CAPITOLO SETTIMO - parte 2

Jack si avvolse la testa tra le mani. Restò immobile, in quella stanza, per un tempo indefinito.
Non sarebbe mai più stato la stessa persona, e ne era consapevole. Il demone si era preso metà della sua anima, ed era evidente a questo punto che non aveva più il pieno possesso delle sue azioni.
Sospirò, e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Doveva uscire da quel posto, adesso.
Si avvicinò alla scala ed afferrò il primo gradino, poi iniziò a salire. La sua mente era un groviglio di pensieri ed emozioni indefinite, di cui sperava solo di liberarsi presto. Saliva rapidamente, desideroso di vedere la luce del sole. Da quanti giorni non la vedeva? Da quanti giorni non respirava l'aria esterna?
Giunto all'apice della scala di ferro, poggiò le ginocchia a terra e si alzò in piedi. Ciò che si trovò davanti era un corridoio spoglio e malconcio, con i muri scrostati ed ammuffiti. Su ambi i lati vi erano diverse porte; l'edificio sembrava molto grande. Forse era un'industria abbandonata, o qualcosa del genere.
Jack percorse il corridoio fino infondo, ove trovò una serie di grosse finestre rotte. Si avvicinò e guardò oltre il vetro: si trovava circa al quinto piano, e la struttura era effettivamente molto grande. Davanti a lui si estendeva una collina, oltre la quale il ragazzo riconobbe alcuni palazzi della sua città, seppur fossero molto lontani. Doveva solo raggiungerli, per ritrovare la via di casa.
Jack sospirò. Si sentiva sollevato, all'idea di essere così vicino a casa. Presto avrebbe potuto riabbracciare i suoi genitori, sdraiarsi nel suo letto...
In quel momento era troppo felice, per pensare. Non teneva conto nell'eventualità che i suoi genitori non l'avrebbero riconosciuto.
Trovò la rampa di scale che scendeva fino al piano terra, ed iniziò a scendere. Saltò due gradini mancanti, e poi uno spezzato. Giunto al pian terreno, si trovò in una grossa stanza vuota, da cui si accedeva tramite un enorme portone di ferro socchiuso. Vi si avvicinò e si mise in costa, passando nello spiraglio.
Subito la luce del sole si posò sulla sua pelle, ed un vento leggero la accarezzò. A Jack, in quel momento, parve la cosa più bella del mondo.
Era di nuovo libero, o almeno questo era ciò che credeva.
Poteva indubbiamente ritenersi fortunato, comunque; essere sopravvissuto a tutto ciò era stata un ardua impresa, che non avrebbe mai potuto compiere senza la forza del demone. Era sopravvissuto, anche se per farlo aveva dovuto perdere metà della sua anima.
Il ragazzo si incamminò lungo il prato coperto di erba secca, con la faccia ancora coperta sotto alla maschera. Muoveva le gambe velocemente, puntando lo sguardo sulla sua amata città, che scorgeva all'orizzonte.
Scese lungo la collina, incurante delle erbacce che gli frustavano le gambe, pensando già a quanto sarebbe stato bello tornare a casa, dopo tutto quello che era successo.
Quando poggiò le suole sull'asfalto, riconobbe subito la via in cui si trovava: era una strada provinciale, che passava a pochi isolati di distanza da quella in cui abitava, e che tagliava la città a metà.
Si incamminò lungo il marciapiede a testa bassa, ignorando gli sguardi confusi e curiosi dei passanti. Non sembravano spaventati, probabilmente credevano che si trattasse di un travestimento.
Dopo pochi altri minuti di cammino, Jack si trovò finalmente davanti il suo palazzo.
Era indicibile il sollievo che provava adesso, guardandolo.

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