CAPITOLO TERZO - parte 1
Jack riaprì gli occhi. Le catene avvolte sul suo torso iniziavano a fare male, ed erano così strette che aveva l'impressione di fare fatica a respirare.
Non sapeva quante ore fossero passate, ma doveva essere giorno dato che la stanza era illuminata, seppur scarsamente.
Passò gli occhi sulle quattro candele rosse agli angoli. Ora erano spente, e non più immacolate: della cera era colata di lato e lì si era freddata, e le cordicelle erano diventate corte e nere.
Sospirò lentamente, e tentò di muovere come poteva le braccia legate dietro alla schiena. Le spalle erano indolenzite e doloranti, costrette in una posizione innaturale. Il ragazzo emise un flebile gemito di dolore e tornò ad accasciarsi su un fianco.
Continuava a non sapere dove fosse, né come ci fosse arrivato; però adesso una cosa l'aveva capita: Era tenuto prigioniero da una strana setta, e probabilmente quegli uomini lo avrebbero ucciso.
Ripensò alla frase che aveva sentito pronunciare da uno di loro, quella notte:
Avviare procedura. Primo tentativo di evocazione.
Evocazione.
Evocazione di cosa?
Quel gruppo di pazzoidi satanisti stavano cercando di evocare un demone, o qualcosa di simile, ed avrebbero usato il suo corpo?
Jack era sempre stato scettico riguardo a cose di questo genere; la sua famiglia non era neanche mai entrata in una chiesa.
Quel dolore lancinante che aveva provato, però...
A cosa era dovuto?
Possibile che fosse stata solo colpa della paura o della suggestione?
Jack scosse il capo. Voleva sperare che fosse così, ma in ogni caso adesso non aveva importanza. Era legato a terra in una stanza senza uscita, e se non avesse trovato un modo per scappare, sarebbe stato ucciso da quel branco di pazzi.
Tentò di alzarsi in piedi ma si accorse subito che le catene non erano abbastanza lunghe da permetterglielo, così rizzò la schiena ed iniziò a strattonare. Senza l'ausilio delle braccia, tuttavia, era difficile. Spinse con tutte le sue forze, piantando a terra le scarpe; strinse le mandibole e diede un forte strattone all'indietro, ignorando il dolore che si provocava sul petto.
Niente.
Era tutto inutile.
Le catene erano troppo robuste e troppo ben fissate a terra.
Jack sentì la speranza abbandonarlo del tutto. Non aveva modo di uscire da lì.
Iniziò a piangere come un bambino. Pensò al volto di sua madre, a quello di suo padre. Pensò ai bei momenti passati con loro, e le lacrime uscirono ancor più abbondanti.
Le sue labbra si mossero senza emettere alcun suono, e mimarono una frase:
Vi chiedo scusa.
È proprio quando ti rendi conto di non poter più tornare indietro, che riesci a distinguere le cose che contano davvero da quelle superflue.
Jack avrebbe pagato tutto l'oro del mondo, in quel momento, per poter riabbracciare i suoi genitori.
Passò tutto il giorno, e non accadde nulla.
Ma il ragazzo sapeva.
Sapeva che sarebbero scesi di nuovo, quando il sole sarebbe calato.
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