incrociò le braccia al petto. "Grazie per la considerazione."
A quel punto non riuscii a trattenermi e volli difendere il mio onore, non facendomi passare per una ragazzina incapace come mi stavano apostrofando.
Okay, in realtà ero solo preoccupata a morte di perdere mio fratello di nuovo, dato che era troppo debole per affrontare quella situazione, ma quello che ho detto poco fa mi faceva sembrare più valorosa.
"Niall, non puoi andarci tu, se ci fossero le guardie di Bruce e ti vedessero vivo..." cercai di convincerlo.
"Le saluterei e le inviterei a togliersi dalla mia strada." replicò, spavaldamente.
"Così ti ucciderebbero!" obbiettai.
"Ma altrimenti ucciderebbero te." osservò.
"Sei mio fratello, ho bisogno di te." gli feci notare, quasi con esasperazione.
"E tu sei mia sorella, io ho più bisogno di te." mugugnò, imbronciato. "Dato che io sono quello egoista, decido io chi tra di noi si sacrificherà per la patria."
"Questo ragionamento non ha senso." intervenne pragmaticamente Elena.
"Invece ha perfettamente senso." lo difese Tara.
"Lo dici solo perché vuoi la sicurezza di Aya." l'accusò.
"Tutti vogliamo la sicurezza di Aya." disse Niall.
"E allora perché non posso andarci io con loro, così entrambi i fratelli Blaken sarebbero al sicuro?" chiese la mia amica.
"No!" le rispondemmo tutti e tre.
Fece per ribattere quando qualcuno sbatté violentemente le mani contro la tavola.
Timorosi alzammo lentamente lo sguardo fino ad incrociare lo sguardo infuocato di Amalia, che pareva volerci dare fuoco con la forza del pensiero.
Istintivamente mi aggrappai al braccio di Niall per cercare protezione, lui fece la stessa con con Elena ed anche la ragazzina tentò di trovare supporto nella bionda accanto a lei, ma fu preceduta della ragazza in questione che afferrò saldamente la sua spalla lasciandola a sostenere il nostro terrore ed esprimendo silenziosamente il suo con lo sguardo puntato sulla Regina.
"Voi quattro simpaticoni, mentre spiegavo che questa è l'ultima dimesione legata allo sforzo fisico e che dovrete ricordarvi di essere armati in modo da proteggervi da un assalto nemico, di cosa stavate animatamente discutendo?" domandò, scandendo le parole una ad una. "Spero non steste decidendo chi dei nostri promettenti stregoni sarebbe andato con il branco, perché ho già scelto il fortunato."
Rimanemmo muti, probabilmente sperando di sparire inghiottiti dal pavimento sotto di noi, consapevoli di avere gli occhi di tutti addosso, occhi di persone che si auguravano di non trovarsi mai e poi mai nella nostra situazione.
"Andranno Piccola Tempesta ed Aya, in modo da coprirsi le giovani spalle a vicenda." continuò, i suoni che uscivano dalle sue labbra parevano lame affilate. "Ma Niall, che certamente si sentirà in dovere di rendersi utile in qualche modo, quindi accompagnerà Tara e Gunilla a fare un giro del palazzo e del giardino."
Nessuno avrebbe voluto essere noi e persino mio fratello, che orgoglioso ed egocentrico com'era non avrebbe mai tollerato di ricevere ordini, rimase in silenzio a prendere coscienza del proprio destino.
Forse avrei potuto sopravvivere alle occhiate riservate a me ed alla mia amica dal branco di lupi mannari, alle difficoltà incontrate durante il viaggio ed a Trigon in persona molto più facilmente se Tara mi diverto a vedere il cervello di Aya che si scioglie al mio passaggio Markov non avesse voluto venire a salutarci prima del nostro salto interdimensionale.
Rose aveva insistito per far andare prima tutta la sua famiglia (temeva che una volta che io fossi entrata nel portale si sarebbe chiuso e sinceramente non deve essere troppo divertente rimanere incastrati in un varco magico in implosione), così io ed Elena rimanemmo per ultime davanti alla grande spirale d'argento che avevo creato sul pavimento.
Eravamo pronte a saltare all'interno del cerchio magico, quando qualcuno si schiarì la voce alle nostre spalle.
Grazie al mio annuncio preventivo sapete chiaramente che si trattava di Tara, ma la vecchia me ancora pregava che non fosse lei.
Forse Elena aveva ragione, forse ero la persona più buona dell'universo, però non ero di certo una sprovveduta. Sapevo quando era il caso di lasciar perdere qualcosa prima di riporvici troppa speranza e riconobbi che la cotta per Tara non mi sarebbe passata facilmente, maavrei dovuto cercare di ignorarla meglio che potevo.
Mi voltai così verso la ragazza dai capelli biondi priva di espressione, giusto perché non sapevo cosa avrei dovuto esprimere.
Fece qualche passo avanti e vorrei tanto dire che sembrava ormai abituata alla protesi di metallo; purtroppo zoppicava ancora, anche se cercava di non darlo a vedere.
Arrivò a circa un metro da noi, evidentemente intenzionata ad aprire la sua stupida bellissima bocca.
"Cercate di stare attente." fece, guardando prima l'alta e poi la bassa.
La bassa sarei io.
Non so perché sono così masochista da insultarmi da sola.
Elena le rivolse un sorriso che interpretai troppo tardi e si strinse con forza le bretelle dello zaino.
"Io sono sempre attenta." replicò sarcasticamente, lanciandosi all'indietro all'improvviso.
Non era difficile per me comprendere il motivo del suo gesto avventato e ciò metteva a dura prova la mia serenità mentale quasi quanto la ragazza bionda che stava fissando perplessa il punto in cui la mia amica era scomparsa.
Era molto difficile per me pensare male della gente, figuriamoci augurarmene, tuttavia Elena era forse la prima persona che riuscì a ispirarmi violenza.
Quindi sperai, ma solo per un secondo, che cadendo giù dal portale avesse preso una botta da qualche parte.
Mi sento ancora in colpa per questo.
"Allora," ricominciò Tara, tornando a posare i suoi occhi celesti su di me. "buona fortuna."
"Grazie." risposi, voltandomi e dandole le spalle.
Inorridii all'idea di essere stata così sgarbata, ma in fondo era colpa sua se dovevo ricorrere alle cattive maniere per riuscire a salvaguardare il mio giovane cuoricino autolesionista.
L'unica cosa oltre a Elena che mi ispirò violenza fu la mano di Tara, che lei pensò bene di posare sulla mia spalla mentre pronunciava parole che non ascoltai, perché, andiamo c'era la sua dannata mano sulla mia spalla.
Mi costrinse a girarmi e mi guardò con un misto di imbarazzo e preoccupazione.
"Perché non hai voluto dirmelo?" mi chiese, senza togliere la sua mano dalla mia spalla.
'Niente conclusioni affrettate, prego!', pensai, perché avevo già percepito i movimenti sospetti tipici del mio cervello quando cominciava a farsi i film mentali.
Avevo già cominciato anche a cercare di calmarmi ricordandomi che l'Iridio è un metallo di transizione bianco-argenteo, molto duro, appartenente al gruppo del platino e si trova in natura in lega con l'osmio e trova impiego nella produzione di leghe metalliche destinate a lavorare ad alta temperatura e in condizioni di elevata usura... tutte cose che mio fratello mi aveva insegnato essere utili per domare la propria mente.
"Dirti cosa?" domandai, confusa.
Scrollò le spalle quasi mortificata ed abbassò il braccio che finiva posandosi sulla mia spalla e lottai con tutta la mia volontà per riuscire a stare ferma perché ogni cellula del mio corpo desiderava solo afferrare quella mano erimetterla al suo posto.
"Beh, delle tue preferenze." rispose, abbassando anche lo sguardo. "Pensavo che alla fine ti fidassi di me, ma lo sono venuta a sapere solo ieri... mentre molti altri lo sapevano da una vita."
'Brava Soraya, e adesso come ti giustifichi? Oh, scusa sai, è che sono leggermente ossessionata da te da quando ti ho messo gli occhi addosso e quindi non mi sentivo molto a mio agio a parlarne.' pensai, aggiustandomi le pieghe della gonna.
Ma naturalmente la mia gonna non aveva pieghe.
"Non pretendo di dover essere a conoscenza di ogni tuo più oscuro segreto, non sia mai, ma..." precisò subito. "Volevo sapere se ho fatto qualcosa per farti pensare che non fossi una persona degna di fiducia."
Niall diceva sempre che noi Blaken siamo bravi a destreggiarci in queste situazioni, che è nel nostro sangue l'essere intelligenti e versatili.
(Lettore: *sospirando* Non sa che suo fratello è lo stesso che ha detto a crush 'farei sesso con te' per sbaglio.
Peter: *sgranocchiando nachos* Speriamo solo non venga a saperlo mai.)
Parte del mio cervello era impegnata ad elaborare una scusa plausibile, un'altra a mantenere il contatto visivo, un'altra ancora a seguire la direzione del suo sguardo ed un'ultima parte a pensare che il suo sguardo finiva esattamente nel punto della gonna che io avevo lisciato con la punta delle dita e quindi avrebbe notato, conoscendomi, che ero nervosa ODDIO UCCIDETEMI.
Perciò le credenze sulla capacità d'improvvisazione dei Blaken avrebbero anche potuto essere vere, se la mia faccia non si trasformasse in una maschera di marmo ogni volta, quasi come se in realtà non mi importasse.
Prima di parlare riuscii ad assumere un'espressione dispiaciuta ed appiattii un'altra volta le pieghe inesistenti della mia tunica (miei dei vi prego toglietemi questo tic maledetto).
"Oh. Oh, Tara, no. Non potresti mai fare qualcosa per perdere la mia fiducia, non è assolutamente colpa tua." dissi, freneticamente. "Con Stella, Amalia, Jopre, Sigurd e Thornton ci vivevo, loro lo sapevano da anni, mentre Elena è riuscita a capirlo da sola. Non avrei mai voluto tagliarti fuori... la verità è che prima di ieri non avrei mai pensato di dirlo a qualcuno."
Il suo volto, dopo aver sollevato lo sguardo dalla mia mano, sprizzò sollievo da tutti i pori nonostante il mio discorso non fosse esattamente gran che come rassicurazione.
Mi rivolse un largo sorriso e mi abbracciò improvvisamente, facendo pensare al mio cervello in modo altrettanto improvviso vi prego datemi fuoco.
In modo piuttosto impacciato ricambiai la stretta e cedetti alla debolezza di inspirare profondamente il suo profumo di vaniglia, sentendo le sue mani che stringevano la stoffa della mia tunica.
"Grazie, Aya." mi disse, quando con un colpetto di tosse feci intendere che desideravo scollarmi.
"No ti prego, non ringraziarmi, non dopo che io come se fossi un'idiota non sono riuscita a farti capire quanto per me tu sia importante..." presi a farneticare.
E niente, non ce la faccio a non essere una perfetta incapace davanti a lei.
Strinsi le labbra e lei mi sorrise ancora di più.
"Bene, ora se non ti dispiace mi lancerò nel portale." annunciai, prima di salutarla con un gesto della mano e compiere il gesto.
In fondo quella era un'alternativa più sicura e meno dolorosa al darmi fuoco.
ROBIN
Svegliandomi mi sarei aspettato di trovare Stella al mio capezzale, o Rose e Cyborg, o Raven e Beast Boy. Addirittura Amalia ad essere ottimisti, ma il ragazzo con il capo chino sulle proprie ginocchia che si passava costantemente una mano tra i capelli quasi tirandoseli dalla disperazione e che nell'altra stringeva una maschera grigia con forza era l'ultima persona che mi aspettassi di vedere.
Una volta preso il pieno controllo dei miei sensi e delle mie articolazioni doloranti tentai di muovermi per mettermi in una posizione più confortevole, fallendo a causa appunto del dolore che affliggeva il mio intero organismo.
Il ragazzo sollevò gli occhi dalle sue gambe e li posò su di me, mostrandomi che da scuri ed opachi com'erano solitamente si erano illuminati all'apprendere delle mie condizioni apparentemente positive.
"Oh mio Dio, Robin non fare mai più una cosa del genere." mi ordinò lanciandomi l maschera che stringeva dritta in faccia, con la sua tipica rabbia.
Sollevando a fatica un braccio spostai l'oggetto da me e lanciai un lungo sguardo a colui che me l'aveva tirato, esaminandolo.
"Anch'io sono felice di vederti, Red." ribattei, alzando leggermente gli occhi al cielo.
Quando li riportai verso il basso chinai leggermente la testa con disapprovazione, osservando il piccolo tubicino della flebo che terminava con un ago nel mio braccio.
Lo scossi leggermente e scoprii che non sentivo particolarmente male nel farlo, deducendo che ciò che mi veniva iniettato era antidolorifico.
'Un antidolorifico piuttosto inutile' osservai tra me e me, tentando di nuovo di alzarmi.
Red X, vedendomi in difficoltà tentò di aiutarmi, sollevando la mia schiena in modo che potessi mettermi seduto e sistemò il cuscino affinché appoggiandomici la mia colonna vertebrale non si sarebbe disintegrata.
Lo osservai per tutto il tempo, considerando che non potevo fare molto altro senza subire atroci tormenti, e notai che nascondeva qualcosa, o meglio, qualcosa in più del solito.
Né io né lui siamo mai stati molto bravi ad esprimere i nostri sentimenti, che andassero dalla semplice frustrazione alla tristezza più profonda, forse proprio a causa degli insegnamenti del nostro mentore comune, perciò riuscivo ad interpretare più facilmente quello sguardo sfuggente rispetto ad una persona come, chessò, Beast Boy.
"Red." lo chiamai quando tornò a sedersi sul letto di Cyborg, accanto a quello dove giacevo io.
Lui alzò le sopracciglia facendomi capire che mi stava ascoltando, nonostante continuasse a tenere la testa bassa.
Mossi una mano e gli diedi uno schiaffetto sul ginocchio.
"Parla." dissi, non ordinandoglielo ma quasi.
Scosse il capo velocemente, cercando forse di dissuadere se stesso dall'idea di aprirsi più che me.
Gli diedi un altro colpetto sul ginocchio e lui mi allontanò la mano bruscamente, rivolgendomi finalmente le iridi d'ebano.
"Non avrei mai pensato di trovarlo in questo stato." ammise, quasi in un borbottio.
Non aveva detto di chi stava parlando o di che genere di situazione stesse vivendo, ma non mi venne difficile capire che parlava di suo padre.
"Credevo di arrivare e riuscire a riportarlo sulla retta via, nonostante io la retta via non la segua proprio sempre. Credevo che fosse stato semplicemente plagiato da quel demone malvagio." confessò, riabbassando lo sguardo. "Credevo di riuscire a salvarlo, di riuscire a portare a casa quello che rimane di mio padre. Perché gli voglio bene."
Mi dimenai di più, non riuscendo a trattenere una smorfia di dolore mentre cercavo di mettere giù le gambe dal letto per poter essere davanti a lui.
Con uno scatto si alzò in piedi e si avvicinò, facendo per aiutarmi, ma io alzai una mano per fermarlo e lo fissai torvo, facendolo indietreggiare.
Una volta sistemato come volevo mi lasciai sfuggire un colpetto di tosse e lui tornò a sedersi, solo per controllare che non stessi per crollare a terra di faccia.
Unii le mani e le appoggiai sulle mie gambe, meditando su cosa dirgli.
"Te l'avevo detto ieri, Red, non per essere cattivo, ma per prepararti. Di tuo padre non credo ci sia rimasto molto." gli ricordai, alludendo al giorno precedente, quando lo avevo preso da parte prima di partire per Kurtham.
Lui scosse di nuovo la testa, gesto che riassumeva molte delle cose che voleva dire ma che non riusciva a spiegare.
"Era ovvio che non ti avrei creduto, okay? Ma questo..." replicò, indicando con un cenno della mano tutta la mia persona facendo persino una faccia disgustata. "Tu sei sempre stato il suo preferito, non ti avrebbe mai fatto del male. Ha sempre tenuto più a te che a tutti gli altri."
Inarcai le sopracciglia, perché ormai mi veniva più che naturale grazie all'influenza di Raven nel corso di tutti questi anni.
"Se fossi stato Bruce, avrei voluto più bene a te." ribattei.
Un ghigno si dipinse sul suo volto e ridacchiò, allargando le braccia.
"È un pessimo genitore forse, ma è l'unico che ci resta." mi fece notare.
Non c'era niente di particolarmente divertente in quella situazione, forse era tutto piuttosto desolante, ma ridacchiai anch'io.
Dopo qualche istante gli poggiai la mano su una spalla.
"Sei meglio come bravo ragazzo che come ladro, sai?" gli dissi.
Alzò le spalle, facendo sparire il sorrisino dalla sua faccia.
"Sto solo cercando di essere migliore." rispose.
Quando vidi che non aveva nulla da aggiungere feci per rimettermi coricato, sentendo una fitta alla fronte, ma lui mi abbracciò all'improvviso cogliendomi di sorpresa.
Mi passò un braccio dietro al collo ed afferrò la mia spalla sinistra con la mano destra, schiacciando la faccia contro la mia guancia.
"Non morire di nuovo." mi pregò, senza avere la voce incrinata ma lasciando trasparire tutta la sua preoccupazione.
In modo piuttosto impacciato ricambiai la stretta, dandogli un paio di pacche incoraggianti sulla schiena a mo' di promessa, nonostante nemmeno io sapessi quanto sarei sopravvissuto ancora.
Passò qualche secondo e gli picchiettai sulla spalla.
"Red?"
"Sì?"
"Mi stai strozzando."
"Almeno sarò sicuro che non tornerai a drogarti di frutta secca."
"Ti sopprimerò un giorno."
ROSE
Nate e Kayla camminavano al mio fianco in testa al gruppo, cercando alla meglio di non rimanere impantanati nel fango, seguiti da Soraya e Thomas che tentavano di convertire Kim al Lato Lucente, fatto di pace e pazienza senza imprecazioni di alcun genere.
In fondo a tutti, anche se avrei preferito tenerli d'occhio, ci venivano dietro Luke ed Elena, entrambi stranamente silenziosi, il che forse era la parte più preoccupante. Quei due ragazzini logorroici stavano macchinando qualcosa ed era impossibile che sarebbe finita bene.
"Voi proseguite, io vado a controllare i due nerd là dietro." dissi a Nate, indicando con un cenno del capo il gruppo dietro di noi.
Il ragazzo mi rispose con un cenno remissivo del capo, che mi infastidì anche se non dissi nulla di più. Non ne avevamo parlato ufficialmente e non avevano ancora visto davvero il colore dei miei occhi, ma sembrava quasi mi considerassero già la loro nuova Alfa. Venire a sapere della morte di Cameron proprio prima di quella di Emmeline non era stato proprio il massimo per il mio cuore leggermente pietrificato e poco allenato a provare sentimenti forti, vedere poi che tutti si aspettavano che prendessi il suo posto... Non era divertente.
E non parlo dell'imbarazzo per nulla divertente che si era avvinghiato al mio corpo proprio mentre Niall dichiarava apertamente di voler fare sesso con me, ma dell'imbarazzo per nulla divertente che provavo nel sapere che probabilmente li avrei delusi.
Rallentando mi lasciai superare dagli altri, che seppur parlottando sottovoce si guardavano attorno diffidenti.
Il mio branco aveva di particolare la scarsa capacità di fidarsi di ciò che è nuovo a causa delle loro precedenti vite difficili -basti pensare che Kayla quando un ragazzo si è offerto di accompagnarla a casa dopo una festa ha pensato che fosse un cacciatore sotto copertura e gli ha tirato un pugno talmente forte da farlo svenire- perciò non è stato difficile per me capire come mai, persino quando accettarono me come nuovo membro e tutti si conoscevano da anni, era complicato aprirsi tra di loro. Ma il punto è che loro, in quell'impresa folle che comprendeva molto più che il solo soprannaturale, che includeva nelle nostre vite magia, demoni e guerre spaziali, si fidavano di me quasi ciecamente. Mentre della ragazzina giallo limone quasi per niente.
Una volta al fianco di Luke ripresi a camminare normalmente, ascoltando la fine del loro discorso.
"...e la fanghiglia e tutto il resto. Non vorrai dirmi che sono tutte coincidenze." borbottò il ragazzino.
"Non ti chiamerò Capitano Skywalker, rassegnati." lo zittì Lemonade, alzando gli occhi al cielo ed incrociando le braccia al petto.
Sorrisi alla meravigliosità del soprannome che le avevo trovato nello stesso istante in cui il moro metteva il broncio.
Trasformai il mio sorriso in una smorfia prima che Nerd 1 si voltasse a guardarmi.
"Senti un po', Lemonade, se non hai intenzione di essere d'intralcio non ti dispiacerà lasciare stare Nerd 2 e metterti accanto alla tua amichetta dai capelli blu." ringhiai, nonostante ormai non avessi più né zanne né artigli.
Spalancò gli occhi e mi fulminò con lo sguardo. Prese Luke per le spalle e lo spostò prendendo la sua posizione puntandomi contro un dito pallido.
"Ho accettato di essere chiamata Tris, Piccola Tempesta -e a questo punto anche Nerd 1 dato che hai chiamato Luke Nerd 2- e persino Neve." sbottò colpendomi con la sua articolazione dritta sullo sterno. "Ma non accetterò di essere chiamata Lemonade. Non esiste."
Luke, forse in un momento di lungimiranza, si allontanò da noi due ed io feci di tutto per non mettere mano a una delle due katane nella fodera sulla mia schiena. Le rivolsi un ghigno vuoto e le abbassai il braccio.
"Benissimo, Lemonade, allora vedi di smetterla di vestirti come se ti sentissi il Sole." ribattei, senza nemmeno indicare la sua maglietta.
La ragazzina inspirò profondamente ed assottigliò gli occhi fino a ridurli a due fessure scure, prima di essere come illuminata da una consapevolezza. La colsi al volo ed il mio ghigno si spense, dato che ciò che le era venuto in mente era che io ero senza poteri. Fece per saltarmi addosso, anche se non credo avrebbe risolto molto competendo con i miei anni di addestramento, ma Soraya l'afferrò per la maglia appena in tempo.
La ragazza dai capelli blu era probabilmente lì da un po', ma aveva questa assurda capacità di passare inosservata se lo desiderava.
Si mise tra noi due e rivolse la sua attenzione alla sua quasi coetanea, mentre ancora cercava di raggiungermi senza fare del male alla sua amichetta.
Brevemente le spiegò la situazione sempre cercando di aggirarla per potermi colpire, ma la dolce fermezza di Soraya la trattenne.
"Aya, mi ha guardato come se volessi essere il Sole..." sbottò, indicandomi senza degnarmi della sua attenzione, con la voce incrinata.
Mi irrigidii ed aggrottai le sopracciglia, confusa per il tono che aveva preso la sua voce.
Che avevo detto di così male?
Kayla mi chiamò dall'inizio della fila e fingendo di ignorare le due ragazzine che parlottavano tra di loro la raggiunsi, sotto il suo sguardo interrogativo.
Nonostante per il momento l'udito potenziato fosse solo un ricordo, sentii comunque il bloccarsi improvviso delle due che avevo lasciato indietro ed ero pronta a ringhiare loro di darsi una mossa prima che una voce sconosciuta raggiungesse i miei timpani.
"Mettete a terra le armi e nessuno si farà male." ordinò un timbro vocale profondo, decisamente maschile, ma con un che di irrisorio. "O meglio, non troppo."
Altre risate accompagnarono la sua, al che mi voltai lentamente e con uno sbuffo seccato individuai una delle più grandi seccature dell'universo e la sorella dell'altra con dei fucili laser puntati alle tempie.
Io ero l'unica ad avere solo le spade sulla mia schiena come arma, dato che tutti gli altri erano muniti non solo della perfettamente visibile pistola laser dotatagli da Thornton in persona, ma alcuni anche di piccoli pugnali tascabili infilati nei foderi sotto le maglie.
E questi erano i gemelli e Luke, che avevano una mira pazzesca e che se gliel'avessi chiesto li avrebbero piantati nella fronte dei soldati che ci avevano colti alla sprovvista con un semplice gesto.
Se non fosse stato che due di loro avevano in pugno le nostre fonti di magia e che erano in quindici, quindi in netta maggioranza numerica.
Il mio branco mi lanciò uno sguardo ed a un mio cenno poggiarono le armi a terra, fatta eccezione per i tre dei quali ho fatto cenno poco fa che si tennero quelle nascoste ancora sul corpo.
I soldati sghignazzanti si avvicinarono a noi ed in particolare a me ed a Kayla, mentre quello che sembrava il loro superiore faceva aderire la canna della sottospecie di fucile alla gola di Soraya.
"Dovrò perquisirti, signorina." ridacchiò uno di questi mettendo le mani sulle spalle della mia migliore amica, mentre altri istigavano Kim a prendersela con loro se ne aveva il coraggio.
"Tu devi essere il loro capo, giusto?" mi domandò una guardia bassa e tarchiata con la pistola puntata verso la mia faccia. "Non male per una donna."
I miei occhi hanno il pregio di essere didascalici, ovvero che esprimono esattamente cosa sto cercando di dire nonostante io rimanga in silenzio.
Perché posso tollerare quasi tutto ma il sessismo è una cosa che odio, perciò oltre all'odio incondizionato che nutrivo per quella sua brutta faccia da idiota, i miei occhi stavano palesemente agitando un cartello dalla didascalia chilometrica con tutte le minacce di morte che non sarei mai riuscita a mettere in atto.
"Che ne dite se questa bimbetta me la porto a casa io?" chiese il superiore con le labbra vicino all'orecchio di Soraya, che strinse gli occhi disgustata ed impaurita.
La risata del suo squadrone si spense rapidamente com'era cominciata, perché la ragazzina dai boccoli castani si voltò verso il soldato che la teneva in ostaggio e gli tirò un calcio nelle parti basse, seguito da una gomitata nello stomaco che utilizzò per rubargli l'arma dalla mano ormai debole e poi dargli con essa un colpo sulla nuca.
Proprio nello stesso istante in cui la puntò verso colui che in modo disgustosamente pedofilo aveva schernito la sua amica, Kayla estrasse i pugnali da sotto la maglia e colpì con l'elsa di uno di questi la tempia della guardia pervertita che le si era avvicinata, scatenando definitivamente la battaglia.
Mentre gli altri si dedicavano al proprio aguzzino, io raccolsi le spade da terra e con un colpo netto recisi la caviglia del nanerottolo davanti a me, al quale si era affiancato saggiamente un energumeno che tentò di difendersi parando il mio colpo con la sua arma, fallendo.
Con un calcio poderoso feci perdere i sensi al suo amichetto a terra, mentre per lui mi ci volle qualche secondo di più per disarmarlo e metterlo al tappeto.
Mi scostai i capelli dalla faccia e maledissi di non essermi fatta la treccia prima di partire, così ebbi il tempo di vedere i gemelli che come macchine da combattimento perfettamente sincronizzate abbattevano i nemici attorno a loro con facilità, mentre Kim e Nate facevano la stessa cosa a pochi metri di distanza.
Il sangue mi ribollì nelle vene quando invece due soldati fecero per sparare a Luke, spintonadolo con la canna del fucile.
All'improvviso fu come se mi si fossero stappate le orecchie, come se avessi messo le lenti della giusta gradazione e come se i miei muscoli flessi non aspettassero altro che scattare. In un secondo e mezzo percorsi la distanza che mi separava da loro e saltai, consapevole dei poteri che di nuovo scorrevano nelle mie vene.
Con una capriola in aria mi voltai dalla parte giusta ed una volta a terra con la schiena rivolta a quello che evidentemente avrei dovuto chiamare Beta sguainai le spade e le incrociai davanti a me, parando il colpo sparato non solo con esse ma anche con un potente ruggito che involontariamente uscì dalla mia bocca.
Feci in tempo a vedere il rosso scarlatto delle mie iridi riflesse sulle lame prima di farle girare con un gesto del polso e colpire con entrambe le else le teste dei due aggressori.
Furono loro a cadere per ultimi, giusto perché tutto il mio branco potesse vedermi nel mio incredibile splendore.
Non so se riuscite a cogliere la mia ironia.
Ansimando recuperai fiato e mi voltai lentamente verso Luke, nonostante avessi gli occhi di tutti addosso. Mollai le spade ed osservai le mie mani munite di artigli prima di dedicare tutta la mia attenzione all'assicurarmi che il pargolo stesse bene.
Con i miei occhi didascalici glielo chiesi e lui, sia benedetto quel suo cervellone, capì ed annuì di rimando.
Poi aprì le braccia e mi abbracciò di slancio, stringendole attorno alla mia vita. Scossa gli lasciai un bacio sui capelli prima di ricambiare l'abbraccio e lo sentii sorridere contro il mio torace.
"Kim, non azzardarti a ucciderlo." sentii dire.
Il momento idilliaco con il membro preferito da tutto il branco venne interrotto a causa della ben nota voce della ragazzina della quale né io né i miei amici ci fidavamo troppo.
Girammo entrambi la testa verso di lei e vedemmo che teneva ancora l'arma puntata contro il soldato, che però ormai aveva lasciato Soraya e puntava la sua verso Tris.
L'uomo dai capelli color bronzo al quale avevo tanto consigliato di fare uso di camomilla abbassò la pistola solo per poter replicare più liberamente.
"Ma è esattamente quello che questo bastardo avrebbe fatto con noi." ribattè con una logica piuttosto ferrea.
La mora scosse la testa fermamente, ma potevo sentire il suo cuore battere all'impazzata e vedere le lacrime rigarle il volto.
"Ora sta' zitto e spiegami chi cazzo sei tu per decidere quanto vale una vita rispetto a un'altra. Spiegamelo Kim, perché non pensavo di trovarmi davanti a una divinità." sbottò, rivolgendogli solo una rapida occhiata. "Uccidere non è sbagliato perché è scortese nei confronti della vittima e dei suoi cari, uccidere è sbagliato perché ti poni al livello di una sorta di Dio che può decidere quando finire la vita di un'altra persona. Come se le vite che non sono la tua fossero solo un gioco e che nonostante tutto sia perfettamente normale prendersi il potere di distruggerle."
L'uomo incespicò leggermente nelle parole, ma solo per qualche secondo.
I gemelli erano accorsi accanto a me e a Luke, ma Nate fissava la ragazzina con una maschera di pietra al posto del volto che non faceva trapelare alcuna emozione.
"Ma lui..." tentò di nuovo Kim, indicando il soldato.
"Ma lui è un idiota, mentre tu non lo sei." lo interruppe la ragazzina. "Non serve che fingiamo di avere la stessa capacità cerebrale di un deficiente tutte le volte che ne incontriamo uno."
"Rose?" mi domandò lui allora, voltandosi verso di me in cerca di risposta.
Lo imitarono tutti tranne Lemonade, il soldato e Nate, che era sorprendentemente preso dallo scambio di battute.
Con un cenno del capo indicai le loro armi.
"Voi tre, giù le armi." ordinai, parteggiando per la prima volta per la ragazzina, che sospirò di sollievo.
Il soldato strinse i denti ritrovandosi costretto ad obbedire per avere salva la vita, così non appena il suo fucile ebbe toccato terra anche gli ltri due lo imitarono, fatta eccezione per il suo alzare le mani verso l'alto che potevano risparmiarsi.
Lemonade si schiarì la voce e si spostò una ciocca di capelli dietro l'ocrecchio, illudendosi che così facendo li avrebbe fatti stare più in ordine.
"Ah, un'ultima cosa." disse al nostro ultimo nemico rimasto in piedi.
Con forza gli tirò un pugno nello stomaco, un calcio dove non batte il sole ed una manata dritta sul naso, che si ritrovò a non potersi proteggere avendo le due mani impegnate a massaggiare le parti lese.
Un sorriso di innocente soddisfazione si dipinse sul volto della ragazzina, che si sorprese quando voltando la testa notò che le riservavo un'occhiata della serie Chi è che predicava la misericordia?
"Che c'è?" ebbe anche il coraggio di domandarmi. "Hai visto che ha fatto a Soraya?"
Kim stava quasi per ridere -e specifico quasi, non sia mai che il nostro burbero compagno si lasci andare a pensieri allegri- quando un bagliore ci allertò tutti, troppo tardi.
Il soldato aveva estratto un coltello dalla tasca dei pantaloni e sembrava avere tutte le intenzioni di vendicarsi dell'affronto subito, avventandosi contro Lemonade.
Cercai di muovermi in avanti consapevole che non sarei mai arrivata in tempo a mettermi in mezzo a loro due, ma venni rincuorata e leggermente confusa dall'improvviso bloccarsi a metà strada del braccio del suo aggressore.
Lui stesso spalancò gli occhi stordito mentre tentava di dimenarsi, dato che una forza invisibile sembrava trattenerlo dal potersi muovere e fu solo seguendo lo sguardo della ragazzina che riuscii ad individuarne l'origine.
Soraya tendeva una mano verso il coltello a più o meno un metro di distanza e pareva stesse impiegando tutte le sue forze a strapparglielo via con la forza del pensiero. Vorrei dire che mi stupii quando alla fine ce la fece, ma sappiamo tutti che ormai il concetto di realtà è piuttosto malleabile per me.
Ansimando si guardò la mano, quando l'abbassò totalmente incredula dando il tempo al soldato di riprendersi e scagliarsi contro Tris, solo che stavolta la forza invisibile che lo bloccò in aria e che lo scagliò via non provenne dalla principessa dai capelli blu.
"Forza scorre potente in voi due ragazze. " disse una vocetta da dietro di noi.
Ci volle tutta il mio autocontrollo per non attaccare istantaneamente il piccolo elfo rugoso che teneva le mani unite da sotto le maniche larghe della tunica che portava, osservando le due ragazze più giovani con occhio critico.
Con una delle sue dita sottili indicò Lemonade, mantenendo l'aria meditabonda.
"Tu però troppo impulsiva e violenta." l'accusò, prima di scoccare una lunga occhiata a quella che le stava accanto. "Lei invece è più guardiana."
Tris si trovò con un sacco di dita puntate contro quando Luke venne scosso da un fremito di eccitazione e le rise praticamente in faccia.
"Ha! Lo sapevo che avevo ragione." esclamò, su di giri. "Chiamatemi Capitano Skywalker."
Alzò lo sguardo verso di me quasi per sbaglio e si accorse che ero solo la prima a non averci capito nulla, spiegandosi con la frase muta Roba di Star Wars.
Con mio immenso disgustro capii di essere giunta alla dimensione dei Nerd.
STELLA
Nonostante mio fratello non dovesse dare nell'occhio, Amalia sembrava stargli un po' troppo addosso per essere un semplice servitore di Gunilla. Va bene, un po' troppo è un eufemismo, ma si può capire la sua apprensione, considerando che erano forse più di dieci anni che non lo vedevamo.
Eravamo nella Sala del Trono e lei gli stava schiacciando le guance esaminando le sue pupille per cercare di capire se le stesse mentendo.
"Stai dicendo che non ti ha mai fatto del male?" gli domandò per la quinta volta.
"Kom, molla la mia faccia." rispose in modo piuttosto pacato e comprensibile per uno che a momenti si faceva perforare gli zigomi dalle dita della sorella preoccupata.
Le afferrai il braccio e la tirai indietro, permettendo a Takother di massaggiarsi la mandibola quasi permanentemente dislocata.
Lei mollò un calcio alla sedia più vicina, ovvero quella dove era seduta lei, facendola volare vicino a Mojo, terrorizzandolo e facendolo saltare sul soffitto. Sorrisi al grosso bestione fifone e poi tornai ad osservare i miei fratelli.
"Non posso credere che abbiano permesso che ti portasse via come souvenir." sbottò, mettendosi una mano nei capelli. "Voglio dire, avrei capito se si fosse trattato di quegli idioti dei vostri genitori..."
"Nostri genitori." le ricordai pazientemente.
La sua scelta tattica fu quella di ignorarmi, riconoscente in silenzio che io non le avessi rinfacciato le innumerevoli volte in cui lei aveva fatto la stessa cosa a me.
"... ma sono stati Sigurd e Jopre. Che diavolo avevano in testa quei due?" gridò, ponendo la domanda al ragazzo dai finti capelli rossi come se conoscesse la risposta.
"Takother." lo chiamai, posandogli una mano sulla spalla e cercando di mascherare le emozioni, cosa che so di non fare molto bene. "Lei ha per caso... Abusato di te?"
Lui impallidì ed afferrò quasi sconcertato i braccioli del trono su cui lo avevamo costretto a sedersi, mentre Amalia prese a riempirgli la testa di domande prendendosi la briga di insultare a dovere la nostra nuova importante alleata.
Così facendo mi tolse ogni possibilità di interagire con lui, situazione che mi trovai inspiegabilmente ad accettare in modo remissivo nonostante non fossi una che si lasciava mettere i piedi in testa.
Credo che vederli lì a discutere sull'integrità morale di una persona e sentirli così vicini mi rendesse sufficientemente felice da concedere loro tutto.
Qualcuno aprì la porta della Sala del Trono attirando la mia attenzione, o meglio, solo la mia attenzione, dato che uno dei miei fratelli era impegnato a morire di imbarazzo e di indignazione al contrario dell'altra che meditava ad alta voce su come commettere un omicidio e farlo sembrare un incidente.
Il mio compagno di squadra dal colorito verde acceso mi chiamò agitando le braccia cercando a modo suo di essere furtivo, così con un mezzo sorriso intenerito lo raggiunsi senza prendermi la briga di avvertire i miei animati fratelli.
Lo raggiunsi in silenzio per contribuire al suo buffo tentativo di assomigliare a un ninja e venni afferrata per una mano e trascinata fuori dalla stanza.
Una volta chiusa la porta alle sue spalle si trovò ad affrontare il mio sguardo confuso, al quale rispose con un sorriso largo quanto la sua faccia.
"Come sta il pilastro della nostra famiglia?" mi chiese, afferrando anche l'altra mano e dondolandole con fare innocente.
Riuscii a ridacchiare a dispetto di tutti i pensieri negativi che mi affollavano la mente.
"Che vuoi che ti dica, amico BB, è in coma da molte ore ormai." risposi, decisamente amareggiata.
Lui mise il broncio ed aggrottò le sopracciglia, consapevole del fatto che avevo compreso benissimo di chi stesse parlando.
Mi accennò al fatto che Sigurd mi stesse cercando e ci avviammo fianco a fianco verso l'entrata segreta per la torre che conteneva il prisma dal quale derivava l'energia della barriera protettiva, luogo dove aveva chiesto di incontrarci.
Cominciò a fischiettare con le mani in tasca ed iniziai ad insospettirmi più del solito.
"Dove sono gli altri?" chiesi.
Domanda molto generica la mia, considerando che con altri potevo intendere non solo i Titans ma anche Tara, Red X ed i devastati HIVE.
"Cyborg è andato da Raven con Tara, pare abbiano intenzione di fare una gara di racconti dell'orrore." rispose vago, alzando le spalle.
Feci un passo più lungo degli altri e Beast Boy dovette fare un saltello per raggiungermi.
"Ma certo che Cyborg è andato da Raven." osservai sistemandomi il bracciale sul polso nervosamente.
Robin era un amante dell'organizzazione e quasi un maniaco del controllo, pertanto aveva diversi piani di emergenza per i cataclismi o i problemi più immensi contro i quali andavamo in contro: c'era naturalmente anche un piano da attuare nelle occasioni in cui io e Raven litigavamo.
La procedura era piuttosto semplice e lineare, Cyborg si recava a tenere compagnia alla mezza-demone, Robin si impegnava a preparare i nostri piatti preferiti per la cena o il pranzo che ci attendeva e Beast Boy si dedicava interamente a me.
Il piccoletto percepì il mio disappunto e piegò le orecchie a punta all'indietro.
"Eddai Stella, che c'è di male a stare un po' con me? Non ti vado più a genio forse?" ironizzò tentando di alleggerire la tensione dei miei nervi. "E comunque non puoi biasimare Raven se mentre aspetta che tu la perdoni passa qualche minuto con Cy."
I miei occhi lampeggiarono di energia e lui si zittì, improvvisamente mansueto.
Rilassandomi sospirai stancamente e mi passai una mano tra i capelli.
"Io l'ho già perdonata, Beast Boy, e lei lo sa. Solo che si comporta come una bambina, al solito." commentai più rassegnata che arrabbiata.
"Ci comportiamo tutti da bambini, Stella." mi fece gentilmente notare, rivolgendomi un altro sorriso.
Rimanemmo in silenzio un altro po', anche se il silenzio era solo nostro dato che il castello era animato dalle voci dei suoi abituali e nuovi abitanti, dall'accorrere da una parte all'altra dei domestici e delle guardie e sempre caratterizzato dal gran numero di passi che si potevano udire.
Solo che il silenzio non era mai stato il nostro forte, questo distingueva me, BB e Cy dagli altri due componenti dei Titans.
"Comunque parlavo sul serio quando prima ho detto che sei il pilastro della nostra famiglia." ci tenne a precisare, mentre in fondo al corridoio si intravedeva la figura pensierosa ed impaziente di Sigurd.
"Lo so." lo rassicurai, sorridendogli. "Grazie, anch'io ti voglio bene."
Vedendomi avanzare verso di lui Sigurd si illuminò di qualcosa di strano che non riuscii bene ad identificare, ma di sicuro tra le diverse emozioni sorgeva l'urgenza e l'impazienza, stati d'animo che raramente venivano manifestati da quell'uomo pacato.
"Ci sono problemi, Sigurd?" chiesi sorpresa nel vedere la sua espressione.
"Principessa, dovete subito venire con me nella stanza del prisma, ho bisogno urgentemente del vostro aiuto." mi comunicò, strofinandosi le mani al culmine della preoccupazione.
A volte gli tornava l'impulso di rivolgersi a me ed ad Amalia con il voi ed accadeva le rare volte in cui lui considerava noi o qualcun'altro in grave pericolo.
Annuii decisa e feci per affiancarmi a lui, seguita da Beast Boy.
Sigurd lo fermò con la mano aperta scuotendo la testa.
"Mi dispiace, ma deve venire con me solo la principessa." lo bloccò.
Il mio amico fece per obiettare ma lo fermai con un sorriso e con una scrollata di spalle.
"Non ti preoccupare amico BB, ce la caveremo benissimo." lo rincuorai. "Se dovessimo avere bisogno di te torneremo qui e te lo diremo."
Sigurd approvò le mie parole annuendo e dirigendosi verso la porta dietro l'arazzo.
Il ragazzo verde era tutt'altro che convinto.
"È troppo ansioso per i miei gusti, ci deve essere un problema bello grosso lassù." osservò, trepidante di agitazione. "E se il prisma andasse fuori controllo e vi succedesse qualcosa?"
Sorridere era molto facile per me, non a caso tendevo a farlo molto spesso. In realtà non lo facevo solo per la semplicità del gesto, ma perché spesso molte parole di incoraggiamento o di consolazione si celavano dietro quell'espressione ed era un riassunto piuttosto utile di tutte le frasi che volevo usare.
"Non succederà nulla di esagerato, è solo un problema di malfunzionamento. Il vero guaio arriverà se la barriera si dovesse disattivare lasciando la città scoperta." dissi. "Staremo benone."
Allungò il palmo della mano aperta verso di me e si fece d'un tratto eccessivamente serio, quasi solenne. Capii che la paranoia lo stava contagiando e che era diventato eccessivamente protettivo nei miei confronti.
"Promesso?" mi chiese.
Appoggiai la mia mano sulla sua ed intrecciammo le dita.
"Promesso." risposi.
Dava eccessiva importanza a problemi di così poco conto.
BEASTBOY
"Beast Boy."
La mia testa risuonava come un gong flagellandomi le orecchie, delle quali non mi importava nemmeno più di tanto.
Quelle che mi importavano davvero erano le mani.
"Beast Boy."
Quella voce era rivolta a me?
Impossibile, sembrava provenire da un punto troppo distante.
Continuai a fissare le mie mani leggermente tremanti, particolarmente interessato al dolore che sentivo nella zona attorno alle nocche, completamente macchiata di sangue.
Il sangue era mio?
Non ero sicuro di chi fosse il suo precedente possessore, ma di sicuro non si trattava di me, nonostante avrei ucciso pur che fosse così.
Avrei ucciso.
Quelle parole si allacciarono attorno alla bocca dello stomaco, facendomi provare una fitta di disgusto.
"Garfield."
Ero sempre più propenso a credere che la voce stesse chiamando me, ma le parole nella mia testa erano più rumorose.
Avrei ucciso pur che il sangue sulle mie mani fosse il mio.
Avevo ucciso, ed il sangue che avevo sulle mani non era affatto mio.
Una mano calda mi si posò sulla guancia e sbattei più volte le palpebre, cercando di riconoscere la persona che mi stava davanti.
Stella.
Che ci faceva Stella lì?
Che ci facevo io lì?
Percepii una parete fredda e umida contro la mia schiena scoperta, l'aria viziata e secca che mi penetrava nelle narici. Forse non avrei notato che l'insieme delle cose non aveva senso, che l'aria non poteva essere secca se la parete era umida, se non avessi saputo che quello sul muro era sangue.
Ma come sapevo che quello sul muro era sangue?
Beh, era colpa mia se si trovava lì.
"Garfield."
Misi a fuoco non solo Stella ma anche Raven, Cyborg e Tara alle sue spalle che mi osservavano terrorizzati.
Il rumore di gong andò svanendo sotto i loro sguardi eloquenti.
Guardai solo la ragazza dai capelli rossi negli occhi e vidi che stava bene, grazie al cielo.
Dopo che era entrata nella porta nascosta ero stato pervaso da una specie di sesto senso animale che mi indicava un pericolo grave imminente.
"Fratello, stai bene?" domandò la voce attutita di Cyborg non appena Stella si alzò lasciandogli libera la visuale su di me.
"È morta proprio in questo punto, dopo aver cercato di seminare i soldati nemici nel labirinto perché si allontanassero dal castello." aveva sbraitato indicando con l'arma la parete che si trovava accanto a lui. "Quei soldati non sarebbero mai arrivati qui se non fosse stato per la guerra che tua sorella ha scatenato e lei non sarebbe mai venuta qui se non avesse cercato di portarli lontano da te."
La mano gli tremava di rabbia e disperazione mentre gliela puntava contro il viso, il quale era il ritratto della paura.
Singhiozzava in maniera incontrollata seppur non smettesse di minacciarla con la pistola, incurante del suo sguardo sconvolto e tradito.
"Voi due avete ucciso mia moglie, voi due avete ucciso Ryaa." pianse. "Ed ora io la vendicherò uccidendovi entrambe."
Il labbro inferiore tremava anche lei, ma teneva le spalle dritte e cercava di rabbonirlo con lo sguardo, totalmente incapace di parlare.
Allora decisi di parlare io, nonostante non mi avesse degnato di una grande attenzione da quando ero spuntato fuori dal mio nascondiglio per tentare di fermarlo.
"Sigurd, è finita. Non sei abbastanza veloce per sparare a entrambi e così facendo garantirai a uno di noi di metterti al tappeto prima di consegnarti alla giustizia per omicidio. Non riusciresti a raggiungere Amalia per farle del male." gli dissi, sperando di farlo ragionare. "Arrenditi e lascia che ti aiutiamo."
"Sigurd, non fare questo a Ryaa, non infangare la sua memoria. Lei lo sa che sei un uomo migliore di così." aggiunse Stella, con le lacrime che le solcavano le guance testimoniando il dolore provato nel subire tale tradimento.
Avanzò di un passo togliendo la sicura dell'arma aliena premendo un pulsante.
"Non osare nominarla!" gridò, con gli occhi pervasi da una luce folle. "Lei sapeva bene che tipo di uomo ero, per questo è nato il fydwe*."
Ammutolimmo entrambi mentre avanzavo impercettibilmente verso di lui sperando di ottenere un vantaggio.
"Ragazzi, è completamente sfigurato." comunicò Tara china sul corpo inerme riverso a terra.
Raven si sciolse dall'abbraccio con Stella e mi guardò.
"Beast Boy, dimmi che stai bene." disse.
Le labbra mi tremarono parecchio prima che riuscissi a dire qualcosa.
"Non sto bene."
"Ma hai ragione, non riuscirò mai a raggiungere la Regina." ammise rassegnato. "Dirò a Ryaa che Komand'r sta bene."
Premette il grilletto dell'arma un istante dopo che io mi ero lanciato su di lui e che Stella alzava il braccio per parare il colpo con una sfera di energia.
Lo gettai a terra non riuscendo a disarmarlo, tuttavia lui ignorò me in quanto minaccia e tentò di nuovo di sparare a Stella, colpendola di striscio.
Contenere le emozioni doveva essere una lezione imparata da parecchio tempo dal sottoscritto, nonostante questo vedere la mia amica piegarsi sul fianco ustionato e sanguinante accese in me una rabbia brutale che utilizzai per trasformarmi in Bestia e tranciare con i miei possenti artigli la mano che impugnava l'arma.
Dopo un grido di dolore mi rivolse uno sguardo carico d'odio.
"Non importa se riuscirai a fermarmi, impiegherò anche tutta la mia vita a vendicarla e stai pur certo che quelle due assassine la pagheranno." urlò. "La pagheranno!"
Con un gesto secco gli tagliai la gola, senza nemmeno riuscire a capire perché.
"Dobbiamo portarti in infermeria, BB." mormorò Raven posandomi una mano sulla spalla. "Lascia che ti aiuti..."
"No!" esclamai, scostandole bruscamente la mano ed alzandomi in piedi di scatto. "Non sto bene. Sono stato io!"
Poi mi voltai ignorando le loro voci e corsi via.
"La pagheranno..." boccheggiava ormai senza aria e con solo il me in forma normale sul torace. "Moriranno."
Strinsi i denti e lo colpii dritto in faccia, zittendolo.
Poi lo colpii ancora.
E ancora, e ancora, e ancora.
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