CAPITOLO DICIOTTESIMO - parte 1
Jack osservò la scena, confuso. Suo zio adesso lo fissava con aria nervosa; i pugni stretti e le mandibole serrate. Il suo sguardo sembrava spaventato, ma anche pensieroso. Forse già sapeva chi fosse il mostro che si era trovato davanti.
Sua madre, dietro di lui, tremava e si agitava, voltando la testa a destra e sinistra sperando di individuare un telefono con cui chiamare aiuto.
-Vattene!- gridò l'uomo agitando le braccia.
Il ragazzo sollevò lentamente la mano destra, ed appoggiò le dita sulla superficie liscia della maschera. -Sono cambiato molto- disse con voce tranquilla -Ma i lineamenti facciali sono sempre gli stessi-. Sollevò la maschera e mise in mostra il suo volto grigio, dalle cui orbite colava ininterrottamente quella sostanza scura. I denti affilati erano appena visibili dietro alle labbra socchiuse.
Entrambi i presenti rabbrividirono, ma con reazioni piuttosto diverse: sua madre gridò ed indietreggiò ancora, fino a sbattere contro al muro dietro di sé, mentre Tom lasciò cadere la mandibola in un'espressione confusa e stupita. Jack non poteva saperlo con esattezza, ma avrebbe giurato che in quel momento lo avesse riconosciuto. Era davvero lui il colpevole, poteva leggerlo nei suoi occhi.
Tuttavia, l'uomo si ricompose subito, per non destare sospetti.
-Oh mio Dio- esclamò -Sei... Un mostro! Che.... Che cosa sei, tu?-.
Il ragazzo tornò a coprire il volto con la maschera, e disse: -Non lo so con esattezza, forse potresti dirmelo tu-.
Tom scosse nervosamente la testa -Che vuoi dire? Vattene subito!-.
-Il nome Jackson ti dice qualcosa?- continuò il demone.
A quella frase sua madre spalancò gli occhi. -Che c'entra mio figlio?- esclamò.
-Sei stato tu, mostro, ad uccidere Jackson?- gridò l'uomo, cogliendo la palla al balzo. Con quella affermazione si sarebbe messo con le spalle al muro.
Jack scosse il capo. -No, Tom-.
-Adesso chiamo la polizia!- gridò ancora sua madre, scoppiando in lacrime. -Maledetto mostro! Che cosa gli...che cosa gli hai fatto...- iniziò a balbettare -Il...il mio Jack...-.
Il ragazzo la osservò, così piangente e tremante, e sentì un odio profondo invadere il suo corpo. Tutto questo dolore, era stato causato solo da suo zio. Ma quel bastardo continuava a negare.
-Sono io, Jack- rispose con voce ferma.
La donna scosse la testa. -Smettila di dirlo! Mio figlio...-.
-Mamma!- la interruppe alzando la voce. Prese una boccata d'aria, e disse: -Sono sempre io, sono Jackson-.
-Adesso basta!- gridò Tom furioso -Piantala di dire stupidaggini, non ci raggirerai!-. L'uomo avanzò verso di lui rabbioso, e lo afferrò per il colletto della felpa, strattonandolo. -Fuori di quì, o te la vedrai con me!-.
I suoi occhi erano colmi di rabbia e paura, ma erano bugiardi. Maledettamente, inconfondibilmente bugiardi.
Jack afferrò con un gesto rapido il suo polso e lo strinse con forza, facendolo immediatamente mugolare di dolore. -Perchè non dici come sono andate le cose realmente, zio Tom?-.
-La...Lasciami!- esclamò lui, tentando di liberarsi da quella presa.
-Avanti, perché non ci racconti della tua fottuta setta? Perché non ci parli di come il tuo piano sia andato in frantumi?-.
-Non ho idea di cosa tu stia dicendo... Lasciami!-.
-Che succede quì?!-. Una quarta voce si aggiunse. Jack la riconobbe subito: era quella di suo padre.
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