Capitolo 19

ATTENZIONE: da questo momento si potranno riscontrare notevoli differenze rispetto alla storia originale, perciò se deciderete di considerarmi un'eretica siete pregati di farlo in silenzio, senza insulti e senza diffamazioni pubbliche.
Vi ritengo persone intelligenti, quindi siatelo.
Grazie.
Vi voglio bene.

STELLA

Avrei voluto rendermi utile in qualche modo, ma non facevo che perdere conoscenza ogni dieci secondi, perciò fui impossibilitata nel raggiungere il mio scopo.
Con mugolii indistinti tentavo di dire ai miei amici di affidarmi ai soccorritori e di occuparsi di tutti quelli all'interno della nave, ma pareva che non capissero quanto fosse poco corretto il trattamento di favore che facevano nei miei confronti.
Amalia sarebbe voluta venire con Tara e con me, ma continuava a lanciare sguardi ai suoi uomini che lavoravano per salvare altre vite, richiamata da un istinto che non aveva previsto.

"Vai." riuscii a dirle, prima di prdere di nuovo conoscenza.

Sapevo quali pensieri le affollassero la mente, ma qualcuno doveva pur ricordarle di quale fosse il suo ruolo: il nostro popolo doveva venire sempre prima della famiglia.
Questo concetto era piuttosto difficile da comprendere per la mia squadra, che invece ronzava attorno a me e a Tara come se non ci fosse altro di cui preoccuparsi. Mi arresi infine al trattamento di favore e scivolai in un sonno forzato.

"Devi raccontarci la storia." disse Amalia, sgusciando fuori dalle coperte sotto le quali si era rifugiata solo un attimo prima.

Nostra madre le rivolse uno sguardo meditabondo, che non tradiva alcuna particolare emozione, del resto non sembrava provasse nulla nei confronti di mia sorella maggiore.
Aveva il grembo gonfio appena un po', segno che sarebbe mancato ancora molto alla nascita di nostro fratello. Mi succhiai il pollice distrattamente, avvolgendomi nelle mie lenzuola, mentre annuivo concorde.

"Ve la racconterà Ryaa, io vado a dormire." ci disse la nostra adorabile mammina, rivolgendo un gesto brusco alla donna seduta in un angolo della stanza. "Buonanotte."

Come ogni sera accarezzò soltanto me sul capo, lasciando Amalia con uno sguardo ferito. Dovevo avere più o meno quattro anni, quindi eravamo ancora in rapporti non troppo tesi. Non mi odiava, ma odiava di sicuro i nostri genitori. Quando mamma se ne fu andata Ryaa, la nostra balia, si avvicinò con il suo sorriso amorevole ai nostri letti, portando con sé il suo sgabello.

"Che storia volete che vi racconti?" ci chiese.

"Quella di ieri." dissi, o almeno così capì lei, dato che il dito tra le mie labbra non lasciava praticamente passare parole di senso compiuto.

"No! Una nuova!" esclamò mia sorella saltando sul letto con le ginocchia.

Ryaa la studiò con lo sguardo per qualche secondo e poi si alzò dallo sgabello, per sedersi sul materasso accanto a lei. Amalia si calmò e si coricò di nuovo, mentre la donna le tirava su le coperte.
Non avevo avuto difficoltà a capire che lei avesse più a cuore mia sorella rispetto a me, ma non ne avevvo mai fatto un dramma, anzi, in qualche modo la mia mente di bambina aveva decretato che fosse giusto così. Dopotutto, mamma sembrava amare solo me, quindi anche Amalia aveva bisogno di qualcuno che le volesse bene.

"C'era una volta un re, che governava su un regno prosperoso e felice. Era amato dai suoi sudditi, che lo ritenevano il migliore dei sovrani, e dalla sua famiglia, composta dalla moglie, dai quattro figli e dall'anziano padre.
Un giorno del mese più caldo dell'anno un viandante ferito giunse in prossimità del palazzo e chiese asilo, cosa che il re dal cuore generoso non seppe rifiutare.
Tuttavia, scoprì che colui che aveva ospitato non aveva neanche la minima buona intenzione. Disse di avere la padronanza della magia e che, con un sortilegio, avrebbe fatto cadere la popolazione in un abisso di povertà mentre lui e la sua famiglia avrebbero continuato a cavarsela egregiamente.
-Naturalmente,- specificò lo straniero -se prenderete il loro posto sopravvivranno tutti." raccontò, accarezzando lentamente i capelli di Amalia. "Mi piacerebbe dire che ci fu un momento di esitazione nel cuore generoso del re, ma in realtà prese subito la sua decisione. Salvò la sua famiglia e lasciò che la miseria si abbattesse sugli abitanti del regno. Fine."

Avevo la bocca aperta, scioccata.

"Ma è una storia orribile!" esclamai, con tutta la mia infinita saggezza.

Ryaa mi sorrise e mi prese una mano con la sua, calda e leggermente callosa.

"Non tutte le storie sono belle, Kory." mi disse, mentre mi rimettevo tranquilla sotto le lenzuola.

"Ma io di sicuro non sarei stata un'idiota come quel re." commentò Amalia, mentre io scoppiavo a ridere e sulla faccia della nostra balia si dipingeva un'espressione sconcertata.

"Ha detto idiota." constatai, ridacchiando.

La donna ci diede uno scapellotto ciascuno, quindi smisi, mordendomi il labbro per non ridere oltre.
Quella sbuffò sonoramente, mentre Amalia si scusava per il linguaggio poco regale e continuava a sostenere che quel sovrano fosse un escremento completo.
Ryaa riuscì ad ignorare la parola 'escremento', nonostante questo avesse richiesto la maggior parte della sua forza di volontà.
Ci rivolse uno sguardo pensoso, come se stesse meditando intensamente sulla lezione che dovevamo imparare.

"Il re ovviamente se ne pentì, ma ormai era troppo tardi. Avrebbe cambiato idea se avesse potuto, ma il fatto è questo. Non poteva. Impazzì lentamente e fu allontanato da tutti i membri della sua famiglia, finchè, accecato dal dolore e dal senso di colpa, non si tolse la vita." aggiunse, vagamente impegnata a lanciare un lungo sguardo ad Amalia. "Facciamo tutti cose di cui ci pentiamo. Dato che non possiamo tornare indietro, forse sarebbe bene cominciare a perdonarci un po' per i nostri errori."

Non aprii subito gli occhi, per una manciata di minuti dovetti riprendere coscienza del mio stato personale. Per prima cosa arrivò la luce, come uno sfondo arancione che riuscivo a vedere anche attraverso le palpebre, poi la consapevolezza del letto morbido e caldo sotto di me. Mi raggiunse un vago sapore stantio in bocca, mischiato a quella che sembrava una vaga presenza di... arachidi? Robin doveva avermi baciato a lungo, dato che ne andava pazzo sapeva sempre si arachidi. Un piacevole profumo di pulito raggiunse le mie narici, accompagnato da un debole odore di sangue, che immaginavo dovesse essere il mio. Poi arrivarono i suoni e lì cominciò a farsi complicata la faccenda.

"Certo che è colpa tua."

"Come può essere anche solo lontanamente colpa mia?"

"Perché è sempre colpa tua!"

"Ah vero, infatti quando ho rischiato di morire schiacciato da una valanga di roba accatastata non è stata affatto una tua responsabilità."

"Non saresti dovuta trovarti lì, non è a causa mia se sei un'impicciona."

"Sei un accumulatore seriale Niall, direi che più che una causa tu sei un problema."

"Disse quella che si è beccata un'eruzione cutanea quando ho tentato di avvertirla che le protezioni solari non sono una cosa stupida."

"Sei tu la mia eruzione cutanea."

"A che cosa mi hai paragonato, scusami?"

Registrai il dialogo con una certa sorpresa ed una notevole confusione.
Ero ancora addormentata e questo era uno di quei sogni che non hanno minimamente senso? Riconobbi la voce di Rose e Niall, quindi decisi che fatto da loro quel dialogo poteva avere un senso in effetti.
Cercai infine di aprire lentamente gli occhi, ma le ciglia sembravano incollate e nella mia mente si affollarono mille pensieri.
Che ore sono?
Perché mai Rose insulta le persone chiamandole 'eruzione cutanea'?
Dov'è Tara? E l'equipaggio della nave?
Perché mai Robin deve essere così fissato con le arachidi, ho tutta la bocca impastata.
Stanno tutti bene? Dove sono i miei amici?
Va bene che Niall mi odia, ma incollarmi gli occhi è un colpo davvero basso.

"Ben svegliata, distruttrice di mondi." mi salutò appunto il ragazzo, non appena riuscii a socchiudere le palpebre.

Rose gli tirò un pugno sul braccio.

"Sei un idiota, sai?" gli disse, mentre lui si strofinava il braccio con disappunto. "Non potresti essere un minimo gentile?"

"Tanto per chiarirci, io sono un genio. Lo vorresti tu, il mio cervello." si difese, ricomponendosi. "E comunque sono stato infinitamente gentile, dato che sembra che il suo attentare alla vita dei pianeti sembra un'ossessione patologica."

Immaginai che lo schianto della nave avesse prodotto qualche danno anche all'esterno e non solo ai passeggeri.

"Buongiorno anche a te, eruzione cutanea." mugugnai, sfregandomi gli occhi con le mani.

Rose gli rise in faccia, mentre sul suo volto l'indignazione prendeva il sopravvento.

"Vedo che siete entrambe ben disposte nei miei confronti stamattina." sbuffò, come se lui non mi avesse risvegliato ricordandomi di quante vite fossero andate perdute quando avevo cercato di proteggere sua sorella. "Meno male che Soraya dorme, non sono sicuro di voler sapere da che parte si sarebbe schierata."

Mi misi a sedere e vidi la ragazza dai capelli blu accasciata sulla sedia tra il mio letto e quello di Tara. Aveva la testa ciondolante verso quella della bionda e molto probabilmente se si fosse svegliata prima la più grande le avrebbe dato una sonora testata.
Indicai con un cenno incerto la gamba della ragazza sul lettino, che era avvolta in un lenzuolo bianco.

"Ha una protesi di metallo più che evidente che le arriva a metà coscia, non so come la prenderà, una volta sveglia." mi disse Rose, scura in volto. "E' rimasta sotto anestetici per qualcosa come sedici ore."

Scossi lentamente la testa, che mi pareva troppo pesante da sostenere.

"Quanto tempo ho dormito?" chiesi.

"Direi più o meno quattro giorni." fece Niall, passandosi il bastone da passeggio da una mano all'altra. "Avevi un'emorragia interna all'addome ed un grave trauma cranico."

"Hai vomitato ovunque, è stato piuttosto disgustoso." commentò la ragazza.

Alzai gli occhi al cielo e le rivolsi uno sguardo piuttosto eloquente.

"Grazie Rose, mi sento così bene nel sapere che posso contare su di te per questi meravigliosi discorsi di incoraggiamento." dissi, con quanto più sarcasmo avessi in corpo a causa del contagio di Raven.

La lupa sorrise, compiaciuta.

"Sono qui apposta." si sminuì, prendendo a disfarsi la treccia con le dita. "Ah, dovresti controllare Amalia. Ha l'aria di chi non dorme da due settimane, ma scommetto che sono molte di più."

Il pensiero di Amalia mi colpì come un fulmine a ciel sereno.
Ricordai l'allarme, gli spari, le grida.
Ci avevano attaccati poco dopo che eravamo già entrati nell'atmosfera di Tamaran, come se fossero stati lì ad aspettare.

"La guerra." mormorai, mentre il sorrisino sul volto di Rose svaniva. "La guerra è cominciata."

BRUCE

Avevo un avvertimento prima che Trigon si affacciasse alla mia mente, ogni volta sentivo un sapore metallico in bocca ed era questione di pochi secondi prima che sentissi la sua voce.
Quel giorno ero concentrato sul mio problema principale, così decisi di ignorare la sensazione.
Stavo osservando Polvere dalla bolla magica che Niall aveva utilizzato più volte per spiare i Titans e che, sebbene non riuscissi più a spingere la sua visuale così in là, mi bastava per tenere d'occhio l'intero palazzo.
L'immagine che avevo davanti mostrava la ragazzina che premeva le mani sulla barriera davanti a lei e parlava, come se stesse recitando delle citazioni mai scritte.
La barriera esplose in una cascata di scintille, roventi, come avevano fatto quelle precedenti.
Polvere arretrò di un passo, ansimante e provata, ma con una determinazione che la spingeva a tenere duro da quattro giorni.
Per quel lasso di tempo era rimasta rinchiusa nella prigione magica che avevi creato per lei, ma era solo questione di ore prima che riuscisse a distruggere anche gli ultimi strati di energia che la chiudevano lì.

Riuscirà ad evadere e ti distruggerà.

La Sua voce mi colse di sorpresa, ma meno di quanto in realtà avrebbe dovuto.
Già, conoscevo davvero molto bene il suono roco e profondo che emetteva quando parlava, quel suono che ti rimescolava l'anima e ti faceva gelare il sangue.
Inspirai per mantenere un certo contegno e poi annuii, come se potesse vedermi.

"Ne sono consapevole, mio signore." risposi, grattandomi il mento e scoprendo che (orrore!) dovevo di nuovo farmi la barba. "Sto cercando di capire come convincerla ad arrendersi a noi."

Ho sempre pensato che un po' di tortura sciogliesse ogni lingua e piegasse ogni spirito.

"Ci ho già provato, mio signore." ammisi, debolmente. "Ma sembra che non le importi."

Sopporta anche il dolore fisico? Allora è veramente potente come pensavo.

Scossi la testa, di nuovo pensando che potesse vedermi.

"Si è messa a piangere e a gridare, il dolore lo sente eccome." lo informai, schernendo la ragazzina che si apprestava ad eliminare una seconda barriera. "Eppure non si è convinta. E grazie a qualche assurdo incantesimo suo e di Soraya Blaken non posso più teletrasportarmi a Tamaran."

Questo era quello che mi rodeva, che quelle due stupide ragazzine fossero riuscite a intrappolarmi qui.

Allora tortura qualcun altro davanti a lei e falle sapere che è a causa sua.
Questi 'puri di cuore' hanno punti deboli così prevedibili.

"Ma signore... Chi?" chiesi, certo che mi stesse ascoltando mentre accennavo al fatto non poter più avvicinarmi con la magia ai Titans.

La ragazzina ha un'aura particolare, quella che di solito hanno coloro senza alcun tipo di istinto di conservazione.
Ma sono piuttosto sicuro che proteggerà chiunque, perciò potresti radunare una decina di domestici davanti a lei e cominciare a ucciderne uno per volta.

SORAYA

Mentre ero al capezzale di Stella e Tara, Jopre si riscosse dal suo sonno, dopo sedici ore nel buio più profondo.
Mi alzai dalla sedia sulla quale mi ero appisolata e mi diressi verso di lui, agitata.
Mi vide ancora prima che arrivassi e cercò di mettersi a sedere, anche se la costola rotta glielo impedì. Si alzò la maglia e vide la fasciatura che copriva il torace, scuotendo la testa sconsolato.

"Poteva andarmi peggio. Delle persone sono morte mentre io sono solo ammaccato." sbuffò, mortificato.

Mi accostai alla sua branda e gli rivolsi un sorriso coraggioso, molto più di quello che ero realmente.

"Dovevo aspettare che ti svegliassi prima di applicare l'incantesimo di guarigione." gli dissi, protendendo le mani aperte verso di lui.

Mentre il potere affluiva sui miei palmi e mi scaldava ricordai le parole di Amalia, quando io e Raven avevamo tentato di guarire tutti in una notte, rischiando di consumarci completamente.

Devi riuscire a capire quando è il momento di aspettare, Soraya. Sarai di aiuto a qualcuno una volta morta per l'eccesso di buon cuore?

L'osso del torace di Jopre si riassestò con un crack! e quello prese a testarsi il punto dolorante, per accertarsi di stare veramente bene.

"Cosa è successo?" chiesi, ansiosa.

Con una smorfia si mise dritto con la schiena appoggiata al muro.

"Stavamo rientrando nell'orbita quando abbiamo avvistato delle navicelle nemiche in lontananza che cercavano di raggiungerci, al che ho ordinato di fare fuoco prima che riuscissero a deviare la nostra rotta. Se non avessimo proseguito sul percorso stabilito saremmo stati travolti da una tempesta." spiegò brevemente. "In poche parole, loro erano lì per mandare un chiaro messaggio. È un miracolo che ci abbiano colpiti di striscio e che non tutti siano morti."

Seguii i suoi acquosi occhi verdi che scrutavano le due ragazze alla nostra destra, che dormivano beatamente.
<<Io non ero qui.>> pensai.
Non ero lì quando la nave era precipitata, mentre Stella e Tara e Jopre e tutto l'equipaggio stavano per morire.
Un tempo sarei morta anch'io assieme alla principessa, ma dal compimento dei miei quindici anni il legame che c'era tra di noi doveva essersi spezzato.
Mi morsi il labbro, sapendo che qualcosa doveva essere andato storto.
Io e lei saremmo dovute tornare 'normali', ognuna responsabile di se stessa, eppure sedici ore prima, quando la nave era atterrata, Stella aveva riscontrato un grave trauma cerebrale. Ed indovinate un po'? Feci appena in tempo ad attraversare il portale che mi ritrovai vomitando nella mia stanza, con Rose e tutto il suo branco ancora scossi per la morte della donna che avevano tanto a cuore che mi fissavano stupiti.
Per fortuna riuscii ad applicare velocemente un incantesimo di guarigione mentre prendevano il mio dolore.

"Hai visto, però? Te l'ho riportata indietro sana e salva." mi disse Jopre, ammiccando.

Arrossii violentemente e voltai la testa dall'altra parte.

"Oh, ti prego, non infierire." lo supplicai, mentre quello tornava serio.

"Soraya, non c'è nulla che tu debba tenere nascosto. Stella lo sa e sai che ti starebbe vicino sempre." mi rammentò, con quanta più dolcezza gli avessi mai sentito riservate a qualcuno. "E poi ci siamo io, Niall, Sigurd, Thornton e Amalia. Siamo la tua famiglia."

Quasi mi pizzicavano gli occhi a causa delle lacrime che scalpitavano per venire fuori.

"C'è molto da tenere nascosto, invece." replicai, con la voce tremante d'imbarazzo e vergogna. "C'è che se glielo dicessi lei non mi parlerebbe più, perché lo sappiamo tutti che è persa per Robin. E sì, voi mi stareste vicini, infatti vi voglio bene per questo, ma..."

Ingoiai il nodo che mi si era formato in gola e con un polso mi asciugai velocemente una guancia.
Perché dovevo essere così sbagliata? Perché non potevo essere normale?
Ma, Soraya, non c'è nulla di sbagliato. È normale, aveva detto Niall, quando a dodici anni avevo capito cosa ero diventata e lui mi parlava ogni notte nei sogni per guidarmi e confortarmi.
Certo, potevo essere una persona perfettamente accettabile. Non contando che mi piacevano le ragazze e che le uniche due di cui fossi stata follemente presa non avrei mai potuto averle.
La prima morì a causa di una malattia che uccise metà della popolazione del suo villaggio, appena fuori dalla capitale, la seconda amava un ragazzo.
Fantastico, no?

"...non posso perderla. Non posso." sussurrai, guardando di nuovo la ragazza che dormiva scompostamente, con i capelli disordinati sulla faccia e la bocca semichiusa.

La sua situazione avrebbe dovuto renderla imbarazzante o ridicola, invece per me era più bella del solito.
Ero io quella ridicola.
Jopre fece per alzarsi dal lettino, quando lo fermai prima che potesse farlo, riprendendomi.

"Fa troppo male per dormire, anche se non c'è più nulla di rotto. Tanto vale che vada a rendermi utile, conoscendo Amalia non avrà chiuso occhio da quando siamo partiti." mi disse, cercando debolmente di contrastare la mia presa salda sulle sue spalle.

"Dormirai con un incantesimo, però tu di qui non ti muovi." gli imposi, anche se lui continuava a ribellarsi in modo poco convinto. "Sei pazzo se credi che ti lascerò andare in giro dopo un trauma del genere."

Con uno schiocco di dita un velo argenteo si posò sul suo volto e venne risucchiato dal suo respiro.
Lentamente cominciò a chiudere le palpebre.

"Grazie." mormorò.

Allontanai piano le mani dalle sue spalle e sollevata vidi che non accennava a muoversi per fuggire.
Mi lasciai cadere sulla sedia, prendendomi la fronte con una mano.

"Aya?" mi chiamò, con voce flebile.

Lo guardai di sottecchi, certa che comunque non sarebbe riuscito ad alzarsi.

"Tara sarebbe fortunata ad avere te." mugugnò, chiudendo definitivamente gli occhi.

Qualcosa dentro di me mi spinse a girarmi verso la bionda, alla mia destra, che giaceva immobile con il respiro regolare.
Non riuscii a fermare la mia mano che volò sul suo zigomo, spostando una delle ciocche bionde che le erano cadute sul viso.
Un ultimo sentimento disperato si aggrappò con forza alle parole di Jopre e le usò per legarsi ancora al mio cuore, che avrebbe sofferto molto di meno se non fosse accaduto.
E così, mentre il suo volto pareva distendersi sotto il tocco delle mie mani fredde, un grumo lucente di emozioni si annidò nel mio petto senza che gli avessi dato il permesso.
Speranza.
Poi lei spalancò i suoi dannatissimi occhi azzurri ed io emisi un gridolino poco dignitoso.

ROBIN

Vi capita mai di passare dei momenti terribili, delle ore terribili e dei giorni terribili, per poi scoprire che c'è qualcuno che se la passa peggio?
E' il ciclo naturale delle cose, suppongo. Io mi accorgevo di quanto fossi fortunato solo a colazione, quando tutti ci comportavamo in modo complessivamente normale.
Era passata una settimana dall'atterraggio della nave fuori dalle mura, una settimana in cui Thornton ci aveva massacrati in ogni modo fisicamente possibile, in cui Niall aveva riempito lavagne e lavagne di piani e formule magiche, litigandosi la supremazia con Amalia, in cui Raven era rimasta chiusa quasi tutti i giorni nei sotterranei, dove stava preparando il portale che avrebbe dovuto condurci nella prima dimensione in cui era intrappolato Trigon. Avevamo accolto con poca difficoltà il branco di Rose ed avevamo fatto sì che anche loro potessero contribuire alla causa, dato che desideravano vendetta per la loro compagna uccisa. Dalla vendetta non poteva saltare fuori nulla di buono a parer mio, ma era Amalia a comandare, quindi non potei oppormi più di tanto.
Cercammo di cavare informazioni da Rose e Soraya riguardo alla ragazzina, ma nessuna delle due disse nulla.
Così, quella mattina, mi ero rifiutato di sedermi accanto alla mia migliore amica a colazione per ripicca ed avevo costretto Stella a seguirmi accanto a Red X, anche se sapevo benissimo che sarebbe stato peggio. Non eravamo mai stati grandi amici, ma in quei giorni l'aria tra noi si era fatta ancora più tesa, a causa ovviamente della sua faccia.
Perché il volto nascosto sotto la maschera era uguale spiccicato a quello di Jason Todd e quindi, a meno che non si fosse fatto una plastica facciale, si trattava proprio del figlio di Batman.
Fortunatamente quando mi sedetti accanto a lui decise di ignorarmi come al solito, quindi mi rilassai e mi dedicai alla mia colazione, nonostante fosse a base di pietanze tamariane che odiavo.
Stella si allungò verso il centro del tavolo e si riempì il piatto con gioia, facendomi quasi venire la nausea quando tornò ad adagiarsi sulla sedia e mi offrì un po' delle sue bacche preferite.

"Andiamo Robin, non puoi non mangiare niente." mi fece notare, con un lieve accenno di preoccupazione nella voce.

Entrambi guardammo di sbieco Raven, come se ci fosse bisogno di specificare che eravamo terrorizzati dall'aspetto che stava assumendo. Era sempre stata una ragazza esile e minuta, ma in quei giorni era dimagrita a vista d'occhio come se stesse lentamente deperendo.
Avevamo supposto che fosse a causa della stanchezza dovuta al complicato incantesimo che stava preparando, ma non ne eravamo certi. D'altro canto non potevamo chiederle nulla, visto che Beast Boy le ronzava sempre attorno.
Anche in quel momento erano seduti vicini e lei stava alzando gli occhi al cielo per la buccia violacea che il ragazzo verde si era messo sui denti, sorridendole e facendo ridacchiare sommessamente Iella al loro fianco.
Presi la mano di Stella sotto al tavolo e mi allungai verso una ciotola di strani frutti grandi quanto un'unghia, gli unici che riuscivo a mangiare, dato il loro sapore così simile alle arachidi.

"Mangerò." le assicurai, mangiandone uno dopo essermene riempito il piatto.

Lei corrugò le sopracciglia confusa e fece per dire qualcosa, invece mi baciò all'improvviso, cogliendomi impreparato.
Fu troppo rapido per i miei gusti e quindi le espressi tutta la mia disapprovazione tirandole uno di quei piccoli frutti sul naso.

"Adesso mi spiego quel sapore." disse lei, come se sapessi di cosa stava parlando.

"Di che parli?" chiesi.

"Quando mi sono svegliata avevo uno strano sapore di arachidi in bocca e sapevo benissimo che era sicuramente dovuto a causa tua, data la tua ossessione per la frutta secca." spiegò.

"Non sono..." provai a giustificarmi, prima che Red X si voltasse verso di noi e mi interrompesse.

"Sei ossessionato dalla frutta secca, Robin? Questo sì che è davvero poco glorioso." commentò. "Lo vedo già come titolo del libro sulle tue gesta: Richard Grayson, l'eroe arachidi-dipendente."

"Non. Sono. Ossessionato. Dalle. Arachidi." scandii, certo che dovessero di sicuro avere qualche problema di udito.

Stella scosse la testa teneramente e mi lasciò un bacio sulla guancia.

"Robin, il primo passo per affrontare le difficoltà è ammettere di avere un problema." mi disse, con voce conciliante.

"Ma io non ho nessun problema!" esclamai, agitando in aria le mani per sottolineare il concetto.

"Sei in piena fase della negazione, Grayson, direi che è palese che tu abbia un problema." replicò pragmaticamente Red, rivolgendosi alla mia ragazza con un'aria meditabonda. "Come potremmo mai aiutarlo con il suo disturbo ossessivo-compulsivo?"

Stella intrecciò le mani sotto il mento e si fece pensosa.

"Beh, potremmo chiuderlo in uno stanzino senza altro cibo che le arachidi, così alla fine di un anno di prigionia proverebbe una repulsione automatica per quel cibo." propose lei, talmente concentrata che non riuscii a capire se fosse seria o meno.

Red annuì solennemente, perfettamente d'accordo con lei.

"E poi potremmo portarlo al festival della frutta secca per fare una prova, magari tentando di affogarlo in una vasca di noccioline." aggiunse lui.

"Nudo."

"Coperto di burro d'arachidi."

"E se provasse a scappare?" domandò lei.

"Indosseremo tre magliette personalizzate, sulle vostre ci sarà scritto Pervertito A e Pervertito B, mentre io ne indosserò una con su stampato Se lo trovate riportatelo da Pervertito A o B." dissi, con quanto più sarcasmo riuscissi ad esternare.

I due si guardarono con un ghigno e si scambiarono un cenno di approvazione.

"Sono felice che tu stia collaborando, tesoro." osservò Stella, compiaciuta.

"Voi due siete pazzi." commentai, appoggiandomi allo schienale della sedia esasperato.

"Non siamo noi quelli ossessionati dalle arachidi." ribatté Red X.

Mentre io contemplavo la meravigliosa idea di commettere un omicidio con della frutta secca, Raven mollò un pugno sul braccio di Beast Boy, che prese a ridere fragorosamente mentre lei arrossiva in modo violento.

"Garfield Mark Logan, ti conviene correre più lontano che puoi e non fermarti mai." lo minacciò, afferrando un cucchiaio dall'aria pericolosa e puntandoglielo contro.

Per qualche strano motivo, il rumore della forchetta di Iella che cadeva nel piatto rieccheggiò con solennità nel salone, spingendo tutti a voltarsi verso di lei, che nel frattempo era impallidita.
Si alzò dalla sedia in modo incerto e deglutì, senza guardare in faccia nessuno, nonostante Cyborg stesse cercando di decifrare la sua espressione.

"Torno subito." disse, non so bene a chi di preciso, prima di correre fuori dalla stanza, quasi sbattendo contro Amalia che entrava attraversando la porta in groppa a Mojo.

La regina fissò la scena un po' confusa, ma si risvegliò bloccando Cyborg prima che si precipitasse dalla sua ragazza.
Ordinò a tutti di uscire e di dirigersi subito agli allenamenti mattutini, trattenendo noi Titans e Rose per una riunione d'emergenza.
Raven, che era ancora seduta al fianco di Beast Boy, si guardò attorno guardinga, mentre il ragazzo verde accanto a lei era ancora occupato a fissare la porta da dove era fuggita Iella, prima che fosse varcata anche dagli altri che avevano lasciato la stanza. Poi, con un gesto rapido e fulmineo del braccio, appoggiò la mano dietro la testa di BB e gliela spinse nel piatto pieno di roba molliccia che sembrava porridge.
Stella si coprì la bocca con una mano e Cyborg, che si era diretto verso la sedia accanto alla mia, scoppiò a ridere nella sua fragorosa risata puntando un dito verso il suo migliore amico, che si stava rialzando in modo inquietantemente lento, sotto lo sguardo compiaciuto della mezza demone che osservava la poltiglia beige colargli dalla faccia.

"L'hai voluto tu." commentò, girandosi verso di lei.

L'abbracciò con slancio premendo le labbra contro la guancia di Raven, che si dimenava peggiorando solo la situazione.

"Bambini, smettetela di litigare." ordinai, lanciando loro uno dei piccoli frutti che avevo nel piatto, concedendomi un sorrisino.

Beast Boy, sempre stringendo Raven a sé, schiacciò la sua guancia contro la sua spalmando la colazione sulla faccia della sua ragazza.

"Non stiamo litigando, non vedi come ci vogliamo bene?" osservò con un grande sorriso.

Sentii Cyborg accanto a me che si irrigidiva, fissando con occhi sgranati il suo amico.
Dopo qualche secondo di paralisi cominciò a scuotere impercettibilmente la testa.
Gli diedi una gomitatina.

"Che succede?" chiesi.

Spalancò la bocca, senza guardarmi, ancora scioccato per qualsiasi cosa fosse accaduta nella sua testa.

"Ho appena capito una cosa." rispose, sconvolto.

Feci per domandare di più quando Amalia smontò da Mojo e picchiò le mani sul tavolo con fare autorevole, nonostante le occhiaie e l'aria stravolta. Anzi, a vederla così faceva ancora più paura.

"Bene, cominciamo subito, prima che arrivi Niall a fare il 'so tutto io'. Gli ficcherei in gola la sua stupida lavagna in questo momento." ci avvertì, informandoci che non era dell'umore di sentire battute stupide o polemiche.

Chiedendoci quindi di diventare altre persone, in poche parole.

"Il portale è pronto, Soraya lo sta attivando adesso sotto mio ordine." ci disse, sbrigativamente, ignorando l'indignazione sul volto di Raven, sminuita dallo pseudo porridge che la ricopriva. "Le loro stupide navi hanno attaccato il nostro satellite principale e bombardato uno dei nostri pianeti-colonia più vicini. Dovete partire subito e svolgere la vostra missione secondaria, impedire la fuga di Trigon e prepararvi alla guerra, perché non abbiamo mai avuto così poco tempo."

Rose alzò gli occhi dal foglio che stava studiando da quando era entrata nel salone e ci guardò con invidia.

"Gli alleati che ha radunato Stella arriveranno tra un paio di giorni o forse meno, accompagnati dai loro eserciti." disse, lanciando uno sguardo di fuoco alla regina e sventolando il foglio in aria. "Perché c'è scritto che dovrò essere io a far fare il giro turistico a Gunilla?"

Mentre Amalia replicava che aveva dovuto assegnare ad ogni reale almeno una persona, Stella mi strinse la mano con forza, prima di tirarla via e poggiarsela nel grembo.
La porta che si apriva di botto fece sussultare Mojo, che soffiò nella direzione del nuovo arrivato.

"Guardate cos'ho trovato!" esclamò Niall, indicando entusiasta la grossa tavola di ardesia che teneva in aria con un incantesimo. "E' perfetta per descrivervi nei minimi particolari da cosa sono composte le dimensioni specchio che dovrete affrontare."

Amalia assottigliò gli occhi lasciando perdere Rose e concentrandosi sul ragazzo dai capelli blu che ammirava estasiato il suo ritrovamento.

"Ora lo sopprimo." disse.

RAVEN

"Hai ancora un po' di sporco in faccia." mi avvisò Beast Boy, sorridendomi innocentemente. "Proprio vicino all'orecchio."

Gli lanciai lo zaino che avevo riempito sulla pancia, zittendolo mentre si accasciava a terra con fare drammatico.
Da una parte il mio cervello era occupato a preparasi psicologicamente alla missione a cui andavamo in contro, dove avremmo dovuto riuscire a trovare la breccia nel sigillo che bloccava mio padre nella sua prigione e ripararla, il tutto senza alcun potere.

"Le prime tre dimensioni metteranno a dura prova la vostra tolleranza fisica, perciò non avrete nessun vantaggio sulle prove che incontrerete." aveva detto Amalia, una volta tappata la bocca di Niall con quello che sembrava nastro isolante. "Questo vuol dire che perderete momentaneamente i vostri poteri e che sarete più vulnerabili in caso di attacchi nemici. E' molto probabile che Bruce abbia mandato qualcuno a controllare che voi falliate, perciò attenti a non lasciarci la pelle."

"Vulnerabili, eh? Si da il caso che io non sia provvisto di alcun potere, eppure sono ancora vivo." bofonchiò Robin, appoggiato ad una colonna con le braccia incrociate al petto.

"Amico, tu stai attirando disgrazie su di te." gli disse Cy.

Dall'altra parte il mio cervello era occupato a sperare che, senza poteri, il demone che mi consumava da dentro si sarebbe placato o che comunque mi avrebbe concesso una tregua. E se fossi riuscita ad eliminarlo completamente? Mi misi lo zaino sulle spalle, mentre Soraya si staccava dall'abbraccio di Stella e tornava ad aprire il portale con un gesto delle mani.
Ma c'era una terza parte del mio cervello intenta a formulare pensieri casti e non sull'elfo verde che si era avvicinato pericolosamente alla mia faccia.

"Mi spieghi che c'è?" sussurrai, sapendo che era abbastanza vicino da sentirmi chiaramente.

"Non riesco a concentrarmi con quella macchia beige che mi schernisce dal tuo orecchio." rispose, scrollando le spalle.

"Come fa una macchia di cibo a schernirti?" domandai seccata voltandomi a guardarlo, inarcando un sopracciglio.

"Mi sta facendo le boccacce, lo so." disse, stringendo le labbra offeso, mentre i suoi occhi scrutavano la mia guancia. "Guarda! Mi sta provocando!"

Scossi la testa, senza più alcuna speranza.

"Tu sei disturbato in modo preoccupante." gli feci notare, mentre un luccichio nelle sue iridi verdi faceva la sua rapida comparsa, come se fosse compiaciuto dalle mie parole.

"Quindi adesso la difendi pure!" esclamò, indignato. "Preferisci quella piccola macchia insolente a me?"

Sbuffai allargando le braccia e desiderando solo prenderlo a schiaffi.

"Toglila allora, no?" sbottai.

Poi mi resi conto di quanto ero stata ingenua. Come avevo potuto commettere un simile errore da principiante, io, che ero sempre stata attenta a misurare le mie parole e le mie azioni? Ma ormai era fatta, ero stata così stupida da non rendermi conto di quello che stava succendendo. Concedetemelo però, è dura quando sei innamorata di un idiota.
Sentii le sue labbra calde appoggiarsi nelle vicinanze del mio orecchio e baciare la piccola macchia beige che aveva complottato tutto questo. Un brivido mi percorse, consentendomi però di alzare gli occhi al cielo e di rendermi conto che anche lui tremava.

"Forza piccioncini, il nostro sommo leader sta già meditando di spingervi nel portale a forza." ci chiamò Cyborg con la sua voce da baritono.

Stella gli diede una spinta seriamente arrabbiata, consapevole che il nostro piccolo momento di intimità era stato rovinato. Sorrisi appena, con il cuore che si scaldava al pensiero della mia migliore amica che lottava ogni giorno con gente priva di sensibilità emotiva pur di farmi avere una relazione decente.
Anche Robin parve seccato, quindi prese Cy per un braccio e lo gettò nel portale, con uno sguardo impassibile ed un sorrisino leggermente soddisfatto.
Lui e Stella lo seguirono con un balzo, scomparendo dalla nostra vista.
Nella stanza ormai era presente solo Soraya oltre a noi, avvolta nel suo piccolo cono di luce argentea ed incurante di ciò che le accadeva intorno.
Un pensiero però si fece strada nella mia mente. Beast Boy aveva tremato, ma non per i miei stessi motivi.
Mi voltai a guardarlo, anche se lui osservava il portale.
Aveva paura. Aveva paura e c'era qualcosa di terribilmente sbagliato in questo, perché per quanto ne sapessi l'unica paura che aveva era quella di fare del male agli altri.

"Tu sei terrorizzato." constatai ad alta voce.

Lui rise in modo esagerato, senza nemmeno staccare gli occhi dal portale.

"Quella piccola macchia diabolica deve essersi impossessata di te, Rae-Rae." ribatté, sminuendo le mie parole con un gesto della mano. "Sto bene."

Ma quelle parole non erano affatto convinte e nemmeno io.

"Lo sai che sei pessimo a dire le bugie." gli ricordai, afferrandogli la mano. "Parlami."

Parve scosso dal contatto della sua pelle con la mia e mi fissò con occhi spalancati, come quelli di un bambino nel bel mezzo di un temporale.
Con un sospiro tremante provò a parlare.

"Ho paura." ammise.

"Di cosa?" domandai.

"Non lo so." rispose. "Ma ti assicuro che tu sei l'unico motivo per cui non me la sto dando a gambe. Non riuscirò a saltare, vai senza di me."

Mi lasciò la mano e si scostò, lasciandomi lo spazio per prendere la rincorsa.
Presi un respiro profondo e cercai di formulare velocemente un piano, aggiustandomi lo zaino sulle spalle.
Poi mi voltai e gli saltai in braccio, ringraziando il fatto che i suoi riflessi pronti mi impedirono di ricadere a terra. Gli misi le mani sulle guance e mi avvicinai lievemente alla sua bocca, senza però appoggiarmici davvero. Sapevo che sarebbe stato il limite della sopportazione per lui, infatti con uno scatto affondò le labbra nelle mie, dimenticandosi della sua paura. Ma io non dimentico nulla, perciò, mentre gli prendevo il labbro superiore e lui stringeva le mani sulle mie coscie gli diedi una leggera tallonata dietro il ginocchio, facendogli perdere l'equilibrio. Mentre cadevamo si limitò a stringermi ancora di più a sé, anche se probabilmente quel suono soffocato che uscì dalle sue labbra era un insulto poco fine.

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