20. All'inferno
I giorni passarono fra flebo, stordimento, mal di testa e imprecazioni varie.
Nessuno sapeva dirle mai nulla e la cosa la stava facendo sempre più lentamente e profondamente disperare.
Non aveva la forza fisica per alzarsi e cercarsi le risposte da sola, doveva dipendere da altri e questa cosa le creava di gran lunga più dolore di tutte le lacerazioni che aveva sul corpo.
La speranza era l'unica cosa che la mandava avanti, l'unica cosa a cui riusciva ad aggrapparsi per mangiare, per riacquistare le forze e impegnarsi nel riprendersi. Doveva alzarsi da quel letto al più presto per tornare ad avere la sua indipendenza, per avere quella risposta così semplice e banale ma che a quanto pare era così complicata da ricevere, alla domanda "Alan è ancora vivo?".
Non voleva chiederselo, ogni volta che le passava di mente quella domanda sentiva una tremenda fitta allo stomaco ed il cuore le si stringeva al solo pensiero, lo sentiva mentre si rimpiccioliva comprimendosi nella sua cassa toracica, un dolore indescrivibile, insopportabile, come se le pareti della stanza si stessero stringendo sempre di più, senza via d'uscita, intrappolata nella sua stessa angoscia che le faceva mancare l'aria l'unica cosa che riusciva a bloccare quelle pareti era la speranza.
Fino a quando inaspettatamente fu proprio quella faccia sorridente che le dava tanto voltastomaco a darle la notizia che tanto stava aspettando.
" Buongiorno miracolata! Ho una bella notizia per te "
Shao sgranò subito gli occhi
" A quanto pare il tuo 'bello' se l'è cavata molto meglio di te "
Le pareti si dilatarono, come un esplosione, sparirono lontane, il cuore riprese a battere forte pieno di spazio, sembrava un gigante che si era appena rialzato da terra dopo un duro combattimento, un cavallo che aveva appena disarcionato l'oppressore e aveva iniziato a correre.
" Sono riuscito a sbirciare il registro di tutti i pazienti dell'ospedale, lui non è mai stato ricoverato, a quanto pare si è solo fatto una bella notte di controllo in pronto soccorso ed è stato rispedito a casa... si era messo la cintura a differenza tua "
Ogni volta che le parlava, sembrava volerla innervosire lanciandole frecciatine mirate, sembrava ci godesse a vedere le persone inermi sul letto dell'ospedale a pagare i propri errori, ma in questo momento a Shao non importava, Alan era vivo, stava bene, era tutto ciò di cui aveva bisogno e nient'altro contava di più.
" In questi giorni l'ospedale è molto affollato sai? Direi che un grazie sarebbe il minimo dopo quello che ho fatto per te e che avrei potuto benissimo non fare "
Shao lo guardò dritto negli occhi, le aveva dato la notizia più bella che avrebbe mai potuto sentire, ma questo non glielo rendeva certo più simpatico, del resto persino nel dargliela si era atteggiato come un Dio magnanimo sceso in terra ansioso di ricevere le dovute venerazioni e mostrare agli altri quanto fossero miseri, peccatori e debitori.
" Grazie. "
Gli disse con freddezza.
Il Dio a quanto pare sufficientemente soddisfatto se ne uscì dalla porta per andare ad infierire su altri miseri.
Shao si distese sul letto, guardò il soffitto e sorrise, era troppo felice di quella notizia, troppo, davvero troppo. Chiuse gli occhi e le scese una lacrima mentre sorrideva, una lacrima di gioia.
Poi una fitta allo stomaco la irrigidì, il sorriso sparì e un pensiero tremendo le salì in mente... se Alan stava bene, perché non era mai venuto a trovarla in tutto questo tempo? Le pareti che erano appena sparite tornarono a farsi vedere e sentire.
" Forse ce l'ha con me per quello che è successo, forse si è distratto a causa mia e ha perso il controllo... ma sarebbe così crudele ed egoista da non venirmi a trovare poi? No, è impossibile, Alan non lo farebbe mai... a meno che... a meno che non sia lui a sentirsi in colpa per quello che è successo, ad avere paura di come reagirei vedendolo, forse ha paura che lo incolpi di tutto... ma possibile che non abbia il coraggio di affrontarmi? No, Alan non è così, Alan non è cosi! Cosa sta succedendo nella mia mente, cosa vado a pensare... "
Dalla risposta che aveva appena ricevuto alla domanda più importante nacquero numerose altre domande ed altrettanto bisogno di risposte. Perché Alan non era lì con lei? Non la voleva più vedere? Non ci credeva essa stessa a quello che le stava passando per la testa, eppure le domande c'erano e il bisogno disperato di risposte la portava ad indagare tutte le possibilità, tutte razionalmente inverosimili, ma la razionalità era troppo debole in confronto alla preoccupazione. I suoi pensieri erano fissi lì, non riusciva a distrarsi da quelle domande che le battevano forti in testa come un picchio che batte incessantemente il suo tronco. Avrebbe voluto sbattere la testa molto forte, risbattere contro l'albero dell'incidente per perdere di nuovo coscienza. Era l'inferno e le stava invadendo la testa.
Quando ami qualcuno e le risposte ti mancano vieni a mancare anche tu, la tua testa diventa un inferno mentre cerca una via d'uscita e si trasforma in un girone infernale dominato dalla paura e dal tormento. Paura e Tormento insinuano il Dubbio, il Dubbio si mischia alla Verità, l'annacqua e la rende torbida, irriconoscibile, ed è così che la mente collassa senza più niente a cui aggrapparsi. Così le persone iniziano a perdersi, a rovinarsi, a consumarsi senza nemmeno rendersene conto.
Shao provò a telefonare ad Alan, un gesto apparentemente stupido e banale, perché avrebbe dovuto risponderle se fino ad allora non l'aveva fatto, ma ora non faceva differenza, stupido o no l'avrebbe fatto. Il telefono le dette subito la segreteria... e se invece gli fosse successo qualcosa una volta tornato a casa? Le domande erano veramente troppe e Shao non reggeva più, si alzò dal letto e fece per uscire.
" Signorina dove pensi di andare? "
Il Dio si era ripresentato nel momento più sbagliato
" Devo andare via da qua, devo trovare Alan "
" No tu non vai da nessuna parte "
" Prova a fermarmi "
Shao lo guardò con l'inferno dentro, a costo di strisciare e trascinarsi con i gomiti sarebbe uscita da quella stanza a cercare risposte
" Senti stavo proprio venendo a dirti che pomeriggio vieni dimessa, i tuoi genitori sono venuti a prenderti, non metterti a fare cavolate proprio ora, poi se ci tieni ad uscire così in mutande fai pure "
In quel momento arrivarono anche Jack ed Evelin
" Ciao tesoro, come stai? Perché sei qua fuori? "
" Ciao mamma, ciao papà... sto bene, voglio andarmene da qua dentro"
Jack rise
" Ci credo gli ospedali sono una noia mortale, ora ti riportiamo a casa, ti abbiamo portato i vestiti per uscire "
Le diedero la borsa con il cambio, Shao la prese e chiuse la porta dietro di sé senza troppi complimenti. Si svestì guardandosi allo specchio, era visibilmente dimagrita e pallida, le croste di sangue sui gomiti e le ginocchia le prudevano, gli ematomi sul fianco e sulle gambe non erano ancora del tutto spariti e facevano ancora molto male. Tirò fuori un maglioncino leggero color ceruleo, la metteva di buon umore quel colore, era uno dei suoi preferiti ed Evelin gliel'aveva portato apposta, le cadeva un po' largo ma lo trovava estremamente morbido e comodo; si infilò più veloce che poteva i pantaloni grigi della tuta e le scarpe da ginnastica, accennò a qualche lamento di dolore mentre si piegava ma si trattenne il più possibile.
" Bene andiamo "
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