XIII • Confusione •
Niente è più rumoroso del silenzio. Quel vuoto che arriva assordante nelle orecchie e ti scombussola l'anima. Quel momento in cui tutto è così fastidioso e opprimente.
Si sentiva il piccolo ticchettio delle forchette quando toccavano il piatto posto sul tavolo.
C'era tensione in quella stanza, così salda e pesante. Era insopportabile.
Mirajane non riusciva a parlare con suo padre seduto esattamente di fronte a lei. Aveva paura che le sarebbe sfuggito qualcosa perché suo padre capiva sempre tutto anche quando è impossibile riuscirci.
Il Signor Strauss, chiamato anche Elfman, soprannome affibbiato da sua figlia, voleva fare tante di quelle domande ma aveva paura di toccare il tasto sbagliato e mandare a monte la sua unica pista.
«Quindi tu e gli altri siete tornati amici, eh?» cercò di cominciare un discorso sperando che continui nel verso giusto.
Mira ingoiò il pezzo di carne e guardò suo padre negli occhi cercando di capire dove volesse andare a parare.
È passato un giorno da quando hanno riformato il gruppo e quel pomeriggio si sarebbero incontrati a casa di Lucy per pensare al da farsi.
«Infondo non abbiamo mai smesso di esserlo» disse la ragazza posando la forchetta per versarsi l'acqua nel bicchiere.
Il padre aveva finito mangiare, poggiò i gomiti sul tavolo e la testa sulle mani per osservare sua figlia.
«E allora perché vi siete persi di vista?» domandò il signor Strauss facendo bloccare Mirajane.
La ragazza rimase con la bottiglia tra le mani e il bicchiere ormai pieno. Aveva capito cosa volesse suo padre, e non le piaceva per niente.
Posò la bottiglia prese il suo bicchiere e si alzò «sono cose che succedono, papà, ma per fortuna noi abbiamo ancora voglia di stare insieme»
Bevve l'acqua e posò il bicchiere nel lavabo cominciando poi a sparecchiare sotto lo sguardo di suo padre che sembrava aver nulla da dire.
«Devo andare a casa di Lucy, ci vediamo per cena. Non scomodarti, la preparerò io» diede un'ultima occhiata a suo padre prima di uscire dalla cucina e afferare le chiavi e il suo cellulare.
Natsu era stanchissimo, a casa sua avevano dato un'altra festa e sta volta aveva anche partecipare.
Si era svegliato da poco e aveva persino saltato il pranzo.
La suoneria di un telefono fece aprire un occhio al rosato, steso sul pavimento.
Afferrò qualcosa davanti a sé e la portò all'orecchio «pronto?» disse con gli occhi chiusi e la voce impastata.
Nessuna risposta.
Quello che stupì il ragazzo fu la suoneria che non si era spenta.
Aprì gli occhi e cercò di capire cosa stesse succedendo. Guardò la sua mano e trovò un piede.
Proseguì verso l'alto e capì che si trattava del suo coinquilino Sting.
Mollò il suo piede facendolo battere a terra e questo fece svegliare il ragazzo che in tanto stava schiacciando qualcosa, o meglio, qualcuno.
«Non sono un cuscino, Sting!» esclamò Rogue lanciando via il biondo dal suo corpo.
Natsu si mise seduto e osservò l'appartamento in subbuglio. Adesso ricordava, più o meno, cosa fosse successo quella sera.
«Stiamo ad un concerto per caso? Chi sta suonando?» si lamentò il biondo che se ne stava a pancia in giù sul pavimento.
«È quella cazzo di suoneria di Natsu» sbuffò il corvino mettendosi seduto e fulminando il rosato con lo sguardo.
Gli venne in mente il giorno in cui Rogue era ubriaco e quindi dormì per molto tempo così per svegliarlo Nastu cambiò la suoneria del cellulare con una canzone rock e mise il telefono sotto il cuscino del ragazzo per poi farlo squillare e far venire un infarto al ragazzo che balzò giù da letto.
Adesso che ci pensava aveva ancora il video sul cellulare di Sting.
Nastu cercò il suo telefono per tutta il salotto, cercando di non inciampare sulle bottiglie vuote e sui bicchieri sparsi a terra.
Intravide un oggetto nero vibrare e la musica diventare più forte. Afferrò il suo telefono e rispose.
Non aveva segnato quel numero quindi non aveva idea di chi fosse.
«Pronto numero sconosciuto» disse ancora barcollante. Rimpiangeva di aver partecipato a quella stupida festa.
«Coglione sono due ore che ti chiamo, ci eravamo dati appuntamento a casa mia, dovevi venirmi a prendere per andare a liberare la mia auto e poi raggiungere casa di Lucy» la voce di Gray era così tuonante che riuscirono a sentirla anche i due coinquilini nonostante non avesse messo il vivavoce.
Il rosato si grattò il collo imbarazzato, si era dimenticato dell'appuntamento che si erano dati la sera prima lui e il corvino.
Natsu rimaneva sempre il solito disorganizzato.
«Yo Gray»
Sting e Rogue alzarono gli occhi al cielo, quel ragazzo poteva sembrare imponente ma restava sempre un pirla.
«Muovi il culo o ti uccido» tuonò il corvino.
Natsu rabbrividì e cominciò a cercare le sue scarpe, ma soprattutto i suoi pantaloni.
«Arrivo!»
Staccò la chiamata prima che Gray potesse dire qualcosa e cominciò a saltellare per la stanza cercando di infilarsi i jeans mentre con l'altra mano stringeva ancora il cellulare.
I due ragazzi si alzarono e cominciarono a mettere in ordine con la forza di volontà andata a farsi benedire.
Quando il rosato fu pronto stava per uscire ma si ricordò di non avere le chiavi.
Così cominciò a mettere a soqquadro la casa per trovarle.
«Ma che diavolo fai!? Abbiamo appena finito di mettere in ordine» sbottò il corvino sul punto di prendere a pugni il ragazzo accovacciato a terra mentre sbirciava sotto il divano.
«Cerco le chiavi» disse semplicemente continuando a cacciare oggetti non identificati da sotto il divano.
Il corvino era sul punto di saltargli addosso per la sua stupidità, ma il biondo lo fermò e impedì una guerra mondiale.
«Nastu le chiavi stanno nella tasca posteriore dei tuoi jeans» Sting indicò le chiavi che sbucavano dai pantaloni del ragazzo.
Il rosato si toccò la tasca e sospirò per poi correre fuori casa lasciando i due ragazzi in balia del disordine e con la voglia di picchiare il loro coinquilino.
«Sto uscendo!» esclamò Cana allontanandosi dal bancone per uscire dal locale e raggiungere i suoi amici.
«Aspetta» la voce di Bacchus fermò la ragazza facendola voltare. Aveva la sua solita bottiglia in mano pronta a berla perché nonostante avesse ritrovato i suoi amici e si fosse sfogata, proprio non riusciva a smettere.
Il ragazzo si avvicinò a Cana e le tolse la bottiglia dalle mani prima che potesse accorgersene.
«Ascolta c'è questo gruppo di persone che sono proprio come te e...» il ragazzo non riuscì a terminare la frase perché la bruna indietreggiò bruscamente.
Aveva capito cosa volesse dire e non accettava essere tratta come qualcuno che avesse un problema.
«Non andrò negli alcolisti anonimi, chiaro!? Sto bene così sono anni che te lo dico!» esclamò riprendendosi la bottiglia e si avvicinò alla porta.
«Cana! Anche a me piace bere, okay? Ma tu non riesci a separarti da quella bottiglia neanche per respirare. Voglio che tu pensi prima alla tua salute» provò ad avvicinarsi ma la ragazza lo allontanò con un gesto della mano.
«Non sto male, non sono malata o nulla di simile. Ho sempre vissuto così e mi sta bene» strinse i denti e uscì sbattendo la porta lasciando il suo ragazzo immobile.
Gli occhi della ragazza diventarono lucidi e così ricominciò a bere. Non aveva mai rivelato a nessuno quello che aveva vissuto sin da piccola. Solo Mavis lo sapeva e sicuramente gli altri se ne erano dimenticati o semplicemente non ci avranno mai fatto caso.
La vita di quella ragazza era sempre stata circondata dall'alcol e dalla sofferenza.
Aveva sempre detestato sua madre e non aveva mai conosciuto suo padre.
E adesso stava facendo la stessa fine di quella donna che non aveva mai dato importanza a sua figlia, però non riusciva a smettere. Aveva sempre bisogno di bere, di sentirsi libera dalle catene dei suoi pensieri.
Quando tutti arrivarono a casa di Lucy, lei li fece accomodare in salotto.
«Bene, da dove cominciamo?» chiese Lucy sedendosi sul divano accanto a Natsu e Gray.
«Non sappiamo molto, però abbiamo una base, no? Non è stato un incidente, Mavis sapeva da tempo che sarebbe successo e credo che abbia cercato di farcelo capire... In qualche modo» spiegò Mirajane sedendosi a terra con le gambe incrociate di fronte ai ragazzi sul divano.
«Se ripensiamo a quello che ci diceva da piccoli?» suggerì Erza sedendosi sul muretto sotto la finestra, non troppo distante dal divano.
«Mavis diceva di sapere cosa c'è di brutto nella vita, e... Oh! Aveva sempre dei lividi» disse Lucy scattando sul divano.
«Si, diceva sempre che essendo un po' impacciata inciampata spesso» aggiunse Cana sospirando e poggiando il viso su un palmo della mano.
Gerard sbuffò «Ora che ci penso è una stupidaggine, Mavis faceva ginnastica e la grazia di certo non le mancava»
«Gerard si dice stronzata. Stron-za-ta. È facile» tutti ignorarono l'ennesima interruzione da parte di Nastu che riusciva sempre a rovinare un discorso.
«Quindi la sua morte è stata programmata molto prima?» dedusse Erza con fare pensieroso.
«È molto probabile, e questo spiega come mai ci fece fare quella promessa» disse Mirajane mordendosi il labbro.
Avrebbero dovuto capire tutto prima ed evitare che ciò accadesse, o almeno è quello che avrebbero voluto fare. Ma erano solo dei bambini al tempo.
«Ma in che guaio si era cacciata?» domandò Gajeel che ne stava comodo sulla poltrona.
«Perchè maltrattare e poi programmare di uccidere una ragazzina. Perché lei?» Gray divaricò le gambe e poggiò il mento sui palmi delle mani.
Tutti rimasero in silenzio, avevano avuto la loro più cara amica sofferente sotto il naso e non erano riusciti a capirlo. Ma nonostante ciò Mavis continuava a prendersi cura di loro e a migliorare la loro vita. A pensarci bene si sentivano così egoisti.
Gray controllò l'ora sul suo cellulare si era già fatto tardi «scusate ma sono le cinque e in azienda hanno bisogno di me, quando cominciamo ad indagare sul serio?»
«Beh domani comportatevi come tutti i giorni, non raccontate niente a nessuno, non parlate con mio padre e cercate qualcuno che conosceva bene Mavis, magari sa qualcosa che a noi sfugge» spiegò Mirajane alzandosi.
Tutti uscirono dall'appartamento di Lucy, tranne Nastu che rimase fermo davanti la porta.
Si girò nella direzione di Lucy, ferma davanti al divano, lo stava guardando.
Il cuore del rosato cominciò a battere più forte, gli era mancata così tanto quella ragazza.
L'aveva sempre vista come una delle sue migliori amiche, anzi come la sua unica migliore amica. Però andando avanti col tempo aveva capito che era molto di più per lui.
Però aveva paura che fosse tardi ormai, dopotutto lei aveva un ragazzo adesso. Forse era anche più felice con quel babbeo che con lui.
Che male che faceva pensare ad una cosa così.
E se provasse a rischiare? Perderebbe ancora di più la sua biondina oppure riuscirebbe ad avvicinarsi?
La sua mente, il suo cuore, era in subbuglio.
Camminò verso la ragazza, ancora ferma a guardarlo, si fermò ad un passo da lei. Lucy non capiva per quale motivo si sentisse così strana quando lui era così vicino e poi pensò a Loki e a quello che era successo il giorno prima.
Voleva indietreggiare e prendersi una pausa per mettere in ordine i pensieri, ma non ci riuscì.
«Che... Che c'è Nastu?» chiese guardando a terra.
«Niente...» si avvicinò al viso della ragazza le sue labbra erano così vicine alle sue però si spostò sulla sua guancia e le lasciò un bacio che la fece rabbrividire «... Volevo solo salutarti»
Si allontanò e andò verso la porta. Avrebbe voluto davvero baciarla sulle labbra ma c'era qualcosa che lo bloccava.
Lucy, dal canto suo, restò ferma con il cuore a mille. Stava ancora metabolizzando cosa fosse successo. Natsu l'aveva sempre salutata in quel modo quand'erano più piccoli però non si era mai sentita così
Nella sua testa comparvero i ricordi in cui c'era Loki che la salutava come aveva fatto Nastu, però lei non aveva provato nulla.
Sto impazzendo. Pensò prima di correre in bagno per farsi una doccia calda.
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