Capitolo 6

LIZ
Uscita dalla sala d'allenamento, mi precipito in camera mia e di Ella. Chiudo la porta a chiave e mi accascio sul letto, con le lacrime che mi rigano il viso. Sono così triste, mia madre me ne aveva parlato, ed io l'ho ignorata.

- So che Helena sa essere pesante, ma questo mi sembra un po' troppo. - una voce mi fa sobbalzare. Le gambe toccano il pavimento, e una mano si posa sul totem dell'aria, restando in allerta. Quello che vedo mi fa rimanere a bocca aperta: un ragazzo, lo stesso con i capelli rossi che mi ha salvata dagli uomini in nero, è in piedi, a petto nudo, con un graffio sul pettorale destro.

È il ragazzo più bello che abbia mai visto. I suoi capelli vanno più sull'arancione, disposti in modo disordinato, e gli occhi... sono rossi, delle iridi rosso acceso. La mascella è squadrata, con una barba appena accennata, e un metro e ottanta di altezza. Emana una strana aura di potere intorno a sé, mette quasi soggezione. Le parole mi muoiono in gola e non riesco a dire nulla.

- Contieniti, mi stai mangiando con gli occhi. Comunque, io sono Jason. - mi sorride. I suoi denti sono perfetti, e ha un sorriso sarcastico e provocatorio.

Quindi, questo è il famoso Jason.

- Scusami, io sono... - mi riprendo, asciugando una lacrima.

- Elizabeth, lo so. -

Lo guardo con aria confusa.

- Anche se qui siamo in pochi, le voci girano. - mi sorride di nuovo. Non sembra così arrogante come me lo ha descritto Gwen.

- Perché sei qui? - gli chiedo. Dopotutto, questa è camera mia.

- Mi servivano delle bende per questo. - indica il graffio sul pettorale destro scolpito dal marmo. Noto che ha varie cicatrici sul corpo: una di forma rotonda sulla spalla sinistra, causata da un proiettile, simile a quella di Ella. Un'altra sul braccio destro, causata da un coltello. Infine, ne ha tre sul petto, causate da una lama più lunga di un coltello. Presumo che sia stata Gwen a curarle tutte.

- Come te lo sei fatto? - cerco di sviare il discorso, non voglio che mi veda in questo momento. Mi sento debole, triste, ma soprattutto sono sicura di aver deluso mamma.

- Fai troppe domande, lo sai? -

- Scusami, ma mi viene naturale. Dividi la stanza con Richard giusto? -

- Sì. - sorride, malizioso. - Perché? Vuoi farmi foto mentre sono nudo e immaginarmi nelle tue mutandine? - come non detto, è arrogante.

- Io... be'... volevo solo... Come ti permetti? - balbetto cose senza senso e avvampo, in preda all'imbarazzo. Mi ha preso alla sprovvista, che idiota.

- Dovresti vedere la tua faccia. - Jason ride di gusto, asciugandosi qualche lacrima di gioia. - Comunque, perché piangevi? -

- Ora sei tu che fai domande. - provo di nuovo a cambiare discorso. Non voglio parlare di questo.

- Io ho risposto alle tue. Ora tocca a te. - mi invita a parlare, facendomi l'occhiolino.

Il momento di felicità finisce subito e mi rabbuio.

- Non vuoi dirmelo? - insiste Jason. Non ho alcun motivo per dirglielo. Insomma, l'ho appena conosciuto.

- Fai come vuoi, ma sono un bravo ascoltatore. Ti farà bene sfogarti, ed io non giudico. Chiedi a Rich ed Ella. Loro ti diranno la medesima cosa. - incrocia le braccia al petto, invitandomi con gli occhi a parlare.

Forse ha ragione, sfogarmi mi farà bene. Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno, ho bisogno che qualcuno mi ascolti e mi consigli. Visto che... a scuola non è mai successo.

- Non piango perché Helena ci è andata pesante. È il dovere di un allenatore spremere come arance i suoi studenti. -

- E allora perché piangevi? - fa un passo verso di me.

- Perché quello che mi ha detto mia madre si sta avverando. Due settimane fa, mi consegnò questo. - indico il totem. - Mi disse che il suo turno di portarlo era finito, e ora toccava a me. Dovevo stare attenta, perché mi avrebbe donato grandi abilità. Queste abilità avrebbero provato a sopraffarmi, dovevo essere forte. Io non ci ho creduto. Ho pensato che stesse scherzando. Finché, un giorno, ho scoperto di saper volare grazie al totem. Chiesi spiegazioni a mia madre, ma lei fece un'espressione spaventata e cercò di sviare il discorso. Decisi di lasciar perdere anch'io. Anche quel giorno andai a scuola come tutte le mattine. Io... ero vittima... di bullismo. -

Mi lascio sfuggire una lacrima, sedendomi sul letto e avvolgendo le braccia al petto, come per proteggermi dal ricordo.

- Esagerarono. Il ragazzo che mi piaceva, Fred, mi chiese di incontrarci fuori scuola, doveva dirmi una cosa importante. Sono stata una credulona ed una stupida del cavolo. Andai fuori scuola, e lui e altre ragazze cominciarono a picchiarmi. Schiaffi, pugni, prese in giro. Non potevo fare niente, ero impotente. Una di loro fece un video, per immortalare il momento. La situazione è peggiorata quando Fred mi si è avvicinato, dopo avermi fatto alzare, e ha iniziato a mettere le mani dove non doveva. Si divertiva a distruggermi, a rompere ogni mia speranza, sbeffeggiandomi e sussurrando parole orribili. I miei genitori in passato erano già intervenuti, denunciando il tutto al preside, ma loro continuarono con le prese in giro. Mi allontanarono da tutti, spargendo voci false sul mio conto e facendomi passare come una... "troia". Dicevano che amavano divertirmi con tutti gli uomini della città e che la sera andavo a fare la prostituta. - singhiozzo e piango, ricordando il momento più brutto della mia vita. - Non avevo amici, nessuno che mi supportasse a scuola, visto che tutti non volevano avere a che fare con la puttana dell'istituto, la ragazza più stronza di tutte. Mi trattavano come se avessi una malattia. Non so perché mi presero di mira, non volevo guai con nessuno. Ad un certo punto, però, proprio mentre Fred continuava a distruggermi, io toccai il totem involontariamente, e successe la stessa cosa che è successa con Helena. I ragazzi si ritrovarono schiacciati al muro, oppressi dall'aria, tutti tranne Amanda. Era a causa sua se avevano cominciato a prendermi di mira, era partito tutto da lei. È a causa sua se mi è successo tutto questo. La colpii con dei getti d'aria, torturandola, così come aveva fatto lei con me in quegli anni, finché la mandai in strada ed una macchina la... investì... uccidendola. Non riuscivo a controllarmi, mi piaceva colpirla e sentirla urlare. Qualcosa di più potente mi controllava. Scappai, tornai a casa e raccontai tutto ai miei. Mia madre era sconvolta, voleva togliermi il totem e distruggerlo, ma io gli promisi che non sarebbe più successa una cosa così e che non avrei mai lasciato che il totem mi sopraffacesse. Proprio quando stava per controbattere, arrivarono quegli uomini e uccisero i miei genitori. E poi quello che è successo già lo sai. È per questo che piango: ho deluso mia madre, lasciandomi sopraffare dal totem un'altra volta, e ho quasi ucciso delle persone. Fred, Amanda e tutti gli altri mi hanno distrutto. Hanno preso la mia anima e l'hanno divisa in mille pezzettini. Non hai idea di quanto sia stato difficile andare ogni giorno a scuola e ascoltare i pettegolezzi che giravano, vedere le occhiate severe che mi rivolgevano, sentire le cartacce gettate addosso, leggere i bigliettini che mi mandavano, sentire le proposte che mi facevano, o quanto sia stato difficile sopportare la solitudine, non avere nessuno che mi aiutasse in quel periodo. - termino il racconto e scoppio in lacrime, senza trattenermi.

- Mi dispiace, non ne avevo idea. Ma non devi prendertela con te stessa. - Jason parla con tono calmo. Ha ascoltato tutto il mio discorso senza dire nulla e l'ho apprezzato. Avevo bisogno di sfogarmi.

- Perché non dovrei farlo. Ho ucciso una persona, Jason. -

- So che ci vuole una gran forza di volontà per riuscire a padroneggiare i poteri del totem, e tu non ne eri ancora capace. Questo - si avvicina al mio collo, toccando il ciondolo - è un dono, ma anche una maledizione. Se l'accogli, allora ti sarà più facile controllarla. Amanda e Fred... hanno le loro colpe. Tu devi smettere di soffrire. Devi togliere loro il potere di farti soffrire. -

Non so nemmeno perché gli ho raccontato la mia storia, lo conosco da pochissimi minuti e l'unica cosa che so di lui è il suo nome.

Ma è come se tra di noi ci fosse un legame, un legame appena forgiato e molto forte.

È come se ci conoscessimo da una vita, quando in realtà non è cosi.

- E tu, invece? - domando, tirando su col naso. - Qual è la tua storia? -

Jason si rabbuia, cambiando espressione. Prima sembrava molto comprensivo, adesso è diventato freddo, lontano, distante.

- La mia storia non merita di essere raccontata. - si alza, prende le bende e se ne va, chiudendosi la porta alle spalle. Rimango a bocca aperta, è letteralmente scappato. Tuttavia non posso prendermela con lui, io gli ho raccontato la mia storia solo perché ne avevo bisogno.

Lui non ne aveva bisogno in questo momento. Forse quando sarà davvero necessario, lo farà.


Dopo un'oretta in cui ho guardato le riviste di moda di Ella, la mia amica entra in stanza e si sdraia sul letto.

- Dio, ho bisogno di una doccia e di riposo. Helena ci ha uccisi. - si lamenta.

- Come sta? - le chiedo, preoccupata.

- Sta bene, ha detto che sei stata grande. - dice con un sorrisetto.

- Davvero? - ribatto con una nota di stupore.

- Certo. È quello che si aspetta da noi: essere sconfitta. E tu ci sei riuscita alla grande. -

- Bene. - sono sollevata, non le ho fatto troppo male.

- Liz, non hai qualche hobby? - mi chiede, osservando la rivista che tengo in mano.

- Be', mi piace molto leggere. A casa leggevo una quantità infinita di libri e avevo una libreria enorme. Peccato che ora sono rimasti lì. Mi piace molto perdermi in un mondo che non è il mio. Mi piace evadere dalla realtà che ci circonda e vivere storie immense sotto gli occhi di personaggi fantastici. È grazie alle parole dell'autore che tutto questo si avvera, anche dopo la sua morte. In un certo senso, gli scrittori non muoiono mai, perché attraverso le loro parole lasciano sempre un segno nel cuore, mantenendo vivo il proprio ricordo. Guarda Tolkien, Charles Dickens, Virginia Woolf e tanti altri, per esempio. È come se fossero ancora qui, come se non fossero mai andati via. Perché me lo chiedi? - domando.

- Così. - sorride, scappando in bagno.

Prima di cena, devo andare a fare una doccia. Non mi lavo da quando sono fuggita da casa mia e mi sento sporca. Ella mi ha detto che il rifugio è una villa a tre piani: il piano terra comprende la sala da pranzo, la sala d'allenamento ed un laboratorio dove Kelly rileva se ci sono nuovi exodus da salvare. È così che mi hanno trovata. Nella stessa stanza ci sono anche i produttori di vestiti e cibo, sempre creati da Kelly, e lo strumento che mantiene la barriera che ci rende invisibili alzata. Da quello che ho capito, è una specie di esagono tridimensionale che Kelly custodisce gelosamente.

Sono macchine eccezionali. I vestiti e il cibo sono veri al cento per cento.

Poi, al primo piano, ci sono tutte le camere per dormire e l'infermeria;

Al secondo, le docce e i bagni;

Al terzo, una soffitta da usare come ripostiglio.

Entrata in doccia, lascio che il getto caldo bagni il mio corpo. Mi rilasso per dei buoni venti minuti, poi esco, avvolta nell'asciugamano. Vorrei dimenticare quello che è successo con Amanda, vorrei rimuoverlo dalla mia testa, cancellarlo. Ma so che mi perseguiterà per sempre.

- Eccoti qui, finalmente. Tieni. - Ella, in un maglioncino blu ed una gonna nera, mi porge un reggiseno e delle mutandine nere, un vestito rosso e degli stivali alti.

- Grazie. - afferro i vestiti, un po' in imbarazzo. Non sono i vestiti che metto di solito, ma non importa.

- Tranquilla, dopo chiedo a Kelly di farti fare qualche vestito in più e a Jack se tra qualche giorno possiamo uscire. -

- Possiamo uscire dal rifugio? - chiedo, entusiasta.

- Certo che sì, dobbiamo solo mantenere un profilo basso. -

- Ehi, ragazze... - Richard entra in camera nostra. Lancio un urlo, ed Ella scaglia contro il ragazzo un dardo ghiacciato che lo manda a tappeto.

- Si bussa prima di entrare in una camera. - lo rimprovera, mettendo le mani sui fianchi.

- Sì, è vero, magari sii meno aggressiva la prossima volta. Comunque, vi aspettiamo giù e, Liz, - si rivolge direttamente a me, alzandosi e massaggiandosi il petto. - Jack ti vuole parlare. - Rich esce dalla stanza.

- Ti deve parlare di qualcosa di importante, sicuro. - dichiara Ella.

- Be', spero almeno che siano buone notizie. -

Dopo essermi vestita, ci avviamo verso le sala da pranzo assieme a Richard, che ci ha aspettate fuori.

Instagram: viepsilon

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