|Chapter 9|
Uscimmo dai nostri nascondigli solo quando fummo sicuri che se ne fossero andati, aspettando un paio di minuti per sicurezza. Ci raggiungemmo con calma nel punto intermedio tra le due macchine dietro cui eravamo nascosti, afferrandoci l'uno con l'altro per fornirci un punto di riferimento. Prima di proferire anche solo una parola su ciò che avevamo appena sentito, concordammo sussurrando di uscire e allontanarci un po' da lì. Con estrema lentezza riuscimmo a trovare e aprire la porta del capannone, venendo subito quasi accecati dalla luce del sole, dato che gli occhi erano stati abituati al buio, seppur la luce non fosse forte nonostante l'ora e la posizione del sole in cielo. Ci incamminammo nella direzione verso cui stavamo andando inizialmente, rimanendo in silenzio fino a quando il capannone non fu più visibile.
"È incredibile e orribile allo stesso tempo." Commentò Jonathan, scuotendo la testa incredulo.
"È più strano che altro." Ribattei io, guardando a terra di fronte a me.
"Vogliono creare dei nuovi esseri viventi. È qualcosa che si cerca di fare da anni e anni, ma nessuno ci era mai veramente riuscito; sono i primi ad aver creato un prototipo di essere umano." Dalla sua voce trapelava stupore e un pizzico di paura.
"L'avevi detto, c'era odore di zolfo là dentro, hanno solo confermato dei dubbi che già avevamo." Replicai, stringendo le braccia al petto a causa della temperatura che sembrava farsi sempre più bassa, proprio come aveva detto Ralph poco prima.
"L'unica cosa che non mi è chiarissima è il perché li abbiano chiamati Homi." Mi rivelò, chiedendomi implicitamente se io ne sapessi qualcosa su quella parola.
"Mi ricorda homo, hominis che deriva dal latino: vuol dire uomo, inteso però come essere-" Non riuscii a terminare la frase in tempo perché Jonathan mi interruppe terminando al posto mio.
"Umano." Sembrava un bambino che aveva appena imparato a fare le addizioni, al settimo cielo dopo aver compreso qualcosa che non riusciva a capire.
"Comunque non è quello che mi preoccupa." Affermai fermandomi di colpo, ancora scossa per ciò che era appena accaduto; Jonathan fece la stessa cosa, mettendosi di fronte a me. "Ciò che mi preoccupa veramente è stato l'aiuto da parte dell'uomo dagli occhi gialli, che a quanto pare si chiama Ralph." Lo guardai negli occhi, dove però vi lessi solo confusione. "Prova a pensarci: che cosa ne ricaverebbe lui dall'avermi salvata dall'aereo e nell'averci aiutati a non essere scoperti prima?" Gli domandai, non dandogli nemmeno il tempo di rispondere perché continuai subito dopo: "Questo prova che molto probabilmente non siamo soli su quest'isola, chi ci dice che non ci siano altre persone oltre a noi e loro due?"
"Intendi come Robinson Crusoe? L'avventura che nel libro lui ha con la tribù di cannibali che vivevano sull'isola in cui è naufragato?" Replicò Jonathan, guardandosi intorno per un attimo agitato.
"Spero vivamente che questi non siano cannibali." Gli risposi, incamminandomi di nuovo, seguita subito dopo da lui. "Ciò che intendo dire è: perché aiutarci? Che cosa potrebbe ricavarne in cambio? Noi non lo conosciamo, il collega - Manfred mi pare si chiamasse - ha continuato a sospettare che ci fosse qualcuno ed era intenzionato a trovarlo." Alzai le braccia in aria, per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi in maniera brusca e scocciata.
"Magari gli facevamo talmente tanta pena che ha deciso di lasciarci andare." Tentò di sdrammatizzare il ragazzo, facendomi scappare una piccola risata. "Non pensiamoci più adesso. Piuttosto cerchiamo un riparo per la notte e della legna per accendere il fuoco, credo che farà freddo anche stanotte." Decise, piegandosi per prendere un paio di legnetti che mise nel suo zaino; essi erano talmente vuoti e, di conseguenza, leggeri che sembravano inesistenti.
"Rivuoi la tua felpa? Hai freddo?" Gli domandai un po' imbarazzata, togliendo un braccio dalla manica.
"Non preoccuparti tienilo tu; hai ancora freddo?" Mi chiese in risposta, mentre io rinfilavo l'arto nella manica.
"Sì, ma a quanto pare non ci possiamo fare niente dato che anche i due tipi hanno detto che il freddo sarà qualcosa di continuo." Cercai di tranquillizzarlo, raccogliendo da terra un ramo abbastanza grande.
Continuammo a camminare in silenzio, osservando quali pezzi di legno potessero andare bene e, in caso, afferrando quelli più adeguati. Nella mia mente continuavano a ritornare quegli occhi giallo sporco, ma all'immagine ora si erano aggiunti alcuni lineamenti del viso, come le fossette appena percettibili e gli zigomi pronunciati che ricordavano vagamente i miei; era questo dettaglio a spaventarmi di più, facendomi percepire miliardi di brividi lungo la schiena ogni volta che ci pensavo. Scossi la testa cercando di non pensarci troppo, riflettendo invece sull'aspetto di Ralph, dato che all'inizio l'avevo riconosciuto solo dagli occhi. Nonostante la prima volta in cui l'avevo visto, rispetto alla seconda, ci fosse stata un po' più luce, il fatto che fossi stordita e sul punto di perdere conoscenza aveva contribuito a memorizzare solo ciò che più risaltava nell'uomo, ovvero il colore delle sue iridi. Non avevo visto nessun capello spuntare da sotto il cappuccio, quindi molto probabilmente era pelato; gli zigomi e la mascella creavano un viso spigoloso e duro, ma la morbidezza dei lineamenti della bocca addolciva il tutto. Il colore degli occhi era spento, senza vita, con la parvenza di chiedere continuamente un aiuto implicito solo con un semplice sguardo, una sofferenza mai detta a voce alta.
Giunse lentamente la sera e finalmente riuscimmo a trovare un'altra casupola in cui riposare, identica alla prima in cui eravamo stati la prima notte. Jonathan accese un fuoco con la legna che avevamo recuperato, per poi passarmi una merendina; nonostante le risorse fossero poche avevamo deciso che io avrei portato le bevande, mentre lui avrebbe trasportato i cibi. Passammo anche quel tempo in silenzio, come lo era stato tutto il tragitto dal capannone a lì. L'unico vero e proprio contatto umano che ci fu tra noi due, oltre al veloce e leggero sfioramento di dita che c'era stato quando mi aveva passato la 'cena', fu nel momento di dormire: concordammo sull'usare il calore dei nostri corpi per mantenerci meglio al caldo, proprio come avevamo fatto la notte prima. Jonathan si sedette vicino a me, mi avvolse il corpo con le sue braccia e io feci lo stesso con lui, poggiando la testa sul suo petto. L'ultima cosa che vidi prima di finire tra le braccia di Morfeo furono quegli occhi giallo spento, che sembravano tormentarmi anche nel mondo dei sogni.
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