CAPITOLO TREDICESIMO - parte 1

Poco dopo, Jack recuperò il controllo della sua mente. Si ritrovò chinato sul cadavere di quell'uomo, con un rene sul palmo della mano destra ed il sapore dolce e ferroso di sangue in bocca. Subito gettò l'organo a terra e sputò disgustato, emettendo un lamento. Quando poi sollevò lo sguardo, vide Adrian: il bambino era terrorizzato, con la schiena premuta contro al muro e gli occhi spalancati.
-Adrian, io...- balbettò avvicinandosi.
Ma lui balzò in piedi. -Stai lontano!- gridò.
Il ragazzo si fermò, e rimase immobile a guardarlo. Come aveva potuto farlo? Adrian era l'unica persona al mondo che lo accettava per il mostro che era senza giudicarlo, ed ora l'aveva perso per colpa di uno stupido errore. Avrebbe dovuto mantenere il controllo, e invece... Aveva fatto un casino. Sì, un casino: l'unica cosa che poteva riuscire a fare un mostro immondo come lui.
-Io non volev...-.
-Vattene!- lo interruppe ancora il bambino, gridando e piangendo. Il suo copro tremava come una foglia secca al vento, e le sue guance erano zuppe di lacrime.
D'un tratto scattò scivolando via di lato, e corse verso l'uscita, più veloce che poteva.
-Adrian! Aspetta!- gridò Jack inseguendolo. Nemmeno badava a dove stesse andando: teneva lo sguardo puntato sul bambino che scappava, mentre correndogli dietro sbatteva le spalle quà e là contro ai muri.
Presto si ritrovò in giardino, a pochi metri di distanza da Adrian. Lo stava raggiungendo velocemente, e ad ogni passo sentiva il demone dentro di sé contorcersi. Ma questa volta non lo avrebbe lasciato prendere il controllo.
Riuscì ad avvicinarsi ad Adrian quanto basta per afferrarlo per la maglietta e farlo cadere a terra, poi lo bloccò con le braccia posizionandosi sopra di lui. Il bambino urlava a squarciagola, e continuava a piangere e dimenarsi.
-Shhh! Non urlare!- esclamò il ragazzo tappandogli la bocca. Lo bloccò avvolgendolo con le sue braccia e lo alzò di peso, per poi condurlo di nuovo dentro casa. Gli tappò gli occhi mentre attraversava il salotto, ove giaceva a terra il corpo di suo padre, e lo portò nella camera da letto. Una volta lì, lo liberò chiudendo prontamente la porta dietro alle sue spalle.
-Non urlare- ripeté con il tono più calmo che riuscì a fare.
Il bambino si accasciò al suolo, contro al muro in fondo alla stanza, e continuò a singhiozzare rumorosamente. Non smetteva di tremare, ed avvolgeva le ginocchia dentro alle braccia.
-Senti, io.... Mi dispiace- balbettò Jack togliendo la maschera -Non volevo andasse così-.
Adrian si premette le tempie con i palmi delle mani, mugolando, poi volse lo sguardo al demone. -Perché?- riuscì a dire, singhiozzando.
Il ragazzo piegò il volto in un'espressione dispiaciuta, e si lasciò cadere a terra, poggiando pesantemente le ginocchia sul pavimento duro. Con lo sguardo basso, disse: -Te l'ho detto. Non sono un eroe. Sono un demone-.
Il bambino strinse i pugni e corrugò la fronte. -Ma avevi promesso di aiutarmi!-.
-È quello che volevo fare, infatti-.

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