48.Operazione "riconquista"

Adrien non avrebbe saputo dire di preciso cosa fosse andato storto quella mattina.
Fatto sta che lui e Marinette si erano ritrovati ad affrontare la loro primissima litigata da sposati.
E se da principio aveva pensato che si potesse trattare soltanto di un'innocua discussione tra persone adulte, ora più che mai cominciava a preoccuparsi.
Perché Marinette non gli aveva più rivolto la parola per tutta quanta la giornata, tendendo ad evitare il suo sguardo più della peste.
Eppure lui si guardava indietro di qualche ora, e non riusciva proprio a capire...
Come ci erano finiti in quella situazione?
Se spremeva le meningi e cercava di ricordare, la sua mente si focalizzava soltanto su pochi particolari importanti.
Per prima cosa, il fischiettio familiare di un messaggio.
Poi, lo schermo di un cellulare puntato a due centimetri dal suo viso.
"Marinette, che significa che non stai più lavorando?", recitavano le parole del padre.
- Glielo hai detto tu?! - aveva gridato Marinette, prendendolo alla sprovvista.
- Detto cosa? -
- Che ho lasciato il lavoro! -
- Come? Non lo sapevano? - lui aveva spalancato gli occhi verdi per la sorpresa.
- No che non lo sapevano! -
- Ma non vai in negozio da una vita! Come è possibile che non se ne siano accorti? -
- Perché credevano che avessi bisogno di "un po' di tempo" per aiutare Alya ad organizzare il matrimonio! -
- Stavo aspettando di avere notizie sicure sull'università proprio perché non volevo sorbirmi le loro solite ramanzine, ma a quanto pare ora non lo potrò più fare. Grazie mille, Adrien! - aveva sbuffato.
- E cosa c'entro io, adesso? Io credevo che... -
Ma Marinette aveva scosso la testa con aria decisa, senza neppure provare ad ascoltarlo. Dopodiché aveva alzato gli occhi al cielo ed era uscita dalla stanza con aria stizzita.
E così aveva avuto inizio tutto.
A prima vista nulla di preoccupante, davvero.
Alla fin fine si era trattato soltanto di un piccolissimo errore, giusto?
Avrebbe sempre potuto rimediare, chiederle scusa...
Vero?
Ma Adrien aveva i suoi dubbi.
Perché qualcosa gli diceva che Marinette non se lo sarebbe dimenticato tanto facilmente.
Per questo avrebbe dovuto sfoderare le sue armi migliori, se voleva "riconquistarla" come si deve.
E quale arma migliore, se non quella di un gatto nero dallo sguardo seducente?

Marinette tornò a casa più tardi del previsto.
Era passata da un piccolo negozietto in centro con la scusa di comprare qualche stoffa per terminare il vestito, ma alla fine si era trattenuta da quelle parti a girovagare senza meta, con ancora gli occhi bassi e la mente pensierosa.
Perché la verità era che non gli andava proprio di affrontare Adrien.
Né lui né la sua "stupidissima parlantina da quattro soldi"!
"Se solo si fosse cucito la bocca, prima di incontrare mamma e papà, nulla di tutto questo sarebbe mai successo!", continuava a ripetersi, seppur inutilmente.
Non poteva cambiare il passato: questo lo sapeva bene. Perciò fu costretta ad abbandonare ogni possibile piano di fuga che aveva in mente e spalancare la porta d'ingresso per rimettere piede al suo interno, seppur di malavoglia.
Ad accoglierla, però, neppure un minuscolo miagolio.
- Bisou? - si guardò attorno, stranita, non ricevendo alcuna risposta.
- Bisou? - ci riprovò ancora, ma soltanto il silenzio sembrò udirla realmente.
"Qui c'è qualcosa che non va", pensò, allora, aggrottando le sopracciglia.
Diede, così, inizio alla sua ricerca, facendosi strada tra le tante stanze buie della casa.
Controllò tutte quelle del pian terreno, e alla fine salì le scale che la portarono alla loro camera da letto.
Lo chiamò a gran voce una terza volta, avvicinandosi al centro della stanza per guardare sotto le coperte.
Al posto della sua solita palla di pelo, però, un luccichio dorato attirò la sua attenzione.
Con sorpresa constatò che si trattasse proprio del sonaglino che portava al collo.
Così lo raccolse dal copriletto a fiori e lo esaminò più da vicino.
Appoggiato al suo fianco c'era un piccolo biglietto ripiegato in quattro parti.

"Lassù, dove di stelle il cielo si tinge
L'amor per te è l'unica cosa che mi spinge
E se questo invito accettar tu vorrai
Io ti garantisco che non te ne pentirai"

- Ah, ora si mette anche a comporre poesie, il signorino! - schioccò la lingua con fare infastidito.
Adrien riusciva sempre a cavarsela con trovate del genere, pensò.
Ed era davvero irritante per lei, perché finiva per cedere ad ognuna di esse.
Ma questa volta non gliel'avrebbe data vinta tanto facilmente, si ripromise, mentre cercava di decifrare quel messaggio.
- "Lassù dove di stelle il cielo si tinge..." - ripeté ad alta voce, con aria persa.
Era una caccia al tesoro, forse?
- "Lassù... Lassù..." -
Poi, tutto d'un tratto, ecco che nella sua testa si accese una piccola, minuscola lampadina.
- Il tetto! -
Si spiattellò una mano sulla fronte: come aveva fatto a non pensarci prima?
"In perfetto stile Chat Noir", rifletté.
E, in effetti, non appena si affacciò dalle scale che portavano al tetto, fu colpita da un familiare profumo di acqua di colonia misto a... Camembert.
- Buonasera, Puuur-incipessa. - mormorò Chat Noir, accogliendola con il suo solito sorriso sghembo.
Marinette lo guardò con entrambe le braccia incrociate al petto.
- Ah, Chat Noir... Un altro dei tuoi giri di pattuglia notturna? - domandò, facendo finta di non sapere nulla.
Lui scosse la testa.
- Oggi non sono in servizio, M'Lady. -
- E allora cosa ci fai qui? -
- Aiuto un amico. - fu la sua risposta.
- Un certo... Adrien Agreste. -
- Mmmh... Aspetta, mi sembra di averlo già sentito da qualche parte... -
- Ah, ma certo! È mio marito. - ammise, infine, alzando gli occhi al cielo.
- Lo sai... Dovresti essere più clemente con lui, Puuur-incipessa. In fondo in fondo non è cattivo, ma soltanto un po' tontolone: tutto qua... - borbottò Chat.
- Mmmh... Tu dici? - lui annuì con convinzione.
- Sì, forse hai ragione tu... Poverino, alla fine non è colpa sua. Dev'essere stata davvero dura per lui venire su con quei pochi neuroni che si ritrova. - strinse i denti con aria grave.
- Io non gliel'ho mai fatto pesare, ma... - si avvicinò al suo orecchio sinistro con l'aria di volergli rivelare un segreto alquanto compromettente.
- Sai quante volte ha lasciato la tavoletta del water alzata? Questo è un chiaro sintomo dell'imbecillite. - aggiunse poi.
- La... Che? - in tutta risposta, il biondo si sporse in avanti per sentire meglio.
- Imbecillite. - scandì.
- Ne soffre da... Sempre, oramai, ma non osa parlarne a nessuno perché ha paura di essere preso in giro. -
Lo osservò con un sorriso triste, quasi amareggiato.
- Oh... - Chat Noir, d'altro canto, non sapeva più cosa dire.
La notizia lo aveva spiazzato totalmente.
- Ed esiste per caso una cura per questa sua malattia? - domandò, alla fine.
- No... Purtroppo non c'é nessuna cura. - lei scosse subito il capo.
- A parte... -
- A parte cosa? -
- A parte... Be', la cura consigliata da un tale... Dottor Trimôn, un nome molto noto qui a Parigi. -
- Ah, Dottor Trimôn... - ripeté il biondo, quasi volesse appuntarlo nella propria mente per non dimenticarlo più.
- Esatto... In realtà si tratta di una cura non ancora accertata del tutto, ma... Il dottore mi ha assicurato di aver visto dei chiari segni di miglioramento nei suoi pazienti più gravi... - riferì, speranzosa.
- Ah, sì? Ottimo, allora. In che cosa consiste di preciso questa cura? -
A questo punto l'interesse si faceva troppo forte per non poterlo domandare.
- Be', si tratta di una tecnica molto antica, che consiste nel passare... All'incirca 4 o 5 anni in totale e assoluta astinenza. - rivelò.
- A-astinenza...? Da... Da biscotti...? - Chat Noir aveva il fiato sospeso.
Ma la ragazza scosse la testa con vigore, facendogli saltare il cuore in petto ancora una volta.
- Peggio. - rispose.
"Oh, no", pensò Adrien, già pronto al suicidio.
- Da croissants. - borbottò, con aria da funerale.
- No. Io parlo di vera astinenza. -
- Oh... - si ammutolì.
Per un attimo aveva creduto che non potesse esserci nulla di più grave che stare lontano dai dolci.
Si sbagliava di grosso.
- Ma, d'altronde, sai... La carne è debole, e la sua malattia è in fase troppo avanza perché lui possa realmente guarire. - Marinette sospirò, rassegnata.
- Forse... Forse dovrei semplicemente divorziare. -
- Avrei davvero bisogno di respirare un po' d'aria nuova, capisci? - si grattò il mento con una mano.
- Aria nuova? -
- Sì. Mi piacerebbe tanto cambiare! Magari trovarmi un bel ragazzo bruno, con gli occhi scuri, l'amore per i cani... Così... Tanto per divertirmi un po'! - tirò fuori una risatina da civetta che Chat Noir non aveva mai udito in tutta la sua vita, lasciandolo sbigottito.
- Ma non vorrai mica abbandonare il tuo povero marito al suo triste destino! Sai che ne soffrirebbe tantissimo! -
- Nah, se la caverà! In fin dei conti lui... -
Ma non ebbe la possibilità di terminare la frase in alcun modo, poiché il ragazzo dagli occhi verdi le cinse un fianco con il braccio destro e l'attirò a sé con un movimento brusco ed inaspettato del bacino.
- Piuttosto - esclamò, puntando lo sguardo sulle sue labbra carnose.
- Perché andare in giro a cercare qualcun altro, quando ci sono io qui, che potrei diventare chiunque tu voglia? -

Serena

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