Chapter 36

Non ci muovemmo neanche un millimetro su quelle gelide scale di legno, aspettavamo che o Christopher o Josephine ci venissero a dire che potevamo uscire, che il pericolo non c'era più e che se n'erano andati. Non sapevo per quale motivo nutrivo così tanta fiducia per Christopher, soprattutto per il fatto che lo conoscevo da pochissimo tempo; eppure quello che mi aveva detto sembrava così familiare al mio corpo che avrei detto che mi conoscesse da tutta la vita. Mi stavo fidando di una persona solo perché il mio istinto mi stava dicendo di farlo, e per qualche ragione sentivo di doverlo ascoltare.

Sentii dei passi muoversi sopra di noi, erano di una persona sola, ma chi avrebbe mai potuto sapere di chi fossero? Potevano benissimo essere di Manfred che tornava indietro, incuriosito dal tavolino su cui aveva fatto delle osservazioni. I passi si fecero sempre più vicini, fin quando non si fermarono di fronte al piccolo mobile, il quale venne mosso sopra il rumoroso pavimento. Chiusi gli occhi, passandomi la lingua sulle labbra e stringendo un altro po' il braccio di Jonathan.

"Crystal, Jonathan, sono Josephine." Tirai un sospiro di sollievo al suono di quella voce, voltandomi verso la botola, cosa che fece anche lui. "Sto per aprire la botola, quindi non spaventatevi."
Dopo qualche secondo, quasi come un miracolo o un'apparizione, ci apparve davanti la signorina Murphy, un'espressione preoccupata in viso.

"State bene?" Ci chiese frenetica, guardandoci in maniera quasi materna; noi annuimmo, io sforzai addirittura un sorriso rassicurante. "Non avete idea di che paura ho preso quando ho visto quegli scienziati." Si drizzò in piedi per spostare totalmente il tavolino da sopra l'apertura, aprendola totalmente. "Non vi muovete da qua, io e Christopher abbiamo deciso che vi muoverete solo domattina, quando prenderete il treno."

L'affermazione della donna di fronte ci lasciò sia sbalorditi che timorosi, mille quesiti iniziarono a frullarmi in testa: avremmo dovuto prendere un treno? Domattina? E se qualcuno ci avesse visto?
"So che vi sembra strano e pericoloso, ma io e Christopher abbiamo deciso che questo era il meglio per voi. Soprattutto dopo ciò che è appena successo." Ci raccontò che coloro che avevano bussato ed erano entrati dalla porta erano tre scienziati, tra cui mi confermò Manfred, che dovemmo spiegare di aver già incontrato tempo prima, per questo sapevamo più o meno chi era. Inizialmente sembravano pacifici, si sono seduti e hanno cominciato a parlare in modo gentile; all'improvviso Manfred si era alzato in piedi, pretendendo di fare un giro integrale della casa, dalla prima all'ultima stanza. Nonostante sia lei che Christopher avessero insistito che non c'era niente di strano da trovare lì, lo scienziato li aveva costretti a portarli al piano superiore, dove gli altri due suoi colleghi erano rimasti a ispezionare le camere. Ritornati al piano di sotto lui era entrato spedito in questa stanza, credendo di trovarci; Jonathan ricevette i complimenti per l'idea del tavolino, perché molto probabilmente ci avrebbe scoperti se non l'avessimo usato. Alla fine dell'ispezione Manfred era molto arrabbiato, credeva che la sua intuizione del legame tra me e la signorina Murphy fosse la soluzione ai suoi problemi, che ci avrebbe di sicuro trovati a casa sua e presi per riportarci all'esperimento.

"Una volta che se ne sono andati, Chris è rimasto ancora qualche momento per spiegarmi il cambio del suo piano:" Continuò lei, tenendo però la voce sempre con un tono basso. "Domattina, all'alba, vi porterò in stazione, dove prenderete con lui un treno diretto verso Laboratory. Da lì vi dirà dove andare per prendere una barca che potrete usare per tornare a casa."

"Siamo sicuri che funzionerà?" Chiese Jonathan preoccupato, rivolgendomi un'occhiata fugace; capivo la sua paura, era un piano improvvisato dal nulla, inoltre non potevamo rischiare di farci scoprire, e in me cercava l'approvazione per quella sua preoccupazione, sperando non fosse eccessiva.

"Non abbiamo altra scelta." Disse la signorina Murphy, scuotendo la testa sconsolata.

"Va bene, lo faremo. " Sapevo che il ragazzo di fianco a me aveva ancora qualche dubbio, ma in fondo che cosa potevamo fare? Non avevamo altra scelta. "Dove sono i nostri zaini? Ci servono, c'è dentro tutto il nostro cibo, l'acqua..." In quel momento mi ricordai di un elemento che avevo ancora tenuto nascosto perfino a Jonathan, e che si trovava nello zaino che avevo da sempre portato io.

"Adesso te li porto, così vedete voi di organizzarli." Si alzò in piedi di corsa, uscendo dalla stanza e richiudendo la porta dietro di sé.

Avevamo scampato per un pelo il pericolo, se fossimo rimasti in salotto un secondo di più sarebbe stata la fine per tutti, non solo per me e Jonathan. Se Christopher ha affermato che, semplicemente dicendo di non essere d'accordo con l'esperimento, rischiava la morte, che cosa sarebbe potuto accadere a Josephine, la quale invece ospitava le due cavie principali? La fortuna aveva voluto che noi stessimo tornando nella botola proprio nel momento esatto in cui gli scienziati stavano entrando, non volevo neanche provare a figurarmi uno scenario diverso.

"Eccoli qui, li tenevo sotto al divano." La voce della signorina Murphy mi richiamò dai miei pensieri, non mi ero nemmeno resa conto che era tornata.

Afferrammo in silenzio le due sacche, tornando sotto alla botola che lei richiuse dietro di noi. Insieme agli zaini ci aveva dato dei fiammiferi, in modo che potessimo riaccendere le candele e avere un minimo di luce. Quando misi la mano dentro allo zaino che mi ricordavo di aver sempre portato, e che riconobbi da uno strappo che avevo per sbaglio causato per colpa di un ramo, i ricordi della sera in cui Ralph mi aveva dato tutto il necessario per sopravvivere, compresi i coltelli affilati che ci avevano salvato la vita il giorno dopo...

"Crystal, va tutto bene?" Mi domandò Jonathan, incuriosito e spaventato insieme dalla mia improvvisa e strana reazione.

"Niente, sono solo... Ricordi." Risposi sforzando un sorriso, recuperando l'arma bianca che portavo ormai sempre con me. Ormai la mia mente era fortunata solo da ricordi, dai più felici che avevo passato con i miei, a quelli più tristi e distruttivi, che mi causavano una coltellata nel petto ogni qualvolta riaffioravano, anche involontariamente.

Ormai la nostra vita era interamente contornata da ricordi di ogni tipo, una cornice intorno a un'esistenza che non avevamo scelto.

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