Capitolo 8
LIZ
Io ed Ella ci svegliamo quasi contemporaneamente.
- Buongiorno. - mi saluta, entusiasta.
- Buongiorno. - ricambio, felice.
- Pronta per oggi? -
- Sì, prontissima. - ho bisogno di uscire, ho voglia di rivedere la mia amata Londra. Fin da piccola, l'ho sempre adorata: gli edifici, le strade, le luci, i passanti. Tutto sembrava un quadro. Londra è una città così bella.
- Tieni. - Ella mi porge dei vestiti, che ovviamente non sono adatti al mio stile, e li rifiuto con gentilezza. - Non capisci la moda, tesoro. - si lamenta, mentre esco dalla stanza e mi dirigo al bagno.
Indosso un maglioncino rosso, dei jeans neri e un paio di Converse. Mi specchio e vedo il mio riflesso: i capelli color castano chiaro mi arrivano fino alle spalle, gli occhi color nocciola sprizzano felicità, e il sorriso è smagliante. Troppe volte questo sorriso è stato spento dai miei bulli. Ma ora non succederà più.
Approfitto dei trucchi di Ella; quella ragazza è super attrezzata. Passo un pizzico di blush sulle guance e l'eyeliner sugli occhi, evidenziando i miei lineamenti dolci. Spazzolo i miei capelli mossi, rendendoli perlomeno accettabili.
Eccola ancora una volta, la nuova Liz. Mi sento felice e più forte, nulla potrà fermarmi.
Ella, mio contrario, si mette una canottiera rosa scuro, una gonna nera, calze e stivaletti.
- Non sei troppo scoperta. - le faccio notare, preoccupandomi per lei. Non ha freddo?
- Guastafeste. - si lamenta, poggiando sulle spalle un giubbotto col cappuccio.
- Non hai freddo? -
- No, i miei poteri impediscono al freddo di toccarmi. - mi informa.
- Wow, comodo. -
Scendiamo le scale e andiamo a fare colazione. A tavola troviamo solo Rich, Jack e... Jason.
Salutiamo tutti e prendiamo posto.
- Allora, ragazze, - Jack richiama la nostra attenzione. - mi raccomando, state attente. Profilo basso, non fatevi riconoscere. -
- Tranquillo, Jack. - lo rassicura Ella, ingoiando delle fette di bacon.
- E tu, - Jack chiama Richard, intento ad abbuffarsi di uova strapazzate. - mi affido a te. Prenditi cura di loro. -
- Franquillo. - bofonchia il ragazzo, con la bocca piena.
- Affidarsi a Richard non è mai una buona idea. - lo prende in giro Jason, riservandogli il suo sorriso provocatorio.
- Stronzo. - controbatte il diretto interessato.
- Tu non vieni? - chiedo a Jason, curiosa.
- No, detesto uscire in città, preferisco restare da solo qui. Non osate disturbarmi. - detto questo, prende il suo piatto e se ne va in camera, spiazzandomi. Ma... ?
- Non fare caso a lui. A volte è scontroso, altre volte è un orsacchiotto di peluche. Ci abbiamo fatto l'abitudine, ormai. - mi conforta Ella, notando la mia espressione sbalordita.
- Okay, ragazzi. Vado da Kelly per vedere se ci sono nuovi exodus in zona. Ripeto, state attenti. -
Capisco Jack, non è facile badare a tutti noi e proteggerci dai pericoli del mondo esterno.
Dopo aver aspettato che Richard si vestisse con una camicia, dei jeans e un giubbotto, usciamo tutti insieme dal rifugio. È la prima volta che lo vedo dall'esterno: è una bellissima villa, in stile antico, molto grande, a tratti immensa, color marrone scuro e rivestita di legno. Resto sbalordita, dall'interno non sembrava così enorme. Noto un'incisione vicino al portone d'ingresso: una specie di uccello grigio a due teste. Ne resto ammaliata, è stupendo.
- Cos'è? - chiedo ai due.
- È l'Exodus Primario. La sua storia è narrata in una leggenda che Jack ed Helena ci hanno raccontato quando eravamo piccoli. - esordisce Richard, cominciando a narrare la leggenda. - Agli albori dell'universo, prima che la vita stessa venisse creata, il nulla cosmico era occupato da due creature leggendarie. Una di queste è conosciuta come l'Exodus Primario, il rapace a due teste, il Falco di fuoco; una creatura implacabile dalle piume di fiamme inestinguibili, ardenti come la forza del suo animo, dilaniato dalle contraddizioni dettate dalle due teste, che orgogliose agivano come due individui distinti, separati, e non parte del medesimo essere. L'altra era l'Aquila d'argento, la stella del mattino, la rappresentazione stessa della purezza, dalla delicata magnificenza del suo corpo, formato da ogni singola stella dell'universo e dall'innata sensibilità e grazia. Quest'ultima era oggetto di amore e conflitto del Falco, che l'amava da secoli silenziosamente, incapace di farsi avanti poiché nessuna delle due coscienze avrebbe mai potuto accettare di dividere l'amata con l'altra. Entrambe le menti del Falco si erano ormai rassegnate a vedere l'Aquila da lontano, beandosi del solo spettacolo della sua bellezza e senza potersi avvicinare, certi che ella sarebbe rimasta ad incantarle in eterno, che niente avrebbe mai potuto portarla via. Ciò non avvenne. L'Aquila infatti, stanca della solitudine dello spazio cosmico, lasciò che la vita abbandonasse il suo corpo per creare infinite forme vive di bellezza che la rassomigliassero, diventando così creatrice e madre di ogni singolo corpo dell'universo stesso. La sua anima si distaccò dal corpo, che dilaniato si dissolse in migliaia di schegge, e andò perduta nell'universo da lei stessa creato. Il Falco implose dal dolore, e le due anime furono per la prima volta una cosa sola, unificate quanto straziate da un dolore viscerale, da una sofferenza infinita che lo pervase per secoli. Ammirando l'universo che l'amata aveva creato con tanto sacrificio, pianse in tutte le sue lacrime fino all'ultima goccia di vita in lui. Parte di queste caddero sulla Terra, insinuandosi nelle falde, mescolandosi ai fiumi o ai mari, cadendo assieme alla pioggia. Altre invece cristallizzarono e si confusero tra le pietre. Così il Falco seguì il destino dell'Aquila, dissolvendo la sua anima nel cosmo, ma lasciando il suo segno su quel piccolo pianeta, la Terra, quasi per contribuire al disegno cosmico dell'altra creatura. Millenni dopo, all'avvento degli umani sul pianeta, le lacrime del Falco vennero bevute inconsciamente da questi ultimi, che ricevettero così poteri straordinari, creando dalla razza umana un nuovo ramo genetico, una nuova razza più potente, quella degli exodus. Le lacrime cristallizzate invece vennero scambiate per gemme comuni e trattate come tali. Molte di queste vennero utilizzate per formare dei ciondoli, detti totem, che, al costante contatto con la stessa persona, oltre a donare loro dei poteri attingendo alle forze dell'elemento rappresentato dal ciondolo, creavano dei legami tanto forti che la persona e il totem non potevano essere più separati, a meno che essa non rinunciasse al potere volontariamente, o venisse uccisa. Coloro che possedevano i totem erano detti portatori ed erano soliti trasmettere quest'ultimo in eredità, in modo che anche la prole, se non nata già exodus, potesse avere quel potere. Sia gli exodus sia i portatori vissero però divisi tra di loro, poiché tutti, non sapendo di appartenere ad un intera specie, temevano per la reazione degli umani e continuarono così a vivere nell'ombra, ignari dell'immensità dell'origine del loro potere. Intanto, tra le stelle, l'animo del Falco di fuoco andava riformandosi, pronto, una volta che avesse riottenuto il suo corpo, a proteggere il pianeta che portava il suo marchio, in onore della defunta amata. La creatura a due teste però non sapeva che, a migliaia di galassie di distanza, un piccolo frammento dell'animo dell'Aquila fluttuava disperso nell'immenso. - il ragazzo termina il racconto.
- Stupendo. - constato. - Ma... È vera? -
- C'è chi dice di sì, ma anche chi dice di no. -
- Per te? - chiedo, rivolta un po' a tutti e due.
- Io non ci credo. Credo che gli exodus siano nati secondo le leggi della scienza e della genetica. - ammette Rich, dopo averci pensato un po' su.
- Io credo che siamo nati da queste due creature. È bello affidarsi alle leggende. - dichiara Ella. - Dimmi, cervellone, la scienza può spiegare le nostre abilità? - la ragazza si rivolge all'amico.
- Adesso basta perderci in chiacchiere, andiamo in macchina. - Richard cerca di sviare il discorso.
- Macchina? - chiedo, confusa.
- Sì. - afferma Ella, saltellando dietro il biondo.
Andiamo sul retro dell'edificio, e vedo un grande SUV nero.
- Wow. Jack vi permette di guidarlo? -
- A me permette di guidarlo. - precisa Richard, tirando fuori dalla giacca un mazzo di chiavi.
- Ed è sempre una pessima idea. - sussurra Ella. - Tranquilla, in caso di un incidente, creo una massa di neve per allentare l'impatto. Richard guida malissimo. -
Detto questo, saliamo in macchina e ci avviamo.
- Verso l'orizzonte e oltre! - esclama il ragazzo, varcando i cancelli del rifugio e addentrandoci nell'Epping Forest.
La giornata passa in fretta: siamo andati a vedere un film, in giro per negozi, a pranzare al Mc Donald's, il tutto con la radio del SUV alzata al massimo e con noi che ci siamo sgolati per cantare. È stato bello vivere questi momenti con spensieratezza e felicità. Mi sono aperta molto con Richard ed Ella. Non credevo di farmeli amici, ma mi ci sto affezionando. Ho persino raccontato la mia storia ai due. Mi hanno confortato e si sono comportati da buoni amici.
Richard ha raccontato la sua, di storia: ha scoperto i suoi poteri quando aveva dieci anni. I suoi genitori lo accettarono, ma c'erano i suoi vicini di casa che una sera lo videro produrre luci. Il giorno dopo, mentre era al suo giornaliero allenamento di nuoto, arrivò la polizia. Ovviamente, era stata chiamata dai vicini. I poliziotti presero Richard e lo portarono via, mentre i genitori lo guardavano distrutti, implorando il rilascio del figlio tanto amato che stavano perdendo sotto i loro occhi. Una scena straziante, e non oso immaginare come si sia sentito Rich in quei momenti. Mandò dei segnali di luce nel furgone dove era imprigionato.
Da piccolo, guardava molti programmi di azione e di avventura, perciò gli venne in mente quest'idea. Per fortuna, Jack ed Helena lo salvarono in tempo e lo portarono in salvo al rifugio, dove conobbe Ella e Jason, e fu lì che nacque il loro legame di fratellanza. Richard, però, era triste, poiché non poteva più andare a nuoto, lo sport che più amava praticare. Quindi, Jack lo portò ogni notte in una piscina e lo allenò, proprio come un padre. Non c'era il rischio di incontrare altre persone, proprio perché alle due di notte la piscina era chiusa. Ecco perché Richard ha il tipico fisico da nuotatore. Non ha mai smesso di fare ciò che gli piace.
È strano. Sembra che tutti noi, oltre ad essere legati dall'avere dei poteri, abbiamo vissuto anche un'esperienza molto difficile durante la nostra vita.
Abbiamo deciso di arrivare ad Hyde Park e riposarci un po' lì. Sin da piccola, ho sempre amato questo parco. Gli alberi, siccome siamo in autunno, vanno dal verde al giallo, dal giallo all'arancione, e così via. Tira un leggero venticello, e ci sono persone che giocano a palla, parlano, mangiano e si divertono. Noi ci sediamo nell'area verde e ci sdraiamo sull'erba, rilassandoci.
- Ragazzi, vi posso chiedere una cosa? - dico ai due.
- Spara. - Richard mi invita a parlare.
- Che tipo è Jason? - sto prendendo un'ossessione per quel ragazzo, ma voglio sapere. È come un magnete, mi attira verso di lui.
- Liz, ascoltami: Jason ha colpito il cuore di molte ragazze, e tu non devi essere una di quelle. Può farti del male. - Richard giocherella distrattamente con delle foglie, come se questo discorso lo annoiasse.
- Ma... - cerco di dire, ma una pallonata mi colpisce alle spalle. Cado a faccia a terra e sento un forte bruciore alla nuca.
- Liz, stai bene? - Ella si alza e accorre in mio aiuto.
- Bene, bene, bene. Elizabeth Swan. Ma che bello vederti. - la voce mi è familiare. No, non può essere quella voce.
Non può essere lui. Chiunque, ma non lui.
- Fred. - dichiaro con disgusto, osservando il ragazzo.
- Come ti va la vita? So che ora sei una delinquente. - dice Fred, con quell'arroganza che lo ha sempre caratterizzato. È accompagnato da due ragazzi che non conosco. - E questi due chi sono? - guarda Richard ed Ella, squadrandoli dalla testa ai piedi. - Ciao, tesoro. - si avvicina ad Ella. - Come ti chiami? Sei carina... molto carina. Che ne dici di divertirci un po', conosco un modo che fa caso ad entrambi. - le si avvicina e le solleva il mento con due dita, guardandola con desiderio.
- Sai cosa ti dico... - risponde Ella, sogghignando. Improvvisamente, Fred si accascia al suolo con le mani sulle parti basse; Ella sorride soddisfatta.
- Brutta puttana. Prendeteli. - ordina ai due energumeni a fianco a lui. I due si lanciano verso di noi, ma Richard li mette a tappeto con due pugni.
- Liz, ti dispiace illuminarci su chi sia costui. - dice Richard, facendo scrocchiare le dita della mani.
- Lui è Fred. - affermo con disgusto. - È colui che mi ha sempre preso in giro con la ragazza che... che... - sto per piangere al solo ricordo di quello che è successo. Lo avevo dimenticato. Non dovevo più pensarci, ma ora che ho visto Fred, torna tutto in mente. Il panico mi assale, la paura mi paralizza, le ossa cominciano a tremare, e tutto ritorna a galla.
I calci... i pugni... le mie urla... le mie richieste di aiuto... le risate... le mani di Fred dentro di me...
- Tranquilla, Liz. Abbiamo capito. - Ella poggia una mano sulla mia spalla.
- Già, colui che ha rischiato di morire. - urla Fred, ancora con le mani in basso. I ricordi bruciano nella testa come tizzoni ardenti, marchiandomi col fuoco.
"Ti prego, Fred. Smettila."
"Andiamo, tesoro. Non dirmi che non lo vuoi."
"Fred, ti prego."
"Zitta!!"
"Fred!! Mi fai male!! Ti supplico, smettila."
"Agitati un'altra volta, e il prossimo pugno ti arriverà dritto in un occhio, troia."
"Dai, Fred. Spogliala. Ho la fotocamera pronta."
"No!"
"Subito, Amanda."
"Vi prego, basta!"
- Per fortuna non mi hai ucciso. Ma hai ucciso un'altra persona con quel tuo stupido ciondolo. Sei una puttana. Amanda non doveva morire. - no, la vecchia Liz non può ritornare. Non posso essere di nuovo debole, non posso perdere di nuovo la libertà.
- Basta, Fred. Finiscila, o ti giuro.. -
- Che cosa, ucciderai anche me? O correrai da mammina. Ah, giusto. Tu una mamma non ce l'hai. Perché?... -
- Basta, Fred. Sta' zitto. - sto per scoppiare, cerco di bloccare i suoni, mettendo le mani sulle orecchie. Lo sforzo è vano, e le parole di Fred graffiano la mia testa. Molte persone, intanto, si stanno avvicinando.
- Brutto stronzo, finiscila. - anche Ella tenta di farlo stare zitto, così come Richard.
- Perché te l'hanno ammazzata. Perché tu sei un abominio che non doveva essere creato, sei disgustosa. Non meriti di vivere, sei... -
- HO DETTO STA' ZITTO!!!! - esclamo, urlando a squarciagola. Attivo il ciondolo e lancio un getto d'aria che colpisce Fred. Il ragazzo vola e va a sbattere a terra. I suoi compari mi guardano sconvolti, idem per le persone nel parco.
- Cazzo, Liz. - Rich è stupito dalla mia azione. - Dobbiamo andare via, prima che chiamino qualcuno. - il ragazzo solleva il cappuccio della giacca sulla testa.
- Voi... - si alza Fred. - stupidi... figli... di... puttana. Vi ammazzerò, bastar... - non finisce la frase, visto che si accascia al suolo con un buco sulla fronte, dal quale sgorga del sangue. Urlo e mi giro.
- Ma guarda. Elizabeth Swan e il suo totem dell'aria. - un uomo con la pistola alzata e in giacca e cravatta mi osserva. O meglio, osserva il mio totem. È seguito da altri tre uomini, vestiti allo stesso modo. Ora noto che portano una spilla con una scritta molto chiara: AEGYPTIOS.
Oddio, sono loro.
- Scappiamo. - urla Ella, calando anche lei il cappuccio sulla testa, dopodiché crea un muro di ghiaccio davanti agli uomini, e noi tre ci mettiamo a correre, in mezzo a tutte le persone nel parco che ci guardano sconvolte.
Siamo pronti, però, allo scontro.
Instagram: viepsilon
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