40.La verità
Il dolce sorriso dipinto sulle labbra della corvina non lasciava spazio ad alcun tipo di dubbio: era appena trascorsa una delle serate più magiche ed indimenticabili di tutta la sua vita. Ma nonostante le palpebre semi-abbassate ed i muscoli del corpo parecchio indolenziti, per quanto il sonno cercasse di afferrarla e di trattenerla con sé, lei non si mostrò per nulla intenzionata a privarsi dell'avvolgente profumo alla menta di Adrien, quello per cui provava un'ossessione folle sin dai tempi del liceo. Avrebbe voluto rimanere lì per sempre. Trascorrere il resto delle proprie giornate in quel letto matrimoniale che aveva fatto da testimone a mille altre notti d'amore come quella. Continuare ad udire il battito accelerato del proprio cuore mescolarsi a quello dell'altro, con il capo ancora appoggiato al suo petto e le mani di Adrien che le accarezzavano dolcemente i fianchi nudi. Avrebbe voluto dirgli ti amo un'infinità di volte e forse anche di più, per quanto realmente intensi erano i sentimenti che provava per lui... - Ehi. - tutto d'un tratto, il biondo voltò il capo verso di lei e la riscosse dai propri pensieri, posandole un tenero bacio su di una guancia. - Ehi, come ti senti? - le domandò Marinette. - Benissimo. - rispose lui, mentre le scostava un ciuffo di capelli scuri dalla fronte. Era incredibile come dopo più di sette ore di volo passate accanto a Chloè, Adrien fosse ancora così fresco e attivo, neanche si fosse appena svegliato da un pisolino ristoratore. Ma la verità era che gli risultava difficile addormentarsi, ora che il cuscino accanto al suo non era più vuoto come prima. - A cosa pensi? - le domandò, lo sguardo fisso negli occhi azzurri dell'altra, quasi per cercare di carpire almeno in minima parte il mondo immenso e meraviglioso che sapeva vivere dentro di lei. Marinette esitò per un momento: - Io... A nulla... - rispose, mentre si mordicchiava leggermente il labbro inferiore. Lui continuò a guardarla come se si trattasse di una delle sette meraviglie del mondo, e così lei: - Be'... In realtà pensavo... A-a quanto mi sei mancato. - si ritrovò a mormorare, mentre gli occhi di Adrien si illuminavano ancor di più, se possibile. - Anche tu mi sei mancata... E non sai neanche quanto... - la baciò con trasporto, portandola più vicina a sé. In quell'esatto momento, però, entrambi furono costretti a separarsi a causa del familiare squillo di un telefono: quello di Adrien, che si girò verso il comodino e terminò subito la chiamata con un sospiro alquanto scocciato. Quando tornò a rivolgere la sua completa attenzione alla ragazza, infatti, l'espressione sul suo viso era ormai mutata quasi totalmente. - Chi era? - le chiese lei, preoccupata. - Mio padre. - il biondo sibilò la sua risposta secca tra i denti, mentre sulla sua fronte corrucciata cominciava a spuntare qualche vena scura di troppo. - È successo qualcosa? - Marinette non lo aveva mai visto così agitato. Ma nell'intercettare il suo sguardo, Adrien aprì e richiuse la bocca un paio di volte, indeciso sull'introdurre quel discorso oppure no. Se lo avesse fatto, era certo che difficilmente sarebbe riuscito a controllare la propria rabbia, e non aveva alcuna intenzione di rovinare quella splendida serata. - Io... No, no. Non importa... - scacciò l'argomento con un gesto eloquente della mano, scuotendo la testa più volte. Ma la corvina non era di certo quel tipo di persona a cui la si dà a bere tanto facilmente, poiché continuò a guardarlo con aria interrogativa per molti altri minuti, aspettandosi una risposta. - Allora? - se ne uscì. - Allora cosa? - il biondo fece il finto tonto. - Sputa il rospo. - lo incalzò lei. - Ma... Non mi sembra il caso di parlarne adesso. Insomma... Ci siamo appena ritrovati, e... - si interruppe, incontrando nuovamente il suo sguardo ricco di affetto e di premura. - Adrien, è chiaro che c'é qualcosa che non va, per cui io sono qui, e se ne hai voglia puoi dirmi tutto, lo sai. - gli afferrò una mano e ne intrecciò le dita con le sue, lasciandolo senza fiato. L'enorme gentilezza e spontaneità di quel gesto e di quelle poche e semplici parole lo colpirono profondamente: voleva dire che l'unica cosa che le interessava veramente, a prescindere dall'atmosfera romantica, era il vederlo stare bene. Per questo motivo non se la sentì di deludere le sue aspettative, e così iniziò a parlare. Cercò di mantenere il tono di voce quanto più tranquillo possibile durante il suo racconto, ma non gli risultò affatto facile. Marinette, d'altra parte, ascoltò ogni singola parola con grande interesse, mostrandosi sorpresa come poche volte in vita sua. - Scherzi?! - urlò, infatti. "Bene," si disse Adrien, "Ora é furiosa anche lei: serata rovinata". Si passò una mano tra i capelli in un gesto alquanto nervoso. - Vorrei tanto, ma purtroppo devo dirti di no. - sbuffò. - Sono stato uno stupido a lasciarmi manipolare in quel modo da lui! Uno stupido! - ripeté poi, con la mascella contratta in una smorfia. - Dai, ora non fartene una colpa. In fondo è lui che é sempre stato uno stronzo! - rispose la corvina, lasciandosi prendere un po' troppo dalle emozioni. Nello scorgere gli occhi e la bocca del tutto spalancati dell'altro, però, realizzò di aver parlato a sproposito, e così si tappò la bocca con entrambe le mani, dandosi della stupida da sola. - Che... Che significa? - domandò lui, aggrottando le sopracciglia. Ma la ragazza iniziò a scuotere forte la testa, sentendosi tremendamente in colpa per essersi esposta così troppo. "Si sarà anche comportato da stronzo per tutta la sua vita, ma è pur sempre suo padre". - S-cusami, scusami... Io... Non volevo dirti niente per non farti preoccupare, ma... - esitò, abbassando lo sguardo sul leggero tremolio delle proprie mani. - Aspetta, vuoi dirmi che c'é altro che io non so? - Marinette annuì, prima di tirare su un enorme respiro. - Ecco... Ricordi quell'asta di moda a cui non hai partecipato a causa della febbre alta? Be'... Quella sera ho incontrato tuo padre dietro le quinte, e... La sua modella gli aveva dato buca all'ultimo minuto, e così... Ha chiesto a me di prendere il suo posto. - cominciò, riportando man mano ogni brutto ricordo vissuto durante quella serata, seppur non proprio alla perfezione, dato che la parola "chiedere" non era affatto quella più appropriata per descrivere il comportamento dello stilista. - Poi, però... Ha iniziato ad insultare me ed il mio vestito, insinuando che mi fossi intrufolata lì per ricevere chissà quale favore da chissà chi, perciò... Gli ho detto di no, che non avrei fatto la sua modella, se avesse continuato a trattarmi in quel modo. - deglutì a vuoto, tentando di sciogliere quel nodo gigantesco che gli si era stretto intorno alla gola. - Lui... Lui mi ha fatto seriamente paura quella sera, p-per il tono rabbioso con cui mi ha aggredita. È per questo che sono scappata, e che da quel momento in poi ho promesso a me stessa che mai più avrei provato a diventare come lui, o come qualsiasi altro stilista al mondo... - sospirò, ricacciando indietro le lacrime. Continuare ad avere quei bellissimi occhi color smeraldo fissi nei suoi era diventato insostenibile: gli aveva nascosto la verità troppo a lungo, e adesso era letteralmente logorata dalla vergogna. Gli aveva lasciato credere che la sua perdita di interesse nei confronti della moda fosse dovuta semplicemente al fatto che stava crescendo, e che i suoi gusti stavano cambiando insieme a lei. In questo modo non le era stata più posta alcuna domanda sull'argomento, e lei aveva potuto proseguire tranquillamente la sua vita oramai priva di senso e di ambizioni. - Io... Io non so davvero cosa dire... Prendersi gioco di me é un conto, ma trattarti in questo modo è davvero troppo. - borbottò lui, con lo stomaco che ribolliva di rabbia e le vene del collo che battevano più forti che mai. - Giuro che prima o poi lo ammazzo sul serio. - tutto d'un tratto, si alzò dal letto e iniziò a recuperare il resto dei propri vestiti dal pavimento. - Adrien? - lo richiamò lei. - Adrien, dove stai andando? - Marinette lo seguì, poggiandogli una mano sulla spalla con fare apprensivo. - Non lo so ancora, ma l'unica cosa di cui sono certo é che ho una grandissima voglia di prenderlo a pugni. - il suo tono non era mai stato così serio, e fu proprio questo a farla entrare in panico. - Adrien, per favore, ritorna in te! Non sei mai stato il tipo che si agita e si lascia trascinare dalla rabbia! - gli avvolse le braccia intorno al busto, tentando di calmarlo. - Ti prego, non fare stupidaggini e ascoltami: troveremo il modo di risolvere la cosa insieme, te lo prometto. - i loro sguardi si incontrarono per un attimo e, grazie a quell'unico gesto all'apparenza così banale, ecco che il biondo si ritrovò a prendere un lungo respiro e ad arricciare le sue labbra in un tenero sorriso. - Hai ragione. - esclamò, adesso decisamente più rilassato. - Credo proprio che andrò a farmi una doccia fresca, perché ne ho assoluto bisogno. - fece per voltarsi ed uscire dalla porta della loro stanza, ma la corvina lo fermò. - Aspetta! C'é... Un'altra cosa di cui avrei bisogno di parlarti... - iniziò, mentre Adrien alzava gli occhi al cielo, esasperato: - Cos'altro c'é adesso?! -
Serena
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