38.Dolce malinconia

- Oh, avanti! - la corvina trattenne a stento un'imprecazione, quando le chiavi di casa che stringeva tra le dita si incastrarono nella serratura della porta d'ingresso, producendo un fastidioso click metallico. - Proprio adesso dovete darmi problemi?! - sbuffò, mentre cercava in tutti i modi di tirarle fuori di lì. Avvicinando l'orecchio all'uscio, poteva distinguere chiaramente i miagolii spaventati del piccolo Bisou, che si era con grande probabilità appostato al centro del corridoio per accogliere la sua padroncina di ritorno da lavoro. - Sì, Bisou. Stai tranquillo: adesso arrivo. - esclamò a voce alta, con l'intento di rassicurarlo. Continuò ancora per un po' a ruotare su e giù quella chiave oramai ricoperta di graffi dappertutto, ma senza alcun risultato, così lasciò la presa e si passò una mano sulla fronte, stanca ed esasperata. - Tikki, per favore, potresti darmi una mano dall'interno? - arrivò persino a chiedere aiuto al suo Kwami, che era appena svolazzato fuori dalla sua borsetta per dare una piccola occhiata alla situazione. Dopo che ebbe annuito e fu passata attraverso la porta, Marinette poté udire una serie di rumori metallici mischiati al continuo piagnucolare del gatto, che era stato incuriosito da quella strana presenza colorata che si aggirava per la stanza, e aveva provato ad acchiapparla con qualche zampata qua e là. Fortunatamente, in quest'occasione Tikki risultò più abile di lei, poiché fu in grado di disincastrare la serratura e di gettare il mazzo di chiavi di casa sullo zerbino situato ai piedi della ragazza. Riuscì poi ad aprire la porta come se si trattasse di un semplicissimo gioco da ragazzi. - Ecco fatto. - esordì, infatti, soddisfatta del suo operato. - Menomale che ci sei tu, Tikki! - le sorrise lei, facendo qualche passo in avanti per entrare. Prima di tutto si sfilò velocemente gli stivaletti e la borsa che portava al collo, stando sempre attenta a non calpestare la coda del suo micino che continuava a gironzolarle tra le gambe per darle il benvenuto. Dopodiché abbandonò tutto ciò che aveva con sé in un angolo del corridoio situato vicino all'ingresso, e si abbassò sulle ginocchia per fare un paio di grattini sulla testa di Bisou, che richiuse gli occhi color smeraldo e si strusciò leggermente contro la sua mano, a mo' di ringraziamento. Ma il momento delle coccole non durò a lungo, perché il suo telefono iniziò presto a squillare, costringendola ad allontanarsi e a tirarlo fuori dalla tasca posteriore dei suoi jeans per rispondere alla chiamata. - Pronto? - domandò, portandolo all'orecchio. Pessima idea: - Marinette! Spero per te che tu sia già bella che pronta da un pezzo e che sia rimasta semplicemente imbottigliata nel traffico, perché io e Nino ti stiamo aspettando da più di mezz'ora! - strillò la sua migliore amica, che dal tono di voce utilizzato sembrava più che intenzionata ad ucciderla con le sue stesse mani. Marinette in quel momento trasalì, prima di spiattellarsi il palmo di una mano sulla fronte, vergognandosi di se stessa e della sua sbadataggine senza confini. - Ehm... Sì, non sai che traffico che c'é qui! Sono partita già da una ventina di minuti, eppure la fila di macchine davanti a me non sembra smuoversi neanche di un millimetro! - mentì, convinta che, se non l'avesse fatto, Alya avrebbe dato di matto sul serio. - Be', in ogni caso cerca di sbrigarti: non ti chiamerò una seconda volta per ricordartelo! - sospirò, lasciandole intendere che non le credeva affatto. - Stai tranquilla, sto arrivando. - - Sì, sì. Ciao. - al termine della loro conversazione, la corvina si passò una mano fra i capelli scuri ed iniziò in gran fretta a risalire le scale. Con tutto ciò che era successo quella mattina nello studio di Philippe, l'appuntamento che lei, Alya e Nino avevano fissato per l'ora di pranzo le era passato del tutto di mente. Avrebbe dovuto dare una mano ai due futuri sposi a scegliere i tipi di piatti e di portate da far servire durante la cerimonia, perché Alya credeva fortemente che i gusti di Marinette fossero più raffinati e selettivi rispetto a quelli del suo fidanzato, che invece era solito ingurgitare senza problemi sempre tutto ciò che gli veniva propinato. Ovviamente la corvina aveva accettato di farlo soltanto per vederla felice, dal momento che si trovava già parecchio in alto mare con la preparazione del suo abito da sposa. D'altro canto, le mancavano ancora un paio di stoffe da acquistare, e per questo avrebbe dovuto darsi una mossa quanto prima, se non voleva lasciarla senza vestito e rovinarle il matrimonio di conseguenza. "Ci andrò domattina appena sveglia" si disse, appuntandoselo sulla sua agendina. Così, con a mente questo e quell'altro proposito, si cambiò, si diede una piccola rinfrescata, ed uscì subito di casa.

- Ma la vuoi smettere? Dio mio, sto per sposare un bambino di due anni! - Alya alzò gli occhi al cielo in modo teatrale, cercando di nascondere il suo divertimento con una piccola smorfia delle labbra. - Già, e io sto per sposare una gran rompiscatole! - rise Nino, avvicinandosi a lei e baciandola con trasporto. Era dal primo momento in cui Marinette aveva preso posto al loro tavolo, che quei due non facevano altro che bisticciare e prendersi in giro come due stupidi innamorati. "E quale definizione migliore per descriverli?" pensò, mentre li osservava da lontano, sentendosi un'intrusa e provando anche un pizzico di invidia per ciò che li aspettava. La fase immediatamente successiva al matrimonio, con la luna di miele e tutto il resto, aveva costituito la parte migliore di tutta la sua relazione con Adrien. Ricordava ancora quegli attimi di grande passione in cui bastava guardarsi negli occhi per capire quanto l'uno desiderasse l'altra, e viceversa. I primi mesi della loro convivenza erano passati principalmente in questo modo: a fare l'amore ogni momento libero della giornata, e a trascorrere le serate più uggiose chiusi in casa ed accucciati sotto le coperte in cerca di un po' di calore. Ripensò a quel periodo della sua vita con grande malinconia, perché oramai le sembrava lontano anni luce, seppur non fosse realmente così. Sentire Adrien per telefono ed in videochiamata due volte al giorno non riusciva affatto a placare l'enorme voglia che aveva di abbracciarlo, di baciarlo, di passare le dita tra i suoi capelli e di immergere lo sguardo nei suoi splendidi occhi verdi. Desiderava con tutta se stessa riavere il suo profumo sul cuscino accanto a sé ogni volta che si risvegliava da un brutto sogno e aveva bisogno che qualcuno le dicesse "va tutto bene"... Ma mentre continuava a fantasticare ancora un po': - Ehi, Marinette! Tu che ne pensi? - le domandò Nino, tutto d'un tratto. Lei scosse la testa e richiuse le palpebre per qualche secondo, tentando di scaccia via tutti i pensieri che avevano iniziato ad affollarle il cervello negli ultimi dieci minuti. - Ehm... Io... - tentennò, imbarazzata. - In verità... Non stavo ascoltando, scusate... Di cosa stavate parlando? - la castana la guardò con tanto d'occhi, mentre un'espressione preoccupata le si dipingeva sul volto in un battibaleno. - Tesoro, c'é qualcosa che non va? Ti vedo distratta. È successo per caso qualcosa al lavoro? - se ne uscì, allungando le braccia sul tavolo per stringerle una mano. L'altra la fissò per dei secondi che le parvero infiniti, indecisa su cosa dire. "Se solo sapesse che neanche ci sono andata...". Ma non le sembrava il momento adatto per aprire una conversazione del genere: per una volta, voleva che la priorità non fosse data alle sue solite paranoie inutili sul futuro, ma alle problematiche riguardanti la cerimonia imminente che poneva Alya al centro assoluto dell'attenzione. Troppo spesso si era preoccupata per lei e per ciò che le frullava per la testa, per questo era arrivato il momento di mettere da parte se stessa, e di concentrarsi esclusivamente sulla sua migliore amica, che si meritava questo ed altro, per quanto vicina le era stata in tutti quegli anni passati insieme. - No, io... Sto bene. Ho solo un po' di mal di testa. - abbozzò un piccolo sorriso, e fu lieta di poter scorgere la fronte di Alya distendersi quasi del tutto. - D'accordo... Allora, dove eravamo rimasti? -

Marinette si spazzolò i capelli appena lavati con una profonda lentezza, perché non voleva rischiare di diventare completamente calva, nel frattempo che cercava di sbrogliare tutti quanti i nodi andatisi a creare. Le erano cresciuti di qualche centimetro, da quando li aveva tagliati, ma doveva ammettere che le piacevano molto anche così, perché le riportavano alla mente i tempi del liceo in cui era solita dividerli in due codini stretti e acconciarli con degli elastici spesso anche molto colorati. A dire il vero, sua madre li aveva sempre trovati piuttosto bambineschi, mentre lei aveva iniziato a pensarlo soltanto attorno ai diciotto anni, quando glielo era stato fatto notare da alcuni suoi compagni di classe. Da quel momento in poi li aveva sempre tenuti sciolti, per paura che gli altri non la prendessero più sul serio. - Non dargli retta! Non é vero che non piacciono a nessuno: io li adoro! - erano state le parole che Adrien le aveva rivolto durante una loro discussione in merito. Sorrise, nel ripensare a quanta convinzione avesse impiegato per cercare di farle cambiare idea. "Evidentemente lo pensava davvero" rifletté, tornando a guardarsi allo specchio. Con tutto il vapore che aveva avvolto la stanza, i suoi capelli si erano gonfiati parecchio, e le donavano quasi l'aria di una feroce leonessa. Così, senza pensarci neanche per un attimo, Marinette aprì l'anta di un armadietto situato accanto al lavandino, ed afferrò l'unico paio di elastici rossi che le erano rimasti, oramai sfilacciati di qua e di là per il grande utilizzo che ne aveva fatto. Quando poi rialzò lo sguardo e tornò a fissare il proprio riflesso nello specchio, le sembrò di avere davanti a sé la stessa identica Marinette di una volta, solo con qualche rughetta in più. In fin dei conti non si vedeva tanto male... Eppure, in cuor suo sentiva che quell'acconciatura non facesse proprio più per lei. In quell'esatto momento però, mentre il cervello della ragazza continuava a ripercorrere altre vecchie tappe della sua memoria, il suono del campanello di casa la fece saltare in aria per lo spavento. Ed ecco che, in un solo attimo, lo sguardo che la fissava nello specchio passò da tranquillo a piuttosto confuso. Erano quasi le otto di sera: chi mai avrebbe potuto farle visita ad un orario del genere? Questo punto interrogativo continuò a rimanere fisso nella sua mente per tutta la discesa delle scale e fino al suo arrivo in corridoio, accompagnato dalle agili zampette di Bisou, che aveva iniziato a miagolare come un matto, non appena l'aveva vista uscire dal bagno. Ancora stretta nel suo misero accappatoio azzurro, Marinette afferrò la maniglia della porta d'ingresso e la spalancò, aspettandosi di vedere, dall'altra parte, nemmeno lei sapeva bene chi. Ma ciò che accadde la lasciò davvero interdetta, perché si trovò faccia a faccia con niente poco di meno che... Nessuno. Assolutamente nessuno. "È uno scherzo?" si chiese, mentre si affacciava fuori con il capo, e passava lo sguardo attorno a sé più e più volte. L'uscio di casa era del tutto vuoto: non una singola traccia di chi avesse voluto spingere quel bottone per disturbarla inutilmente e andarsene via come se nulla fosse. Richiuse la porta dietro di sé con aria infastidita, riavviandosi su per le scale per tornare in bagno e finire di vestirsi, ma Bisou fu più veloce di lei, e le sfrecciò in mezzo alle caviglie come se volesse partecipare ad una gara di corsa tra gatti, rischiando di farle fare un brutto ruzzolone. - Ehi! Ma sei impazzito?! - cercò di riprendere l'equilibrio per corrergli dietro e sgridarlo. - Bisou, vieni subito qui! - però lui non volle sentire ragioni, così fu costretta a seguirlo fin su, prima nello studio di Adrien, e subito dopo in camera da letto, dove, nel buio più assoluto della notte, spirava un venticello freddo alquanto pungente. La corvina si passò subito le braccia attorno al proprio corpo, per non rischiare di prendersi qualche brutto malanno, e si precipitò poi a chiudere la finestra che lei stessa aveva lasciato aperta in precedenza. - Ora ti sistemo per le feste, micino dispettoso che non sei altro! - esclamò un attimo dopo, tornando a rincorrere Bisou, ormai diventato un tutt'uno con il resto della camera. Sentì un piccolo miagolio spaventato proprio nel momento in cui, per paura di andare a sbattere contro qualche mobile, aveva iniziato a camminare per la stanza a grandi passi e con le braccia distese davanti a sé. - Dopo tutti questi anni passati insieme, non hai esitato neanche un secondo a sostituirmi con un altro gatto, eh Puuur-incipessa? - ad un tratto, una voce roca e stranamente familiare la fece sobbalzare sul posto, donandole una straordinaria sensazione di deja-vu. - O mio Dio... - mormorò Marinette, prima di riuscire a raggiungere l'interruttore della luce e ad illuminare finalmente l'intera camera. Non poteva crederci: la figura alta e slanciata di Chat Noir, che si trovava distesa tra i cuscini del loro letto matrimoniale, la stava osservando con sguardo alquanto malizioso, e le sorrideva come se in nessun' altra occasione al mondo avesse mai aspettato così tanto a lungo che arrivasse quel preciso momento. E in effetti era proprio così.

Serena

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