Chapter 16

Uscii dalla casupola solo quando fui sicura che Jonathan stesse dormendo, tentando di fare il più piano possibile. Mi guardai intorno, cercando in mezzo all'oscurità la sua figura robusta. All'improvviso una mano scivolò lungo il mio braccio, facendomi sussultare e percepire migliaia e migliaia di brividi in tutto il corpo, mentre una voce familiare mi sussurrava di fare silenzio, vicino al mio orecchio.

"Sono io, Ralph, non ti preoccupare." Si mise di fronte a me dopo qualche secondo, rivolgendomi un sorriso; nonostante le sue iridi fossero di un giallo sporco, in quel momento brillavano come se fossero state due stelle qualsiasi nel cielo stellato.

"Sono qui come mi avevi chiesto, mi dici che cosa vuoi da me, ora?" Arrivai dritta al sodo, tentando di non alzare troppo la voce per evitare di svegliare - o anche solo allertare - Jonathan.

"Volevo darti questa e questa." Buttò ai miei piedi due borse di diverse dimensioni, invitandomi ad aprirle immediatamente.

Mi inginocchiai, mantenendo l'attenzione su di lui e non abbassando lo sguardo, con la costante paura di poter essere attaccata da un momento all'altro. Nella prima borsa vi trovai vivande di tutti i generi: c'era frutta e pane, carne essiccata e varie schifezze come merendine e sacchetti di patatine, oltre a una scorta d'acqua che ci sarebbe durata come minimo un mese se ce la gestivamo nel modo migliore.

"Ho pensato che, con molta probabilità, ormai avevate esaurito le provviste, o almeno quasi del tutto; la tua faccia mi dice che ci avevo azzeccato in pieno." Fece una piccola risatina, che però non mi diede fastidio, ma anzi, mi infuse del... Conforto. Assomigliava alla mia di risata, ed è quel pensiero che più di tutto quanto mi spaventava in quel momento. Sforzai un sorriso leggero, chiudendo con prudenza il tutto e passando al secondo zaino: vi trovai vestiti puliti e profumati, creati con una stoffa che non riuscivo a riconoscere; sembrava cotone per quanto riguardava la consistenza, ma era un materiale dieci volte più pesante.

"I vestiti sono fatti di Cotant, un materiale geneticamente modificato; vi aiuterà contro il freddo glaciale. Puoi stare tranquilla però, non è tossico o velenoso." Tentò di rassicurarmi Ralph, decifrando molto probabilmente il motivo della perplessità che mi si poteva leggere sul viso. "Ne sto indossando un modello simile io." Aggiunse subito dopo, rendendomi meno sospettosa riguardo le sue intenzioni; forse, dopo tutto, non erano cattive come credevo.

Continuai a controllare che cosa ci fosse all'interno dello zaino, trovandovi dentro tutti gli abiti di cui potessimo aver bisogno: maglie, felpe, giacche, pantaloni comodi, calzini e un paio di stivali all'apparenza pesanti. Sembravano più o meno della mia taglia e di quella di Jonathan, oltre al fatto che non sembravano per niente pesanti come me li stava descrivendo Ralph; il tessuto delle maglie e delle felpe non era molto spesso, era più che altro delicato e fino.

"Non preoccuparti per lo spessore del tessuto, è molto più pesante di quanto tu possa pensare, anche più pesante dei vestiti che stai indossando adesso." Fece una piccola risata, di sicuro divertito dal mio continuo scetticismo e dai miei molteplici dubbi. "Guarda anche sul fondo dello zaino." Mi incitò poi lui, facendomi segno di scavare ulteriormente. Spostai i vestiti, cercando ti creare un buco in cui infilai la mano e cercai sul fondo; percepii sotto le dita uno strano tessuto - molto probabilmente cuoio -, con una particolare forma allungata e stretta. Afferrai con titubanza quell'oggetto a me ancora sconosciuto, guardando Ralph in modo preoccupato: era la prova che avevo sbagliato a fidarmi?

Una volta tirato fuori l'oggetto in questione, invece, ebbi la prova di quanto  avessi fatto bene a scegliere di fidarmi: erano delle custodie cucite a delle cinture di cuoio nero, con all'interno dei coltelli da caccia, piccoli ma efficaci.

"So benissimo che siete stati voi a uccidere gli Homi." Cominciò a parlare Ralph, facendo un'altra risata a causa dei miei occhi sbarrati e dell'espressione sorpresa che avevo sul volto. "Così sarà più facile combatterli. È nel tuo DNA Crystal, ti sentirai invincibile con quel coltello; mentre Jonathan è abbastanza intelligente da adattarsi."

"Aspetta," Lo fermai, alzandomi in piedi e facendo un passo avanti. "Come fai a sapere i nostri nomi? E cosa vuol dire che è nel mio DNA?" Chiesi, indicandomi nello stesso momento in cui ponevo l'ultima domanda. Percepivo una punta di paura e perplessità farsi spazio in me, arrivando a sentire il mio cuore battere come se lo avessi avuto vicino all'orecchio.

"Vi conosco più di quanto tu possa mai immaginare. E in particolare te."

Stavo iniziando a spaventarmi seriamente, ciò che si era rivelata come la salvezza, stava diventando una strana e confusa realtà a me ancora sconosciuta. "Per quanto riguarda il tuo DNA, non posso dirti niente, lo dovrai scoprire più avanti da sola." Sfilò le mani dalle tasche della giacca e si tolse il cappuccio, permettendomi di vederlo per la prima volta completamente in viso: era pelato, con vari tagli sulla testa, come se avesse subito vari interventi chirurgici al cervello. Il senso di familiarità crebbe in modo smisurato dentro di me: ero sicura di averlo visto da qualche parte, tanto tempo fa, ma non mi ricordavo né il luogo e né il momento, tantomeno chi fosse.

"Crystal, ascoltami adesso, ti prego, dopo ti lascerò di nuovo andare." Mi supplicò, facendo un passo verso di me. Io annuii, facendogli segno di parlare; il fatto di tirarsi giù il cappuccio mi era parso come un segno di evidente vulnerabilità, come se si stesse spogliando di ogni possibile fraintendimento sulle sue intenzioni. "Tu non puoi saperne il motivo adesso, ma io ti voglio un bene dell'anima, e mi rendi sempre più orgoglioso di te ogni giorno che passa." Percepivo alla perfezione la voce strozzata dalle lacrime che gli brillavano negli occhi, mentre cercava a stento di trattenerle. "Voglio solo che ti ricordi di fidarti sempre di me, qualsiasi cosa accadrà, qualsiasi cosa farò o mi vedrai fare. Perché ti voglio bene Crystal, in un modo che neanche immagini."

"Lo farò, mi fido di te." Quelle parole mi uscirono di bocca senza che io potessi soppesarle, ma non me ne pentii neanche; ormai avevo deciso di fidarmi, e l'avrei fatto fino in fondo.

Si slanciò verso di me e mi abbracciò, stringendomi a sé, com'era successo quel pomeriggio. Non capii minimamente il motivo di quel gesto, ma mi ritrovai a ricambiarlo automaticamente. Dopodiché si staccò, allontanandosi tra la fitta vegetazione e lasciandomi di nuovo sola, ma pronta alla sopravvivenza.

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