Cora 8 - A casa

Avvolta da un torpore familiare, nel profumo del piumone leggero, sentii delle voci arrivare in lontananza. Oltre la porta chiusa e le finestre dalle tende tirate c'erano gli uccellini sul grande olmo davanti casa, le risate dei bambini al parco, e poi le grida di mia madre e di sua sorella.

-Disgraziata? Come osi chiamare mia figlia disgraziata? Tuo figlio ha ventitré anni suonati e non è nemmeno in grado di prepararsi un uovo al tegamino, tanto è attaccato alle tue gonne!-

-Lella, perché te la prendi così tanto? Ho solo detto la verità. Quante volte è tornata a casa con un arto ferito? Ogni volta che esce dal portone principale, prego per lei come se dovesse partire per il fronte nemico. E la guerra è finita da quasi un secolo! Voglio dire, come diavolo fa a cacciarsi sempre nei guai? Mio figlio, mia cara, nemmeno in cento vite mi causerebbe tutti questi problemi. Oh, Lella... Pensi... che dovremmo toglierle il malocchio? Quella ragazza porta sventura.-

La voce cantilenante di mia zia era davvero fastidiosa. Mi veniva prurito solo ad ascoltarla.

"Povera mamma, e pensare che lei ci ha vissuto insieme per oltre vent'anni."

-S-sventura? Malocchio? Come diamine ti permetti di dire una cosa simile!? Vieni subito qui, che ti taglio quella maledetta lingua!-

-Tesoro calmati...-, il timbro caldo di mio padre mi fece sbocciare un sorriso spontaneo. Grazie al cielo era in casa.

Il teatrino che si stava svolgendo oltre il muro della mia stanza mi era così familiare che non dovevo nemmeno sforzarmi per immaginarlo.

Riuscivo quasi a vederla. Mia madre che si toglieva una ciabatta dal piede per ricorrere la sorella minore attorno all'isola della cucina. Mentre mio padre si teneva a debita distanza e controllava la situazione senza farsi coinvolgere.

Aveva sempre avuto pieno rispetto per i litigi tra fratelli.

A volte, parlando con me, lui stesso ammetteva che non aveva il diritto di interferire. "Io sono figlio unico. I figli unici non sanno cosa significhi litigare con un fratello o una sorella, con cui hai condiviso la stanza o la casa per anni. Anche se, guardando tua madre, direi che le sorelle sono un dono e una maledizione."

Che avesse ragione lui? Forse avevo idealizzato troppo mio fratello maggiore. Pensando a lui, non potevo fare a meno di avere gli occhi a cuoricino e la nostalgia di giocare a palla o a nascondino. Forse ero semplicemente ingenua, però per me, Dario era un dono senza difetti.

-Se mi tocchi con un dito lo dirò alla mamma!- strillò come una cornacchia mia zia, mentre stava evidentemente cercando di prendere la porta di casa senza essere colpita da un oggetto volante. Potevo vedere le sue braccia grassotte che si dimenavano in aria, forse, nel vano tentativo di volare via mentre con il sedere prorompente tamponava ogni sedia e mobile che intralciavano il suo cammino.

-Vai, vai da lei e dille quello che ti pare! Sei sempre stata la peggiore spiona del mondo! La mamma mi rimprovera ancora le sigarette che avevo nascosto nel pacco degli assorbenti. Per mesi ho dovuto mangiare broccoli e porri bolliti come punizione. Ed è solo colpa tua! Dovevi fare la giornalista per le riviste scandalistiche, non la fioraia... Elisabetta! Torna qui! Elisabetta!-.

Niente da fare. La zia se l'era data a gambe. Sentii la porta d'ingresso sbattere mentre mia madre, continuava imperterrita nel suo sproloquio, uscendo in giardino per farsi udire bene da tutto il vicinato. Eravamo quasi famosi.

Ero stata fuori di casa pochi giorni, ma era quasi confortante constatare che qui era tutto nella norma.

Mi stiracchiai come un gatto, pronta ad alzarmi dal mio nido di coperte. Lo avrei anche fatto con entusiasmo, se solo il livello della mia pressione non fosse stata al minimo storico.

La vista, già resa precaria dalla miopia, era offuscata da macchioline gialle e blu. Sembravano batteri orribili. La giornata non era ancora cominciata e io ero già k.o.

"Perfetto."

Uscii dalla stanza in modalità zombie azzoppato, fino a raggiungere lo sgabello della cucina. Perché diavolo i miei avevano messo un'isola nella cucina? Non potevano andare all'Ikea e prendere un tavolo basso come tutte le persone normali? Mi sentivo sempre in pericolo di caduta libera su quei trespoli.

Presi una ciotola pulita dal tavolo e vi versai il latte con i cereali secchi e insapore che compravamo per l'intestino pigro di mio padre. Se li avessi masticati senza averli inzuppati, avrebbero finito per prosciugarmi tutta la saliva.

Già mi immaginavo i titoli di giornale: trovata ragazza morta per deficit di salivazione.

Dovevo smetterla di pensare a certe cose. Come farà la gente a prendermi sul serio se non lo farò nemmeno io?

-Ah, ti sei alzata!- mia madre arrivò alle mie spalle e senza indugio, colpì la mia spalla abbastanza violentemente da farmi finire con la faccia nella ciotola del latte. Che per la cronaca: spruzzai tutto intorno a me come un elefante.

-Accidenti mamma! Mi è finito nel naso.-

Mi tamponai il viso con lo stesso affanno di un maratoneta ad un passo dalla fine.

-Sei una disgraziata! Com'è possibile che io non possa mandarti da nessuna parte senza poter stare tranquilla? Uno di questi giorni, quando non mi risponderai al telefono, morirò di crepacuore. Domenica prossima andiamo in chiesa e vediamo se qualcuno può toglierti il malocchio...-

-Mamma per favore... ci siamo già stati-.

-Taci, ti ci porterò di nuovo! Come fai a farti sempre male? Mi spieghi com'è possibile? Morirò giovane, e sarà colpa tua. Non hai nemmeno più il cellulare. Per fortuna l'ultima volta ne avevamo comprati tre. Dobbiamo solo ringraziare quel maniaco per le svendite di tuo padre.. Domani andrai a farti una scheda nuova. Ora pulisciti la faccia e mangia. Sembri dimagrita. Quanti chili hai perso? Hai anche gli occhi gonfi e le occhiaie.. Sei stata al mare o in Vietnam?-.

Il tono di voce di mia madre mi fece involontariamente ridere.

-Mamma non parlare a raffica, andrai in apnea e morirai sul serio. E poi io e papà come faremo?-

-Smettila di scherzare! Sembri davvero sciupata-.

-Sono solo un po' stanca...-, il piano bianco e liscio dell'isola, baciato dal sole, mi stava bruciando la cornea. Dovevo avere l'aspetto di Igor, l'assistente del Dottor Frankenstein.

Appena mamma si scostò abbastanza da lasciarmi respirare, mio padre mi abbracciò stretta.

-Cora... eravamo così in pensiero. Ti sei divertita? Come sta Margherita? É stressata dai ritmi Bolognesi?-

-Ciao papà, mi sei mancato. Direi di no, sai com'è... è abituata a Milano. Comunque mi sono divertita molto, ma non abbiamo fatto niente di eccezionale.-

-Ah davvero? E la tua caviglia?- sbraitò Lella imbizzarrita.

-È solo una piccola distorsione, sono già stata in ospedale a fare tutti i controlli. Qui invece? Tutto tranquillo? Ci sono novità?-

Mia madre sbuffò come una vecchia teiera e sbatté sul tavolo il canovaccio che aveva appoggiato alla spalla.

-Novità... cosa vuoi che sia successo in così pochi giorni? Ho comprato la valigia per il viaggio in Thailandia.. e sono uscita con Teresa per scegliere il costume. Pensi che dovrei comprarne più di uno? Considerando che partiremo per almeno...-.

Mio padre con aria infastidita le diede una lieve gomitata al braccio.

-Lascia perdere la Tailandia-, esordì deciso; -ci sono novità dallo studio legale!- -

-Davvero?-, chiesi, incapace di nascondere l'emozione nella mia voce.

"Oddio, finalmente!"

-Come promesso, il miglior studio legale di Milano ti prenderà come stagista. Certo, non avrai responsabilità vere e proprie, e svolgerai piccoli lavori, ma potrai osservare dei veri esperti all'opera.-

Per mia immensa fortuna, un vecchio amico di mio padre era diventato uno dei più grossi avvocati della regione. Di conseguenza, il suo studio era uno dei più prestigiosi di tutta la città.

-Sappi che l'avvocato Marco Melis è molto severo ma anche estremamente onesto. Vedrai che con lui ti troverai benissimo. Ha anche un figlio che se non mi sbaglio, è un anno più grande di te ma dubito che lo conoscerai, abita in America e studia a New York da un anno. Mi sembra che si chiami.. Sebastiano? Non ne sono sicuro. Comunque mi sono già accordato con Marco per tre pomeriggi a settimana, a partire dalla prossima, se a te va bene..-

-Certo papà, non vedo l'ora!-, dissi buttandomi tra le sue braccia.

Mia madre si sporse sul tavolo e appoggiò una mano sul mio braccio. Questo voleva dire che stava per dirmi qualcosa di sgradevole.

-Cora... a questo proposito, ti ho comprato un completo. Per il primo giorno indossa quello, poi dovrai andare a fare shopping. Lo sai vero? Non puoi vestirti come tuo solito allo studio.-

Abbassai il capo e sospirai.

-Lo so.-

Con lo sguardo, cercai il calendario a lato del frigorifero.

"Domani è lunedì, quindi mancano solo due settimane all'inizio delle lezioni.." Con le vacanze, avevo quasi dimenticato l'esistenza dei giorni della settimana.

Tornai in camera e mestamente -come solo un personaggio Shakespeariano potrebbe- scrutai il mio completo nuovo. Erano in tutto tre pezzi. C'era una camicia bianca, una giacca nera e un pantalone a sigaretta.

-Io e voi, non andremo molto d'accordo-, dissi sfiorando lievemente la camicetta immacolata color perla. Quando spostai lo sguardo sul pavimento, un paio di scarpe nere con il tacco entrarono nel mio campo visivo.

-Oddio. Voi e io litigheremo parecchio!-



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Uhhh allora, chiedo scusa per questo breve capitolo un po' inutile ma mi serviva come transizione. Nel prossimo arriva il terzo protagonista! Eh minchia.. FINALMENTEEEE

Ma sono solo io a sentirmi strana a scrivere qui? (intendo, a scrivere alla fine del capitolo) Mi sembra di parlare più a me stessa che ai lettori...

Sofia.. sei una pazza sclerata..

Ecco appunto AHAHAHAH (non si sa perché stia ridendo)

Che dire Pace.Amore.e SWAAAG!! <3

Un grazie ai pazzoidi che hanno letto fin qui. I love u.

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