Capitolo 16 (guardate come sono buona)
ELENA
Sigurd era intento a parlare con Thornton, quello che mi avevano spiegato essere il generale di Tamaran.
Quando arrivammo si interruppero, salutandoci con un cenno del capo.
"Benvenute." ci accolse il più anziano. "Thornton ci lascerà per cominciare subito l'addestramento dei vostri compagni. Noi ci divideremo in due gruppi..."
"Tu sei suo padre." dichiarai, così, senza un motivo apparente.
Rose e Raven mi osservarono confuse, mentre Sigurd, Soraya e Thornton fecero del loro meglio per non farsi uscire gli occhi dalle orbite.
"Come lo sai?" chiese Sigurd.
Mi toccai le orecchie con due dita.
"I padiglioni auricolari, sono perfettamente identici. Questo tratto può essere condiviso solo da fratelli oppure da padre e figlio." spiegai. "Ma vi prego, continuate pure."
Sigurd mi studiò attentamente prima di ricominciare il suo discorso, stringendo le labbra come se si trattenesse dal replicare.
Fui tentata di alzare gli occhi al cielo.
Ero stufa di tutto quel guardarmi come se fossi pazza, quando in realtà le mie erano solo constatazioni piuttosto evidenti.
Mentre l'uomo parlava e Thornton se ne andava dalla stanza osservandomi torvo, Soraya era come se pendesse dalle sue labbra, cosa che mi mise ancora più in allerta.
Era troppo affezionata a quella persona, e viceversa.
Qualcosa non quadrava.
"Come stavo dicendo, ci divideremo in due gruppi." continuò l'uomo. "Soraya sa già dove andare e cosa fare, quindi Rose e..."
Mi guardò con fare interrogativo.
"Polvere." risposi, mentre le altre mi lanciavano uno sguardo obliquo.
"...e Polvere si dirigeranno alla prima torre. Raven invece mi seguirà fino alla nostra destinazione." concluse, sorridendo bonario, allacciandosi le braccia dietro la schiena. "Noi prenderemo una navicella, a voi basterà fare qualche passo. Aspettate il nostro segnale per l'incantesimo."
Con molta cortesia si congedò e chiese a Raven di seguirlo, lasciandoci sole.
La ragazza dai capelli blu ci condusse verso un arazzo enorme appeso alla parete.
Lo scostò ed una porta di metallo fece la sua comparsa.
Poggiò sopra di essa la mano aperta, che al contatto con il freddo materiale fece scaturire una lieve luce bianca, che poco a poco fece scomporre la porta in tanti tasselli triangolari, i quali si ripiegarono su loro stessi lasciando un varco grande abbastanza da farci entrare in un corridoio scarsamente illuminato.
"Però." fischiò Rose, seguendo Soraya all'interno del cunicolo di pietra.
Man mano che camminavamo lungo il corridoio un gelo sospetto si impadronì di me, dapprima come un freddo alito fastidioso sul collo, poi come se fossi nuda in mezzo a ghiaccio e neve.
Tutte le volte che incontravamo una fiaccola appesa al muro io mi ci avvicinavo, sperando di sentire un tepore appena accennato.
Dopo cinque minuti cominciai a battere rumorosamente i denti.
Rose e Soraya mi guardarono confuse.
"Che ti prende?" mi chiese la lupa.
"Ho solo un po' di freddo." risposi, cercando di non tremare come se fossi in preda a violenti spasmi.
Sia lei che la ragazza dai capelli blu erano vestite leggere, dato il clima caldo di Tamaran, ma per fortuna Rose portava sempre una felpa nera attorno alla vita, per abitudine presumo.
Me la passò e proseguimmo, cominciando a salire i primi gradini.
Man mano che camminavo percepivo la testa appesantirsi, le ginocchia diventare deboli e stanche.
Il freddo mi era praticamente penetrato nelle ossa e mi sembrava di vedere il mio respiro gelato formare una nuvoletta di vapore nell'aria.
Per ogni pianerottolo che incontravamo c'era una finestrella, la quale faceva entrare la luce del giorno in modo che, seppur con difficoltà, riuscissi a capire dove mettere i piedi.
Dopo una lunga salita arrivammo al fatidico labirinto, anche se mi accorsi di esservi dentro solo una volta che riuscii ad alzare lo sguardo da terra e vidi Soraya che meditava prima di scegliere in quale direzione svoltare.
Trascinavo i piedi e sentivo il cuore battere con forza contro la gabbia toracica.
"Ferme, vi prego." sussurrai, senza nemmeno la forza di parlare.
Soraya non udì le mie parole, ma Rose sì.
Si girò e mi vide cadere a terra, esausta ed infreddolita. Con uno scatto corse verso di me e mi sollevò, prendendomi in braccio.
Mi scrollò, come per accertarsi che fossi cosciente.
"Ehi, non morire qui, eh." mi rimproverò. "Abbiamo un branco da recuperare."
"Senti Rose, se vuoi puoi stare qui con lei." disse Soraya, scrutandomi preoccupata. "Tanto tra poco sarò di ritorno."
Sentii la lupa annuire e la ragazzina se ne andò.
Rose mi adagiò con la schiena contro la parete e si sedette a gambe incrociate davanti a me, mentre io mi rannicchiavo dentro la giacca.
"Dovrei odiarti." disse, piegando la testa di lato mentre mi guardava. "Questo sarebbe più che lecito. Eppure, adesso che sei in questa patetica versione di bimba in pericolo non riesco a non dispiacermi per te. Come mai?"
"Perché sei umana, per l'amor del cielo, Rose." soffiai, debolmente. "Nemmeno tu potresti lasciarmi qui così, anche se fai la parte della dura senza scrupoli."
Rise piano, sciogliendosi la treccia pensierosa.
"Se vuoi adularmi in modo che io non ce l'abbia più con te, ti do una notizia: non sai fare i complimenti." disse. "E sì, sono comunque arrabbiata con te. E sì, se potessi qualche disegnino sulla faccia te lo farei."
Ridacchiai, tremando.
"Sei simpatica, in fondo." commentai.
Poi d'un tratto la mia attenzione fu attirata da una macchia sulla parete.
"Che cos'è quella?" chiesi, indicandola.
Lei si voltò per capire a cosa mi stessi riferendo.
"Quella cosa?"
Mi alzai barcollando e tremando, per raggiungere la macchia.
La toccai e le mie mani si tinsero di rosso.
"È sangue." mormorai.
Vidi che ce n'era per terra, prima a chiazze, e poi in modo da ricoprire l'intero pavimento.
C'erano manate sul muro, strisce e segni di trascinamento, ovunque.
Sentii qualcosa che mi gocciolava sul viso e vidi che del sangue colava sul soffitto.
Tre di loro sono scampati alla morte.
Udii una voce sibilante e debole, come quella di una vecchia che esala il suo ultimo respiro.
Cercai di pulirmi la faccia, ma riuscii solo a spalmarmelo di più.
"È sangue." ripetei, tremando.
"Non c'è sangue da nessuna parte." mi assicurò Rose.
Scossi violentemente la testa.
"Ce l'ho addosso. Ce l'ho addosso!" esclamai, sfregando le mani sui vestiti.
Cominciai a piangere lacrime scarlatte e quindi gridai, senza un motivo apparente.
Mi faceva male la testa.
E ora tre per ciascuno di loro pagheranno con la vita.
Spalancai gli occhi e una serie di immagini si fecero largo nella mia mente, mentre Rose mi scuoteva.
Rose che gridava e si metteva le mani nei capelli.
Io che battevo i pugni contro un vetro, disperata.
Soraya che urlava, cadendo in ginocchio.
Stella che piangeva senza quasi riuscire a respirare.
Amalia che veniva presa da un attacco di panico.
Raven che affondava la testa in un cuscino singhiozzando.
"No." sussurrai.
Poi svenni tra le braccia di Rose.
STELLA
Andarcene da Huma'na fu probabilmente la parte più difficile del viaggio.
La strada per tornare a casa era tanta e mi sentivo rivoltata come un calzino.
Sedevo a gambe incrociate sulla mia branda, le mani sul grembo e la testa piegata.
Non riuscivo a capacitarmene. L'avevo davvero lasciato là, con quella donna che se l'era preso come trofeo, mentre leggevo nei suoi occhi il desiderio di tornare a casa.
Sapeva che i nostri genitori erano morti, come sapeva dei cambiamenti di Amalia nel corso degli anni.
Con lui non era mai stata crudele come con me, perché entrambe lo amavamo alla follia.
Era il primo maschio della famiglia, i nostri genitori lo trattavano in maniera completamente diversa da noi: non gli volevano più bene, solo che pensavano sarebbe stato lui a regnare, alla fine.
In più era così piccolo e dolce, aveva conquistato entrambi i nostri cuori al primo sguardo, ma nonostante tutto non ci fu mai della rivalità tra noi a causa sua, avevamo troppo timore di ferirlo in qualche modo.
Robin ed io avevamo un rapporto incredibile, mai avrei pensato di essere così legata a una persona, ed ovviamente non riuscivo a sopportare l'idea di poter perdere Raven.
Ma rimango tutt'ora convinta di questo: l'amore tra fratelli è più grande di qualsiasi altra cosa.
Ce l'hai nel sangue e ti resta nelle vene, nel cuore, in tutto il corpo. Ce l'hai dentro e non puoi più liberartene.
"Che succede?" aveva chiesto Amalia al comunicatore.
Avevamo collegato la nostra rete di comunicazione al suo bracciale, in modo che potessimo restare in contatto.
"Ho trovato una persona." risposi.
Voltai il comunicatore verso mio fratello e la sentii trasalire.
Avremmo potuto confonderlo, penserete, dopo anni di distanza.
E credo che potreste aver avuto ragione, ma l'ustione che sfigurava parte del suo viso era inconfondibile.
"Ciao Komand'r." la salutò il ragazzo.
Vidi sullo schermo che lei si copriva la bocca e lo fissava incredula.
"Takother?" domandò, sbalordita.
Lui annuì, con le lacrime agli occhi.
"Sei vivo." riconobbe, con la voce incrinata dalla commozione. "Sei vivo nonostante me."
"Non è stata colpa tua." replicò, dolcemente.
Lei rise, una risata felice come non l'aveva mai sentita da lei, che aveva poco a che fare con il fatto che trovasse il suo commento divertente.
"Sei peggio di Kory." osservò. "Mi sei mancato talmente tanto."
La nave ebbe uno scossone e fui consapevole del fatto che stavamo attraversando la fascia di asteroidi che ci separava dal nostro sistema solare.
Continuai a osservarmi le mani per un po', svuotata.
L'avevo lasciato indietro, avevo permesso che lei se lo tenesse per sé.
Avevo visto come lo guardava, sapevo che per lei non era un semplice schiavo, ma la cosa non riusciva a rincuorarmi. Lui non sarebbe stato felice ed era solo colpa mia, di Amalia e di Jopre.
Il Klapsiek avrebbe anche potuto sacrificarsi e tornare con la regina, restituendo mio fratello alla sua patria.
Strinsi i pugni ed ingoiai il rammarico.
Quando Gunilla e le sue armate sarebbero giunte a Tamaran una settimana dopo lo avrei rivisto, pure Amalia avrebbe potuto riabbracciarlo.
In realtà lo sapevo benissimo che lui aveva un rapporto particolare con la nostra sorella maggiore.
Aveva i suoi capelli, i miei occhi, l'altezza di nostra madre e le spalle robuste di nostro padre. Ma dentro era un miscuglio tra me ed Amalia, senza traccia dei nostri genitori.
Aveva il mio buon cuore, la mia capacità di porre fiducia in chiunque, ma anche il carattere leggermente cupo e malinconico di Amalia.
Per questo lui era riuscito a far breccia nel suo cuore ed io no. Perché lui non solo l'amava incondizionatamente, ma la capiva anche.
Afferrai il comunicatore e riguardai le foto che i miei amici mi avevano mandato.
Sorrisi alle immagini debolmente.
Tara rientrò nella stanza e si lanciò sulla sua branda, pesantemente.
"Soraya ha detto che sono riusciti a erigere una barriera di protezione sulla città." mi informò.
"Ed avete parlato di questo in un'ora di conversazione?" domandai.
Tara affondò la faccia nel cuscino e non mi rispose.
Sorrisi in modo più convinto e mi stesi a guardare il soffitto.
Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi.
"Voi mi odiavate?" chiese la ragazza accanto a me.
Mi voltai e vidi che era appoggiata sui gomiti e mi stava guardando.
"Quando ero passata dalla parte di Slade." specificò.
"Non lo so." risposi, tornando a guardare il soffitto. "Io non riuscivo nemmeno a capire cosa ti fosse successo, figuriamoci provare rancore nei tuoi confronti. In realtà forse mi sono odiata io, quando hai cercato di ucciderci. Credevo che avessimo sbagliato qualcosa."
La guardai di nuovo e lei parve delusa dalla mia risposta.
Si stese nella mia stessa posizione e smise di osservarmi, dedicandosi al soffitto.
"Non lo so perché l'ho fatto." ammise, togliendosi i guanti e gettandoli a terra. "Volevo controllare i miei poteri, per questo mi sono alleata con lui. Ma distruggervi... Non so bene cosa mi passasse per la testa."
"Lui controllava le tue azioni." replicai.
"Non sempre, Stella." mi ricordò.
Allungò un braccio sopra di lei e coprì con una mano i raggi di luce provenienti dai faretti che la colpivano in faccia.
"Quando me l'ha proposto la prima volta mi dicevo che non vi avrei fatto veramente del male, che sarei riuscita a cacciarvi e basta." disse. "Ma una volta che ho capito che avrei dovuto eliminarvi davvero ho cominciato a ripetermi che andava meglio così. Che era meglio che non vedeste quello che ero diventata."
"Invece siamo ancora vivi ed abbiamo visto che persona sei diventata." le dissi. "E sei diventata una bellissima persona, amica Tara."
Rise senza allegria e tirò giù la mano.
"Comunque non ci credo che Jopre e Gunilla avessero un flirt. Cioè, non con quei baffi, sembrano tentacoli di polpo." osservò.
"Chissà, forse mentre si baciavano partecipavano anche loro." aggiunsi.
Ci guardammo un attimo e poi ci mettemmo a ridacchiare, stupidamente, senza riuscire a smettere.
CYBORG
"Scommetto il tuo braccio che lo distrugge." mi disse, seduto sulla terra polverosa accanto a me.
Gizmo stava lucidando nervosamente il suo jetpack con il gomito, la fronte imperlata di sudore e la lingua tra le labbra.
Alludeva all'imminente scontro tra Thornton e Mammoth.
"Chi dovrebbe distruggere chi?" domandai. "E soprattutto, non scommettere i miei arti, grazie."
"Thornton vincerà, ovviamente." sbuffò, alzando gli occhi al cielo. "Suonerà Mammoth come un tamburo, lui avrà una crisi di rabbia e stasera dovrò insegnare ai cuochi reali come si fa il gelato."
"Gelato?" chiesi.
Sospirò scuotendo la testa, mentre i due sfidanti si mettevano sul tappeto steso sul terreno.
Eravamo protetti dal sole solamente dal tendone bianco sovrastante, e non eravamo solo affaticati, ma anche cotti a puntino.
"Il gelato è l'unica cosa che lo fa uscire dalla depressione e sono sicuro che ci cadrà dopo aver distrutto tutto." spiegò, sfregando con più energia il braccio sul metallo.
Un soldato diede inizio al combattimento e Mammoth si lanciò verso Thornton, che lo evitò con semplicità.
Gizmo sospirò, massaggiandosi gli occhi.
"Salve, mia bella famiglia felice." ci salutò Iella, raggiundendoci con scarso entusiasmo. "Figlio mio. Marito mio."
"Ancora con questa storia?" brontolò il nostro amico, rivolgendo di nuovo lo sguardo alla lotta.
Thornton aveva tirato un pugno a Mammut, l'aveva superato con un salto e con un calcio sulla schiena l'aveva fatto cadere in ginocchio.
Iella, che si era andata a sciacquare in quella specie di bagno che avevano attrezzato, si rannicchiò di fianco a me, dolorante.
Non ce l'avevo con Thornton per aver pestato tutti di brutto, compresa la mia ragazza, ma se fossi stato presente mentre lottava contro Iella probabilmente avrei cercato di ucciderlo.
Per mia fortuna ero in bagno a sputare un dente.
Anche See-More e Billy ci raggiunsero, mentre gli altri erano ancora intenti a rinfrescarsi il corpo ammaccato.
"Ottimo lavoro Seem." commentò Gizmo, una volta che si fu seduto, senza staccare gli occhi da Mammoth che veniva colpito ripetutamente dal generale.
"Già, sei stato una forza." aggiunsi io, rivolgendomi al ragazzo dal casco verde.
Lui sorrise impacciato e distolse in fretta lo sguardo dal mio, osservando i propri piedi mentre mi rispondeva.
"Non è stato nulla di che." disse, quasi in un soffio.
Il ragazzo dalla tuta rossa accanto a lui gli diede una spallata, sorridendo divertito.
"Nulla di che, Simon?" lo schernì. "Hai mandato al tappeto Thornton, prima ti essere pestato brutalmente. Nessuno qui ne è stato nemmeno lontanamente in grado."
"Seem, accettalo, sei una bomba." disse Iella piegando la testa e rivolgendogli uno dei suoi sorrisi irritanti.
Lui diede un buffetto sulla spalla a ciascuno dei suoi due amici, che risero affettuosamente della sua umiltà.
Billy mise un braccio attorno alle spalle di Simon e lo strinse a sé.
Cercai di non fissarli troppo, ma anche se Iella mi aveva messo al corrente della loro relazione il vedere quel gesto mi confuse un po'.
Era un gesto innocente che anch'io avevo rivolto ai miei amici, senza distinzione tra Raven, Stella, BB e Robin. Ma quando stringevo Iella era una faccenda completamente diversa e sapere che per i due ragazzi era lo stesso mi metteva in confusione.
La ragazza dai capelli rosa sembrò capire dal mio sguardo cosa stessi pensando e mi abbracciò, proprio mentre Mammoth volava a terra e Thornton si stiracchiava, vagamente indolenzito.
Gizmo smise di torturare il suo jetpack e si alzò.
"Lo porto fuori prima che decida di schiacciare i soldati come chewingum su un marciapiede." sospirò, allacciandosi lo zainetto meccanico mentre si avvicinava al compagno di squadra.
Vidi Robin che confabulava qualcosa con Thornton, leggermente arrabbiato.
Beast Boy era con i Titans East che chiacchieravano tra di loro, ma in realtà stava osservando di sottecchi Red X, intento a sistemare la sua cintura.
"Grazie per non aver dato in escandescenze." mi sussurrò Iella.
La guardai di sbieco.
"Per cosa?" domandai, piano.
Indicò i suoi amici con movimento appena accennato del capo.
See-More aveva le guance paonazze, ma era sorprendentemente sereno.
Billy, dal canto suo, lo stringeva come se si stesse aggrappando alla sua ancora di salvezza.
"Una volta accettato che Billy è solo il diminutivo di William, posso affrontare ogni cosa." mormorai.
Lei sorrise e riprese a giocherellare con una fiammella rosa tra le sue mani.
Una domanda fece capolino nella mia mente, all'improvviso.
"Ma qual'è il tuo vero nome?" chiesi.
La fiammella tra le sue mani si spense e lei si irrigidì.
In quegli ultimi tempi le avevo raccontato parecchio del mio passato, subito dopo averle riferito della conversazione con la ragazzina, ma lei non mi aveva mai parlato del suo.
Lentamente, quasi con una certa sofferenza, si abbracciò le ginocchia e vi appoggiò il mento sopra.
(Peter: *vestito da poliziotto* Attenzione.
Siete pregati di leggere questo annuncio.
La back story di Iella, in questa ff, è interamente un'invenzione di Elena. Nulla di ciò che racconterà è realmente accaduto al personaggio al di fuori di questa fanfiction. Risparmiate commenti del tipo: Ma non è così, Io conoscevo un'altra versione, Se nn sai le kose è intile le scrv!1!1!1!, perché all'autrice non può fregar di meno dell'opinione di chi non legge gli avvisi.
Pace e amore.)
Inspirò a fondo, ma senza accennare a volermi dare una risposta.
Capivo quanto potesse esserle difficile ripercorrere il proprio passato, soprattutto se l'aveva portata ad una vita criminale, ma rimasi comunque leggermente ferito dal fatto che non si fosse aperta con me.
"Blue Hariett Logan." rispose in un soffio. "Chiamata anche Lucky, da mio fratello."
Stranito le lanciai una lunga occhiata e la vidi lì, piccola e spaventata, talmente in difficoltà nel pronunciare quelle parole che faceva quasi tenerezza.
Chissà perché, ma il cognome Logan mi fece suonare un campanello d'allarme, anche se non ricordavo come mai mi fosse così familiare.
"Hai un fratello?" domandai, curioso.
"Avevo." precisò, stringendo con le dita le calze a strisce. "Era malato di una malattia incurabile ed inutilmente i miei genitori hanno tentato di guarirlo. Sono morti tutti e tre."
Chiusi la bocca, mortificato per averglielo chiesto.
Eppure continuavo a sentire quella fastidiosa sensazione, così familiare.
"Ero già in guerra con me stessa per essere una disgrazia vivente per i miei genitori, un metaumano, uno sbaglio, senza aggiungere anche..." aggiunse, con voce leggermente incrinata.
Si bloccò schiarendosi la voce.
Mi rivolse un sorriso, come se non le fosse costato nulla parlarmene.
"Comunque se Beast Boy continua a fissare Red X in quel modo credo che lui gli staccherà la lingua." commentò.
Notai BB seduto accanto al ragazzo mascherato, mentre continuava a toccargli la sagoma di teschio che portava sul volto.
L'aria spazientita del ragazzo mi faceva temere per l'incolumità del mio migliore amico.
Tuttavia mi fermai dal correre ad allontanarlo dal suo oggetto di studio per stringere Iella vicino a me.
"Mi piace il tuo nome." le dissi.
Scosse la testa.
"A me invece no, per questo odio il blu." ribattè. "E forse a te piace perché è il nome della tua splendida ragazza."
Le diedi un bacio sulla fronte.
Robin richiamò l'attenzione di tutti, con Thornton fermo al suo fianco che lo faceva sembrare un bambino al confronto.
"Bene, ora che vi siete confrontati con il Generale di Tamaran lui conosce i vostri punti deboli. Mentre combatterete tra di voi lui vi osserverà e vi darà qualche dritta." annunciò. "I primi sono Iella e Kid Flash."
La mia ragazza si lamentò piano mentre il rosso saliva sul tappeto e si scrocchiava le dita.
Riconobbi una cosa. Non mi piaceva il modo in cui il ragazzo se la mangiava con gli occhi.
Lettore: *entrando in camera in asciugamano e con un turbante sulla testa* Okay, finalmente sono riuscito a farmi una doccia come si deve, senza essere interrotto da famigliari acquisiti o ragazzi-ragno... *si blocca all'improvviso e sgrana gli occhi* Cosa stai facendo?
*Peter è seduto a gambe incrociate sul pavimento, indossando una maglietta azzurra con sopra scritto 'Cyinx'*
*alla parete tappezzata con poster anti-Kid Flash sono appoggiati dei cartelli che portano la scritta 'Kid Flash puzza di rabarbaro'*
Peter: Sto manifestando contro la mia Notp.
Lettore: *chiudendosi la porta alle spalle* Credevo che fosse la Roberra la tua Notp.
Peter: *alzando il mento indignato* Non posso credere che nei fumetti e nei cartoni arrivi quel patetico supereroe con il suo senso dell'umorismo e le sue battutine stupide a conquistare la ragazza più tosta del lato oscuro.
Lettore: Emh... Hai appena descritto te stesso, te ne sei reso conto?
*Peter lo ignora*
Peter: *alzandosi in piedi* Io dico no a Kid Flash e Iella. *tira fuori i pompon rosa e azzurri* CYBORG E IELLA! CYINX!
*si esibisce in un balletto sassy per esprimere il suo disappunto*
Lettore: *con una smorfia scioccata dipinta sulla faccia* Emh... Va bene. Allora io pubblico il capitolo, eh?
*afferra il telefono e digita un numero freneticamente*
Lettore: Sì? È il dirigente dello studio psichiatrico che parla? Guardi ho un problema, il mio compagno di stanza è andato fuori di testa.
Lettore: I sintomi? Sembra che qualcuno abbia frullato il suo cervello e che poi gli abbia dato delle pessime lezioni di danza. Ah, e sbava pure.
Peter: *tripla ruota con atterraggio in spaccata* CYINX!
Lettore: Che significa che non usate più la sedia elettrica?
Frasi frasose.
Selezionata da HEML01
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