• 𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 7 ~ 𝒮𝑜𝓅𝒽𝒾𝑒

Il giorno fatidico è arrivato: nonostante ieri io sia fuggita, oggi non posso rifiutarmi di andare dal Duca. Che spiegazione potrei dare a lady Amelia? Mi vergogno troppo, non posso venire meno al mio impegno, soprattutto dopo avere discusso a lungo con la zia Bridget per la mia occasione di evadere da tutta la sua pressione e aspettativa nei confronti della mia (anzi, sua!) Stagione.

Ho insistito così tanto per avere un po' di libertà che, nonostante la figura fatta ieri e il modo pessimo in cui mi sono comportata, adesso sono pronta a ricominciare e nulla mi abbatterà. Neanche una tempesta dai capelli neri e dal viso perfett-. Ma che sto pensando?! Nemmeno quello scorbutico del Duca mi fermerà!

Sarah entra nella mia camera con il soprabito e mi aiuta a sistemarlo sulle spalle, allacciando i bottoni sul petto. Oggi fa più freddo del solito e la giornata è uggiosa, menomale che dobbiamo fare un tragitto di pochi passi. Anche la mia cameriera si sistema gli abiti e noto con la coda dell'occhio che si guarda allo specchio per sistemare i capelli: non che non possa farlo, naturalmente, ma è la prima volta che glielo vedo fare.

«Tutto bene, Sarah?»

Lei sembra essere stata colta in flagrante, tanto che sobbalza per un attimo prima di voltarsi a guardarmi e, d'improvviso, arrossisce.

«S-sì, certo, certo. Perdonatemi, milady. Pensavo solo di avere dello sporco sui capelli e non... mi sembrava il caso di presentarmi in quel modo a casa di un Duca.»

Ormai la conosco, è la persona più vicina che ho e non mi sembra di averla mai vista agitata, anche quando andavamo a trovare i nobili nei loro manieri in Scozia. Inoltre è anche una ragazza molto curata, nella sua semplicità.

I miei pensieri vengono però interrotti dalla voce della zia, che irrompe nella stanza con tutta la sua grazia. «Sophie, ci siamo fatte una promessa e desidero che tu la mantenga.»

Annuisco con la migliore piatta espressione che possiedo, considerate le innumerevoli volte che mi ha parlato della stessa cosa nel giro di due soli giorni. «Non ti devi preoccupare, zia, non verrò meno ai miei impegni, nell'uno e nell'altro senso. Alle cinque sarò di nuovo a casa.»

«Molto bene, perché questa sera ci attende una cena con il Marchese di Mallen, la sua consorte e la figlia, che debutterà insieme a te.»

Riesco a celare a malapena un verso di disgusto: detesto profondamente gli amici di mia zia, sono sempre altezzosi e con l'aria di chi la sa sempre più di te. Inoltre le loro figlie sono in genere delle arpie travestite da angeli del focolare. Si prospetta una lunga e pesante serata.

«Ci vediamo dopo, zia Bridget.»

«Farò preparare il tè per quando sarai di ritorno.»

Uscire da questa casa, oggi, mi dona sollievo e amarezza in eguale quantità. Non mi sono mai sentita confusa in vita mia... da una parte vorrei fuggire, dall'altra sono determinata a dimostrare che non sono una statuina da mettere in bella vista. La vicinanza di Sarah mi fornisce conforto e mi aggrappo al suo braccio con forza, mentre procediamo lungo il breve percorso che ci separa dalla meta del nostro percorso. Abbiamo approfittato di una finestra senza pioggia per evitare di bagnarci e quando sentiamo le prime gocce infrangersi sui capelli affrettiamo il passo e ci ripariamo sotto la pensilina, davanti alla porta. Dopo aver bussato, il maggiordomo ci saluta con cordialità, accogliendoci in un antro oscuro che viene ben presto illuminato dalla voce di lady Amelia.

«Mia cara, benvenuta!» La donna allarga le braccia e mi accoglie in una stretta che non aspettavo. Mi sento in imbarazzo e fuori luogo, dato che ho le braccia stese lungo i fianchi. Non sono abituata a tali gesti di affetto, men che meno da parte di una persona che conosco appena.

Si distacca poco dopo per salutare anche Sarah con un grande sorriso. «Voi dovete essere la cameriera di Sophie.» Lei annuisce e io mi stupisco di quanta confidenza abbia assunto il nostro rapporto, sentendomi chiamare solo per nome. Lady Amelia sembra leggermi nel pensiero, perché mi stringe lievemente il braccio con la mano. «Spero non me ne vogliate, se vi ho chiamata per nome. Vorrei considerarvi come la figlia che non ho mai avuto.»

Sono commossa da tanta sincerità, perfino da tanto affetto, dato che il nostro rapporto è sorto da poco tempo. Eppure mi mancava essere trattata con sentimenti genuini. Non che la zia non lo faccia, a suo modo, è che lei non è proprio il tipo da esternare ciò che prova.

«Ne sono lusingata, davvero.» Ammetto alla fine, abbassando lo sguardo a terra mentre un lieve rossore m'imporpora il viso.

Sarah viene in mio soccorso, intervenendo al posto mio. «Confermo di essere la cameriera personale di lady Sophie. È un piacere conoscervi, Duchessa madre.»

«Il piacere è tutto mio, Miss...?» Replica la donna in tono interrogativo.

«Grant. Sarah Grant.»

«Molto bene, Miss Grant. Vi accompagno entrambe in biblioteca, se non vi dispiace vorrei approfittarne per salutare mio figlio, visto che se ne sta rintanato lì dentro per quasi tutto il giorno.»

Entrambe facciamo un cenno d'assenso a lady Amelia e la seguiamo su per le scale dopo aver lasciato i soprabiti al maggiordomo. I nostri passi sono attutiti sui gradini rivestiti dalla moquette e lungo tutto il corridoio del piano di sopra ci sono delle candele che illuminano il nostro cammino fino alla biblioteca. Proprio come ieri, la casa è al buio e stona profondamente con la personalità della donna che ci precede. Il silenzio ci avvolge con la sua ombra e sento che potrei rabbrividire di freddo, quando giungiamo davanti alla porta.

Lady Amelia apre senza bussare - naturalmente - e la prima figura che incrocio con lo sguardo è Thomas, il valletto del Duca. Gli rivolgo un piccolo sorriso colmo di imbarazzo, poiché credo di aver fatto davvero una pessima figura, ieri, ma i suoi occhi sono presi da Sarah, non posso fare a meno di notarlo. Sembra davvero rapito dal suo ingresso, tanto che il mio saluto si perde nell'aria: da parte sua, perché concentrato sulla mia accompagnatrice, e da parte del Duca, perché è seduto vicino al camino a riflettere probabilmente sul senso della vita, di certo non sul mio arrivo.

Tuttavia la sua voce risuona limpida, rimbalzando sulle pareti e sugli scaffali della biblioteca, fino a colpirmi con tutta la sua decisione. «Buon pomeriggio, madre. Lady Sophie, voi e la vostra accompagnatrice potete tornare a casa vostra, non scomodatevi a sedervi.»

«Anthony!» Ribatte lady Amelia con un tono severo. La donna si volta poi verso di me. «Mia cara, non badate al carattere burbero di mio figlio, le lunghe giornate trascorse qui dentro al buio e in isolamento lo hanno reso arido. Accomodatevi pure.» E allunga una mano per invitarci a prendere posto. Sarah si siede vicino alla finestra, come ieri, mentre io mi accomodo sul divanetto libero, sempre nei pressi del camino.

«Siete determinata a farvi trattare male, lady Sophie.» Constata il Duca, aprendo gli occhi verso il fuoco. Sono freddi, illuminati dalle scintille del fuoco che si riflettono su quelle iridi chiare. Ha la mascella contratta e gli zigomi alti, che gli conferiscono un'aria seria e regale. Non so per quale motivo, ma ho una voglia improvvisa di passare le mie dita sui lineamenti di quel viso perfetto, farle scorrere lungo la fronte e affondarle in quei capelli corvini, sentirli morbidi sotto il mio tocco.

Un attimo: ma cosa sto dicendo? Devo avere un mancamento, di sicuro non sto bene e mi verrà l'influenza a breve!

Deglutisco sonoramente, prima di controbattere, ma lady Amelia mi precede di nuovo. «Anthony, ti ho cresciuto come un Duca, non come uno zotico che non sa conversare educatamente.»

«Avete ragione.» Ammette l'uomo, girando il viso in mia direzione. Come fa a sapere dove mi trovo esattamente? Mi vergogno quasi subito di questo pensiero e distolgo lo sguardo. L'uomo, intanto, prosegue il suo discorso. «Dovete perdonarmi per il modo in cui mi sono rivolto a voi, lady Sophie. Sareste così gentile da lasciarmi solo e tornare ai vostri impegni?»

Mi sta prendendo in giro?

«Anthony!» Lady Amelia è visibilmente esasperata, scrolla il capo e io ne ho già abbastanza di questa scenetta tra madre e figlio. Ho un momento di confusione: che cosa ci faccio qui? Forse dovrei davvero arrendermi, tornare a dedicarmi agli impegni mondani insieme alla zia Bridget e dimenticarmi di tutto questo. Chi me lo fa fare? Poi gli occhi mi ricadono sulla figura dell'uomo che ho di fronte, mi guarda ma non mi sta vedendo davvero. I suoi lineamenti sono delicati, anche se irrigiditi da una palese vita fatta di privazioni e, non so, mi smuove qualcosa nel petto: sento il dovere di restare, di poter fare qualcosa per lui, anche se mi respinge. Farò in modo che il suo atteggiamento cambi.

Getto uno sguardo verso Thomas e rifletto sul da farsi, poi intervengo nel battibecco tra il Duca e sua madre. «Temo di non avere altri impegni per oggi pomeriggio, signor Duca, pertanto mi tratterrò qui con voi, dato che sono stata gentilmente invitata a farlo da vostra madre.» Assumo il tono più risoluto che possiedo e raddrizzo anche la schiena, conferendo a me stessa una certa autorità. Mi sento orgogliosa, soprattutto quando noto che l'uomo non ha nulla da ribattere.

«Vi lascio al vostro pomeriggio, io devo andare in ospedale per le mie visite quotidiane.» Annuncia, provocandomi però una preoccupazione improvvisa. Sì, forse ho tenuto testa al Duca, ma sarò capace di proseguire su questa strada senza un supporto esterno?

Mi trovo, mio malgrado, costretta a salutare la donna con gentilezza. «Vi auguro un lieto meriggio.»

Quando si richiude la porta alle spalle, nella biblioteca cala un pesante silenzio spezzato solo dal crepitio del fuoco. Dopo qualche minuto decido di spezzarlo io, alzandomi dal divano per raggiungere una delle librerie. Do uno sguardo veloce ai titoli sui dorsi colorati dei libri, poi mi rivolgo direttamente al Duca, visto che lui non ha intenzione di parlare. «Avete una lettura preferita?»

Ci mette un bel po' per rispondere, prima si stende con la schiena sul divanetto e fa un lungo sospiro rumoroso che riecheggia nella stanza, provocando un sorrisetto sulle labbra di Thomas, riesco a vederlo con la coda dell'occhio. Questi due devono conoscersi davvero bene, quindi una bella chiacchierata con il valletto potrà aiutarmi a capire meglio chi ho davanti. Ma ci penserò a tempo debito, nel frattempo faccio scorrere l'indice sui libri, uno ad uno, in attesa di una risposta che arriva dopo una manciata di tempo apparentemente infinito. «I dolori del giovane Werther

Che dire... non proprio la lettura che immaginavo di affrontare, ma mi arrendo e cerco il tomo fra gli scaffali, che sono sistemati in ordine alfabetico seguendo il cognome dell'autore. Afferro il libro e vado a sedermi sul divanetto dov'è sistemato il Duca. Mi tengo a debita distanza, ma abbastanza vicino da non dover urlare mentre leggo.

Trascorriamo in questo modo tutta l'ora successiva, fino al momento in cui Sarah e io dobbiamo tornare a casa. Ci saluta soltanto Thomas, non mi aspetto nulla di diverso, ma almeno non ci siamo insultati tutto il tempo. È già qualcosa, no?

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top