Capitolo 10
STELLA
"E così dovrei allearmi con il vostro pianeta, pianeta che ho già battuto una volta, per lottare contro un esercito composto dai soldati di chissà quante lune?" domandò l'umanoide, sprezzante. "Vi siete bevuti il cervello?"
Jopre aveva raggiunto Citadel prima di noi ed aveva già tenuto un colloquio con il sovrano per ottenere il suo appoggio, ma era ancora tutto in forse, dato che l'imperatore voleva assolutamente un 'incentivo' per aiutarci.
Come avevamo già offerto agli Psion, la nostra prima proposta fu quella di concedergli di scegliere uno dei pianeti che avremo sconfitto e renderlo una sua colonia o un suo dominio.
Quel farabutto accettò, ma pretese di avere anche qualcos'altro.
Ero a corto di idee.
"Se non vi schiererete con noi potrebbe essere perduta l'ultima possibilità di sopravvivere! Immaginate cosa accadrebbe se Trigon dominasse l'universo: pensate che vi risparmierebbe solo perché gli avete reso le cose più facili?" gli feci notare, sfruttando tutti gli anni passati su quel pianeta perché il mio discorso risultasse fluido.
"Se siete venuti a propormi di schierarmi dalla parte vincente allora potrei accettare, ma questo vorrebbe dire che non necessitate del mio aiuto." replicò. "Devo quindi supporre che abbiate bisogno di me, quindi decido io il prezzo del mio esercito e delle mie armi."
Non era come suo padre, non lo era affatto.
Il sovrano che regnava quando io ero stata ridotta in schiavitù era morto da tempo ormai, quello che lo sostituiva era il figlio, cresciuto come se il terrore che seminava il suo genitore gli coprisse le spalle con un mantello.
Vedevo nello sguardo dei suoi consiglieri, delle guardie e delle cortigiane che temevano che si rivelasse crudele e spietato come il suo predecessore, ma la realtà era un'altra. Sarà stato anche avido, opportunista e calcolatore, ma non c'era alcuna luce di follia o malvagità nel suo sguardo.
Forse potevo trattare con lui meglio di quanto mi aspettassi, dovevo solo impegnarmi un po'.
Rabbrividii nelle spalle, mentre Tara mi sussurrava nell'orecchio.
"Proponi di concedergli degli schiavi, a quanto ho capito qui li adorano." mi suggerì. "E poi parlagli dei T'rasyan."
Avevo intuito che mia sorella parlasse di tutto con la sua 'migliore amica', ma pensavo che almeno le avesse detto di essere discreta. Delicata. Umana, almeno.
Invece eccola lì, a fare battutine sulla mia terribile infanzia.
Deglutii a forza.
"Il vostro commercio di schiavi è uno dei più famosi della galassia. Tra gli sconfitti verranno selezionati i più forti e poi mandati da voi." cominciai, con un sapore acido che mi saliva in bocca.
Io.
Stavo condannando centinaia di persone a un destino che io avevo odiato e dal quale ero riuscita a sfuggire per miracolo.
Proprio io.
Una lurida ipocrita, debole, egoista...
"No, di schiavi ne abbiamo più del necessario." mi liquidò, leggermente compiaciuto dalla situazione in cui mi stava mettendo.
Mi trattenni dal sospirare di sollievo.
"Abbiamo scoperto una magnifica specie qualche mese fa, delle bestie splendide." tentai. "T'rasyan è il nome che abbiamo dato loro. Nella nostra lingua significa 'Tornado'."
Appoggiò i gomiti sulle gambe, appoggiando il mento sulla mano a pugno, interessato.
Proseguii rincuorata.
"Hanno il corpo di uno stallone terrestre, una coda corazzata, delle gigantesche ali dalle piume di rame e una criniera scarlatta." spiegai. "Ma la loro caratteristica più incredibile è il nitrito, che con il suo suono crea tornadi di sabbia rossa."
Sogghignò soddisfatto.
"Vedete che non era così difficile?" osservò. "Di quanti esemplari disponete?"
"Venti, sire." risposi.
"Ottimo. Una coppia riproduttrice sarà più che sufficiente." acconsentì.
Tara esultò, tirando un pugnetto sulla spalla di Jopre, che aveva abbandonato per un secondo lo sguardo corrucciato.
Sentivo il cuore più leggero ed ero pronta persino a trascorrere lì l'intera giornata, data la carica che avevo addosso.
"Metterò a disposizione centomila uomini. Prendete le prima venti legioni e preparatele." ordinò allo scriba accanto a lui.
Il mio sorriso si spense.
Centomila?
A noi serviva almeno il triplo degli uomini per bilanciare la guerra.
Ora che avevo saputo dai nostri informatori che Bruce aveva ottenuto il supporto di altre popolazioni non potevo permettere a un re annoiato e tirchio di lasciarci in svantaggio.
Ma che altro avevo da offrire?
"A un certo punto ti dovrai arrendere Stella, non tutto può essere risolto in maniera diplomatica." mi aveva detto Robin al comunicatore prima che scendessi dalla nave. "Dovrai accettare che l'unico modo per farti ascoltare è riempire di legnate il tuo interlocutore."
Scossi la testa.
Non è vero che si risolve tutto con la forza, ne ero convinta allora e rimango nella mia idea anche oggi.
Con Robin, ad esempio, bastava che gli sorridessi e lui stava zitto, mentre nessun altro pareva riuscire a farlo rinsavire.
Con un abbraccio ottenevo tutti i favori del mondo.
E con un bacio lui si sarebbe sacrificato per me.
Un'idea agghiacciante mi si affacciò alla mente, aumentando l'acido corrosivo nella mia gola.
"Abbiamo bisogno di trecentomila uomini, sire." dissi. "Il vostro esercito è composto da seicentomila soldati, impiegarne la metà in questa guerra mi pare il minimo."
Strinse gli occhi, scrutandomi.
Nessuna si era fatta avanti. Nessun padre aveva offerto una figlia.
Una donna che lo affiancasse.
Una moglie.
Avevano tutti paura, ancora imprigionati nel ricordo del genitore.
"Sentite, non manderò al macello metà del mio esercito per due fenomeni da baraccone e qualche pezzo di terra." ribattè.
"Ho un'ultima offerta da farvi." continuai, determinata. "Se concedete quanti uomini ho richiesto, io mi concederò in moglie a voi."
Mi fissò per un momento, sorpreso e perplesso.
Poi sorrise in modo viscido.
"E sia." accettò.
RAVEN
Dormii come un sasso, demolita dalla stanchezza. Dopo essermi medicata le ferite ed essermi fatta una doccia, mi ero diretta in camera di Robin, della quale mi ero impossessata.
Rose non riusciva dormirci (diceva che si sentiva puzza di gel per capelli) pertanto aveva conquistato il divano, lasciando la ragazzina nella camera di Tara.
Anche se avevo dormito un sacco sentii la Torre comunque nel silenzio.
Alle dieci di mattina, quando aprii gli occhi, ipotizzai che quelli che conoscevo da più tempo dormissero ancora profondamente, mentre Rose probabilmente era andata a picchiare qualcosa sulla spiaggia di buon'ora.
Mi alzai stiracchiandomi ed indossando il mantello, pronta ad affrontare una nuova giornata.
Arrivai in cucina speranzosa di farmi una tisana in pace, ma la trovai occupata dalla ragazzina che si stava bevendo una tazza di qualcosa.
"Buongiorno Raven." mi salutò.
"'Giorno Tris." ricambiai, svogliatamente.
"Tris?" domandò perplessa.
"Tris è il diminutivo di Beatrice." risposi.
"Quella di Divergent, ho capito, ma cosa c'entra?" chiese ancora.
"Beatrice è il nome di un personaggio di 'Bianca come il latte, rossa come il sangue'." dissi, rivolgendole un sorrisino ironico.
Capì che alludevo alla sua carnagione esangue ed alle sue labbra che spiccavano su di essa, quindi rimase in silenzio.
Strinse le mani attorno alla tazza.
(Peter: *coff* SPOILER! SPOILER ENORME! *coff*)
"Sono entrambe morte." osservò.
Immagino che questo non aiutò la costruzione della nostra amicizia.
Mi voltai verso la credenza e presi il bollitore, riempiendolo di acqua del rubinetto.
Almeno era di buona compagnia.
Per i miei standard, almeno.
Voglio dire che da quel momento non mi rivolse più la parola.
Pronta la mia tisana me la portai sul divano, dove mi acciambellai spostando le coperte con cui aveva dormito Rose.
Il secondo a svegliarsi fu Beast Boy.
Entrò sbadigliando in cucina, salutandoci con entusiasmo, per poi fiondarsi nel frigo.
"Rae, dov'è finito il caffè?" mi chiese.
"Chiedilo a Tris." replicai.
Quando lui si alzò per chiedere spiegazioni provvide la ragazzina a raccontare.
"Tris è il diminutivo di Beatrice, Beatrice è una ragazza malata di leucemia di un romanzo italiano intitolato 'Bianca come il latte, rossa come il sangue'." spiegò.
"Sei malata di leucemia?" chiese, preoccupato.
"No, ma sono bianca come il latte e rossa come il sangue." disse indicando prima la faccia e poi le labbra.
"Come Biancaneve." comprese BB. "Capelli scuri come l'ebano, pelle bianca come la neve e labbra rosse come il sangue. Non avrai i capelli neri, però ho deciso che ti chiamerò Neve."
"La smettete di augurarmi la morte?" domandò, seccata.
"Ma Biancaneve non è morta." ribattè BB.
"Sì che è morta, hai dimenticato la parte della bara nel bosco?" replicò, esasperata. "Solo che nessuno stalker pieno di soldi verrà a svegliarmi con un bacio."
"Non è stato un principe?"
"Ed io che cosa ho detto?"
Sogghignai, godendomi l'aria di burrasca.
Neve. Che nomignolo stupido.
Ma BB era il re dei nomignolo stupidi, per cui.
Raggelai domandandomi se inconsciamente non stavo assorbendo le energie negative del litigio, quindi mi alzai e presi un libro che qualcuno aveva appoggiato per terra, in modo da tenermi impegnata.
Con una nota amara ammisi con me stessa che non ricordavo che il libro fosse italiano. Avevo letto la traduzione in inglese anni prima e non mi era rimasto in mente il nome dell'autore, nonostante i nomi fossero insoliti.
Poi un dubbio mi attraversò.
Quella ragazza... possibile che non fosse americana?
Dal modo di gesticolare poteva sembrare, ma dalla conoscenza della lingua mi sembrava che fosse nata e cresciuta negli Stati Uniti.
(Lettore: Elena? Madrelingua inglese?
Puhahahahahahahahahahahahaha
No.
Se il suo bagaglio lessicale si compone di 'De chet is in de teibol' ci sarà qualche problema.)
Oppure semplicemente aveva letto la traduzione come me, magari più recentemente.
Voltandomi mi resi conto che stavano ancora discutendo.
"Non mi chiamerai Neve." sbottò. "È atroce."
"Allora dimmi il tuo nome." replicò il ragazzo verde, agitando la forchetta in cui era infilzato un waffle.
"Non posso!" esclamò, sfinita.
"Okay, Neve." la stuzzicò BB con un sorrisino. "Passami il caffè che ti è rimasto."
"L'ho finito, Garf. Me ne vado a farmi una doccia." sbuffò, alzandosi dallo sgabello e correndo fuori dalla stanza.
Mi voltai verso il ragazzo e temo che il mio sguardo sembrasse troppo furioso.
"Garf? Hai rivelato a quella ragazzina il tuo vero nome dopo nemmeno ventiquattro ore di conoscenza?" sibilai, infastidita.
"Non è andata proprio così." rispose Beast Boy, vago.
"E come potrebbe essere andata diversamente? Hai impiegato anni per fidarti di me ed ora sei pronto a rivelare i tuoi segreti al mondo?" domandai.
"Quando l'ho trovata sulla spiaggia mi ero appena svegliato dal mio incubo -ti ringrazio ancora per quello- e l'ho vista sanguinante e ferita, quindi non mi sono fatto problemi ad aiutarla." replicò. "Poi lei mi ha chiamato Garfield e non ho fatto in tempo a chiederle nulla..."
"Ma ti senti? È spuntata a caso proprio sulla nostra baia, sa il tuo vero nome, non ci vuole dire il suo... Non sembra sospetto tutto ciò?" sbottai.
Ero l'unica a pensare che non fosse normale?
Il viso di Beast Boy si incupì.
"Prima con Tara, adesso con lei... Perché non dai mai a nessuno delle possibilità?" chiese, affranto.
Eh no, non poteva metterlo sul piano personale, quell'approfittatore.
"La stai paragonando a Tara? Che c'è, hai intenzione di prenderti una cotta anche per lei?" esclamai.
"Allora è per questo? Sei solo gelosa? Che bella faccia tosta, dato che sei stata tu..."
Mi piegai in due per il dolore.
La testa cominciò a pulsarmi, come se il cuore avesse deciso di cambiare sede per martellarmi l'interno del cranio, ed un terribile senso di nausea mi travolse.
Alzandomi cercai di arrivare al lavello della cucina, ma caddi dopo qualche passo, gemendo.
Beast Boy si precipitò a soccorrermi, anche se non potevo vederlo riuscii a immaginarmi perfettamente la sua espressione disperata.
Mi sollevò per le braccia, facendone passare uno attorno alle sue spalle.
Biascicai che volevo andare dal lavandino e lui con quanta più cura e velocità possibile mi ci accompagnò.
Sentii il tipico bruciore alla gola, la morsa mortale allo stomaco e la fitta alla testa.
Mi aggrappai ai bordi del lavello, mentre BB mi metteva una mano sulla fronte.
Vomitai di nuovo oscurità liquida, mandandomi definitivamente a fuoco la bocca.
Mi sentii morire per tutta la durata dei conati, con l'unico sollievo della mano fredda di Beast Boy.
Dopo qualche minuto ripresi a respirare normalmente, superata la crisi.
Tremando mi sciacquai la faccia e la bocca, mentre il ragazzo verde prendeva una lattina di Cola dal frigo.
Mi aiutò a sedermi sullo sgabello più vicino e mi porse la bibita, che trangugiai per mandare via il saporaccio.
Esausta nascosi la faccia tra le braccia incrociate sul tavolo.
Sentii BB accarezzarmi teneramente i capelli, troppo stanca per ribellarmi.
"Stai bene?" mi domandò.
Scossi la testa sconsolata.
"Basta litigare, okay?" mi propose. "Mi dispiace."
"Dispiace anche a me, ti chiedo scusa per essere così impossibile." aggiunsi con voce rauca.
Non lo vedevo in faccia ma sapevo che stava sorridendo.
Sentire sulla mia stessa pelle i suoi stati d'animo, quello che provava, era una sensazione inebriante.
Avrei voluto che mi abbracciasse per stringerlo di rimando, ma mi accontentai delle carezze nei capelli.
"Come fai a conoscere la citazione di Biancaneve?" domandai.
"Ho visto il film." rispose.
"Tipico." commentai.
Sorrisi anch'io, mio malgrado.
"Però non ho idea di cosa sia la leucemia." confessò.
Stupidamente mi misi a ridacchiare.
<<Ti amo.>> pensai.
*Lettore è nelle sembianze di Elena e sta frugando nell'armadio*
*Peter sta messaggiando con Chat, la sua ragazza, promettendole che il prossimo weekend tornerà per passare insieme le vacanze di Natale*
*Lettore sbuffa, lanciando una maglietta in testa al ragazzo*
Lettore: Ma com'è possibile che non abbia nemmeno uno straccio di pantaloni della tuta?
Peter: *alzando gli occhi dal suo cellulare* E perché mai staresti cercando dei pantaloni della tuta?
Lettore: *incrociando le braccia* Perché i miei vestiti sono tutti in lavanderia, quando tornerò nelle mie sembianze non voglio indossare dei jeans skinny.
*Peter fa per replicare quando la porta della camera si apre e si affaccia la madre di Elena*
*sulle facce dei due si dipinge una smorfia di terrore*
Lettore: Che ci fai a casa a quest'ora? Non dovresti essere in palestra?
MadreSuprema: Avevo dimenticato le scarpe. *assottiglia gli occhi* E lui chi è?
*Peter si alza di scatto mettendosi accanto a Lettore*
Peter: Pietro, signora. Faccio matematica con sua figlia.
Lettore: Non sapevo che sarebbe venuto. Si è fatto accompagnare per portarmi un quaderno. *è panicato, ma riesce a imitare una impassibile Elena*
*MadreSuprema li fissa scettica, sospettosa e sull'orlo di una strigliata*
MadreSuprema: Se frequenti il liceo di Elena vuol dire che vieni da almeno dieci chilometri di distanza. Come mai ti sei fatto tutta questa strada per un quaderno?
*Peter circonda le spalle di Lettore con un braccio*
Peter: Sono il suo ragazzo.
Lettore: Sei il mio cosa?
MadreSuprema: *basita* È il tuo ragazzo?
Peter: Diamine lo spero bene.
Lettore: A quanto pare.
*non si capisce se la sua espressione sia costernata o stupita*
*serra la mascella ed indica il corridoio con un dito*
MadreSuprema: Bene, a quanto pare avremo molto di cui parlare.
Pietro, se hai bisogno di un passaggio vieni pure, tanto devo fare la tua stessa strada.
*il suo sguardo è sia conciliante che terribile, come se stesse per squartare Peter su due piedi ma gli avesse chiesto se prima volesse una cioccolata calda*
MadreSuprema: E giù le mani da mia figlia.
Peter: *balza in avanti* Emh, certo signora.
*esce dalla stanza seguito dal suo sguardo e si avvia verso il piano terra*
*MadreSuprema punta un dito contro Lettore, perentoriamente*
MadreSuprema: Ti concedo che è molto carino, ma dopo parleremo comunque signorina.
*Lettore deglutisce e si sente sprofondare*
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