Alan 17 - Primo giorno
"Codardo."
Nascosto, fra le sinuose siepi, mi sentivo un perfetto idiota. E Forse, lo ero davvero. La facoltà di giurisprudenza della Bocconi vantava un moderno e importante edificio circondato da un labirintico giardino minimalista. In un angolo di quegli arbusti piantati e tagliati da giardinieri con il disturbo OCD, mi trovavo io. A braccia conserte controllavo tutti gli studenti che entravano come il peggiore stalker mai visto. Certo, passare per il maniaco della facoltà nel primo giorno non era un impresa facile ma io ci stavo riuscendo bene.
Tutto questo mio rintanarmi in cunicoli di foglie era chiaramente colpa di Cora. Il timore di incrociarla mi stava facendo diventare pazzo. Se non fosse stato per il minuscolo particolare che ci saremmo visti tutti i santi giorni feriali per i prossimi mesi la mia strategia di tagliare i ponti avrebbe anche funzionato. I particolari rovinano sempre tutto nei piani di fuga. Quella mattina ero uscito di casa impettito. Mi ero detto che in ogni caso me ne sarei fregato, che se Cora avesse avuto il coraggio di venire a parlare con me l'avrei liquidata in due parole e invece...
"Vile."
Dopotutto, era ridicolo avere ripensamenti. Avevo fatto la scelta giusta cercando di non interessarmi più a lei. Ero certo di aver fatto la scelta giusta.
Una forte corrente d'aria s'incanalò sulla via che conduceva all'ingresso dell'edificio. Un turbinio di foglie autunnali tappezzò tutto il viale e le persone che vi camminavano. In quella pioggia di fuoco, Cora apparve quasi dal nulla. Era come se il vento stesso l'avesse accompagnata fin lì per appoggiarla su una nuvola. Indisturbata, passeggiò leggera sul grande viale alberato fino alla porta principale.
Rivederla fu come sentirsi scivolare via la sedia da sotto il culo un attimo prima di appoggiarcisi, come se il campo di gravità si invertisse ma solo per un secondo, giusto il tempo di farsi venire la nausea e il senso di smarrimento.
Dunque non era tornata sull'astronave madre verso nuove incredibili avventure. Era ancora qui a Milano. Una parte di me era convinta che Cora non si sarebbe mai più ripresentata. Ero certo che non averle risposto, non essere andato all'appuntamento, equivaleva all'aver perso un'occasione irripetibile. Cora, abitante dell'altro pianeta, bizzarro essere mitologico, stila un invito formale in SMS desueti che mai più si ripresenteranno. Una risposta non pervenuta equivaleva al definitivo depennamento dalla sua lista di esseri umani da incontrare. E così, con la stessa velocità con cui era arrivata, sarebbe svanita in un battito di ciglia.
Invece, era ancora dinnanzi a me e, a quanto pareva, le sue intenzioni di frequentare una delle facoltà più tronfie di Milano erano sincere. Cora alla Bocconi... e io ancora mi domandavo: ma perché mai?
Forse, Cora con il tempo sarebbe cambiata. Forse con qualcuno accanto... No, Cora non sarebbe cambiata e io avevo fatto certamente la scelta giusta. Lei non avrebbe mai capito il mio punto di vista, né avrebbe cercato di comprenderlo. Si sarebbe burlata di tutte le mie certezze. Le avrebbe prese a calci una ad una e mi avrebbe fatto male. Vedere i miei pilastri schiacciati sotto le suole di Cora avrebbe fatto male da morire. Avremmo finito comunque per discutere su tutto in ogni caso. Darci una possibilità era assurdo.
"Pusillanime."
In tutto questo, nel mio weekend passato con amici a fare i soliti schiamazzi, la mia maledetta coscienza era diventata più rumorosa e fastidiosa del dovuto. Era la stessa voce tonante che era sbocciata nel momento in cui avevo permesso a Cora di farmi scendere dal treno, di aiutarla a scappare per le vie mentre rubava una borsetta celeste, di farmi apparire davanti a casa sua senza invito e di baciarla con la disperazione di un viaggiatore che cerca l'acqua nel deserto.
Mantenendo una debita distanza mi accodai alla fiumana di studenti che si accalcava all'entrata. L'aula magna, dove le matricole erano invitate a presenziare, era una grande sala semi circolare, con file a gradoni, minuscoli banchetti in legno chiaro e una grande lavagna luminosa al centro. Asettico, pulito, serio, essenziale. In un parola, perfetto.
Presi posto tra le ultime file controllando sistematicamente la posizione e lo sguardo di Cora. Almeno per il primo giorno ero intenzionato ad evitarla come la peste. C'erano, come ogni anno, moltissimi iscritti ma il mio problema principale derivava dal fatto che molte persone mi conoscevano e appena mi scorgevano, si prodigavano in calorosi e chiassosi saluti. Tanti del nostro liceo classico (privato) finivano per scegliere giurisprudenza. Con il triste risultato di tramutare l'università (teorica svolta di vita) in una seconda scuola superiore, piena di persone già viste e conosciute o incontrate nei locali milanesi. Quelli bazzicati, per intenderci, dalla Milano che conta. La bionda che stava venendo verso di me con un sorriso smagliante ne era la prova vivente. Elisa piombò su di me con irruenza, allungando le braccia come un polpo, e io per poco non caddi dalla sedia. Lei era una delle mie ex compagne di classe e ex compagna... diciamo di avventure tra le lenzuola.
-Alan! Non ci vediamo da un sacco! Come stai?- La sua inconfondibile voce squillante a megafono riempì la stanza. Le bastava aprire bocca per far esplodere una bomba di parole tonanti. Chiaramente i presenti più vicini si voltarono verso di noi mentre io, istintivamente, mi abbassai il più possibile. Schiacciando il mio collo come un gufo mi ritrovai a maledire Elisa. Avevo una gran voglia fare una buca nel pavimento e buttarmici dentro, o di incerottarle la bocca.
-Bene, bene. Tu come stai?-, dissi piano nel tentativo di livellare il suo volume con il mio. Lei gettò la chioma all'indietro agitando i lunghi capelli come una frusta.
-Divinamente. Ho passato tutto agosto a Formentera. Non volevo più tornare a casa-, spiegò ridacchiando al suono delle sue stesse parole mentre si lasciava cadere sulla seggiola accanto come fosse un trono. L'abbigliamento formale super-attillato mostrava il fisico perfetto che aveva sempre posseduto e che era un autentica calamita per l'altro sesso. Nonostante fossi irritato dalla sua chiassosa apparizione, non potei fare a meno di sentirmi ripagato della mia pazienza quando, grazie ad uno dei suoi movimenti, le intravidi dalla scollatura una mezza luna del seno generoso. Ogni volta che le rivedevo sembravano sempre più grandi. Era come se la mia memoria non riuscisse a contenere quella taglia sul suo corpo minuto. Quei bottoni slacciati erano indubbiamente una distrazione.
Chiacchierammo del più e del meno per qualche altro minuto. Di tanto in tanto passava a salutarci un amico o un conoscente e abbassando la guardia, smisi di preoccuparmi troppo per Cora. Per mia fortuna c'era troppa confusione perché si notasse qualcuno seduto dalla parte opposta dell'aula. Anche con Elisa accanto era improbabile che si accorgesse di me.
-Ehi Alan-, mi salutò Davide, un amico di vecchia data di Luca che ormai conoscevo da quasi un decennio. Mi venne incontro con l'aria leggermente stranita mentre continuava imperterrito a gettare occhiate alle sue spalle.
"Oddio, che Luca gli abbia raccontato qualcosa di Cora? Accidenti a lui e alla sua bocca larga. Giuro che appena lo vedo lo strozzo con le mie mani. Ti prego fa che non dica niente di sconveniente davanti a tutti..."
-Ehm... non sapevo fosse tornato Sebastiano.-
Quelle semplici parole ebbero l'effetto di una scarica elettrica che mi segnò tutto il corpo. Sentii il sangue defluire dalle mie guance per poi tornare a esplodere impetuoso un secondo dopo. Sentii una rabbia crescente galopparmi dentro.
-Cosa...-
-Quello appoggiato allo stipite della porta non è Seb?-
Fu in quel momento che notai la piccola calca raccolta dinnanzi alla porta d'ingresso. Con uno scatto mi alzai dalla sedia e rapidamente scesi i gradini di quello che ora aveva tutta l'aria di un inferno sulla terra. Mi feci largo tra la folla, senza grazia o ritegno, scansai tutti finché, come nei miei peggiori incubi, mi ritrovai dinnanzi a lui.
Difatti, cos'è l'inferno senza Lucifero?
-Ciao Alan. Ne è passato di tempo...-, con le braccia conserte, insaccato in un cappotto nero dal bavero alto, Sebastiano mi guardava con quel suo ghigno altezzoso che un anno di lontananza non aveva cambiato di una virgola.
Il maledetto doveva essere ricomparso da poco o non essere entrato in contatto con nessuna delle nostre conoscenze comuni altrimenti... No, doveva averlo fatto apposta."
-Andiamo da un'altra parte. Abbiamo molto su cui discutere-, sibilai a denti stretti uscendo dall'aula ghermita di gente e dalle chiacchere che ci circondavano. Sebastiano non era solo appariscente per natura ma anche conosciuto nell'ambiente. Seppure più anticonformista del sottoscritto e dunque spesso malvisto, la cerchia di approfittatori che aleggiava su di lui pareva non arrendersi mai. Davanti alla sua freddezza facevano buon viso a cattivo gioco e imperterriti allungavano le mani. Tutti volevano un pezzo del suo nome per poterlo sfruttare a tempo debito e così anche il del mio. L'unica differenza tra noi era che Sebastiano non aveva mai dato credito a nessuno. Persino nel nostro vecchio liceo dopo ben cinque anni di frequentazioni dava confidenza a pochi ragazzi. I pochi che sembravano stargli accanto per disinteresse.
-Vuoi saltare le lezioni ora già dal primo giorno? Beh, io non chiedo di meglio...-
Con passo sostenuto, mi diressi verso l'ingresso della facoltà. Quando trovai un punto abbastanza isolato del giardino mi fermai. Rimanemmo a fissarci negli occhi per svariati secondi. Era terribilmente strano rivederlo dopo tanto tempo ma lui non sembrava percepire il mio stesso disagio. Anzi, era divertito dal mio turbamento. Come sempre, la sua calma glaciale aveva il potere di trasformare me in una belva. Avevo una gran voglia di togliergli quel sorrisetto dal volto.
-Cosa ci fai qui?- grugnii incapace di contenere il mio disprezzo.
-Ma guarda... e io che volevo farti la stessa domanda.-, disse affilando lo sguardo.
Non avevo mezza voglia di ascoltare le sue prediche. Lo avrei ignorato totalmente e deliberatamente se solo...
-Sebastiano, dov'è Emma?-, soffiai con tono fermo e impenetrabile.
-Vuoi farti picchiare subito?-
-Smettila brutto idiota, dimmi dove si trova Emma!-
Guardai la testa di cazzo che avevo davanti farsi sempre più scuro in volto. Finalmente anche la sua facciata di marmo iniziava a crepitare. Se sperava di uscire da questo perimetro senza darmi mezza informazione su Emma si sbagliava di grosso. Ora che sfortunatamente il maledetto era tornato tanto valeva fargli il terzo grado. E se proprio dovevamo finire per fare a pugni c'erano sempre i maledetti cespugli dove nascondersi.
Ero quasi pronto a prendere il colletto immacolato con entrambe le mani quando mi sentii picchiettare la spalla. Mi girai stranito per diventare, subito dopo, ancor più sconcertato. Cora era lì a guardarmi con gli occhi sgranati, gli stessi due bulbi curiosi che aveva puntato su di me nel nostro incontro all'ospedale di Rimini.
"Deve avermi seguito fin qui dopo avermi visto! Ora mi farà mille domande scomode. Maledizione Cora, non è proprio il momento adatto!"
-Alan, cosa ci fai qui con Sebastiano?- chiese aggrottando le sopracciglia.
Sebastiano? La domanda era corretta ma il soggetto ero sbagliato.
-Buongiorno Cora-, ribatté Sebastiano con aria amichevole.
"Ma che diavolo...?"
-Ciao Seb, sei arrivato tardi. Come fai a conoscere Alan?- chiese con una strana inflessione nella voce.
Come diavolo facevano a conoscersi Cora e Sebastiano? In quale diavolo di mondo parallelo ero precipitato? Confuso, quasi al punto di colpirmi da solo, cercai di far luce sulla faccenda.
-No, la domanda giusta è: come fate a conoscervi voi due-, precisai indicando entrambi con uno scattante indice che non smetteva di fare avanti indietro. Cora nel sentire la mia replica incrociò le braccia e mi guardò con sfida.
-L'ho domandato prima io. Piuttosto, cosa ci fai qui? Devi parlare con Seb?-
Il discorso aveva preso la strada di un criceto sulla ruota.
-Alan, sembri un filino in difficoltà... come mai?- Sebastiano, che faceva meglio a starsene zitto se non voleva beccarsi un calcio in bocca, si intromise frapponendosi fisicamente tra di noi. Il fatto che questo bastardo e lei si conoscessero mi turbava non poco.
-Cora, da quando conosci Seb?- chiesi mettendo in mostra tutta la tranquillità di cui disponevo. Cora fece un leggero sbuffo ma alla fine mi rispose: -Sto seguendo uno stage nello studio legale del padre di Sebastiano.-
-Lavori nello Studio Melis?- La notizia apparve talmente surreale da farmi sperare di essere in una sorta d'inquietante incubo. Cora allo studio Melis... assurdo. No, totalmente assurdo.
-Ma come diavolo hai fatto a farti assumere dallo zio?-
-Zio?- Esclamò lei ancora più sbalordita di me. Diamine. Mi bastò un attimo di quiete mentale per capire che l'unico che sapeva tutto era quell'idiota con il ghigno stampato sulla bocca. Sapeva che mi ero iscritto alla Bocconi e a giudicare da come stava prendendo la piega questa conversazione assurda sapeva anche della mia "amicizia" con Cora. Che fosse stato Fabio?
Sospirai, esasperato da quella pantomima dai toni verde vomito.
-Io e Seb siamo cugini-, spiegai con tutta la calma possibile.
-Cugini di primo grado-, incalzò lui sfoderando uno dei suoi sorrisi maligni e circondandomi il collo con il braccio destro.
-CUGINI?-, esclamò Cora con l'aria di necessitare di una maschera per l'ossigeno.
A quanto pareva non ero il solo ad essere stato giocato dall'idiota al mio fianco.
*SPAZIO AUTRICE*
Ebbene eccomi qui con questa notiziona da Beautiful! Nella primissima stesura avevo fatto sì che il lettore scoprisse di questo legame di sangue molto prima (per intenderci Seb nella sua prima apparizione malediceva apertamente il cugino). Qui invece il lettore lo scopre insieme a Cora, cosa dite? Troppo Soap Opera in questo modo? XD
PS dato che i nomi combinati sarebbero troppo ridicoli (Corano, Alara, Sebora etccc... XD) le imposto semplicemente così:
Ship-Alan
Ship-Seb
E insomma, ormai a metà della storia voi per chi propendete?
Grazie per aver letto sin qui
BACI.SARANGHEO.SWAG
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