• 𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 36 ~ 𝒮𝑜𝓅𝒽𝒾𝑒

«La nostra casa sarà proprio accanto a quella della mia famiglia, a Londra, ma potremo venire qui quando vorrete» spiega lord Edward, gesticolando animatamente e guardandosi intorno.

Mi sento morire per la milionesima volta in pochi giorni.

«Naturalmente potremmo mangiare con i miei genitori ogni sera, non sarete mai da sola. Ci sarà sempre qualcuno a farvi compagnia e a supportarvi» prosegue ancora, dandomi il colpo di grazia.

Stiamo camminando lungo il giardino della tenuta, Sarah e un'altra domestica ci seguono a qualche passo di distanza.

«Ma cos'avete, Sophie? Non vi vedo entusiasta della vita che ci aspetta insieme...» commenta il ragazzo al mio fianco, facendomi fermare.

«N-no, no, ma che dite? Certo che...» inspiro forte l'aria, «...che sono entusiasta.»

«State bene? Forse fa troppo caldo qui fuori? Magari è tempo di rientrare.»

«Sì, forse sarebbe meglio tornare in casa, temo che il sole sia troppo forte oggi» mormoro con un filo di voce.

Quando stiamo per voltarci lord Edward mi afferra il fianco, cercando di avvicinarsi a me. «Sophie, io... vorrei essere sicuro, insomma. Io vi amo e non vedo l'ora che arrivi il giorno del nostro matrimonio. La nostra prima notte...»

Io non so cosa dire e rimango in silenzio, guardandolo mentre azzera le distanze e tenta di baciarmi. Le immagini di Anthony e me si susseguono nella mia mente, facendomi stringere il cuore. Il viso di Edward si avvicina sempre di più, le sue labbra mi sfiorano, ma io mi tiro indietro repentinamente. Sbarro gli occhi, scuoto la testa e mi volto all'indietro, mettendomi a correre come una furia e superando anche i richiami di Sarah, che tenta di fermarmi.

Quando alla fine arresto la mia corsa sono davanti all'ingresso della casa, dove alcune carrozze attendono di ripartire con gli avventori della sera prima: entro in una di queste e fornisco al cocchiere l'indirizzo di destinazione.

~ 🌹🌹🌹 ~

Ci fermiamo davanti all'ospedale dopo qualche ora. Ho trascorso tutto il viaggio a guardare fuori, con le lacrime agli occhi e con il pensiero di avere lasciato preoccupata Sarah. Del resto, sono sincera, non me ne importa nulla.

Entro nell'edificio con il cuore a pezzi e l'aria colpevole, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato nei confronti di Anthony. I medici mi fanno entrare, conoscendomi già da un po': quando entro nella stanza rivederlo mi fa battere di nuovo il petto e mi fa tirare un sospiro di sollievo, anche se l'amarezza di vederlo ancora sdraiato e addormentato non mi abbandona.

Mi siedo al suo fianco e gli stringo la mano inerte. È fresca e apparentemente priva di vita.

Ricordo mia madre, in questo frangente, lei che ha sofferto tantissimo per la morte di mio padre, così tanto che non si alzava più dal letto... riuscivo a stare con lei solo qualche ora al giorno, da sveglia. Il resto del tempo lo trascorreva a dormire e a guardare il soffitto.

Si è lasciata morire, e anche se poteva vedermi e a tratti mi rispondeva, il suo stato non era tanto differente da quello di Anthony oggi.

Una notte, quando avevo circa dieci o undici anni, mi svegliai dopo un brutto sogno e non trovai nessuno accanto a me, neanche la balia a cui Aron e io eravamo affidati. Lui dormiva beatamente nel suo letto e non volevo svegliarlo, d'istinto mi rifugiai nella stanza di mia madre. Lei era sveglia, si trovava alla finestra, seduta a guardare fuori la notte che scorreva silenziosa. Mi guardò intensamente, poi mi fece cenno di avvicinarmi a lei e mi strinse forte. Restammo così, abbracciate, a guardare le stelle fino all'alba. Lei non mi disse nulla e neanche io, ma quello fu un momento di estrema vicinanza, uno dei pochi e l'unico fino alla sua morte.

In quella notte la percepii davvero come una madre amorevole.

Non so perché mi è tornato in mente questo ricordo. Osservo Anthony e non trovo nessun cambiamento in lui.

A Dio rivolgo ogni mia preghiera, ogni supplica perché l'amore della mia vita torni da me, perché tutto questo si riveli un bruttissimo sogno, e trascorro in questo modo il resto della giornata.

Quando arriva la sera e cala la notte continuo a stringere la mano di Anthony e gli recito la mia poesia preferita di lord Byron:

Cammina nella bellezza, come la notte
Di climi senza nuvole e cieli stellati;
E tutto ciò che c'è di meglio nell'oscurità e nella luce
Incontra nel suo aspetto e nei suoi occhi;
Così addolcito a quella tenera luce
Ciò che il cielo nega al giorno sfarzoso.

Un'ombra in più, un raggio in meno,
Aveva mezzo indebolito la grazia senza nome
Che ondeggia in ogni treccia di corvo,
O le schiarisce dolcemente il viso;

Dove i pensieri serenamente dolci si esprimono,
Com'è pura, com'è cara la loro dimora.

E su quella guancia, e su quella fronte,
Così dolci, così calme, eppure eloquenti,
I sorrisi che vincono, i colori che splendono,
Ma racconta di giorni trascorsi nella bontà,
Una mente in pace con tutti quelli che stanno sotto,
Un cuore il cui amore è innocente!

E così mi addormento, sprofondando in un sogno carico di lacrime e malinconia.

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