Sebastiano 16 - Le conversazioni improbabili al bar
Durante la settimana passata insieme avevo scoperto che Cora era meno assurda di quanto apparisse. Sebbene nei momenti di pausa la sua mente divagasse fino a derive chiaramente sconosciute a noi mortali, quando lavorava la sua concentrazione si acuminava. Come gli estremi di una calamita, riusciva a virare rotta fino diventare quasi un automa. Immersa nella lettura dei fascicoli non udiva neppure la mia voce.
In più di un occasione si era dimostrata pronta e affidabile. Tutti i documenti, sia l'archivio fisico sia quello elettronico, erano stati gestiti a regola d'arte. Ricordava i file che aveva riposto, la loro collocazione esatta e anche il nome del caso in esame. Né Serena né io potemmo mai lamentarci di lei in quei pochi giorni. Forse in altri posti di lavoro sarebbe stato un fatto scontato ma non nel nostro studio e non sotto lo sguardo truce e meticoloso di Serena. Fastidiosamente, ero stato io quello ad essere bacchettato dalla strega.
Era nato in me il dubbio che mio padre non avesse scelto Cora per il solo fatto che fosse figlia di un amico d'infanzia ma con un'idea ben precisa nella mente. Erano stati giorni frenetici sia per me che per lui. Riportare indietro i miei effetti da New York senza doverci tornare si era rivelato essere piuttosto complicato, ma non appena si fossero calmate le acque, dentro di me avevo già in mente di fargli il terzo grado. Mio padre doveva sicuramente sapere qualcosa di Cora che a me sfuggiva.
La seguii al bar. Volevo fare luce su questa faccenda e anche sulla sua relazione con Alan. Dopotutto, nel caso in cui fosse davvero stata scaricata i nostri rapporti si sarebbero nettamente semplificati. Saremmo rimasti colleghi di lavoro e di università. Niente rogne poco professionali.
Il taxi si fermò in un luminoso bar dall'arredamento accogliente. Le lampadine senza paralume pendevano dal soffitto come lacrime di luce. Le sedie di legno erano tutte dipinte con diversi colori pastello, che richiamavano la natura. Anche il bancone ricordava il lungo tronco di un albero secolare. Era un posto raffinato ma privo di vanità, in qualche modo ti metteva a tuo agio.
Cora, con passo deciso si sedette su uno sgabello del bancone e appoggiando entrambi i gomiti sul ripiano salutò la barista. Una ragazza bionda e alta che doveva avere poco meno di quarant'anni stava spillando una birra ma appena notò la sua presenza si bloccò a metà per andarle incontro. Un'altra donna dai capelli scuri con il grembiule da cameriera venne verso di noi con un largo sorriso.
-Cora, non ti aspettavamo-, disse la prima sporgendosi per baciarle la guancia.
La ragazza mora, che sembrava appena poco più giovane, si fermò a osservarmi sfacciatamente.
-E lui? Non avevi mai portato ragazzi al bar.-
-Lavora con me allo studio-, spiegò tranquilla mentre mi sedevo sullo sgabello accanto e salutavo educatamente.
-Uno stagista come te?-
-È il figlio del capo.-
Sotto quell'affermazione le bariste si bloccarono con i sorrisi congelati a metà. Immobili come statue di cera, ruotarono un secondo gli occhi nella mia direzione per poi tornare subito su Cora.
-Cora sei pazza?-, bisbigliò la mora quasi senza aprire bocca.
-Avevi promesso allo zio di non combinare nessun casino allo studio. Almeno davanti ai capi dovevi mostrarti normale, ricordi?-
-Ci siamo incontrati per caso... Cosa dovevo fare, ignorarlo?-
-Sarebbe stato meglio!-
A quel punto mi sentii in dovere di interromperle.
-Non dovete preoccuparvi. Ciò che Cora fa fuori dallo studio legale non deve interessare l'azienda e io non ho il diritto di giudicarla. Anche perché non sono il suo capo.-
Le due donne mi fulminarono con lo sguardo. Difendere la libertà di Cora non era stata una buona idea come avevo pensato.
-Andremo a casa presto, lo prometto. Voglio solo il mio solito long island e... e tu cosa bevi?-, domandò voltandosi verso di me.
In altre occasioni avrei detto "prendo lo stesso" ma rifiutavo categoricamente di bere un intruglio simile.
-Una birra weiss qualsiasi andrà benissimo.-
La barista bionda ebbe un attimo di esitazione, sembrava volesse dirmi qualcosa ma poi parve ripensarci e con un sorriso di congedo tornò al suo lavoro.
Cora nel frattempo iniziò a sgranocchiare dei salatini che erano disposti in minuscole ciotole di ceramica sul bacone. Il profilo regolare le donava un'aria d'altri tempi. Aveva un'ombra di sorriso sulle grandi labbra rosate ma gli occhi dalle palpebre leggermente abbassate apparivano tristi. Quando stava immobile nel silenzio assoluto aleggiava su di lei un'eleganza naturale e priva di affettazione. Inafferrabile, come quei sogni chiari che un attimo prima vivi nel pieno della tua mente e un battito di ciglia dopo, hai dimenticato.
Accorgendosi che la fissavo apertamente mi passò la ciotolina dalla quale stava attingendo.
-Vuoi?-
Pensava forse che la guardassi perché volessi da mangiare?
-Neanche morto. Sai quanti germi staranno proliferando là dentro?-
Il suo sgranocchiare si fermò un secondo, poi prese una grossa manciata di salatini e se li ficcò tutti in bocca.
"A quanto pare i germi non la spaventano. Buon per lei."
Lasciai deliberatamente cadere il discorso. Più pensavo a quelle maledette ciotoline infestate e peggio stavo.
-Vieni spesso qui da sola?-
-Sì, è il bar di mia zia, per cui venivo a farci colazione prima di andare a scuola ma da quando le mie cugine ci lavorano di sera ho preso l'abitudine di venire qui per bere e chiacchierare con loro. A dire il vero di solito non mi fermo mai nei weekend. C'è troppa confusione e loro non hanno tempo.
-Quindi loro due sono sorelle.-
-Esatto.-
-Te ne darò solo uno, sappilo!- ci interruppe la donna bionda porgendoci le nostre bevande. Chiaramente, stava parlando con Cora.
-Per stasera basterà-, rispose lei mescolando il contenuto ambrato con una cannuccia nera.
-Basterà?-, chiesi.
-Sono a stomaco vuoto-, mi sussurrò come per confidarmi un segreto.
-Vuoi dire che non hai cenato?-
-No, avevo le budella troppo attorcigliate.-
-Molto fine...-
Ci fu un momento di sospensione dove Cora mi guardò a lungo. Allo studio aveva sempre un'aria intontita e spensierata ma indubbiamente ora non era dell'umore adatto per assumere quella posa. La ignorai iniziando a sorseggiare la mia birra. Dopotutto non sembrava il momento giusto per un brindisi.
-Perché eri lì stasera?- chiese tutto d'un fiato prendendomi in contropiede.
-Ecco, ho solo aiutato la band di un amico.-
-Non ti credo-, con la cannuccia tra le labbra fece sparire due dita di liquido dal suo bicchiere. Era stupido trovarla affascinante?
-Perché non dovresti? Pensi che ti abbia seguito?-, in realtà volevo chiederle: non è che starai male dopo aver bevuto quella roba vero? Forse dovevo avvertirla che se vedo qualcuno vomitare poi lo faccio anch'io di riflesso.
-No, ma non credo nelle coincidenze. Non in quelle sospette.-
Mi osservò per un altro lungo secondo prima di dire:
-E va bene. Allora inizierò io. È vero, sono stata scaricata. Per questo ero al Magazzino Parallelo. Stavo aspettando un ragazzo.-
-È il tuo ragazzo?-
-No, doveva essere... diciamo un primo appuntamento.-
Annuii. Questo avrebbe semplificato enormemente le cose tra di noi.
-Però-, continuò guardando un punto oltre la mia spalla, -lo credevo davvero. Pensavo che sarebbe davvero venuto all'appuntamento. In ritardo forse, ma ci sarebbe stato. Inizialmente avremmo provato imbarazzo ma poi scherzando sarebbe passato tutto. Le mie gaffe lo avrebbero fatto ridere, i miei vestiti... sì, credo che gli sarebbero piaciuti. E probabilmente a fine serata mi avrebbe accompagnato a casa... Invece eccomi qui. Se anche avessi pronosticato questa serata in mille modi diversi mai avrei immaginato la tua presenza. Ma va bene così, non mi vergognerò di me stessa. Me lo ero ripromessa. Non c'è nulla di male nell'essersi... invaghiti per due volte di una persona così. Non sono meno di lui. Non lo sono. È lui l'idiota. Se in questo momento fossimo insieme sulla bocca dell'Etna lo spingerei nel baratro senza pensarci. Non gli darei mezza spiegazione. Premerei la mano sulla sua schiena e puff... sarebbe tutto passato, giusto? Dicono che per calmare la rabbia bisogna immaginare di stringere una penna, di metterci dentro tutti i problemi che si hanno e poi semplicemente aprire il palmo per lasciarla andare-, si fermò per osservarmi intensamente.
-Quindi vuoi immaginare che la penna sia quel ragazzo?-, dissi cercando di trovare un punto al suo discorso.
-No, pensavo di andare sull'Etna con te e buttarti di sotto. Mi farebbe sentire meglio.-
Sembrava dannatamente seria.
-In questo momento faccio molta fatica a capire se stai scherzando oppure no.-
-Più o meno. Volevo buttarti giù dallo sgabello. Posso?-
-Se ci provi poi ti faccio volare da una delle finestre.-
Alla mia risposta lei sorrise inclinando la testa di lato poi tossì forte e in maniera forzata. Aveva gli occhi lucidi. Appoggiò il viso su entrambe le mani e chiuse gli occhi un secondo.
-Accidenti, dovresti fermarmi quando parlo di queste cose, mi scendono di nuovo le lacrime... penserai che sono pazza.-
-Non lo stavo pensando.-
-Che bugiardo. Con quegli occhi penetranti sai di sicuro come far sentire a disagio una persona. Non importa sai? Puoi dirmelo quello che pensi di me. In fondo non mi importa.-
Ebbi solo un attimo di esitazione prima di dire:
-Bellissima.-
-Eh?-
-Stavo pensando che sei bellissima.-
Sembrò persa nel sentire quelle parole. Cora aprì la bocca e forse, per la prima volta in tutta la serata mi guardò con la sua solita faccia un po' attonita. Soffocai un sorriso. L'aria buffa le si addiceva molto di più di quella trasognante.
-È meglio se smetti di bere-, disse spostandomi la birra da davanti con uno scatto quasi felino.
-Non sono mica ubriaco.-
Mi guardò stralunata ancora per qualche secondo. Lei però sembrò decisa a non mollare la presa. Mi guardò come se cercasse di leggere qualcosa sul mio viso. Prima di farmi venire un buco in faccia dal suo sguardo pensai che fosse il caso di cambiare discorso.
-Hai tolto la fasciatura alla gamba. Ora stai meglio?-
A quelle parole parve ristabilirsi. Scrollò le spalle e si guardò distrattamente la caviglia.
-Mi riprendo velocemente.
-Già... giusto in tempo per attaccar briga con della gentaccia.-
-Così di sicuro non mi annoio.-
Cercai nuovamente di soffocare una risata.
-Immagino di no-, dovetti riconoscere.
-Che serata assurda. Il ragazzo che avevo invitato non si presenta e invece all'improvviso compari tu, vestito così come tuo solito...-
-Così come scusami?-
-Oh, andiamo lo sai. Bianco, nero, grigio. Sembra sempre di guardare un televisore degli anni venti. Anche se forse, stasera con quel cappotto e i capelli tirati indietro sembri più un triste mietitore.-
-Sei forse tu quella ubriaca? I miei vestiti sono tutti di ottima fattura.-
-Certo, certo. Ma prima che io diventi davvero brilla devi rispondere alla mia domanda.-
-Quale domanda?-
-Perché eri al magazzino stasera?-, la sua più che una domanda sembrava un imperativo.
-Te l'ho già detto-, maledetta donna insistente.
-Voglio la verità. Tu sai la mia motivazione. Ora voglio conoscere la tua.-
Sospirai.
-Stessa cosa. Anzi, diciamo quasi identica.-
-Cosa vuoi dire?-
-Qualcuno mi ha dato buca.-
Forse proprio perché era la verità Cora parve credermi. Mi guardò con gli occhi della compassione. Avrei dovuto mostrarmi triste?
-Cavoli, per un attimo mi ero immaginata tutt'altro.-
Mi mossi sullo sgabello e tentando di non sembrare troppo curioso chiesi: -cosa avevi immaginato?-
-Pensavo fossi qui per Sam.-
-Eh?-
-Pensavo fossi interessato a Sam.-
Ero talmente basito che non potei fare altro che ripetere:
-Eh?-
-Mi sembrava molto logico. Sei venuto al loro concerto ma non sembravi contento di stare lì, anche il locale sembrava disgustarti e poi l'ho visto...-
-Visto cosa?-, non potei fare a meno di chiederle a bocca aperta.
-L'occhiata di fuoco che gli hai mandato. E non solo! Anche lui lo ha fatto per tutta risposta. C'era un'intesa non indifferente... un'atmosfera indescrivibile. Così vi ho immaginati insieme e...-
-Ti prego fermati qui. Potrei cadere sul serio da questo sgabello e rotolarmi a terra dalle risate se continui.-
-Ok, come vuoi, prendimi in giro. Forse non sarò un'aquila in quanto concerne le relazioni umane ma ho altre doti percettive. Noto sempre cose a cui nessuno fa caso.-
-Ah si? Per esempio?-
Le terminò tranquilla il suo cocktail prima di dire: -sei mancino.-
-Cosa?-
-L'ho capito quando mi hai aperto la porta dello studio il primo giorno. Avevi il piede sinistro in avanti e hai persino inclinato la testa nella stessa direzione.-
-Lo hai capito da quello?-
-Certo, perché sono mancina anch'io.-
-E questo dovrebbe spiegare tutto?- Avevo lavorato accanto a Cora, ma avendo sempre davanti il computer non avevo fatto caso al fatto che fosse mancina. Dopotutto lo si nota solo quando qualcuno sta scrivendo o mangiando con coltello e forchetta. Ero io quello strano o lei? Era riuscita a confondermi le idee.
-Cos'altro hai notato?-, chiesi improvvisamente curioso.
-Bevi caffè per tenerti sveglio ma si vede che lo detesti. Lo ingurgiti sempre come se fosse una medicina.-
Anche questo era dannatamente vero.
-E poi, sei un fumatore occasionale.-
A quelle parole non potei fare a meno di sudare freddo. Ma come diavolo...? Non fumavo mai durante le ore di lavoro e non avevo mai tirato fuori il mio bastoncino di cannella davanti a lei. A dirla tutta, ormai avevo praticamente chiuso con quel vizio.
Senza che le chiedessi spiegazioni continuò il suo sproloquio.
-Non hai il fastidioso odore di tabacco bruciato che si portano dietro i fumatori abituali, dunque, senza dubbio non fumi spesso. Tra l'altro non credo che tuo padre o qualcuno dell'ufficio lo sappia, perché nessuno ti chiede mai di fare una pausa sigaretta con loro. Giri sempre con una scatoletta di mentine nella tasca però le prendi solo la mattina, tipico di chi vuol cancellare una prova dalla propria bocca. Ah, non ti agitare, non ho frugato tra le tue cose, è solo che tintinnano quando ti muovi bruscamente sulla sedia. Odio quelle scatolette di metallo, dovresti prenderle in carta. Te le porti appresso per dar fastidio ai tuoi colleghi mentre lavorano? Comunque... cosa stavo dicendo? Ah sì, ho notato che fumi anche perché spesso quando sei nervoso tieni le penne o le matite tra l'indice e il medio. Proprio come se fossero una sigaretta. Te le porti alle labbra e sospiri appena, palesemente insoddisfatto. E poi diciamocelo... sembri proprio il ritratto del poeta maledetto che fuma. Ti vesti anche come loro...-
Ma chi diavolo era questa donna? Sherlock Holmes la gemella perduta?
-Ti sei forse messa a studiarmi?-
Lei scosse con decisione la testa. Sembrava stesse facendo fatica a tenere gli occhi aperti.
-È il mio cervello che le elabora. Se non ho niente da fare, se non ho niente a cui pensare, se la mia mente ha bisogno di distrarsi inizia ad analizzare quello che ha intorno. Mi succede anche quando entro in ansia, come fosse un meccanismo di difesa automatico. Nella fattispecie, se sono rinchiusa in una stanza a compilare moduli tutto il giorno finisce che il mio oggetto di studio diventa... beh, il mio collega.
-È buffo no?-, continuò guardandomi dritto negli occhi, -Tutto quello che riguarda le emozioni diventa confuso. Le parole che rivolgo alle persone escono sempre un po' strane esattamente come le loro risposte... invece la mia mente ha tutte i gesti del mondo sotto controllo.-
-La professoressa Piper lo aveva detto-, concluse annuendo a se stessa.
-Chi?-
Le sue parole erano strascicate quasi monotone. Forse era brilla ma più che altro sembrava terribilmente stanca. Come se stesse lottando per non addormentarsi lì sullo sgabello.
-Aveva detto che alla fine sarebbe venuto fuori con il tempo, sotto forme diverse se lo avessi bloccato. Solo che all'ora non avevo dato peso alle sue parole. Nel tempo, mi sono resa conto che aveva ragione ma ho ignorato anche quello. Ho nuovamente fatto finta di niente e sono andata avanti.-
Decisi di ignorare il discorso della professoressa per non perdere il filo. Da questa assurda conversazione volevo almeno ottenere un chiarimento.
-Quindi, mi stai dicendo che lo fai inconsciamente?-
-Sì, ma tu non dirlo in giro... altrimenti ti diranno che sono pazza. Shhhh!-, sottolineò portandosi un dito sulle labbra, -È un segreto. I pazzi non possono fare gli avvocati quindi non puoi dirlo a nessuno.-
-Allora fai altro...-
-No! Io diventerò sicuramene un avvocato. A tutti i costi.-
-Perché devi diventare un avvocato a tutti i costi?-
Credevo che Cora fosse una svampita. Una svitata qualunque precipitata nel nostro studio legale per un'insensata concatenazione di eventi ma era la prima volta che guardandola bene capivo. Cora doveva essere ben più di quello che appariva. Ormai mi sembrava quasi di averne le prove.
-Perché io, esattamente come una giraffa...
-Giraffa?-
-Sì, come nella leggenda della giraffa...-
"Cosa c'entra essere una giraffa con fare l'avvocato?" Stava decisamente prendendo la deriva.
-Credo che sia ora di andare-, dissi sospirando.
-Perché?-
Alzai la mano destra
-Quante sono queste?-
-Cinque...-
-No. È una sola mano. Lo vedi? Sei ubriaca. Andiamo via.-
Cora mi diede retta e si alzò. Per quanto volessi pagare il conto le bariste non accettarono i miei soldi e invece chiamarono un taxi pregandomi di accompagnare Cora fino a casa. Pensavano forse che l'avrei abbandonata davanti alla prima fermata dell'autobus? Dovevo avere sul serio l'aria del cupo mietitore. Magari potevo passare dal nero al blu...
Nell'abitacolo, la temperatura era calda e i sedili erano morbidi. Cora ci mise meno di due minuti per addormentarsi accasciandosi contro la portiera e il finestrino leggermente appannato.
Decisi di non disturbarla fino alla fine della corsa.
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SPAZIO AUTRICE
È agosto, e io non ho voglia di lavorare alla tesi.
A parte fare aperitivi vegani che non sanno di niente e mangiare ghiaccioli a colazione passo le mie giornate ad accarezzare la mia gatta (che per la cronaca è ultramorbida, robe dell'altro mondo). Voi invece cosa state combinando in questo mese dal tempo pazzerello?
Ps: finalmente con questo capitolo posso dire di aver concluso il "prologo" della storia presentando i personaggi e le loro vicende. Dunque, che le danze abbiano inizio!
E se non ci sentiamo prima, auguro un buon Ferragosto a tutti quanti!!!
Baci.Sarangheo.Swag
Sofia
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