Capitolo 8
I haven't imagined a life without you yet
but please be happy,
so that at least my lie can shine.
I'm letting go of your tightly held hands
But my heart is still the same
But I'll let you go.
- Beautiful Liar (VIXX LR)
Alex's point of view
Sono giorni che non vedo Chi-hoon, il che è ridicolo, ora che non ha più concerti a cui partecipare. Eppure è così: niente messaggi, niente chiamate, niente.
Io fingo di non sentire la sua mancanza, perché se non mi manca vuol dire che ciò che provo per lui non è così forte.
Non lo so cosa provo. Mi piace, è innegabile. Ma se sto mettendo in discussione il fatto di amarlo, forse i miei sentimenti sono deboli, o li ho confusi per qualcosa che non sono.
In questi giorni non faccio che pensarci: la mattina quando mi sveglio, nel letto che ora mi pare troppo vuoto, durante le pause al lavoro, la sera nel triste silenzio del mio appartamento, la notte mentre mi giro nel letto cercando di convincermi che non è la nostalgia del calore del suo corpo a rendermi insonne.
Più ci penso e più mi dico che è meglio lasciarlo andare, che non c'è spazio per me nella sua vita, che tanto non poteva funzionare e che sarebbe presto finita così lo stesso. Eppure l'idea di privarmi di lui, di non averlo più nella mia vita, mi fa stare così male. Solo ripetermi che lo faccio perché sia felice mi aiuta a ignorare il dolore.
Ho deciso, sì, lo faccio. Lo lascio.
Prendo il cellulare e apro la nostra chat. L'ultimo messaggio è mio e risale a prima del concerto, è un cuore in risposta al suo 'ci vediamo tra poco, amore' che mi aveva inviato un'altra sera in cui era rimasto a dormire da me. Mi si stringe il cuore, e tuttavia scrivo il messaggio che devo mandargli.
Dobbiamo parlare. Vieni al mio appartamento.
Buffo. Non ho mai chiamato questo posto casa, l'ho definito sempre e solo il mio appartamento.
Risponde dopo un minuto.
Okay.
Aspetto, passeggiando avanti e indietro davanti alla porta d'entrata. Sono in ansia, lo ammetto. Non so come andrà, ma so come voglio che vada: con calma, senza cercare di ferirci e infliggerci ulteriormente dolore a vicenda.
Suona il campanello. Deglutisco e apro la porta. Chi-hoon ha l'aria stanca e in ansia quanto me.
- Ciao, Alex - dice piano, scrutandomi con espressione incerta.
Ho voglia di accarezzargli una guancia dolcemente, di stringerlo forte e rassicurarlo che andrà tutto bene.
- Ciao, Chi-hoon - replico, deglutendo di nuovo e sopprimendo il desiderio di sfiorare le sue labbra con le mie, di passare le dita tra i suoi capelli morbidi, di baciare le sue palpebre che celano i suoi dolci occhi.
- Di cosa dobbiamo parlare? - domanda, e la sua voce suona piccola e rassegnata. Nessun 'come stai?', nessun 'mi sei mancato'. Non finge di non sapere.
- Perché non mi hai detto di essere un Idol? - chiedo, prendendo tempo.
Inarca un sopracciglio, poi scrolla le spalle.
- C'è tanta merda nel nostro mondo. Volevo lasciartene fuori - risponde pacatamente.
- Credevo che tra noi non ci fossero segreti - affermo, anche se non è ciò che voglio dire. Anche se sono tutte scuse, scuse, scuse, scuse per rimandare il dolore che ci attende. - Pensavi che non l'avrei scoperto?
Si stringe nelle spalle.
- Mi dispiace. Alex, io... per una volta volevo essere solo io e non la persona che sono sul palco, okay?
Sospira. Sembra così stanco. Per un istante penso di trascinarlo nel mio letto per coccolarlo finché la sua stanchezza non svanirà.
No, no, smettila, ricordati perché siete qui.
- È di questo che dovevamo parlare? - chiede, passandosi una mano fra i capelli. Scuoto la testa.
- No. No. Io... non so se ti amo.
Silenzio. Sgrana gli occhi, lasciando cadere la mano che aveva tra i capelli.
- C-cosa? - balbetta con voce strozzata. - Non ci vediamo per qualche giorno e tu...
Scuoto di nuovo la testa.
- Non è quello. Quello mi ha solo dato tempo per pensare e... non so se ti amo. È vero, l'ho detto, quella volta, ma era l'atmosfera del momento - farfuglio, evitando il suo sguardo e giocherellando con il bordo della maglietta.
- Stai scherzando.
- Chi-hoon... no. Davvero, io... non lo so cosa provo per te, e quindi... quindi è meglio se la finiamo qui. Ti lascio.
Alzo rapidamente lo sguardo. È impallidito, e i suoi occhi sono lucidi.
- No, no! Stai scherzando, Alex, non è vero - dice incredulo, parlando in fretta, mangiandosi lettere.
- Chi-hoon, ti prego - mormoro, in un flebile squittio che si perde nelle sue parole.
- Tu, tu... credevo che fossi cambiato - singhiozza. Due lacrimoni gli sfuggono e gli rigano le guance.
Scuoto la testa, stringendo la maglietta per non allungare le mani e asciugargli le lacrime.
- Credevo fossi quello giusto - singhiozza di nuovo. Altre lacrime. - Alex... per favore... non farmi questo...!
- No - dico con fermezza, nonostante mi si stia spezzando il cuore a vederlo così disperato. - Basta...
- Sei un codardo! - sbotta, continuando a piangere. - La tua storia con Ryuu non ti ha insegnato niente! Codardo!
Ha ragione, e per questo resto in silenzio.
Cerca di ricomporsi, senza tuttavia asciugarsi le lacrime che copiose gli bagnano il viso.
- Hai ragione. Non voglio stare con una persona così. Torna da me quando sarai sicuro di ciò che provi... magari prima che io parta - asserisce freddamente, tradito però da un singhiozzo. Dopodiché si volta e se ne va.
Io resto imbambolato a fissare la porta che si è sbattuto alle spalle.
Cos'è appena successo? L'ho lasciato. L'ho lasciato per il suo bene. L'ho lasciato perché non so se lo amo. Allora perché fa così male?
Lo so perché. Perché non è vero che non so se lo amo, è una bugia, e sono un codardo, è vero. L'ho lasciato andare per il mio bene, perché non ho il coraggio di affrontare le difficoltà che ci attendevano in futuro, perché ho paura del suo mondo a me così estraneo e a Sehun così familiare...
Ho appena commesso il secondo peggior errore di tutta la mia vita.
Non riesco a muovermi, sono impietrito. Solo i miei pensieri corrono liberi per la mia mente. E finalmente realizzo.
MERDA!
Mi riscuoto e spalanco la porta, sperando di trovarvi Chi-hoon accasciato contro di essa in attesa che riacquisti il senno. Ma il corridoio è deserto.
- Chi-hoon?
La mia voce risuona nel silenzio del corridoio. Lui non c'è. Se n'è andato.
'Non è sempre facile dire chi è davvero quello che resta e quello che se ne va. Spero che resterai, Alex. Gli addii sono troppo tristi.'
E lui meritava un lieto fine.
Mi aggrappo allo stipite della porta, sentendo le gambe cedere e la disperazione impossessarsi di me.
- Chi-... hoon? - ripeto inutilmente con voce flebile flebile. Rientro nel mio appartamento e mi siedo contro la porta, passandomi le mani fra i capelli finché non sono tutti arruffati.
Per il resto della serata mi ritrovo prigioniero d'uno stato d'angoscia e tristezza che mi toglie l'appetito; quando rinuncio alla cena e vado a sedermi sul divano, le lacrime trovano la strada per i miei occhi e finalmente do sfogo alla tempesta nel mio cuore.
Piango in silenzio, all'inizio, ma poi smetto di trattenermi e lascio uscire i singhiozzi; essi rimbombano per tutto l'appartamento desolatamente vuoto.
Mi sembra di tornare a cinque anni fa, il giorno in cui Ryuu è partito; dopo averlo accompagnato all'aeroporto mi son chiuso in camera mia, ho affondato il viso nel cuscino e ho pianto per ore.
Ma Chi-hoon è ancora qui...
Potrei chiamarlo, potrei mandargli un messaggio, chiedergli in ginocchio di perdonarmi per aver detto tutto quello che ho detto, eppure... eppure non lo faccio, dicendomi che no, forse è meglio così, era la cosa giusta da fare.
Cercare di convincermene, tuttavia, non mi aiuta in alcun modo a smettere di piangere. Quando mi alzo dal divano per andare a letto, le lacrime ancora mi pizzicano gli occhi.
Mi trascino nella mia stanza, spogliandomi e indossando il pigiama con lentezza estrema. Una volta che mi son infilato sotto le coperte controllo il cellulare, sperando di trovare un messaggio di Chi-hoon, anche solo uno in cui mi manda a quel paese.
Zero notifiche. Perché dovrebbe scrivermi? L'ho lasciato io.
Mi soffermo ad osservare il blocco schermo, il quale ritrae lui addormentato con la testa sul mio petto.
Spengo il cellulare, percependo il cuore dolere e le lacrime minacciare di scorrere di nuovo.
Spengo anche la luce e resto ad osservare il soffitto, senza asciugarmi le lacrime che di tanto in tanto mi scivolano lungo le guance.
Tic. Tac. Tic. Tac. Nel silenzio, la sveglia sul comodino scandisce lo scorrere del tempo a ritmo col battito del mio cuore.
Mi giro e mi rigiro, ora dopo ora, senza trovare pace. Quando finalmente mi addormento, con un peso soffocante sul cuore, è solo perché sono esausto.
-
Note dell'autrice:
Alex non è l'unico ad essere esausto, eppure here I am, a portarvi sofferenza. Muahah-... scusate, sono troppo stanca anche per la risata malvagia. Il prossimo capitolo si aprirà con un flashback. Baci
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