CAPITOLO NONO - parte 1
Jack corse fuori dal palazzo, e proseguì lungo il marciapiede verso una meta a caso. Corse più veloce che poteva, mentre sotto alla maschera le lacrime già scivolavano sulla pelle grigia della sua faccia. Si infilò in un vicolo stretto, soffocato tra due grossi palazzoni dai muri grigi, e si accucciò a terra. Portò le mani alla faccia e sfilò la maschera, singhiozzando, poi la lanciò cadere a terra.
Il fatto che non avesse il completo controllo di sè lo terrorizzava. Aveva fatto del male a sua madre, e se non fosse riuscito a recuperare la lucidità in fretta la avrebbe di certo uccisa.
Sollevò la maglietta ed osservò il buco sanguinante che il proiettile aveva scavato nel suo ventre. Altri due erano nelle gambe. Perdeva sangue ed avvertiva dolore, ma nulla più di questo; una persona normale probabilmente sarebbe già morta nelle stesse sue condizioni.
Jack strinse i pugni e trattenne il fiato, cercando di smettere di piangere; sapeva che non sarebbe servito a niente, che non avrebbe risolto nulla.
Doveva calmarsi adesso, trovare un posto in cui passare la notte e rimettere in ordine i pensieri.
Si alzò in piedi ed uscì dal vicolo, riposizionando la maschera sul volto. Camminò per alcuni minuti, finché non si fermò davanti ad una vecchia industria in disuso. Poggiò le mani sulla porta marcia, e spaccò la serratura con facilità impressionante. Dentro vi era un lungo corridoio scrosrato ed ammuffito, su cui si affacciavano da ambi i lati diverse porte. Ne scelse una qualunque, e si mise a sedere nell'angolo di una stanza vuota.
Si guardò intorno, passando gli occhi sui muri malmessi, e sentì una strana sensazione assalirlo. Era un sentimento sgradevole, come un disagio indefinito.
Strinse le braccia avvolgendole attorno al petto e puntò lo sguardo a terra. Tra pezzi di regole rotte che erano cadute dal tetto e di mattoni, c'era un piccolo oggetto lucente. Jack lo prese e lo girò tra le mani; non appena realizzò che cosa fosse, il suo cuore mancò un colpo.
Era il suo orologio da polso. Gli e l'aveva regalato sua madre per il suo ultimo compleanno.
Il ragazzo aggrottò la fronte: che cosa ci faceva in quel posto?
Fu allora che capì. Ecco che cos'era quella sensazione di disagio. Era successo qualcosa, in quel posto.
Forse era stato portato lì dai membri di quella setta, prima di essere spostato nell'altra struttura abbandonata.
Si alzò in piedi ed iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza, cercando altri oggetti o qualunque indizio che indicava che avesse ragione. Tra pezzi di legno marcio e mattoni rotti trovò una siringa. Non era sicuro che avesse a che fare con ciò che gli era successo, ma forse era stata usata per drogarlo o addirittura addormentarlo.
Jack appoggiò la schiena contro al muro, confuso e spaventato. Proprio in quel momento, un ricordo vago si fece strada nella sua mente.
Un uomo lo trascinava lungo il corridoio di quell'edificio. Indossava dei pantaloni della tuta azzurri.
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