La Tavola Rotonda | Lance Stroll

Dedicata a EmyMily
Spero ti piaccia💞

📍Londra, Regno Unito

Ginny

Il rombo di un motore di una macchina mi fa aprire lentamente gli occhi. Devo essermi appisolata non troppo profondamente mentre Arthur, mio figlio, guardava qualche cartone animato alla televisione e infatti eccolo qui, disteso sul mio busto e con la testa appoggiata al mio seno leggermente assonnato anche lui. Questo pomeriggio ha preferito non fare il pisolino perché torna papà da uno dei suoi weekend di gara e lui vuole sempre essere il primo a salutarlo.
-È arrivato papà!-
Lo guardo perplessa per poi guardare l'orologio: sono solamente le tre del pomeriggio e mi sembra molto strano che sia davvero arrivato a casa.
Mi alzo, prendendo Arthur tra le braccia e andando a controllare alla finestra ciò che mio figlio afferma con così tanta sicurezza; scosto leggermente una tenda e quando vedo la Aston Martin di Lance parcheggiata nel vialetto sorrido. È davvero arrivato papà e non potrei esserne più che felice. Deve essere stato proprio lui a svegliarmi poco fa.
Arthur sgomita per potersi liberare dalle mie braccia: vuole sempre essere lì davanti alla porta pronto a saltare al collo di papà quando non avrà ancora messo piede in casa.
Lo seguo fino alla porta d'ingresso del nostro cottage nella periferia verde di Londra e quando lo raggiungo guardo attraverso la finestrella posta sulla porta di legno e vedo il mio fidanzato prendere dal bagagliaio la sua valigia e, con lo zaino sulle spalle, dirigersi verso di noi.
Non appena è abbastanza vicino, apro la porta e immediatamente Arthur si fionda fuori correndo e urlando.
-Papà!-
Lance alza lo sguardo dal suo cellulare e quando vede nostro figlio corrergli incontro come se fosse un peluche gigante, lo ripone in tasca abbassandosi al suo livello e stringendolo tra le sue braccia.
Guardo la scena appoggiata allo stipite della porta ancora aperta e in quel preciso istante mi sembra di aver raggiunto ogni mio scopo nella vita.
Sono abbastanza vicino da poter vedere come Lance guarda Arthur non appena rincasa, lo guarda come se fosse l'unica cosa importante della sua vita, neanche le corse superano l'amore che prova per nostro figlio.
Arthur Chris Stroll è arrivato per caso, è capitato è vero, ma ora nessuno dei due riesce più a fare a meno di lui e non scherzo se dico che non ricordo come si stava senza di lui, tre anni fa.
Una volta che si sono salutati per bene, Lance continua il suo percorso verso la porta, verso di me, mantenendo Arthur stretto tra le sue braccia.
-Ehi!-
Poggia una mano sul mio fianco, io sul suo volto e mi sorride. Adoro il suo sorriso, credo che sia la cosa che per prima mi ha fatto innamorare di lui.
Mi bacia, velocemente, ma con passione allo stesso tempo; rimaniamo qualche istante a guardarci negli occhi, giusto perché non abbiamo potuto osservarci per le precedenti tre settimane. Poi entriamo, come se non fosse successo nulla, come se solo lui ed io fossimo stati inglobati da una bolla protettiva.
-Hai visto la gara, piccolo?-
Arthur annuisce energicamente e si appoggia al petto di Lance nascondendo il suo viso, quasi fosse imbarazzato.
-E sono stato bravo?-
Dalle labbra di Arthur esce un flebile e in risposta Lance sorride, ancora, e gli lascia un bacio affettuoso sui capelli.
-Ok Arthur, torna a guardare i cartoni che papà adesso si deve sistemare ed è stanco.-
Arthur mi ascolta puntigliosamente e si lascia liberare dalle braccia di Lance correndo sul divano e sistemandosi con la sua copertina preferita e il ciuccio tra le labbra.
-E tu cosa dici? Sono stato bravo?-
Dopo aver constatato che Arthur è stato rapito dalle immagini colorate della televisione, Lance si volta verso di me e mi stringe a sé cingendomi i fianchi con le sue braccia muscolose.
-Sei stato molto bravo, ma ora è meglio se ti sistemi. Devi essere molto stanco...-
Prendo tra le dita il manico de trolley di Lance e mi faccio seguire in camera, dove potremo agire senza badare a quello che diciamo o facciamo davanti ad Arthur.
Mollo il trolley nel mezzo della stanza e mi siedo a gambe incrociate sul materasso osservando Lance sistemare le sue cose.
-Come è andata mentre non c'ero?-
-Abbastanza bene, ho passato tanto tempo con Elena...sai che non amo stare sola in questa casa quando tu non ci sei...-
Osservo Lance togliersi l'orologio, riponendolo sul comodino accanto al nostro letto, e togliendosi anche la felpa e la maglietta per cambiarsi e sistemarsi comodo.
Stringo i pugni e mi mordo il labbro inferiore nel vedere quella scena. Devo ammettere che mantenere la testa sulle spalle in queste tre settimane è stato davvero difficile e vederlo ora così, in una veste che vedo spesso in realtà, mi fa un certo effetto.
Mi alzo dal materasso e lo raggiungo, passando delicatamente una mano sulla sua schiena possente e muscolosa.
-Mi siete mancati molto, sai...?-
-Siete...?-
Lance mi guarda senza capire, ma quando ha afferrato il concetto ridacchia e si stupisce forse più di me per aver detto quelle parole.
-Avanti Lance, ho un figlio ma ho pur sempre venticinque anni e fidati se ti dico che in queste tre settimane ho davvero faticato a mantenere i nervi saldi...-
-Gli ormoni volevi dire...-
So quanto Lance adora prendermi in giro, su qualunque cosa, ma soprattutto sul sesso, adora prendermi in giro perché quando ho voglia dice che divento strana; comunque sia si riveste velocemente e mi guarda negli occhi.
-E comunque non mi va ora...poi di la c'è Arthur...-
-Uff, scusa...-
Incrocio le braccia al petto e torno a sedermi sul letto. Che cattivo.
-Come va con il lavoro? Ti ha risposto qualche azienda?-
Ultimamente per me che ho studiato pubbliche relazioni non è facile trovare lavoro e devo ammettere che ho mandato a centinaia di curriculum a davvero qualsiasi azienda di Londra, ma per ora nessuna ha accettato le mie condizioni, soprattutto il fatto che ho un figlio.
-Si, ma vogliono mettere troppe restrizioni...non posso lavorare otto ore al giorno! Arthur che fine farebbe?!-
Sono un po' frustrata devo dire, non che mi serva davvero lavorare, ma di fare la casalinga mantenuta a venticinque anni mi sembra un po' eccessivo.
-Ho parlato con mio padre...sarebbe disposto a darti un posto nel team...-
Ecco proprio quello che volevo evitare. Sembrerei una raccomandata agli occhi di tutti e non è il caso, non credo che reggerei quella pressione.
-Lance, sai che non voglio...-
-Ma cosa ti frega?! Sei la mia fidanzata e la madre di mio figlio, non sarebbe una novità se ti dovessero vedere in giro per il paddock e poi passeremmo più tempo insieme: tu, io ed Arthur.-
-Non voglio che mi disprezzino e ti disprezzino più di quanto già fanno! Perché non capisci? Voglio fare le cose da sola...-
Mi massaggio le tempie per cercare di non alzare la voce e mantenere i nervi saldi, ma Lance sembra non capire. Non è che perché è nato fortunato ora deve aiutarmi. Ok sì, mi fa piacere, ma sapeva che volevo cavarmela da sola.
-Che problema c'è a farti aiutare?-
-Perché non riesci a vedere quello che mi stai facendo, quello che ci stai facendo? Vuoi davvero ricoprire la tua famiglia di odio?-
-Non ci sto facendo proprio nulla Ginny, sto solo cercando di essere una famiglia unita.-
Quello che Lance non capisce è che possiamo essere una famiglia unita anche senza lavorare entrambi nello stesso settore, nello stesso team. Non serve.
-Me ne vado ora prima che tu ti metta a piangere come una bambina per farmi pena!-
Sgrano gli occhi non credendo alle parole che Lance mi ha rivolto, così affilate e calcolate. Crede davvero che io pianga per suscitare in lui pietà? Beh abbiamo un figlio e stiamo insieme da un po', ma di me non ha capito proprio nulla.
-Bravo, vattene. Vattene ora. Stronzo.-
Perché? Perché tutte le volte che non siamo d'accordo su qualcosa deve sempre andare a finire così?! Io che ci rimango male e lui che se ne va, fisicamente e non.
Faccio un respiro profondo cercando di reprimere le lacrime, sono così brava a piangere a sproposito che devo imparare a non farlo.
Mi passo le mani tra i capelli e quando alzo lo sguardo scovo Arthur che mi guarda, nascosto contro lo stipite della porta con il suo cuccio tra le labbra e la copertina stretta in una mano.
Vorrei piangere seriamente ora. Odio che mio figlio abbia sentito me e Lance litigare, non voglio che creda che io e papà non ci amiamo o che lui sia un uomo cattivo.
Mi alzo dal letto e mi dirigo verso di lui, che sembra così spaventato e mi abbasso al suo livello sorridendogli.
-Cosa ne dici se andassimo a fare un bagnetto?-
Arthur mi guarda con i suoi occhi neri, gli occhi di Lance, e annuisce.

Sono passate davvero tante ore da quando Lance ha deciso di uscire dalla porta di casa e se prima avevo la certezza che sarebbe tornato, ora ne dubito leggermente. Non ho idea di come potrebbe davvero abbandonarci, io non riuscirei ad abbandonare lui e Arthur, ma probabilmente lui ci riesce.
Questa sera non ho cenato, ho semplicemente preparato la cena per Arthur; la paura di poter perdere per sempre Lance era troppo forte che non mi permetteva neanche di attentare un pezzetto di pane.
A sollevarmi dalle mie paranoie ci pensa lui, Arthur, che mi si avvicina pronto ad andare a dormire. Almeno avrò sempre lui.
Lo prendo per mano e lo dirigo verso la mia camera da letto: non me la sento proprio di dormire da sola questa notte.
Una volta in camera mi sistemo sul materasso e Arthur mi copia, sistemandosi dalla parte dove solitamente si corica Lance. Mi giro sul fianco sinistro per osservarlo addormentarsi e per essere felice almeno per dieci minuti, ma i suoi occhietti non accennano a chiudersi, semplicemente mi fissano.
Sorrido istintivamente e gli passo una mano tra i capelli neri, proprio come quelli di Lance.
-Mi avete spaventato...avete alzato la voce...-
Sorrido ancora ad Arthur mentre alcune lacrime iniziano a solcare le mie guance. Forse solo in questo momento comprendo davvero di essere rimasta sola nel mio cottage nella periferia verde di Londra.
-Mi dispiace, piccolo. Papà non è così, sono stata io a rispondergli male. Ora però dormi e vedrai che quando ti sveglierai papà sarà tornato a casa.-
All'istante Arthur chiude i suoi occhietti e sembra piombare nel sonno più profondo mentre io continuo a piangere, in silenzio per non disturbarlo.



Lance

Sbatto la porta di casa alle mie spalle e arrabbiato mi dirigo verso la mia auto deciso ad andarmene da qualsiasi parte purché sia molto lontano da qui. Come è possibile che Ginny non apprezzi mai nulla di quello che faccio per lei.
Metto in moto e so bene dove mi sto dirigendo: da Esteban.
Anche lui abita qui a Londra peccato solo che debba metterci quasi mezz'ora per arrivare da lui. Pazienza, avrò più tempo per schiarirmi le idee ed essere un po' più lucido quando parlerò con lui. L'ho sempre fatto, parlare con lui. Mi aiuta davvero tanto soprattutto perché mi mette davanti le cose così come stanno facendomi ragionare. Davvero ancora oggi mi chiedo come abbia fatto a trovare un amico come lui, che per me c'è sempre.
Totalmente soprappensiero parcheggio davanti al palazzo dove si trova l'appartamento di Esteban ed Elena e mi accingo a dirigermi verso la porta d'ingresso. Suono e quando dall'altra parte Elena mi risponde non fa neanche una domanda sul perché io mi possa trovare lì da loro a quest'ora del pomeriggio.
Salgo velocemente le scale, senza prendere l'ascensore, e arrivo al quinto piano dove trovo Elena già pronta ad aspettarmi sulla soglia di casa. Devo sembrare davvero un cretino perché sembra guardarmi divertita.
-Cosa vi fai qui Lance?-
-C'è Esteban?-
Vado dritto al punto.
-Sì, entra pure è di la in sala.-
Non me lo faccio ripetere due volte e quando prontamente Elena si scansa, entro.
-Lance, che ci fai qui?-
Dal divano Esteban si fa sentire e mi guarda con un punto interrogativo sul viso; faccio un respiro profondo e mi siedo sulla poltrona accanto al divano sul quale è seduto e quando ci raggiunge anche Elena inizio la mia narrazione.
-Io e Ginny abbiamo litigato, non so neanche perché così tanto, e scusa non sapevo dove andare.-
-Ti porto un bicchiere d'acqua.-
Elena si alza da accanto a Esteban e sparisce in cucina. Ho davvero bisogno di un po' d'acqua oppure mi metterò a piangere come uno stupido...e poi critico Ginny.
-No, no hai fatto bene a venire qui. Che è successo?-
-Sai che Ginny sta cercando un lavoro decente qui a Londra...ecco ne ho parlato a mio padre e lui vuole offrirle un posto nel team, ma quando glielo ho detto ha dato fuori di matto.-
Elena torna con il mio bicchiere d'acqua e quando ne bevo un sorso mi sembra di stare estremamente meglio.
-Magari vuole farcela da sola...-
Annuisco alle parole di Elena, so perfettamente che ha ragione, ma non vedo cosa ci sia di male ad aiutarla.
-Lo so, lo so, ma amarla per me significa anche aiutarla...-
Poggio il bicchiere sul tavolino di vetro davanti a me mi stravacco sulla poltrona passandomi le mani sul volto. Perché deve essere così difficile.
-Senti Lance, stai qui per quanto vuoi davvero non c'è problema, avete solo bisogno di calmarvi e Ginny ha bisogno di pensarci su bene; vedrai che domani sarete ancora innamorati come prima.-
Annuisco assente e ringrazio a bassa voce il mio amico.
-Tieni, distraiamoci.-
Esteban mi passa uno dei joystick della sua PlayStation e non mi faccio pregare due volte per prenderlo.
-Tanto ti batto.-

-Lance, ti ho preparato la camera degli ospiti.-
Alla fine sono rimasto da Esteban anche a cena e oltre, perdendo completamente la cognizione del tempo; solo ora che Elena mi parla di camera degli ospiti mi rendo conto di quanto tardi sia.
-Ehm...grazie, ma preferisco tornare a casa...-
Alle mie parole la coppia si guarda compiaciuta e con un sorriso. Stare qui mi ha davvero schiarito le idee e mi ha fatto passare completamente l'ira, ora sono semplicemente dispiaciuto di essermene andato e di aver lasciato Ginny da sola.
Saluto entrambi i miei amici e mi dirigo verso l'auto, metto in moto e parto. Guardo compulsivamente l'orario digitale sul display dell'auto: so che sia Ginny che Arthur probabilmente saranno già a dormire, ma voglio arrivare il più in fretta possibile per stare con loro, anche se già nel mondo dei sogni.
In effetti, essendo abbastanza tardi, non ho trovato molto traffico nel centro di Londra e sono riuscito a sbrigarmi e arrivare a casa relativamente in poco tempo.
Scendo correndo dall'auto ed estraendo le chiavi dalla tasca apro la porta.
In casa aleggia il silenzio, tutto è spento, tutto è calmo segno che ormai Arthur e Ginny sono a dormire da un pezzo.
Sigillo la porta nuovamente e mi dirigo con passo tranquillo verso la nostra camera da letto. La porta è aperta e avvicinandomi posso vedere come le due figure stese sul letto siano illuminate dalla luce lunare che entra dalla finestra.
Sono bellissimi, come potrebbero non esserlo. Sono la cosa più bella che mi sia capitata nella mia vita e pensare che quel litigio con Ginny potesse rovinare tutto ciò che insieme abbiamo creato, mi fa incazzare. Con me, perché sono un idiota.
Mi decido ad entrare nella stanza e una volta che sono vicino al letto prendo con cautela Arthur, che quando dorme è proprio bello, e mi dirigo nella sua cameretta per riporlo nel suo lettino. L'avrei anche lasciato con noi nel letto, ma ora ho bisogno di stare solo con Ginny.
Torno in camera nostra e mi sistemo sotto il lenzuolo accanto a Ginny senza fare troppo rumore e mi volto sul fianco destro per osservarla dormire; le scosto un ricciolino dal viso che mi impedisce di vederla bene.
-Ti amo.-

















Ginny

Apro lentamente gli occhi e mi sembra di aver dormito per ore da quanto me li sento gonfi e pesanti. Me li strofino un paio di volte per non avere la vista appannata e mi prende completamente il panico quando vedo che Arthur non è più accanto a me sul letto.
Il mio cervello è completamente in tilt al pensiero che possa essere successo qualcosa di grave a mio figlio e corro nella sua stanza per vedere se magari durante la notte si è svegliato e spostato da solo.
Mi avvicino al lettino pregando che lui sia dentro che dorme beato e quando lo vedo tranquillo con il suo ciuccio tra le labbra tiro davvero un sospiro di sollievo.
-Vaffanculo!-
Cerco di dirlo a bassa voce per non svegliare Arthur e come conseguenza del panico piango. Ancora! Basta! Non ne posso più.
Cerco di farmi forza asciugando le poche lacrime che sono scese e mi decido ad andare al piano di sotto a prepararmi la colazione.
Ora che ieri sera non ho mangiato ho davvero tanta fame e una bella tazza di caffè-latte con i biscotti non me la leva nessuno.
Scendo le scale senza risparmiarmi di essere leggera e con la testa bassa; quando approdo in cucina mi sorprendo decisamente di trovare il mio uomo voltato di spalle che sta guardando il cellulare.
Mi avvicino senza dire niente, prendendo la moka dallo scaffale e preparando il caffè; neanche mi pongo il problema che Lance ne voglia un po'.
-Dove sei stato ieri?-
Semplicemente sono curiosa di sapere quale luogo ha sostituito casa sua e la sua famiglia.
-Da Esteban. Sono tornato ieri sera tardi.-
Annuisco assente e verso il caffè nella tazza aggiungendo anche il latte e prendendo da un cassetto i biscotti; non so neanche io perché, ma mi siedo sullo sgabello proprio accanto a Lance, senza fiatare però.
-Mi dispiace.-
Non gli rispondo, ma gli sono grata che si sia scusato per aver esagerato ieri.
-Anche a me, scusa.-
Sento il dovere di scusarmi con lui, perché la colpa non è mai solo di una persona.
-Accetterò quel lavoro, Lance.-
Mi guarda sorpreso.
-Davvero?-
Annuisco posando la tazza e, muovendo la mano lentamente verso la sua, voglio intrecciare le nostre dita, ma di fatto lo fa lui anticipandomi. Sorrido, perché finalmente so che non abbiamo più nessuno interesse a litigare e mi appoggio delicatamente al suo braccio.
-Sarai la mia PR...-
-Ah quindi oltre a sopportarti a casa devo anche sentire le stronzate che dici ai giornalisti?-
Lance ride baciandomi la testa e stringendo la presa sulla mia mano. In questo momento lo amo davvero tanto.
-Avete fatto pace?-
Veniamo interrotti dalla vocina ancora assonnata di Arthur che si trova ai nostri piedi e chiede la nostra attenzione. Lance lo prende e lo posiziona sulle sue gambe e io mi avvicino a loro per abbracciarli entrambi.
-Sembra proprio di sì, piccolo.-
-Allora posso avere una sorellina?-
Mi sorprende tanto questa domanda di Arthur, non avevamo mai pensato ad allargare la famiglia.
-Per una sorellina dovresti chiedere a mamma.-
Arthur sposta i suoi occhietti da Lance a me e dolcemente gli sorrido. Non mi dispiace affatto questa sua idea.
-Andrà bene anche se non dovesse essere una sorellina?-
Arthur annuisce divertito e ci stringe entrambi tra le sue braccia fragili.
Credo proprio che presto verrà occupato un altro posto della nostra Tavola Rotonda.

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Gia mai scuso perché è lunghissima e fortuna che non avevo idee per questa One Shot🥲🥲
No comunque credo di averla appena eletta a One Shot preferita tra quelle che ho scritto e nulla ci vediamo alla prossima, spero sia piaciuta anche a voi e che abbiate colto il parallelismo con la Tavola Rotonda di re Artù con Ginevra e Lancillotto.
-C❤️

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