CAPITOLO SEDICESIMO - parte 1
Jack era seduto dietro ad un cespuglio, con le braccia avvolte attorno alle ginocchia. Osservava attentamente il piccolo Adrian che correva come un pazzo da una giostra all'altra, ed ogni tanto sulle sue labbra appariva un lieve sorriso.
Un poco lo invidiava, quel bambino. Lui vedeva il mondo in tutt'altro modo, perché era ancora troppo piccolo per comprenderlo a pieno; credeva ancora in un futuro felice, coltivava sogni, era pieno di speranza, e gli bastava davvero poco per essere felice. Uno scivolo e un altalena erano più che sufficienti a fargli dimenticare tutto il male.
Per Jack, invece, purtroppo non era affatto così. Lui era schiavo della sua tristezza e dei suoi sensi di colpa, ed era costretto a portarsi quel peso sulle spalle ogni singolo giorno.
Il ragazzo ridacchiò, quando Adrian fece un capitombolo, e spostò lo sguardo sugli altri bambini che giocavano attorno a lui. Sembravano tutti molto felici e spensierati, e saltellavano quà e là sotto agli occhi vigili dei loro genitori che li osservavano seduti sulle panchine.
Jack sospirò e spostò ancora lo sguardo, soffermandosi questa volta sulla figura di un uomo che camminava al centro del parco.
Il suo cuore mancò un colpo.
Il ragazzo si alzò in piedi e mise a fuco l'immagine; non ricordava di conoscerlo o averlo mai visto, ma era assolutamente certo che i pantaloni azzurri che indossava erano esattamente quelli del suo ricordo. Deglutì nervosamente, e rimase immobile ad osservare l'uomo, che ora si era fermato accanto alle altalene.
Una sensazione di rabbia invase il suo corpo, tanto che gli risultava difficile persino stare fermo; poteva sentire il demone scalpitare, graffiare il suo corpo dall'interno. Appoggiò una mano sulla maschera e si impose di restare calmo; non era detto che fosse lui. Quell'uomo che nel suo ricordo lo trascinava per i piedi poteva essere chiunque, dal momento che sicuramente non soltanto lui possedeva quei pantaloni azzurri.
Il tizio riprese a camminare in direzione dell'uscita del parco, e Jack lo lasciò andare. Uscì dal cespuglio e agitò le braccia per attirare l'attenzione di Adrian, che lo raggiunse correndo.
-Dobbiamo già andare via?- disse il bambino in tono lamentoso.
-Shhh! Seguimi e basta, ok?-.
Jack si avvicinò a passo svelto al cancello del parco, ed individuò subito il tipo con i pantaloni azzurri. Era fermo davanti ad un bar, e fumava una sigaretta.
-Resta qui- disse il ragazzo premendo una mano sul petto di Adrian. Si avvicinò all'individuo da solo, stringendo con forza i pugni nel vano tentativo di reprimere la volontà del mostro dentro di lui.
Si fermò davanti all'uomo, e lo osservò. Tuttavia, neanche guardarlo da vicino risvegliava in lui qualche ricordo; forse era davvero la persona sbagliata.
-E tu che diavolo vuoi?!- esclamò l'uomo sfilandosi la sigaretta dalle labbra e sputando a terra. Aveva una barba rada e grigiastra, qualche ruga sulla fronte ed un'espressione rozza e presuntuosa.
Jack non rispose, ma continuò ad osservarlo in silenzio.
-Guarda che non è carnevale- continuò l'uomo agitando le braccia -Perchè non ti togli quella merda di maschera e non mi fai vedere la tua faccia di cazzo? Eh?-.
A quel punto il ragazzo perse la pazienza. Con una rapida occhiata valutò che attorno a loro non c'era quasi nessuno, dunque balzò in avanti ed afferrò lo sconosciuto per la maglietta. Avvolse un braccio attorno alla sua testa per impedirgli di urlare, e lo trascinò via con sé in uno stretto vicolo.
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