C'è Qualcuno?
Una volta svegliata e tormenta dai troppi pensieri, Adel, decise di raggiungere la finestra, e di guardarci amorevolmente fuori.
Voleva arrivare con lo sguardo al punto più distante, che tramite la vista, poteva vedere.
Ammirava il vento, che delicatamente, a volte, o bruscamente, spesso, faceva sbattere le foglie le una contro le altre. Il fruscio che veniva a crearsi era una melodia calma.
Ma poi ecco, un flash, vide il padre.
Il padre la stringeva per i capelli, e le faceva sbattere la testa contro il pavimento.
Si alzò, terrorizzata.
"No Adel di nuovo, cosa vai a pensare?"
La mente, come se aspettasse solo questo, la rimproverò.
E piano piano riprese in mano la realtà.
Il padre non era lì, non doveva avere paura.
Nessuno le avrebbe più toccato alcun capello o fatto del male.
Si toccò lei i capelli, li mosse.
Andò nella sua stanza, sempre ricolma di variegati dipinti, aprì un cassetto, colorato anch'esso.
Decise che era il momento, prese un grosso paio di forbici, e si diresse nel bagno.
Guardò lo specchio davanti a lei, lo toccò, come se si volesse dare una carezza attraverso il riflesso.
Fissò le forbici, luccicavano, si specchiò anche con il riflesso delle lame.
Si decise. Era il momento.
Prese una ciocca di capelli e tagliò, poi un'altra ancora, fino ad ottenere un carinissimo caschetto, che arrivava appena sotto il mento.
Si guardava, ora, come se fosse un'altra persona, pensava che, se i capelli lunghi appartenevano ai suoi più terribili ricordi, tagliandoli non avrebbe più avuto memorie fastidiose.
Prese le forbici per rimetterle al loro posto, ma con le mani che tremavano, per l'agitazione o la gioia, le caddero.
Il colpo fu veloce, Adel, fece per coprirsi le orecchie, per evitare di sentire il rumore metallico delle forbici cadere contro il pavimento.
Ma nessun rumore si avvertí.
Solo un urlo, pungente e disperato, della ragazza.
Si guardò il piede, era ricoperto di sangue, che sgorgava fluido, di un rosso vivo, piano piano riempiva il pavimento di quel vivido colore.
Adel non riusciva ad intravedere la ferita, ma capí subito che non sarebbe stata una passeggiata guarirla.
Era già in bagno, pensò: "Bene".
Era nel luogo dove lei teneva tutto il necessario per gli infortuni.
Buffamente prese la scatola dove teneva il tutto.
Mise subito le mani al suo interno, cercava un bel disinfettante, una garza e i punti.
Trovò il disinfettante, lo mise su un piccolo straccio, ed iniziò a pulire la ferita.
Il dolore era tanto, ma stringeva i denti.
Fissava la ferita, era peggio di quanto pensasse.
Servivano sicuramente dei punti.
Prima che potesse fare qualunque altro gesto, sentì il rumore delle sirene.
"Sta arrivando qualcuno, magari un delinquente è fuggito, oppure la signora Nickl, la mia vicina scorbutica, che sento sempre sbraitare contro i bambini che, gioiosamente, giocano a pallone, ha preparato una torta, e accidentalmente, ha fatto prendere fuoco a tutta casa, o, più semplicemente e probabilmente, qualcuno è stato male"
Pensò la giovane ragazza.
Poi sentì bussare alla porta.
"Oh cavolo papà ti sono venuti a prendere, starai bene insieme ai mostri come te, vedrai, la cella sarà il tuo habitat naturale" La mente di Adel, involontariamente, arrivava sempre a pensare al padre.
"No no no, papà non c'è, vogliono me?! Corri Adel, vai a nasconderti dove devi".
Non pensava più alla gamba, ma al suo cuore, che batteva all'impazzata, andò velocemente a mettersi in un buchino, dietro un'asse di legno, che si apriva, e poteva mettersi, stretta stretta in quel luogo. Aprì l'asse, si mise, anzi si buttò, al suo interno, e richiuse la piccola porticina.
Quella micro stanza l'aveva creata il padre, serviva quando arrivava qualcuno, lei doveva nascondersi lì, nessuno doveva sapere che esisteva. Non si era mai fatta domande, aveva sempre obbedito.
«C'è qualcuno? Forza aprite»
Era una voce piuttosto cupa, doveva avere sulla trentina d'anni chi pronunciava quelle parole.
La porta non parlava, urlava.
«Polizia di ****, vi conviene aprire o butteremo giù la porta»
Questa voce era più giovane, squillante.
«Non ti sembra eccessivo, Eiden?» Un'altra voce, che dopo aver detto ciò rise.
«Credo di sì» Rispose il giovane.
«Comunque credo sia aperta, mentre urlavo la ho sentita muoversi in modo strano» Continuò il ragazzo.
«Interessante, bravo! Chris, vai in macchina, aspettaci lì, ci metteremo poco, sembra davvero una casa abbandonata».
«Perfetto, Tan, a dopo»
E con queste parole, la voce cupa si allontanò.
«No aspetta» Disse Eiden «Ho sentito un urlo prima, e mi sembrava che derivasse da questa casa, ve ne prego, rimaniamo in tre, non credo di essere pazzo e di sognarmi le voci»
Chris guardò Tan, aspettando la sua decisione.
«Va bene Eiden, se pensi questo, rimarremo in tre. Chris, caro vieni. Giovane, tu» disse rivolgendosi a Eiden «Apri la porta, cosa aspetti?»
Eiden pose la sua mano sulla maniglia, si sentì uno scricchiolio e poi la porta, come previsto dal ragazzo, si aprì.
"No, la porta, non la ho chiusa, Adel, ma come hai fatto a dimenticartelo? Sono fregata!"
La giovane era terrorizzata, il suo cuore salì in gola quando sentì la porta aprirsi.
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