• 𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 9 ~ 𝒮𝑜𝓅𝒽𝒾𝑒
La porta della modista fa scattare un delicato suono di campanello, quando Harriet e io facciamo il nostro ingresso nell'atelier. La ricchezza di stoffe e merletti che sporgono dalle pareti mi fa sempre sorridere: sembra di entrare in una nuvola arcobaleno, quando si è qui. La zia Bridget ha acconsentito alla nostra uscita insieme poiché è contenta che io mi sia fatta un'amica, per di più rispettabile quanto Harriet, a condizione che venissero con noi anche le nostre cameriere. E così subito dietro di noi ci sono Sarah e Nancy, l'accompagnatrice della mia amica.
«Benvenute nell'atelier di Mrs. Powell. Come posso esservi utile?» L'assistente della modista ci accoglie con un sorriso gentile.
«Siamo qui per provare gli ultimi abiti che ci avete preparato.»
«Oh, mie care!» La figura carismatica ed elegante di Mrs. Powell scosta una tenda di velluto bordeaux e ci raggiunge dal retro della bottega. «Venite, venite, stavo giusto ultimando gli ultimi ricami sull'abito di lady Harriet. Il vostro è già pronto, se volete provarlo.» Mi guarda e le faccio un cenno d'assenso con la testa.
La seguiamo nella sala dei camerini e Sarah mi aiuta a togliere l'abito che indosso per infilare, invece, l'abito più bello che io abbia mai avuto: è il vestito del mio debutto. Bianco come l'avorio, è impreziosito da ricami sulla gonna e all'altezza della vita, le spalline sono lievemente rigonfie e decorate da fili di perle. I guanti sono di piacevolissima seta, che mi accarezza le mani e le braccia in un gesto delicato.
Quando esco dal camerino anche Harriet è pronta ed entrambe ci specchiamo, facendo una breve piroetta in modo da allargare la gonna. La mia amica è bellissima, i suoi capelli contrastano in modo così netto con il tono immacolato dell'abito, che somiglia a un angelo. Al collo ha un filo di perle e la scollatura mette in risalto il suo perfetto décolleté. Sono certa che farà una strage di cuori, durante la sua Stagione.
«Siete bellissima, lady Sophie.» Mi dice con un sorriso.
«Anche voi lo siete, davvero.» Replico con gentilezza, mentre la tenda della sala camerini si apre e DìDì fa il suo ingresso trionfante come al suo solito. Non mi stupirei se i suoi passi venissero accompagnati dalle note de "L'autunno" di Vivaldi, con tanto di orchestra al seguito.
Il suo sghembo sorriso si posa in alternanza sui nostri vestiti.
«Lady Sophie...» Poi osserva la mia amica. «Lady Harriet...»
Rivolgo a quest'ultima uno sguardo interrogativo. Quindi la conosce? Spero tanto che non sia sua amica, altrimenti sprofonderei nel pavimento, scoprendo di non essere capace di valutare le persone di cui mi circondo.
«Vedo che state provando gli abiti del vostro debutto.» Non mi sfugge il tono sprezzante che ci rivolge. «Naturalmente voi sembrate proprio un pulcino smarrito, mia cara.» Sta guardando in direzione di Harriet e noto con dispiacere che lei sembra risentita da ciò che Dorothy le dice, pertanto posso dedurre che è una delle sue "vittime", almeno quanto me. D'altronde mi chiedo chi possa essere sua amica, dopotutto.
«Non sta bene, per una giovane nobile come voi, prendere in giro le altre donne dell'alta società. Non vorrete mica rimanere sola, una volta sposata, vero?» Non so dove io trovi il coraggio, ma mi faccio avanti di un passo per catturare tutta l'attenzione della ragazza.
«E da dove viene tutta questa spavalderia?» DìDì avanza in mia direzione, ma la sua cameriera personale le dice qualcosa all'orecchio e Dorothy annuisce, dirigendosi verso una delle tende. «Siete fortunate. Mia madre ha organizzato un impegno importante per questo pomeriggio, quindi devo misurare l'abito in fretta e andarmene. Non potrò trattenermi a chiacchierare con voi, purtroppo.» Ci rivolge un sorrisetto infastidito, poi sparisce oltre la tenda.
Harriet e io ci scambiamo uno sguardo complice, dopodiché torniamo in camerino a cambiarci. Poco prima di uscire dai camerini notiamo DìDì specchiarsi con indosso l'abito del debutto, una sorta di bomboniera bianco latte ricca di cristalli e perle fino allo sfinimento, neanche stesse per sposarsi con quello stesso vestito. È sempre così eccessiva!
Trattengo una risata, che la mia amica condivide, poi ci accordiamo con la modista per la consegna degli abiti a casa, l'indomani.
La mattinata è ancora libera per noi, così Harriet mi propone di visitare una sala da tè non molto lontana dall'atelier. Noi e le nostre cameriere ci avviamo insieme a piedi lungo la strada che ci separa dalla destinazione prefissata. Le carrozze sfrecciano accanto a noi, il cielo nuvoloso avvolge tutto nella sua aura grigia e tetra, premeditando pioggia per il resto della giornata, il sentore di umidità nell'atmosfera mi solletica la punta del naso.
«Conoscete lady Dorothy, deduco...» Harriet mi guarda con la coda dell'occhio.
«E chi non la conosce?» Replico io con un velato sarcasmo. Quando si tratta di Dorothy non riesco proprio a fare finta di niente.
«Diciamo che non passa inosservata. Ama farsi notare e adulare. Da quanto ho potuto vedere, noi due siamo le uniche a non osannarla, e questo mi fa oltremodo piacere. Anche perché, per la sua natura così egocentrica, ci vogliono proprio delle persone che non facciano diventare ancora più grande la sua personalità.»
Harriet è seria, ma le sue parole mi strappano una risatina divertita. «Avete usato le stesse parole che erano nella mia testa!»
«Sivede che siamo sulla stessa linea di pensiero, Sophie.» Poi fa una breve pausa. «Spero possiate concedermi di saltare i titoli della nobiltà, per parlare con voi.»
«Ma certo, stavo per dire la stessa cosa.»
Mentre chiacchieriamo i nostri passi ci conducono alla sala da tè lungo la strada, corredata da tendine a fiori e colma di tavoli apparecchiati con piatti e stoviglie dipinte a mano. Il profumo che c'è nell'aria è dolce e speziato, l'ambiente risulta molto più caldo rispetto all'esterno. Consegniamo i soprabiti all'ingresso, per poi venire condotte a un tavolino libero, dove un cestino di brioche calde mi stuzzica l'appetito. Non so neanche da quanto tempo non ne mangio una! Se ci fosse qui la zia Bridget a guardarmi mi prenderebbe a bacchettate sulle mani.
Ma lei non c'è. Così mi sporgo appena per afferrare un soffice panetto farcito di crema al limone. Lo addento e credo di vedere il paradiso! Non credo di avere mai mangiato una cosa più buona di questa.
Una cameriera ci raggiunge quasi subito, vestita con un abito rosa pallido e un grembiule immacolato. «Buongiorno e benvenute alla Fanny Gold Tea Room. Cosa posso portarvi?»
«Per me scones e English Breakfast, grazie.» Mormora Harriet.
«Io preferirei Earl Grey e dei tramezzini.»
Le nostre cameriere ci attendono all'esterno, stanno chiacchierando amabilmente e ne sono contenta. È ora che anche Sarah faccia amicizia con qualcuno, mi sembra di non averle mai dato una vita privata, dopotutto. Mentre faccio questa breve riflessione, la voce della mia nuova amica cattura la mia attenzione.
«Molto bene. Allora, che cosa fate, oltre a prepararvi per il debutto in società?»
«Fino a poco tempo fa il mio tempo era gestito interamente da mia zia, per i preparativi della Stagione. Poi la nostra vicina di casa mi ha proposto di fare del volontariato in ospedale.»
«Davvero una nobile causa, Sophie. Non so se io sarei riuscita a sopportare un tale peso emotivo.» Harriet mi guarda sbalordita e io abbasso lo sguardo, diventando rossa in viso.
«In verità non ho retto neanche un pomeriggio. Ho rigettato perfino la colazione alla vista del primo paziente su cui stavano operando delle sanguisughe.» Rabbrividisco di nuovo al sol pensiero e lei soffoca una risata.
«Davvero? Non oso immaginarvi. Sembrate così perfetta, che non potrei pensare a un vostro fallimento di alcun tipo.»
«Figuriamoci! Sono tutt'altro che perfetta, cara Harriet. A ogni modo...» Proseguo, dopo aver terminato la mia brioche. «...la stessa nostra vicina di casa mi ha poi proposto di assistere suo figlio, un invalido di guerra, per aiutarlo a trascorrere dei pomeriggi in compagnia.»
«Beh. Sembra una proposta più ragionevole, a meno che non dobbiate cambiargli bende o altro...» Indaga lei, abbassando la voce di un tono.
«No, no, non parliamo di quel tipo di invalidità. Da quel che ho potuto constatare, il Duca è cieco e ha difficoltà a camminare senza un bastone che gli sostenga una gamba offesa per una vecchia ferita di battaglia.»
«Avete detto che si tratta di un Duca?»
«Sì. Ma è un Duca davvero antipatico ed egoista!» Al solo pensiero di quell'uomo sento un brivido percorrermi la schiena, e non è di certo un brivido piacevole.
«Sarà per via del suo passato... Sapete in che modo si è ferito?»
«No, non me ne ha parlato. Non mi ha parlato di nulla, in effetti.»
«E glielo avete chiesto?» Indaga Harriet.
«In effetti... no.» Ammetto io, con un lieve sospiro.
La cameriera ci raggiunge di nuovo con le nostre ordinazioni ed entrambe mescoliamo il nostro tè.
«Forse potreste domandargli qualcosa sulla sua vita, magari ha solo bisogno di parlare.» Riprende il discorso la mia amica.
«Non sembra il tipo che ha molta voglia di chiacchierare, sapete? La prima volta mi ha trattata davvero male, quasi cacciandomi dalla sua casa. E la seconda volta ha acconsentito alla mia compagnia solo perché obbligato dalla madre, costringendomi a leggere uno dei libri più noiosi su cui io abbia mai posato lo sguardo.»
Dopo un sorso della sua bevanda, Harriet mi guarda. «Potreste utilizzare proprio i libri, per cercare di affrontare con lui un discorso. Magari un espediente potrebbe aiutarvi a instaurare un rapporto di qualche tipo.»
«Non credo proprio di voler instaurare un rapporto con il Duca. Di nessun tipo, davvero. È la persona più odiosa che io abbia mai incontrato, a parte lady Dorothy, naturalmente.»
«Immagino.» Commenta la mia amica, riprendendo a sorseggiare il suo tè.
Trascorriamo così, a parlare del più e del meno, l'ora successiva, ma anche se cerco di cambiare argomento, la proposta di Harriet non mi dispiace. Credo che porterò con me uno dei miei libri la prossima volta che andrò dal Duca.
Magari qualcosa cambierà.
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