CAPITOLO QUATTORDICESIMO - parte 1
-Che cos'è questo rumore?- esclamò Jack alzandosi di scatto dal letto e rizzando la testa.
Adrian fece spallucce. -La macchina della mamma, credo-.
-Cazzo!- esclamò il ragazzo, ma subito dopo si voltò indietro -Oh, scusa. Tu non dirlo-.
Il bambino scoppiò in una risata allegra. -Non fa niente. Lo diceva sempre anche papà-. Nel pronunciare le ultime parole, però, il suo volto tornò ad incupirsi leggermente.
Jack gli poggiò una mano sulla spalla e lo scosse leggermente. -Ascoltami. Non posso farmi trovare qui, quindi esco dalla finestra-.
Adrian annuì, ed abbassò subito dopo il capo. -Te ne vai per sempre?- chiese con aria triste.
Il ragazzo sorrise e scosse la testa -No. Mi nascondo soltanto, tornerò quì quando tua mamma sarà di nuovo a lavoro, ok?-.
-Ok- fece il bambino tornando sereno.
Jack saltò sul cornicione della finestra e si voltò un ultima volta indietro. -Senti.... Ho ripulito tutto, in salotto... Ma se tua madre dovesse trovare una macchia o qualcosa del genere, tu non sai niente. Capito?-.
-Capito...-.
-Fatti forza, eroe- concluse Jack prima di saltare giù dalla finestra, atterrando nell'erba del prato.
Corse subito via, lontano dalla casa, e si ritrovò presto davanti allo stesso profondo canale ove aveva gettato il corpo del padre di Adrian.
Si mise a sedere sul ciglio, con le gambe a penzoloni nel vuoto, e si passò una mano sulla faccia appoggiando la maschera blu a terra al suo fianco. Osservò le sue mani, il colore grigio della sua pelle. Quale mostro era diventato?
Si lasciò cadere indietro, poggiando la schiena sulla terra, e puntando lo sguardo al cielo. Era notte fonda, e la volta stellata sopra di lui era lucente, costrastata al nero del cielo immerso.
Il ragazzo sospirò, e rimase immobile ad osservare le stelle. Si chiedeva che ne sarebbe stato della sua vita. Che cosa avrebbe fatto, o meglio che cosa avrebbe potuto fare ridotto in quel modo.
Gli tornò alla mente tutto il dolore che aveva dovuto sopportare incatenato in quella stanza. Quali torture aveva dovuto patire per diventare il mostro che era adesso. Continuava a dirsi che avrebbe preferito non farcela; avrebbe preferito avere un corpo più debole che non sarebbe riuscito a tollerare la presenza del demone, e che sarebbe morto durante le torture.
Sarebbe stato meglio così, e non solo per lui; anche per tutte le persone che aveva ucciso.
Senza rendersene conto si ritrovò a piangere; non credeva neanche di poterlo fare. Si rannicchiò su sé stesso ed appoggiò la guancia sulla terra fredda, singhiozzando. Non sopportava quello che era, ed il pensiero di non avere il pieno controllo di sé lo terrorizzava. Se la sua prossima vittima fosse stato Adrian? Non aveva modo di evitarlo. O forse si? Con la pratica avrebbe raggiunto un maggiore controllo?
Troppe, troppe, troppe domande senza risposta.
Tornò a sollevare la schiena poggiando i palmi a terra, e scosse la testa. Tornò alla sua mente quel piccolo frammento di ricordo che era riuscito a recuperare; quel ricordo che probabilmente risaliva a poco prima che venisse rinchiuso in quella stanza di torture: Un uomo lo trascinava via con sé, nel corridoio di una struttura abbandonata. Ed aveva i pantaloni azzurri.
Sì, ma il volto?
Non lo aveva visto. Lo stava trascinando per i piedi, dopotutto.
Jack si alzò e volse lo sguardo al canale colmo d'acqua, che scorreva lenta verso destra. Sospirò, e tornò ad infilarsi la maschera.
Per il momento, non aveva la forza di pensarci. Sarebbe solo tornato da Adrian, ed avrebbe cercato di porre rimedio al disastro che aveva combinato.
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