Capitolo 11

I tell myself that I'm over you, but it's only you, I keep missing you.

                               - Madly (FTISLAND)


Alex's point of view

- Chi-hoon, Chi-hoon, ti prego, non te ne andare, mi dispiace...!

Mi sveglio. È la prima volta da quando l'ho lasciato che lo sogno, come se fino ad oggi la mia mente si fosse rifiutata di concedermi di vederlo almeno nei sogni.

Mi manca così tanto.

- Mi dispiace... - bisbiglio, passandomi una mano fra i capelli e strofinandomi il viso. Mi sento vuoto e stanco e non ho alcuna voglia di alzarmi.

Tasto il comodino alla cieca e afferro il cellulare, staccandolo dal cavo del caricatore. L'ora sullo schermo è la solita di quando mi sveglio per andare al lavoro e, sullo sfondo, Chi-hoon dorme ancora con la testa poggiata sul mio petto.

Sblocco il cellulare e faccio partire una delle sue canzoni. Le ho cercate e scaricate tutte, pur di avere un modo di ascoltare la sua voce; non importa se non capisco le parole, mi bastano le emozioni evocate dalla sua voce.

Mi alzo faticosamente, anche se potrei restare a letto perché è domenica e non lavoro. Ma restare a letto non è una buona idea, non voglio che i soliti pensieri mi trovino.

Canticchio a bocca chiusa e mi trascino in bagno a lavarmi la faccia. I miei occhi sono spenti, sottolineati da delle lievi occhiaie, e dovrei farmi la barba.

Sospiro, smettendo di canticchiare. Mi sento così stanco, non ho nemmeno la forza né la voglia di prendermi cura di me stesso.

Mi pettino i capelli con le dita e vado a prepararmi il caffè. In questi giorni vivo a caffè, avanzi e cibi preconfezionati; per questo motivo ho perso parecchio peso.

La mia vita avrebbe dovuto proseguire come se non avessi mai incontrato Chi-hoon, e invece sto toccando il fondo. Almeno quando ho lasciato Ryuu consumavo sempre dei pasti decenti ed ero obbligato a prendermi cura di me stesso, ma ora che sono solo... paio uno zombie.

Bevo il caffè con lentezza esagerata, mentre le canzoni si susseguono. Sono così belle, non è difficile innamorarsi della sua musica.

Lascio la tazza vuota nel lavandino, vado a prendere una coperta in cui avvolgermi e poi mi sistemo sul divano, davanti alla televisione; su di essa proietto dei video da Youtube dei concerti di Chi-hoon.

Non ho nulla da fare, perciò li guardo fino all'ora di pranzo. Se il mio stomaco non brontolasse, andrei avanti per ore. E come non farlo? La sua voce è bellissima anche dal vivo e vederlo ballare è un'esperienza magica.

Tuttavia il mio corpo esige di essere sfamato almeno il minimo indispensabile e io obbedisco alle sue richieste. Mangio un panino svogliatamente: è insipido, mi sembra di masticare gomma.

Dopo 'pranzo' mi costringo ad uscire. Quasi dimentico di non poter uscire in pigiama; mi infilo gli stessi vestiti sciupati che indosso da giorni ed esco.

Vagabondo per le strade semi-deserte con le cuffiette nelle orecchie. I miei occhi cercano lui nel volto di ogni passante.

Se lo incontrassi... se ne andrebbe? Mi tirerebbe un ceffone? Fingerebbe di non conoscermi? E io cosa gli direi?

Pur non sapendo nemmeno io dove sto andando, mi ritrovo davanti alla mia vecchia scuola. Entro. È deserta, come pensavo, perché gli studenti si staranno godendo il tempo libero in città o a casa, i più fortunati. Mio padre invece sarà nel suo ufficio, ma non ho voglia di vederlo.

Vado nella mia parte preferita del giardino. I ricordi m'investono, e sono ancora più dolorosi di quelli creati con Ryuu, forse perché sono più freschi.

Era tutto così perfetto, la prima volta che l'ho portato qui, e ora sono in questo patetico stato.

Ho voglia di piangere, e quasi prendo il cellulare e lo chiamo per implorarlo di tornare da me, non riesco a vivere senza di lui.

Ma non lo faccio. Cammino meccanicamente fino al primo albero che incontro, albero a cui qualcuno si sta appoggiando.

Mio padre.

Mi nota anche lui più o meno nello stesso istante.

- Alexander - dice, stupito. - Ma che ti è successo? 

- Niente - borbotto, pentendomi infinitamente di essere uscito di casa. Potevo comprare del gelato e piazzarmi sul divano ad affogare i miei dispiaceri.

- Dal tuo aspetto non si direbbe. Sembri un...

- Papà, ti prego.

- E cosa ci fai qui?

- Avevo bisogno di prendere una boccata d'aria e fare due passi - rispondo. Non demorderà, lo so. E infatti...

- Avresti bisogno anche di una bella dormita, di cambiarti i vestiti e probabilmente di mangiare qualcosa di decente. Hai un aspetto orribile. 

- Grazie, papà, lo so.

- Sei depresso?

Sospiro.

- No, sto solo passando un brutto periodo.

- Hai perso il lavoro?

- No.

- Ha qualcosa a che fare con il ragazzo che mi hai presentato? Vi siete lasciati?

Non rispondo e abbasso lo sguardo, limitandomi a mordermi il labbro inferiore. 

- Alex, non c'è niente di male a soffrire per questo - dice dolcemente, poggiandomi una mano sulla spalla. Evito il suo sguardo.

- Lo so.

- Vieni qui.

Mi abbraccia. È estremamente imbarazzante e per un lungo istante mi sento a disagio come non mai.

- Papà...

- Ti ho sempre lasciato il tuo spazio, pensando che se avessi avuto bisogno di parlarmi saresti venuto da me... lo sai che puoi parlarmi, quando hai bisogno? 

- Lo so, ma... non è facile.

- Lo so che non è facile, ma ti aiuterà a stare meglio... - sospira, poi mi posa un bacio sui capelli e mi lascia andare.

Ci sediamo sotto un albero.

- Tu cosa ci fai qui? - domando, spezzando il silenzio imbarazzato calato su di noi.

- Avevo bisogno anch'io di prendere una boccata d'aria e questo posto è perfetto per rilassarsi e pensare un po' - risponde, stiracchiandosi. - E per portarci i fidanzati e le fidanzate di nascosto, suppongo.

- Non infierire - borbotto. - Tu non ci avresti portato la mamma, se avessi avuto la mia età?

- Touché - ridacchia, passandosi una mano fra i capelli. - Eravamo innamoratissimi, alla tua età. Abbiamo fatto tutto di fretta... ci siamo sposati, abbiamo avuto te. Se avessimo fatto con calma, forse le cose avrebbero funzionato. O forse no, chi può dirlo. 

Silenzio, di nuovo.

- Ma credi ancora nell'amore? - chiedo, arrossendo lievemente. - Anzi, no, non importa, è una domanda stupida.

- Non è una domanda stupida - ribatte, sorridendo tra sé. - A meno che tu creda che l'amore sia stupido.

- No, però...

- Sì, ci credo. Alla mia veneranda età non mi resta che credere nelle belle cose. E se io ci credo ancora, anche tu puoi. Sei giovane e, anche se adesso stai male, troverai la persona giusta, quella che resterà nella tua vita.

Ma lui era la mia persona giusta e non sono stato capace di tenermelo stretto, vorrei dire, e invece sto zitto e osservo i fili d'erba.

- Sarà meglio che torni in ufficio - sospira, lanciando un'occhiata all'orologio. - Promettimi che ti prenderai cura di te e che verrai da me o dalla mamma se avrai bisogno.

- Lo prometto - sospiro anch'io. - Ciao, papà.

- Ciao, Alexander - replica, arruffandomi i capelli. E poi, in un bisbiglio... - Ti voglio bene.

Si alza e se ne va. Mi rimetto le cuffiette nelle orecchie.

È stata una conversazione strana e non sono sicuro di sentirmi meglio, però terrò fede alla promessa fatta a mio padre e cercherò di prendermi cura di me stesso.

Mi chiedo se Chi-hoon stia peggio di me, ma probabilmente no, non può permettersi di ridursi come me con un lavoro come il suo. Forse starà ballando, perché ballare, quando è triste, lo aiuta a distrarsi.

Mi rilasso contro il tronco dell'albero. Mi ricordo quando abbiamo ballato qui. Mi ricordo le parole e i baci che ci siamo scambiati.

Sospiro. Ricordare non mi fa bene, ma non riesco a fare altro. Decido di andare a ricordare da un'altra parte, magari davanti a una scatola di gelato.

Torno al mio appartamento, facendo prima tappa al supermercato per comprare il gelato. Invece di sistemarmi immediatamente sul divano, però, indosso dei vestiti puliti, mi lavo i capelli e mi faccio la barba. Dopodiché mi concedo di stravaccarmi sul divano a mangiare.

Collego il cellulare alla televisione e mi guardo qualche episodio salvato nella playlist 'guarda più tardi' di un k-drama in cui Chi-hoon ha recitato. Non è una gran idea: a metà degli episodi abbandono la scatola del gelato perché non riesco a piangere e continuare a mangiare.

Quando mi calmo, faccio qualcosa di ancor peggio: scollego il cellulare dalla televisione e vado sul suo profilo Instagram. Ha messo una nuova foto, una foto delle sue spalle muscolose mentre è in palestra, e nella descrizione ha scritto 'Rise (and shine)'.

Sospiro e scorro le altre foto. Non ce ne sono di noi, ovviamente, è per proteggere la sua privacy, ma anche se ci fossero... a quest'ora le avrebbe eliminate, penso.

Dovrei eliminarle anch'io, dal telefono, intendo. Eliminarle, cambiare blocco schermo, eliminarlo dalla mia mente e dal mio cuore, ormai è finita, basta.

Ma non ce la faccio, il mio cuore è straziato, nella mia mente ci sono impressi a fuoco i suoi dolci occhi castani, non più quelli dorati di drago di Ryuu, il mio corpo agogna il suo calore.

Ripenso ai suoi baci, così intensi ma così teneri, alla sua mano nella mia che s'incastrava perfettamente, ai suoi abbracci che m'infondevano tranquillità, a quell'unica volta in cui abbiamo fatto l'amore.

Ho voglia di rannicchiarmi sotto le coperte, a letto, e non uscire mai più. Come ho potuto lasciarlo andare?

Appoggio il cellulare sul petto, lì dove il cuore mi duole, e lascio uscire un lungo sospiro. Mi sento così stanco, come se piangere mi avesse risucchiato ogni residuo di energia che avevo ritrovato dopo essermi preso cura del mio corpo.

Chiudo gli occhi con l'intenzione di farmi un pisolino, ma la mia mente si rifiuta di concedermi la pace necessaria ad addormentarmi.

Resto sul divano fino all'ora di cena, quando riprendo la scatola del gelato - che nel frattempo si è sciolto - e lo finisco. I miei buoni propositi di prendermi adeguatamente cura di me stesso finiscono nella spazzatura con la scatola vuota.

Dopo 'cena' decido di andare a dormire, non avendo nulla di meglio da fare e non riuscendo a distrarmi dal pensiero del mio ex ragazzo.

Una volta infilatomi sotto le coperte, però, il sonno non pare avere intenzione di venirmi a prendere, di dare pace al mio inquieto rigirarmi e di portarmi nel regno dei sogni, l'unico posto in cui Chi-hoon è ancora mio, è ancora con me.

Mi chiedo se anche lui trascorre ore insonne, la notte, a fissare il soffitto e a pensare a me. Chissà se cerca invano il mio corpo come io cerco il suo.

Chissà quando smetterà di cercarlo e quando troverà qualcun altro da amare. Quando qualcuno lo amerà come io non ho saputo fare.

Mi passo una mano fra i capelli, scacciando la scintilla di gelosia che s'accende flebilmente nel mio cuore. Non ho il diritto di essere geloso.

Mi sento le palpebre pesanti, di sonno e di pianto. Ma non piango e non mi addormento. Quando finalmente il mio corpo si arrende alla stanchezza, scivolo in un sonno pesante e privo di sogni.

-

Note dell'autrice:
pasticcini miei adorati... sono tornata. Mi dispiace tanto della mia lunga assenza. Sono ancora molto impegnata e piuttosto stressata, fine novembre e dicembre sono i periodi più carichi. Per fortuna tra poco sarò in vacanza e potrò scrivere e continuare con la Webtoon. A presto (spero). Un abbraccio

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