Capitolo 45

LIZ
Io e Ariel abbiamo deciso di aspettare, per quanto riguarda il suo legame con il totem.

È vero, deve connettersi con il totem dell'acqua, ma voglio che sia davvero pronta. È una scelta molto importante da compiere, e non voglio che sia affrettata. È passata una settimana dal nostro primo incontro, e Ariel è ancora un po' stordita da tutto quello che le ho spiegato, dalle informazioni accumulate, dallo scoprire che le storie che farneticava Gabriel su quelle strane persone con dei poteri erano vere. Dal comprendere il ruolo che giocherà in questa faccenda. Si sta ancora abituando, ma impara in fretta e se la cava alla grande. Helena la sta addestrando duramente, e in questa settimana è migliorata molto nel corpo a corpo.

Mi ha detto che non vede l'ora di avere il totem, in modo da poterci aiutare al meglio. Mi ha raccontato anche la sua orribile storia, fidandosi ciecamente di me:

- Ho abitato in un orfanotrofio per i primi otto anni della mia vita, nessuna traccia dei miei genitori. Sono stata semplicemente abbandonata sulla soglia della porta di quell'edificio. L'orfanotrofio era un posto orribile. Noi bambini non eravamo trattati bene lì. Ancora ricordo le bacchettate sulle mani, le punizioni corporali, le tirate di capelli da parte dei collaboratori, gli isolamenti e tante altre ingiurie. Ma non è stata questa la cosa peggiore. Ricordo quel giorno come se fosse ieri, quando un rinomato uomo d'affari venne in orfanotrofio, vestito con abiti eleganti e gioielli, parlando con voce melliflua, agitando i soldi come armi pronte all'uso. Appena lo vidi, capii subito che non era una brava persona. Percepivo la sua cattiveria e la sua malvagità anche da lontano. Era in combutta con il capo dell'orfanotrofio. Lui gli consegnava alcuni bambini che quell'uomo viscido sceglieva personalmente, violando ogni singola legge riguardo l'adozione e gli affidamenti, e l'uomo d'affari gli dava in cambio del denaro. Era un uomo avvolto nel mistero, non ho mai scoperto nulla sul suo conto. Si faceva chiamare Mr. Gain, ed era colui che gestiva lo strip club in cui ho lavorato per tutto questo tempo. Fui scelta, sfortunatamente, a causa della mia bellezza e della mia abilità nel ballo, e fui allevata da Mr. Gain a sedurre gli uomini, a ballare per loro, a mostrarmi vulnerabile per loro. Lui ci trattava proprio come bestie da macello, ma sembrava particolarmente interessato a me, come se fossi il suo piccolo fiore da proteggere. Ci pagava dei piccoli appartamenti per farci dormire, ergendosi come salvatore della nostra vita. Credeva che portarci via dall'orfanotrofio era il nostro sogno nel cassetto, il nostro desiderio più grande. Non capiva che ci stava condannando ad una vita carica di soprusi soltanto per il proprio guadagno. Dopo anni di abusi e di sofferenze immeritati, ero riuscita finalmente a trovare un misero spiraglio di libertà, seppur parziale, nella danza. Nonostante fossi consapevole di essere stata acquistata solo per essere messa in mostra come un animale da circo, ero riuscita comunque a creare il mio piccolo angolo di paradiso sul palcoscenico, attorno al palo su cui mi esibivo; inebriata dai fumi colorati e dalla musica incalzante, mi sentivo sospesa sopra al mondo, mentre le luci illuminavano il mio corpo, creando infiniti arabeschi ogni volta che mi muovevo, leggiadra, come se stessi volando, ma pur sempre attaccata a quel palo, unico appiglio che mi teneva ancorata al mondo reale, unica ragione di gioia e leggerezza nella mia vita, unico strumento per esprimere la mia arte. Perché per me la danza era un'arte, qualcosa di puro e non del tutto comprensibile all'animo umano, il mio muto grido di libertà lanciato costantemente ogni volta che mi esibivo, ma con innata innocenza. Era meglio che stare in quell'orfanotrofio. Forse Mr. Gain mi aveva davvero salvata. Quando però abbassavo gli occhi sul pubblico, sapevo che non vedevano la stessa cosa: io vedevo una forma d'arte, loro solo una schifosa sgualdrina da due soldi. Una donnaccia, un corpo che si vendeva senza dignità e senza pudore, da toccare e da trascinare nei vicoli di notte per sfogare le proprie frustrazioni, un giocattolo da buttare una volta che ci si è stancati. E io ne ero perfettamente consapevole. Sapevo, ogni volta che incrociavo lo sguardo con qualcuno, che non mi vedeva ballare, che non capiva a cosa stava assistendo. Sapevo che bramava il mio corpo, che lo desiderava con sfrenata lussuria, con impudica cupidigia. Bastava notare gli sguardi bramosi fissi ben più in basso del mio viso, bastava notare le mani che si dimenavano contorte, cercando di afferrarmi, di stringermi, di possedermi tra le loro grinfie. Perché alla fine per loro su quel palco c'era solo una puttana che ballava, una che fissi tutta la sera per poi non ricordare il suo viso poche ore dopo. Per me, invece, al di sotto di quel palco c'erano solo un mucchio di maiali perversi che assistevano ad uno spettacolo stupendo, la rappresentazione della bellezza nella sua forma più pura, senza però nemmeno rendersene conto. Restavo in quello strip club, assoggettata a Mr. Gain, solo per continuare con quella miserabile vita in cui mi ero ritrovata, solo per avere qualcosa da mangiare e un posto caldo dove dormire. Per questo voglio aiutarvi, non era quello il mio destino, non era quello che sognavo. Voglio fare qualcosa in più. Voglio aiutare delle persone, salvare vite, proprio come fate voi. Voglio vivere senza nessuno che opprima il mio animo continuamente. So per certo che Mr. Gain mi sta cercando, vuole appropriarsi ancora una volta di me, vuole usarmi ancora una volta per arricchirsi. Questo ero per lui: il suo piccolo diamante personale. Le cose che mi ha fatto sopportare... Sono graffi che non vanno via. Possono rimarginarsi, ma non scompaiono. - capisco quello che prova, anch'io ho dovuto sopportare cose simili, che resteranno impresse per sempre sul mio corpo. Ma insieme si può andare avanti.

- Resterai qui, Ariel. Lui non ti avrà mai più, te lo posso assicurare. - le ho detto quel giorno, consolandola e stringendo forte la sua mano. - Noi ti aiuteremo, non condurrai più quella vita. Mai più. -


- E dai, vacci piano. - si lamenta Rich, prendendo un altro pugno in faccia da parte Ariel. Noto con piacere che sono diventati ottimi amici in questo periodo. Ariel è riconoscente a Richard per averla salvata da Skye e Thomas. Richard, come sempre, è molto protettivo nei suoi confronti. Negli allenamenti cerca sempre di andarci piano con lei, ma perde lo stesso. Porta sempre la colazione ad Ariel in camera, trattandola come una sorella minore. Richard è fatto così, si mostra per quello che è senza paura, ed è ammirevole.

- E perché dovrei? - Ariel saltella in modo un po' goffo e si avvicina a Rich, per poi metterlo al tappeto con un calcio rotante. In seguito, gli afferra il braccio e glielo mette dietro la schiena con forza. 

- Ti arrendi? - lo sfida, con un sorriso.

- Sì, sì, mi arrendo, mi arrendo, ma non rompermi il braccio. - ansima Rich. Ariel lo lascia e gli dà una mano ad alzarsi.

- Non ci credo, ti sei fatto battere da lei, che è qui da pochissimo tempo. Devi migliorare, amico. - commenta Jason.

- Fottiti. - risponde Richard, sogghignando. Stento a credere che Rich non si arrabbi mai, quando Jason lo prende in giro. Non è per niente permaloso, e ha molta pazienza.

- I termini, Richard. - lo richiama Helena, severa. - Non vi ho insegnato ad essere scurrili. Vi ho insegnato l'educazione e come essere dei guerrieri. -

- Ma io sono sempre scurrile. - dichiara Jason, sorridendo in modo provocatorio. Helena lo fa inciampare, colpendolo con il bastone.

- Avanti i prossimi: Jason e Scott. - Jason si rialza, mettendosi di fronte a Scott, pronto a combattere. Vedo Ariel allontanarsi e andare verso le docce. Prima si avvicina a Jason, che le accende con un dito una sigaretta. È strano, ma Ariel emana una strana aura intorno a sé. Sembra così forte e sicura di sé. L'aura sembra quasi reale e visibile ad occhio nudo, un piccolo luccichio azzurro avvolto intorno al suo corpo. Sembra così potente, così felice, così determinata e pronta ad un nuovo scontro. È pronta, sembra che sia proprio il totem dell'acqua a chiamarla.

- Questa sarà divertente. Vediamo chi tra i nostri fidanzati è il più forte. - Ella mi raggiunge.

- Devo andare a fare una cosa, raccontami tu chi vince. - affermo, cominciando a correre verso la ragazza.

- Ariel! - la chiamo.

- Dimmi. - dice, con la voce impastata a causa della sigaretta.

- È ora di legarti al totem dell'acqua. - dichiaro, con un sorriso.

- Cosa?! Ne sei sicura?! Sono pronta? - domanda, cercando di nascondere la felicità.

- Certo che sei pronta. - confermo, poggiandole le mani sulle spalle. - Sei diventata brava a combattere, il totem ti sta letteralmente chiamando. -

- Se ne sei così sicura, ci sto. Andiamo. - sorride, spegnendo la sigaretta e gettandola nel cestino.


In poco tempo, arriviamo in sala grande, dov'è custodita la teca del totem dell'acqua e del fuoco. La sollevo, e metto il totem del fuoco sul tavolo. 

- Cosa devo fare? - si rivolge a me, chiedendo indicazioni.

- Non lo so, prova ad avvicinarti. - non so bene come funzioni, io ho solamente indossato il mio quel giorno. Ariel avanza.

Improvvisamente, dei vortici d'acqua emergono dal parquet. Barcollo, scivolando e cadendo a terra, così come la mia amica.

- Era previsto? - Ariel rotola di qualche metro, evitando un ciclone d'acqua che stava per travolgerla.

- No, non direi. - il totem dell'acqua si illumina d'azzurro e inizia a brillare intensamente. Un vortice d'acqua si dirige verso di me. Attivo il mio totem, e con un getto d'aria lo riduco in tante piccole gocce.

- Cosa devo fare? - la mia amica è in preda al panico.

- Avvicinati, devi indossarlo. - è l'unica cosa sensata che mi viene in mente. Ariel riprende il controllo, si alza e si avvicina al totem di corsa. Purtroppo, dal totem scaturisce un getto d'acqua che la scaraventa all'indietro. La ragazza sbatte sul muro e si accascia al suolo.

- Stai bene? - urlo.

- Tranquilla, sono solo un po' stordita. - risponde, alzandosi in un attimo. Vedo ancora la sua aura di potere. È dello stesso colore del totem dell'acqua, come se fossero collegati. Possibile che l'aura sia reale?

- Che succede qui? - Jack e gli altri ci raggiungono.

- E questo sarebbe un legame? - si interroga Kelly, sbalordita dalla potenza dei vortici. Tutti si girano a guardare Ariel e la forza che la circonda, restandone stupiti. Allora, non l'ho immaginata. Prima era poco visibile, ma ora si vede in modo molto nitido. Ariel ha un'espressione decisa sul viso, e l'aura sta diventando più luminosa.

- Dobbiamo aiutare Ariel a raggiungere il totem! - esclamo. Tutti, all'inizio un po' titubanti, capiscono all'istante. Ci posizioniamo avanti ad Ariel, mentre i cicloni ci vengono addosso. Kelly, armata di una pistola super tecnologica, spara un raggio laser verso uno di loro, seguita da V-23. Il corpo del robot si ricopre di elettricità, per poi rilasciarla verso l'obiettivo. Insieme, i due compagni distruggono un vortice.

Jack si teletrasporta in mezzo a due turbini acquatici. I due sono sul punto di schiantarsi su di lui, ma Jack si teletrasporta via, facendoli scontrare e distruggere tra di loro.

Helena, con un colpo di lancia, ne divide due a metà.

Ella ne congela altri due, e Scott, con un bastone fornitogli dall'allenatrice, li sfracella in mille schegge.

Io creo una cupola d'aria solida intorno a me e, quando tre turbini si abbattono su di essa, si disintegrano in mille gocce.

Jason li fa evaporare usando il suo fuoco. Ormai non ne restano molti, ma il vantaggio durerà poco, visto che se ne stanno formando altri.

- Ariel, vieni. - Richard stringe la ragazza tra le braccia e, attraverso un fascio di luce bollente, fa evaporare tre mulinelli.

Ariel agisce subito: quando vede che tutti i vortici sono scomparsi, e prima che possano riapparire, corre verso l'obiettivo, compie un grande balzo e, in un singolo gesto, indossa il totem a forma di goccia d'acqua. Quello che segue avviene in poco tempo:

Ariel si solleva in volo, appaiono altri vortici d'acqua, ma non ci attaccano. Danzano intorno a lei, seguiti da due anelli d'acqua pura. Ariel è in uno stato catatonico: gli occhi verde acqua sono ancora più splendenti, la luce azzurra del totem e la sua aura aumentano d'intensità. La bocca della mia amica non si muove, resta aperta; sembra si stia concentrando. È come se nella sua testa si stesse verificando un conflitto. Come se il totem stesse cercando di capire se Ariel è una degna portatrice. La ragazza, per circa cinque secondi, muta forma: diventa una creatura fatta d'acqua pura, con le stesse forme e lo stesso colore degli occhi, proprio come la ninfa nel mio sogno.

Tutto termina all'improvviso, quando gli anelli d'acqua si ritirano dentro il totem e i mulinelli scompaiono, così come l'aura intorno al suo corpo. Ariel atterra al suolo con grazia, riacquistando la sua forma umana. Il suo totem si spegne, diventando un normalissimo ciondolo.

- Wow, che corsa. - ridacchia. Tutti noi la guardiamo storditi, poi esaliamo un respiro di sollievo e ci congratuliamo con lei. Non ci sono dubbi: lei è una degna portatrice. Ne ero sicura. Adesso, il suo allenamento può cominciare sul serio. Abbiamo una carta in più da giocare contro Gabriel.

Tuttavia, c'è un dubbio che mi assale: lei, per unirsi al totem, ha dovuto superare questa specie di "prova". Ma perché io, quando mamma mi ha donato il ciondolo per la prima volta, l'ho semplicemente indossato, e non è successo niente? Inoltre, io potevo già usare i miei poteri. Com'è possibile? Ci sono ancora molti segreti da scoprire, e devo svelarli al più presto possibile.

Instagram: viepsilon

Spazio Autore:
Lo scoprirai, Liz😘😘
Che ne pensate di questa prova che Ariel ha dovuto affrontare?

Preferite il totem dell'aria o dell'acqua?

Non esitate a contattarmi per qualunque cosa: dubbio, teorie, critiche costruttive.

A presto😘😘😘😘😘

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