• 𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 19 ~ 𝒮𝑜𝓅𝒽𝒾𝑒
Busso alla porta della biblioteca del Duca ancora con i ricordi di questi ultimi giorni: il modo in cui ci siamo lasciati, i pensieri sospesi su di lui, la contraddizione fra ciò che ci siamo detti e il modo in cui l'ho pensato quando non eravamo insieme.
E, ancora, le sensazioni provate quando ho conosciuto lord Edward, l'illusione di aver trovato qualcunocon cui condividere i miei stessi pensieri, e la delusione finale di scoprire i miei sogni infrangersi con la realtà.
Se mia zia dovesse impuntarsi su lord Edward, mi ritroverò costretta a sposare una persona che mi reputa un'inutile donna brava solo a fare figli. Il Duca aveva ragione, dopotutto. Ogni volta che me lo ha detto io mi sono opposta, ma la verità fa più male di tutte le parole. Aveva ragione lui.
QuandoThomas ci apre la porta il suo volto s'illumina con un sorriso a trentadue denti verso Sarah, che si trova alle mie spalle. Li lascio tubare come piccioncini, mentre avanzo verso il centro della stanza, sempre buia, dove sul divanetto troneggia la mia nemesi.
«Buon pomeriggio, lady Sophie» mi dice per primo, facendomi irrigidire la schiena. Mi fermo a qualche passo da lui, che ha la mano poggiata sul bastone e lo sguardo basso come sempre.
«B-buon pomeriggio, lord Anthony.»
Un guizzo gli fa scattare i muscoli della mascella, che si contraggono di rimando. Resto un po' interdetta, non so cosa aspettarmi dopo le cose accadute nell'ultimo periodo, ma sembra che lui le abbia dimenticate, oppure vuole passarci sopra, perché riprende per primo a parlare.
«Sedetevi pure, non rimanete lì in piedi» con un lieve gesto della mano mi indica il divanetto di fronte a lui, mentre Sarah e Thomas si accomodano vicino alla finestra, stavolta vicini. Li vedo rivolgersi un sorriso a vicenda e mi si scalda il cuore.
Quando mi accomodo esalo un sospiro profondo, che non sfugge al Duca.
«Siete stanca?»
Trattengo il fiato, non mi aspettavo minimamente una domanda del genere. Non da lui. Per qualche secondo non rispondo, resto a guardarlo, mentre lui rimane con lo sguardo a terra, mesto e quasi docile. «Un... un po', sì.»
«Se non ne avete voglia potete evitare di leggere, oggi.»
Da dove viene tutta questa gentilezza? Di sicuro c'è qualcosa sotto. Non mi fido.
«E... e cosa vorreste fare in alternativa?» chiedo con una certa titubanza.
Di nuovo lo vedo contrarre la mascella, prima di rispondermi. «Quello che volete.»
Rimango spiazzata da quella frase, che di sicuro gli è costata davvero tanto. Cosa sta succedendo? Senza pensarci due volte, rispondo tutto d'un fiato: «Verreste a fare una passeggiata con me in giardino?»
I pochi attimi di silenzio mi illudono un po' troppo. Mi ritrovo a trattenere il respiro, in attesa. Il suo «No» mi trapassa come una freccia, alla fine.
«La giornata è bellissima...» tento ancora.
«No.»
«C'è un sole caldo fuori...»
«No.»
Rilascio un piccolo sospiro. «Vi prometto che non cammineremo a lungo. Sarà solo una passegg—»
«No.»
Digrigno i denti. Ma quanto è testardo?! «Andiamo... cosa vi costa? Vi sto chiedendo solo qualche passo in giardino, non di certo una corsa in campagna!»
Il Duca si alza in piedi e torreggia al centro della biblioteca come una statua classica. Incute timore verso coloro che gli sono intorno. Deglutisco, in attesa di una sua risposta, che per fortuna non tarda ad arrivare.
«Siete un osso duro, voi, non è vero?»
«Me lo dicono spesso» convengo, alzandomi in piedi anche io.
«E non accettate facilmente un no come risposta, giusto?»
«Direi proprio di... no.»
«E sia» replica, abbassando le spalle con fare arrendevole.
Strabuzzo gli occhi. Quasi non ci credo, almeno fin quando non mi precede verso la porta, sfilandomi accanto. Thomas e Sarah si apprestano a seguirci, restando l'uno al fianco dell'altra, e io mi affretto per raggiungere il Duca. Quando passo davanti a uno degli scaffali mi salta all'occhio la scritta sul dorso di un libro verde chiaro. Lo afferro al volo, prima di accelerare il passo.
Usciamo dalla biblioteca e mi ritrovo a camminare per la prima volta al fianco di quest'uomo dall'aria sempre misteriosa e cupa, non riesco neanche a credere che stia finalmente uscendo in giardino con me. Scendiamo le scale e noto in particolare l'eleganza con cui incede sui gradini aggrappandosi al bastone. Deve conoscere questa casa a menadito, per muoversi con tanta sicurezza.
Non mi avvicino troppo, lascio una certa distanza tra di noi, soprattutto quando la governante ci sfila davanti al piano terra. «Dove andate, lady Sophie? State bene, milord?»
Il Duca sventola una mano a mezz'aria. «Certamente. Stiamo solo andando in giardino.»
Posso sentire la mascella della governante cadere a terra con un tonfo, quando la sorpassiamo con tranquillità fino a raggiungere una grande porta a vetri che si affaccia sul retro della casa.
Solo a quel punto lord Anthony esita, rimanendo fermo prima della maniglia.
«State... bene?» gli chiedo io, affiancandolo.
Lui abbassa lo sguardo e in un filo di voce mi confessa il motivo per cui si è fermato. «Non sono pratico del giardino.»
Realizzo in un attimo il problema, così mi faccio coraggio anche io e allungo la mano per andare ad agguantargli l'avambraccio. Quel contatto mi provoca un brivido improvviso, tanto che il guanto che indosso sembra andare a fuoco sulla mia pelle candida, ma cerco di non darvi peso. Allo stesso modo i muscoli del Duca si contraggono e lo vedo serrare la mascella, ora che sono più vicina. Forse non è abituato al contatto fisico... se non ha piacere a stare con me solo per parlare, figuriamoci se prova gioia nell'avermi a braccetto con lui.
Sospiro e quando Thomas ci apre la porta avanzo sotto il sole del primo pomeriggio accanto al Duca, sbattendo ripetutamente le palpebre per abituarmi al cambiamento di luce. Conduco il cammino su un viale di grandi ciottoli che fanno rumore a ogni nostro passo. Il giardino è un tripudio di rose, peonie e gelsomini, raccolti in cespugli, arbusti e siepi ben ordinate e curate da evidenti mani esperte. Si vede che lady Amelia ci tiene particolarmente a questo luogo.
Sul prato si susseguono margherite e alcuni soffioni ai bordi del viale. L'aria profuma intensamente e il calore del sole mi scalda la pelle. Inspiro ed espiro in profondità.
«Non siete felice di stare qui fuori, per una volta?»
Il Duca prende fiato e noto che apre gli occhi, perdendosi nel contatto dei raggi solari, che lo rendono luminoso e regale, davvero come una statua greca. I suoi lineamenti risaltano ancora di più, con la luce del sole. I capelli contrastano con il candore di questa giornata primaverile, conferendo decisione alla sua figura. E quegli occhi persi e vuoti, di cui si scorge ancora il verde smeraldo delle iridi, sono così belli e profondi. Sarebbe bellissimo sentirmeli addosso, percepire il suo sguardo posarsi su di me.
«È trascorso molto tempo, dall'ultima volta in cui sono uscito qui fuori», ammette con un filo di voce.
«E ne... siete lieto?»
«Direi di sì.»
Un sorriso mi s'increspa sulle labbra, non posso farne a meno. Sentire la sua voce quasi docile, tenue, che parla senza attaccarmi è qualcosa di estremamente soddisfacente. Da lupo ad agnello è un bel cambiamento, ma non voglio illudermi.
I nostri accompagnatori si fermano sotto un arco di rose e m'incanto un attimo a guardarli con sincera ammirazione: se ne avessi la capacità, li dipingerei. Sospiro.
«Voi state bene?» mi chiede il Duca e, questo, beh... questo sì, che è strano.
«Sì. Non dovrei?»
«Vi ho sentita sospirare.»
A volte dimentico che la sua vista è costituita dalle sue orecchie, dal suo olfatto, dal tatto. Gli altri sensi permettono a quest'uomo di vedere meglio di tutti noi messi insieme. Alcuni dettagli, per noi insignificanti, sfuggono alla nostra attenzione. Lui invece coglie delle sfumature di cui nessun altro si rende conto. E in un uomo, una tale sensibilità, è a dir poco meravigliosa.
«Stavo... osservando la mia cameriera e il vostro valletto» confesso infine.
«Come mai?» mi chiede lui, sinceramente curioso, voltandosi in mia direzione. E io mi ritrovo di nuovo interdetta, trattengo il fiato perché è bellissimo con il sole dietro la testa. Sembra abbia un'aureola dorata intorno ai capelli e, nonostante i suoi modi sempre burberi, adesso mi appare come il più luminoso fra gli angeli.
«Credo siano innamorati» dico con voce tremante.
«La cosa vi turba?»
«No, al contrario. Sono molto felice per loro. Li guardavo con una certa invidia.»
Di nuovo il muscolo della mascella guizza sul viso perfetto del Duca. Dietro di noi c'è una panchina e, con estrema lentezza, lo invito a sedersi al mio fianco tirandolo lievemente verso di me. Sulle nostre teste una sorta di pergolato su cui sono intrecciati dei rami di glicine ci fa da ombra. Le gemme stanno facendo capolino, tra le foglie, ma posso già immaginare quanto sarà bello, quando sarà in fiore.
«Perché siete invidiosa del loro legame?» m'incalza ancora l'uomo al mio fianco, mentre sciolgo il contatto delle nostre braccia, ora che siamo seduti.
«Suppongo di dover convenire con i vostri discorsi pronunciati prima d'oggi, sul fatto che il mio destino è già segnato: non avrò un matrimonio per amore, ma solo per convenienza. E, molto probabilmente, non potrò mai sentire il legame che hanno loro due in questo momento.»
Non so perché io mi stia confidando proprio con lui, ma adesso appare ai miei occhi come una persona differente: è dolce, gentile, un uomo rispettoso che cerca di non mettermi a disagio. Sento di potermi fidare... e affidare, in qualche modo.
«Magari non avete ancora trovato l'amore», mi dice a denti stretti, «oppure verrà col tempo. Ma voi siete una donna intelligente, lady Sophie. Confido che sappiate prendere le decisioni giuste per il vostro futuro.»
Mi rigiro il libro verde tra le mani senza dire nulla, con il respiro che mi si regolarizza nel petto progressivamente. In questo preciso istante percepisco un senso di pace assoluta.
«A ogni modo, sono qui per leggervi qualcosa, non di certo per ammorbarvi con i miei frivoli problemi.»
Con la coda dell'occhio noto che il Duca sta per dire qualcosa, ma poi si ferma, così apro il libro e cerco uno dei passi che amo.
«Spero non vi dispiaccia, se ho scelto io la lettura di quest'oggi. William Blake è fra i miei poeti preferiti. Vorrei leggervi questo passo, tratto da Il matrimonio del cielo e dell'inferno.»
Non trovando opposizione, comincio la lettura.
«Se le porte della percezione
fossero purificate
ogni cosa apparirebbe all'uomo
così com'è, infinita.
Per l'uomo queste porte
saranno sempre chiuse,
finché egli continuerà
a vedere tutte le cose
attraverso le strette fessure
della caverna in cui vive.»
Lord Anthony socchiude le palpebre e rimane ad ascoltare ogni verso, ciascuna poesia con attenzione, perso nel tepore del pomeriggio. Trascorriamo, così, la prima vera giornata piacevole da qualche settimana a questa parte, e quando torno a casa mi assale la consapevolezza che non vedo l'ora di tornare da lui.
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