• 𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 23 ~ 𝒮𝑜𝓅𝒽𝒾𝑒
«A cosa pensate, lady Sophie?» mi chiede Sarah, al mio fianco, mentre camminiamo.
Stiamo attraversando Grosvenor Square guardandoci placidamente intorno. Le nuvole che arricchiscono il cielo vanno concentrandosi sulle nostre teste, preannunciando l'arrivo della pioggia, mentre già l'odore dell'aria si fa carico di umidità.
«Penso alla Scozia» dico facendo un sospiro carico di malinconia. «Ricordi quanto era bello stare all'aria aperta e respirare il profumo della natura?»
La mia cameriera annuisce. «Lo ricordo benissimo... sarebbe bello, un giorno, tornarci.»
«Se solo fossimo libere potremmo tornare lì. Cielo, ci tornerei perfino a cavallo se ne avessi la possibilità!»
«Io non so cavalcare» ammette Sarah.
«Ti insegnerei io, non ci sarebbe problema.»
Mentre ci lasciamo travolgere dal sogno di tornare a casa, mi rendo conto che forse questo desiderio non si realizzerà mai. Forse lei potrebbe averne la possibilità, tra di noi è l'unica ad avere qualche libertà in più. Non è buffo?
Potrei scrivere una lettera di raccomandazioni a una qualsiasi delle amiche di mia madre, in Scozia, che non esiterebbero ad assumerla, così potrebbe tornare a casa. Ma non so se avrei il coraggio di lasciarla andare... lei è l'unica famiglia che mi rimane. E adesso mi sento un po' egoista nei suoi confronti.
«Siete davvero pensierosa, oggi» constata lei, intraprendendo nuovamente il discorso.
«Non preoccuparti, stavo solo pensando a ieri sera.»
«Lo spettacolo è stato di vostro gradimento?»
«Sì. Devo dire che non è stato come l'ultima volta. Abbiamo visto La Cenerentola di Rossini e gli attori sono stati bravi. È piaciuto un po' meno a mia zia e alla madre di lady Harriet» confesso, ridacchiando. «Dovevi vederle, come ronfavano al secondo atto!»
Anche Sarah si lascia andare a una risata divertita, mentre camminiamo verso Brook Street. Il viale sterrato è una strada ampia, costeggiata da una fila di edifici a tre piani colmi di finestre incorniciate da colonne, alberi che si susseguono e carrozze che sfrecciano in un verso e l'altro. Ci avviamo verso casa, quando il palazzo del Duca si prospetta innanzi a noi, in lontananza.
Conosco così bene la facciata di quell'edificio, che sento un tuffo al cuore appena la vedo in fondo alla via. Sarah, al mio fianco, ha un breve sussulto. E quando sto per chiederle il motivo di questa reazione, noto che ci viene incontro Thomas, con un sacco sulla spalla.
«Buongiorno, lady Sophie», mi saluta con un sorriso, per poi fare un cenno con la testa verso la mia cameriera. «Sarah.»
Gli si illuminano gli occhi e non posso che esserne felice. «Buongiorno a voi, come state?» gli chiedo.
«Oh», dice con una breve pausa. Sembra quasi interdetto dalla mia domanda, tanto che rimane in silenzio per qualche attimo di troppo, interrotto solo dalla mia accompagnatrice, che si schiarisce la voce.
«Thomas, ti... ti ha chiesto come stai» gli sussurra.
«P-perdonatemi», mi dice balbettando, «non sono abituato ai nobili che mi chiedono come sto. Lord Anthony e lady Amelia, finora, sono stati gli unici. Ma pensavo fosse una cosa normale, visto che lavoro per loro.»
È una cosa davvero triste, non so che dire. Deglutisco e mi sforzo di sorridere ancora. «Con me non dovete avere problemi d'imbarazzo, non potrei mai considerarvi un essere umano differente da me.»
«Questo la dice lunga sulla vostra personalità, lady Sophie. E non so come ringraziarvi per la bontà che dimostrate.»
«Figuriamoci» ridacchio imbarazzata. «Per così poco!»
«Non è poco, se conosceste le condizioni in cui versano i sobborghi di Londra. Vi auguro di non trovarvi mai in zone come quelle.»
Getto un'occhiata rapida a Sarah, che punta lo sguardo a terra, così decido di cambiare argomento. «A ogni modo, già che ci siamo incontrati lontani dalle orecchie del Duca... voglio chiedervi perdono per aver assistito alla pare peggiore di me, nei tempi scorsi. Mi sono lasciata andare a un comportamento non consono a una debuttante in società. Nella consuetudine non sono così impulsiva.»
«Voi... chiedete scusa... a me?» chiede incredulo Thomas, e io annuisco. «Dovrebbe farsi perdonare lui, per come vi ha trattata fin dall'inizio.»
Quando il valletto si accorge di ciò che ha detto ammutolisce.
«Non preoccupatevi, non glielo dirò» ammicco in sua direzione.
Thomas fa un sospiro e si scambia un sorriso fugace con la mia cameriera, poi torna a guardarmi. «Non volevo essere irriconoscente, io devo tutto alla famiglia di lord Anthony. E gli sono stato vicino anche nei momenti più bui, quando non riusciva a trovare nessuno scopo nella vita. Sapete... la sua esistenza non è stata per niente facile, dopo la battaglia in cui ha perso tutto.»
«Me ne sono accorta. Inoltre è un uomo profondamente orgoglioso, restìo a chiedere l'aiuto di chi ha vicino» commento, stringendomi nelle spalle.
«Esattamente. Ma posso confermarvi che, da quando siete arrivata voi nella sua vita, il Duca è cambiato. Ha di nuovo una missione, ogni giorno, quando si sveglia: prima era infastidirvi, adesso si tratta di sentire la vostra voce e passeggiare con voi sotto il sole. Sapete quante volte lady Amelia ha tentato di farlo uscire di casa?»
Scuoto la testa, come ipnotizzata dalle sue parole.
«Innumerevoli. Non ci è mai riuscita. Eppure voi non vi siete arresa e lui... lui ha ceduto. Non potevo crederci, quando l'ho visto. Adesso le tende sono sempre aperte e la luce torna a rallegrare le nostre giornate. Ed è tutto grazie a voi.»
Non so che dire. Tant'è che rimango davvero in silenzio, interdetta da ciò che Thomas mi sta dicendo. Io ho dato uno scopo a lord Anthony?
Lo stesso lord Anthony che non voleva neanche starmi vicino? D'accordo, ultimamente mi sembra più favorevole a parlare, ma questo non significa "essere cambiati", giusto?
«Perdonatemi se vi ho turbata» ammette il valletto, alternando lo sguardo fra me e Sarah. «Volevo solo chiedervi di non... abbandonarlo, lady Sophie. Lui non è il cinico egoista che vi ha mostrato di essere. È un brav'uomo e ha solo bisogno di essere trattato come chiunque altro. Da quando ha perso la vista e il movimento corretto della gamba, tutti si sono rivolti a lui come se non fosse in grado di fare qualsiasi cosa. Sì, forse la ripresa non è stata immediata, ma avete visto anche voi quanto ci tenga a essere un uomo indipendente.»
Annuisco silenziosamente.
«Voi avete un cuore grande, potete utilizzarlo per aiutare il Duca ad amarsi un po' di più?» prosegue ancora Thomas, guardandomi.
E io mi ritrovo persa nei pensieri, in un'unica domanda che mi trafigge il cuore come la scheggia di un cristallo. Senza neanche sapere perché, la mia testa si muove da sola per affermare al valletto la sua domanda. «Posso... posso provarci» dico esitante, infine.
Thomas ci sorride, per poi sollevare una spalla. «Ora, se non vi dispiace, dovrei andare a consegnare questi vecchi abiti all'ospedale.»
Ci salutiamo, dandoci appuntamento al pomeriggio, prima di dirigerci verso casa. Le parole ascoltate poco prima mi accompagnano per tutto il tragitto, conficcandosi nei meandri del mio petto, lì dove risiede il cuore.
Una volta in camera, mentre Sarah mi aiuta con i vestiti e i capelli arruffati dall'umidità, noto che mi fissa senza dire nulla. Dopo qualche momento le chiedo: «Va tutto bene?»
«Sì, scusatemi. È che...» fa un sospiro, mentre mi acconcia i capelli. «Stavo ripensando alle parole di Thomas. Vi hanno messo agitazione?»
Ci penso un po' su, prima di rispondere. «Non posso negare che mi hanno dato da pensare. Ultimamente il Duca sembra davvero cambiato, lo hai visto anche tu... ma è una persona così cupa e piena di problemi. In che modo io potrei aiutarlo? Non credo di essere in grado» ammetto.
«Voi avete la capacità di portare il sole ovunque, anche nei cuori più oscuri, lady Sophie, non dovreste dubitare del vostro valore.»
«Ti ringrazio per la fiducia, Sarah, ma tra poco sarò una donna sposata e non avrò più l'opportunità di aiutare lord Anthony comunque, quindi forse sarebbe meglio rinunciare» dico con voce strozzata, stringendomi nelle spalle. Non credo neanche io a ciò che dico, infatti ricaccio indietro le lacrime che m'invadono gli occhi.
«Ma... voi pensate di poter amare lord Edward?»
«Cosa vuoi dire con questo?»
«Io...» esala infine, «lasciate stare, non devo permettermi di dirvi certe cose. Fate come se non avessi detto niente.»
«Ti prego, non chiuderti in te stessa, voglio che tu sia sincera con me» le dico, cercando di mantenere la voce ferma. So già cosa aspettarmi da ciò che mi dirà e non so se sono pronta ad accettarlo.
La vedo titubante, mentre districa i nodi dei miei capelli con una cura che non ho mai trovato in nessuno. Sarah non è la mia cameriera, è la mia famiglia. Una sorella. E so che di lei posso fidarmi, anche se mi dirà cose che non ho ancora ammesso a me stessa. «Dico solo che ogni giorno, con il Duca, avete una luce diversa negli occhi. Anche quando vi trattava male, eravate determinata ad aiutarlo e a lasciare un segno nella sua cupa esistenza. Invece ogni volta che tornate da un incontro con lord Edward siete triste e malinconica. Siete sicura che lui sia la strada giusta?»
Ed è in questo momento che sento il mio cuore incrinarsi, il petto squarciarsi, il respiro trattenersi fino a farmi diventare la pelle gelida. Un brivido mi percorre la spina dorsale dalla testa alla punta dei piedi. Scuoto debolmente la testa, non ho neanche la forza per potermi opporre a quelle parole, crude ma reali.
Trascorre un tempo indefinito, prima di riuscire a dire qualcosa. E l'unica cosa che posso dire a Sarah è la domanda che mi perseguita da troppo tempo e a cui non potrò mai dare una risposta. «E tu pensi che io abbia possibilità di scelta?»
Ci guardiamo senza aggiungere altro, perché nessuna di noi ha altro da dire.
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